CAPITOLO XII:
L’ATTESA
 
“Attendendo inerme che qualcosa succeda, la mente reggerà?”
 
 
Si sapeva come andavano quelle cose. La polizia aveva atteso il solito tempo di norma prima di cercare le persone denunciate come scomparse.
Finalmente si erano messi in moto, la scuola era sotto sopra ma Etienne non aveva potuto dire che l’ultimo posto in cui Daniel era stato era l’aula di musica, non aveva prove per affermare ciò e non poteva esporre il legame sovrannaturale che aveva col gemello.
Dire che sapeva che erano in una dimensione parallela sarebbe stato come condannarsi da solo. L’avrebbe atteso una bella cella d’isolamento.
Si rassegnò a dover indagare da solo, senza poter esporsi più del possibile.
Non riusciva sempre a ‘sentire’ il fratello, era difficile da quando era in quello strano posto, di per sé non aveva mai pensato che potesse essere possibile una cosa simile, tuttavia i fatti parlavano, Daniel non era dove diceva di essere e c’era ben poco da fare. Sbuffò contrariato notando dalla sua immagine riflessa quanto fosse trascurato, aveva la barba della settimana che di solito tagliava puntualmente, i capelli spettinati e le occhiaie evidenti, per non parlare degli abiti stropicciati assolutamente non abbinati in maniera decente. Si fece impressione da solo, non perché fosse brutto oppure perché il suo modo di essere non gli permetteva di farsi vedere conciato così in pubblico, bensì per tutt’altro motivo.
Non sembrava affatto Etienne, ordinato, pulito ed impeccabile, sembrava Daniel trascurato, stralunato e spesso buffo nei vestiti, questo gli fece crescere una forte tristezza mista ad angoscia.
Quell’immagine accanto a sé l’avrebbe rivista?
Come avrebbe potuto fare per riaverlo lì?
Una ruga solcò il volto, era preoccupazione, stanchezza e nervosismo.
Entrò in un locale per bere qualcosa, ne aveva bisogno data la pressione calata improvvisamente e i giramenti di testa dovuti alla situazione generale che l’opprimeva.
Si appoggiò al bancone sedendosi in uno degli sgabelli rotondi e alti, ordinò un caffè e dell’acqua per tirarsi su e rimanere ancora in piedi, sveglio e attivo. Continuò a riflettere non sapendo bene come fare, aveva ‘sbattuto’ la testa da tutte le parti ma non riusciva più a parlare con Daniel e non aveva assolutamente informazioni su chi potesse aver a che fare con quella situazione, sapeva solo che il professore Val Maloney era sparito da quella stessa sera. L’idea che fossero insieme era una certezza, l’aveva capito dai piccoli stralci di frasi che aveva ricevuto dal fratello, però non sapeva altro.
Accettava il fatto che fosse in un'altra specie di dimensione, aveva imparato nella sua vita che c’erano persone che non erano chi sembravano, anche loro due non lo erano, avevano quella capacità telepatica e chissà quanti come loro … anzi, chissà quante altre capacità avevano alcune persone.
Sentì la testa pesante, come se gli dovesse cadere dal collo da un momento all’altro, pesante e dolorante, la stessa sensazione pulsante di quando arrivava una richiesta d’aiuto dal gemello, si concentrò sperando che fosse così, si guardò intorno per cercare un aiuto insperato, un sollievo, un indizio, qualcosa che gli servisse, che spingesse il collegamento mentale, l’aria gli mancò e sudando freddo si portò la mano al petto, dove il cuore sembrava essergli salito in gola, i battiti erano accelerati e andavano forte, sempre più forte, un aritmia notevole, violenta.
Sentendosi così male barcollò fuori e proprio sulla porta, mentre usciva fissato da tutti, si scontrò con una persona, uno sconosciuto. Si scusò ma le forze gli mancarono e le ginocchia, contro il suo volere, gli si piegarono. Dovette aggrapparsi istintivamente al ragazzo che lo resse prontamente e con quel contatto il dolore alla testa fu maggiore, allucinante, il respiro per un tratto gli mancò e il cuore, se possibile, smise di farsi sentire per. Il mondo era caduto nel silenzio e la sua mente non registrò altro che un confuso:
“Lui, Michael!”
Si trovò in ginocchio davanti ad un moro dalla corporatura media, vestito con abiti firmati e costosi, la prima cosa che notò bene furono gli occhi, di un verde acqua disarmante, intenso, come se potessero far affocare qualcuno. Lo guardava un po’ stupito, un po’ preoccupato.
Le braccia di questo ragazzo lo stringevano sul busto, sotto le ascelle, impedendogli di accasciarsi del tutto a terra.
La folla si strinse loro intorno e nell’aria rimase la voce del salvatore:
- Ehi, stai bene?-
Questo prima che lo vedesse bene in volto. Ne fu sicuro, Etienne. Perché poi si erano visti in faccia e anche se fisicamente cominciava a riprendersi, qualcosa successe.
Un flash.
“Io lo conosco … eppure non l’ho mai visto. Ne sono sicuro. Chi è? Michael …”
Poi scrutandolo a fondo parve capire, non passò nemmeno un minuto in tutto quello, l’attimo dopo il malessere e lo scambio di sguardi, fu veramente chiaro.
“Non io, lo conosce Daniel … lui c’entra …”
- Michael? -
Fu la prima cosa che riuscì a dire con voce impastata.
Etienne non poteva saperlo ma mentre riceveva la consapevolezza che aveva incontrato la persona giusta, l’altro di fronte a lui, di nome Michael, si stava sentendo quasi catapultato a quella sera in cui aveva litigato e imprigionato quel ragazzo, quel Daniel. Istintivamente lo chiamò per nome, era lui, identico e il pensiero più ovvio fu:
“Si è liberato … ma come …? ”
Si trovò semi sconvolto per aver realizzato che proprio lui poteva essere uscito da quella dimensione, eppure le conseguenze che avrebbe potuto ricevere non lo colpirono subito, molto dopo.
Dopo il:
- Daniel… ? -
Come se veramente si conoscessero, come se si fossero incontrati dopo anni e il loro incontro casuale fosse stato così incredibile da lasciarli stupefatti e senza parole.
Dall’esterno sembrò questo, anche se rimasero a fissare la scena incuriositi.
Stonava solo una cosa.
Quello che fu chiamato Daniel, in realtà, era Etienne.
Nessuno dei due si conosceva veramente.
- No io … sono Etienne … -
Il respiro tornò lentamente regolare ed entrambi si sentirono meglio, eccezion fatta per lo stato d’animo in completo subbuglio.
La mente di Michael tornò fredda e prese ad elaborare quel che gli era appena accaduto, dando spiegazioni probabili e veloci su chi fosse quel ragazzo identico a Daniel, soprattutto come facesse a conoscere il suo nome.
“Fratello … sarà suo fratello, magari suo gemello, con la fortuna che ho sa di me, mi ha chiamato per nome ma come fa a saperlo? Non è possibile, non dovrebbe eppure mi ha chiamato per nome, io ho detto ‘Daniel’, non sarà stupido, penso di dover rimediare in qualche modo.”
- Tu … conosci mio fratello? -
Disse svelto Etienne aggrappandosi a sua volta al moro; mentre si agitava di nuovo realizzando l’importanza di quel momento, l’altro diventava più gelido e composto, infatti si staccò da lui e si alzò lisciandosi e pulendosi i vestiti, tornò a mostrare la sua aria tutta d’un pezzo, duro ed estraneo a chiunque.
- No, è solo che sei uguale al ragazzo scomparso, un amico di una mia persona cara. -
Nonostante detestasse dare spiegazioni e farsi capire meglio da perfetti sconosciuti, dovette farlo per non lasciare fraintendimenti, con la scusa che Daniel era famoso, come il professore Val Maloney poiché spariti entrambi, se l’asciugò subito.
- Io sono suo gemello, mi dispiace esserle venuto addosso, mi ero sentito male … mi scusi ancora. -
Sperò di sviare il discorso per poi andarsene subito, non sapeva ancora la cosa migliore da fare, intanto aveva un nome, una persona su cui indagare, la reazione era stata troppo indicativa.
- Tu invece come mi conosci?-
Etienne trattenne il respiro alzandosi a sua volta, cosa poteva dire?
- Infatti non ti conosco … -
Assunse un aria di difesa.
- Mi hai chiamato per nome. -
- Si? Non me ne sono accorto … -
- Si, mi hai chiamato per nome … -
- Non so, non stavo bene, non ero in me. -
Si lanciarono un ultimo scambio di sguardi ostili, poi semplicemente tagliarono corto sapendo che non avrebbero mai ottenuto più di quello.
- Scusa, ma io devo andare. -
Etienne sgusciò via e ringraziò il cielo di esserci riuscito, dentro di sé qualcosa cominciava a dirgli di stare alla larga da quel ragazzo, di prepararsi e indagare, così fece.
I primi tempi li passò senza farsi vedere da anima viva, radunò tutte le informazioni che riuscì a ricavare facendo molti viaggi, c’erano pezzi di puzzle da radunare, sparsi un po’ ovunque che si collegavano ma non permettevano di capire bene come era la storia.
Ecco, poi, che anche l’ultimo tassello andò a posto, ci aveva impiegato molto tempo e la preoccupazione verso il fratello era aumentata di molto.
Si trattava di verità sconvolgenti, anche se non così dettagliate come aveva sperato, gran merito di tutto quello che capì, andò all’incontro della badante di Michael.
Michael di famiglia ricca, proprietaria di una multinazionale che vendeva molto, perse la madre quand’ella diede alla luce il fratellino Lucas. Il rapporto con suo padre già inclinato cominciò a rompersi lentamente, egli era molto legato al piccolo Lucas, rivedendo in lui la moglie, al contrario non vedeva alcuna utilità in Michael, geloso e faticoso da seguire, non riusciva a provare affetto per quel bambino così diverso dalla donna amata e così simile a sé stesso.
Fu una disgrazia a strappare dalla loro vita anche il piccolo Lucas, morì di malattia e lì entrambi si chiusero del tutto l’uno verso l’altro, rimasero solo padre e figlio in continuo contrasto, come due estranei che non si parlavano, vivevano insieme, il grande insegnava al ragazzino il mestiere a modo suo; di natura, però, non era molto pulito, come uomo, era una persona viscida, disposta a tutto per i suoi scopi, non aveva più amato nessuno dopo la moglie e il secondogenito. Cominciò una specie di lotta fra due persone che solo per l’anagrafe erano consanguinei, nonché, ovviamente, per il DNA. Ben presto confusero ogni sentimento e l’affetto seppur lieve e flebile, divenne qualcosa simile all’odio, l’uomo vedeva nel figlio il probabile sostituto, colui che l’avrebbe spodestato, la sua rovina e, non standoci ormai più con la testa, dopo tutto ciò che aveva dovuto passare per la perdita delle uniche due creature da lui amate, trattò Michael sempre peggio, infliggendosi a vicenda colpi bassi. Egli crebbe praticamente da solo, in mezzo ad un ambiente del tutto ostile ed estraneo, imparando da quello che doveva essere suo padre, a vivere: mordere per non farsi mordere, la legge della sopravvivenza; da lui imparò i trucchi più bassi per vincere e perse ogni scrupolo verso chi gli aveva chiuso porte in faccia.
Quando scoprì che aveva anche un fratello maggiore, anzi, un fratellastro, avuto da un amante molti anni prima di lui, che era stato dato in adozione, fu come ricevere una pugnalata e provando un gran dolore, poiché anch’egli amava molto la madre e vederla tradita così da uno che diceva di amarla, che aveva messo in discussione il rapporto col figlio per quel motivo, per lui fu un duro colpo da mandar giù. Decise così di corazzarsi e di fargli capire tutto quello che gli aveva sempre fatto passare, la negazione dell’amore paterno, di una vita viziata materialmente ma vuota.
Per quanto un ragazzino cresciuto in quel modo era furbo, intelligente sopra la norma, sveglio e già privo di alcuni scrupoli, non poteva certo fare molto contro un adulto potente come il suo ormai nemico folle. Divenne amico di tre persone, più grandi di lui, ma non coetanee del padre, convinto che non avessero nulla a che fare con lui, socializzò fino a fidarsi. Errore madornale: furono proprio queste ad infliggergli la lezione che gli sarebbe valsa la propria mente, lentamente avrebbe perso, nel corso degli anni, la ragione proprio come colui che gli dava il cognome. Tutto iniziò da quel momento.
Una notte lo spaventarono, gli fecero del male fisico poi uno di essi lo violentò, proprio coloro che aveva considerato compagni, in un certo senso. Quel dolore doppio, corporeo e morale, esplose in lui come una specie di bomba che solo il rumore bastava a far spedire la mente altrove. Impotente ed inerme Michael non poté fare altro che subire perdendosi in un mondo tutto suo, dove non vi era mai stato, immaginando che tutto fosse diverso, che nulla lo facesse soffrire, che QUELLO non accadesse realmente. Quando si arriva ad un limite, lo si sorpassa diverse volte ma poi si torna indietro, infine quella decisiva dalla quale si continua a salire e salire strappando il senno per quell’attimo, obbligato a rifugiarsi per poter stare meglio, un’illusione.
L’assenza.
Gli parve di essere stato violentato più volte ma questo nessuno lo sapeva se non lui stesso, nella verità solo uno aveva compiuto l’atto, gli altri l’avevano immobilizzato e stordito.
Atto osceno, terribile, ignobile. Arrivati a questo punto Etienne era già shockato, rendendosi conto di ciò che aveva passato quel ragazzo, senza stupirsi della persona che era diventata.
Fu attraversato da molteplici brividi ma andò avanti nelle indagini e scoprì ciò che poi l’avrebbe sconvolto maggiormente.
A quel punto della situazione arrivarono Thomas e Kristen, una coppia di gemelli molto strani, a detta di chiunque li vide. Di loro non si sapeva nulla e non si sa tutt’ora, vennero dal nulla e il mistero avvolge ancora quelle persone. Arrivarono quella notte, trovarono Michael in quello stato e lo curarono, lo aiutarono. Presto divennero amici, i gemelli erano più piccoli dell’altro, in cambio di quei sentimenti sinceri e disinteressati, incomprensibili agli occhi di chiunque, Michael li ospitò nella sua villa, col padre.
Il padre fu un attimo turbato nell’apprendere quanto accaduto al figlio, si mostrò più gentile, accontentò i capricci del ragazzo, finché poi scoprirono la verità.
Il padre conosceva quelle tre persone e la richiesta fu solo che dovevano limitarsi a spaventarlo, senza fargli del male. Evidentemente, disse poi, avevano preso la mano ma la colpa non era sua se avevano fatto di testa loro. Da dei farabutti non ci si poteva aspettare che un comportamento simile. Per Michael fu come morire una seconda volta, si era ripreso a fatica e la mente era tornata a lui grazie a Thomas e Kristen, ce l’aveva fatta ad uscirne dopo molte lotte e nessuno aveva mai affermato con sicurezza che il ragazzo violentato, poi, era guarito completamente da quella specie di malattia mentale, simile ad autismo, in cui era caduto per quel periodo della sua vita. Tutti rimasero scettici poiché una volta che si cade, è difficile risalire. Era rimasto comunque una persona strana.
Quando comprese tutto ciò che era suo padre se ne disgustò non capendo più come poteva essere, perché, il motivo vero di tanto odio. Cosa gli aveva fatto? O forse semplicemente dopo la morte della moglie e del figlio prediletto, era impazzito fino a quel punto?
Giustificazione comoda ma del resto l’unica veramente plausibile, alla quale i medici si appellarono in seguito.
Thomas e Kristen lottarono per non permettere più all’amico di perdersi ancora, fecero di tutto e finalmente, fuori dal controllo e dalla comprensione umana delle persone che li seguivano, ottennero il risultato sperato.
Nessuno seppe in realtà cosa successe, come ci riuscirono a sistemare tutto, cosa erano in grado di fare quei due misteriosi e sconosciuti ragazzi, però Michael si riprese completamente solo dopo la morte altrettanto inspiegabile del padre.
Tutto fu messo a tacere e non si seppero mai i dettagli, loro tre ereditarono tutto e andarono a vivere nelle proprietà estere del padre cambiando vita e conoscenze, facendosi una certa reputazione.
Dunque cos’era che aveva sconvolto più di tutto Etienne? Tutta questa seconda rivelazione sarebbe bastata comunque, però un estraneo alla vicenda si fermava alle solite considerazioni che si facevano in quei momenti, pena e dispiacere, comprendeva perfettamente che tutto era partito dalla radice, che la follia era nata dal padre e da una serie di eventi che poi aveva fatto crescere la malattia come un cancro, in maniera fine e invisibile. Trasmessa al figlio per cause molteplici, ora quale controllo si poteva pretendere avesse quest’ultimo? Di chi era la colpa di tutta quella situazione? Chi era la vittima?
Risposta non ce ne sarebbe stata.
Etienne si sentì male quando scoprì i nomi dei tre aggressori, in seguito due furono smascherati e messi in galera, del terzo non si seppe più nulla, se non che aveva fatto perdere le sue tracce.
COME potesse aver ricevuto quell’informazione specifica, nemmeno Etienne poté dirlo, una serie di carte e documenti del padre di Michael, forse… affermarono che quel terzo aggressore fu proprio il suo genitore, suo e di Daniel.