Mente Perduta

CAPITOLO VII:

TUTTO CIO’ CHE VOGLIO
 
“ Ci sono molte cose che voglio, ma più di tutti è dimenticare per tornare a vivere.”
 
 
L’aula scolastica improvvisamente si era fatta più piccola mentre l’aria irrespirabile.
Cercò di inspirare a fondo e, contando fino a dieci prima di rispondere, provò a tirare fuori parole dal suo vocabolario mentale, che non fossero sgarbate e maleducate per una antipatica come quella.
- Che incompetente!-
Ecco, l’aveva fatto di nuovo.
Aveva offeso e mancato di rispetto ad un professore, uno con la carica più elevata della sua.
Non si morse la lingua come avrebbe dovuto, per lui era stato starsene zitto e non dirgli quella parola ... e molte altre di seguito:
- E’ assurdo quello che mi dice, lei non capisce nulla. Glielo devo dire, sa? Io non sono un ignorante qualunque. Solo per il comportamento di pochi attimi in contesto scolastico non può pensare che io sia stupido. Ogni anno ho avuto riconoscimenti per lo studio e non voglio essere trattato come un imbecille qualunque che non sa nemmeno quanto fa 2 + 2, come molti qua dentro!-
Per cosa era nato questo battibecco?
Durante la lezione, uno scambio di opinioni opposte.
- Non è che le viene in mente che, anche se gli studenti la pensano diversamente da lei, non sono sempre in errore?-
Inoltre perché non rispondeva?
Daniel se lo chiedeva mentre parlava a mitraglietta, ciò lo mandava sempre più fuori di sé.
Non si era trattato solo di un semplice scambio di idee, era stato più che altro conoscenze scientifiche disuguali su cui entrambi erano convinti di avere ragione.
- Noi non la pensiamo ‘semplicemente’ in modo differente. Lei mette in discussione il mio sapere e quindi la mia posizione e il mio titolo.-
Freddo.
Dannatamente freddo, per nulla alterato, sembrava proprio un gran ghiacciolo.
Gli altri studenti erano andati via mentre l’orario scolastico di lezioni era finito del tutto ma il professore aveva trattenuto il ragazzo per chiarire l’equivoco. Non ci potevano essere due idee poiché l’argomento non lo permetteva. O la risposta era uno o l’altra, non c’erano più opzioni. Tutto lì.
Non si parlava di letteratura, filosofia o psicologia, era una di quelle materie con precise specifiche conoscenze, si parlava di dati e studi.
Forse, però, a dare così fastidio era stato il modo di esprimersi; il problema però era il principio in sé: per un professore lo studente non poteva aver ragione a mettere in dubbio il suo percorso formativo di studi, per uno studente il professore lo discriminava e trattandolo per giunta da ignorante.
Così con un carattere come quello di Daniel non avevano impiegato molto a litigare, o meglio lui litigava, l’altro stava in silenzio a guardarlo freddamente dicendo solo poche frasi ogni tanto.
- Oh, ma ci si pulisca il culo col suo titolo di studio, porco cane!-
Gli era sfuggito decisamente più del limite consentito ormai sorpassato!
Aveva sbattuto un pugno sulla cattedra e poi si era voltato iroso più di prima, sapeva di star sbagliando, che un professore era sempre un professore ma non sopportava il comportamento di quell’uomo.
Si passò una mano fra i capelli spettinandoli più del normale, poi tornò a voltarsi e lo fissò in volto diretto, senza paura di sostenere lo sguardo gelido.
Rimase allibito nel vederlo ancora impassibile … l’aveva insultato, era stato maleducato eppure quel tipo rimaneva sempre uguale.
Sospirò esasperato non sapendo più cosa fare.
Si chiese come mai non l’aveva già fatto sospendere, visto poi che non era la prima volta che si scontravano a quel modo, si disse che forse la sua comunque giovane età gli impediva di sapere come doveva reagire a certe cose; ad ogni modo chi lo poteva sapere cosa passasse per la testa di quel serafico viso di marmo?
- Mi scusi, ma non ha niente da dirmi? -
Niente, quelle labbra si mantenevano chiuse, ostinatamente chiuse … e dannatamente ben disegnate. Come se venissero direttamente dalla matita di un disegnatore pignolo che ci teneva ai dettagli. Si trovò a riflettere su di esse, non era normale che un uomo avesse labbra simili, così carnose e morbide. Il labbro inferiore era pieno e quello superiore aveva degli archi e degli angoli ben definiti, invidiabili. Molte super star se le facevano fare con la chirurgia estetica, lui era un uomo e le aveva così di natura.
Era un crimine, tutto sommato … un’ingiustizia, insomma!
Pensò così Daniel immaginando come doveva essere venir baciati da esse … lasciarsi toccare da esse senza remore.
Fu lì che spalancò improvvisamente gli occhi rendendosi conto di cosa stesse immaginando.
“Accidenti, lo sto facendo di nuovo! Che stupido idiota … come al solito sono incorreggibile e pericoloso per me stesso. Non mi sarei dovuto muovere di casa.
Perché non mi interesso mai a ragazzi della mia età? Mi caccio sempre nei guai…”
Contrasse le mascelle e il respiro si fece pesante.
- Non ho nulla da dire, ha fatto tutto lei. Se ne vada prima che proceda con un provvedimento-
Lapidare.
Gli diede fastidio anche questo!
- Insomma…l’ho offesa, potrebbe anche dimostrare un po’ di ira, reagire!-
Non capiva mai perché il suo corpo agisse in modo diametralmente opposto a quello che voleva.
Pensava una cosa e ne faceva un’altra, contro la sua volontà, per lui era detestabile quel fatto.
- Daniel Le Mark. Preferisce una sospensione piuttosto che tornare a casa?-
Non voleva comportarsi in quel modo ma gli aveva dato molto fastidio, cosa di preciso?
- Io non me ne faccio nulla della compassione, mi assumo le mie responsabilità, se devo essere punito, allora mi punisca!-
Lo vide premersi due dita alle tempie, un gesto che scalfiva il suo leggendario sangue freddo. Aveva una notevole capacità di innervosire le persone. Persino quelle come Val.***
- Ho detto di andare!-
- Certo, non ha altro da dire! Ma mi faccia ancora un favore, visto che sembra ben disposto: ammetta che aveva sbagliato, quando si informerà sull’argomento della discussione!-
Dicendo così si voltò di scatto prendendo il suo zaino e se ne andò sbattendo la porta.
Il silenzio tornò a calare nell’aula tornata grande e spaziosa, sospirò lieve senza troppo nervosismo addosso.
Lasciò correre un po’ di tempo prima di prendere uno dei libri che portava con sé, quando ebbe trovato la pagina giusta e trovato l’informazione che cercava, Val mantenne un espressione sommariamente metallica. Encomiabile tutto sommato … anche se aveva visto che aveva ragione Le Mark.
Era stata una sorpresa ma di fatto aveva torto e alla prima occasione gliel’avrebbe detto, quel che era giusto, era giusto!
Si trovò totalmente seccato, dal profondo, per la faccenda: aver avuto un battibecco con uno studente, sentirsi dire certe cose per poi scoprire che aveva ragione l‘altro non era uno scherzo e anche se aveva deciso di essere sincero, rimaneva ugualmente irritato.
Ridusse gli occhi a due fessure mentre fissava quelle righe che lo smentivano, come se potesse polverizzarle, tuttavia ormai era andata ed era inutile rimuginarci su.
Rimaneva il senso di insoddisfazione e di fastidio verso quanto successo, d’altronde non c’era più niente da fare quindi si alzò dalla sedia imbottita portando una ciocca di capelli quasi bianca dietro le orecchie, tornando come sempre ordinato e perfetto.
Poco prima il contrasto era stato notevole viste le personalità dei due e i modi di essere.
Anche l’aspetto parlava … tanto ordinato ed impeccabile uno, quanto disordinato e trascurato l’altro.
Raccolse le sue cose dalla scrivania, gli ci volle poco poiché non erano molte ed erano già basilarmente impostate, infine uscì dall’aula con la sua camminata eretta e sicura senza degnare di uno sguardo nessuno fra quelli che incrociava, non per maleducazione, solo per predisposizione naturale al NON salutare e al NON notare anima viva.
Così il professore Val Maloney che si era appena abbassato a litigare con uno studente, lasciò l’istituto.
 
La fronte corrugata parlava molto più della sua voce che avrebbe potuto esprimere il suo stato d’animo con una serie di parole poco carine.
Si limitò a mantenere un espressione del volto chiaramente contrariata e irosa.
Daniel a casa ripensava all’accaduto e più lo faceva, più finiva per premere impetuoso sui tasti del pianoforte che suonava per scaricare la tensione e la rabbia.
Il giovane si fermò improvvisamente infastidito, il piano non era adatto a quel momento. Guardò la serie di strumenti che stavano sistemati nella stanza decidendo poi per la chitarra elettrica, fra tutti quelli che c’erano quella era la più adatta visto poi che non era riuscito a procurarsi la batteria.
Attaccò l’amplificatore mettendolo a tutto volume e senza aspettare altro, in piedi in mezzo alla stanza prese a suonare quel che gli affiorò alla mente infiammata: era una canzone degli Offsrping una molto violenta ed aggressiva che gli permetteva di sfogarsi meglio. La traduzione del titolo era proprio ‘I ragazzi non stanno bene’ e ripensando a quanto successo in quegli ultimi tempi gli venne una scarica elettrica ancor più potente che tradusse in un assolo aggiuntivo del brano.
Detestava passare per idiota solo perché era uno studente, lui sapeva il fatto suo e se era stato bocciato non era colpa dell’ignoranza. Era uno dei primi della scuola in quanto a voti, era un vero e proprio stacanovista e sul perché fosse un ripetente era per tutti un mistero.
Pochi lo sapevano.
Del resto uno che aveva ottimi voti ma veniva bocciato faceva certo pensare alle assenze o alla disciplina, era impensabile immaginare che invece era tutt’altro il motivo.
Accordato comunque che Daniel non era uno studente modello riguardo la condotta comportamentale, aveva un tal caratteraccio, si doveva considerare ugualmente che aveva sempre avuto ottimi voti e che non era mai mancato alle lezioni, per cui non si potevano immaginare motivi di bocciature.
Ora Daniel era molto arrabbiato, quasi furioso; era fiero e orgoglioso ma più di tutti non poteva crederci di star ricascandoci nuovamente.
Un ombra incupì il volto che fece scemare l’ira, sapeva di aver avuto ragione, ora qualcos’altro premeva al ragazzo.
Di quel professore gli aveva dato un profondo fastidio il trattamento che gli aveva riservato, lo aveva prevalentemente ignorato e non gli era stato bene.
L’umore divenne del tutto nero quando gli tornò sulla pelle la sensazione di pura attrazione che ormai riconosceva subito, era stato un lampo ma mentre gli aveva parlato da vicino, quella mattina, era rimasto affascinato.
Era interessato a quel professore e al suo corpo atletico, agli occhi di ghiaccio e alla bocca carnosa, anche se era freddo, lontano, scostante e magari anche snob, tutte caratteristiche che lui detestava,  finiva per rimanerne conquistato.
Una cosa impensabile dopo tutto.
Daniel non era falso con sé stesso, aveva la sincerità di base in ogni cosa che faceva … ecco perché litigava sempre con qualcuno e aveva quel carattere irascibile. Nella sua stranezza alienante era intrattabile tuttavia era in grado di auto analizzarsi alla perfezione.
Non voleva ricascarci.
Non voleva.
Alla fine le cose si collegavano, per questo si ricondusse con la memoria in un luogo dove tristemente andava nei momenti bui della sua vita.
Non era passato ancora tanto, in fin dei conti nella sua memoria era sempre vivo ogni cosa.
Chi poteva immaginare che un ragazzo prodigio come lui era stato bocciato perché aveva avuto una storia d’amore con un insegnante?
Proprio con un professore.
Del resto lui detestava l’immaturità nelle persone, era più forte di lui, era il suo modo di essere, di fare, di pensare … non calcolava quelli della sua età o i giovani, non ci riusciva, li riteneva troppo piccoli.
Questo perché era più maturo rispetto ai suoi coetanei e si trovava ad attaccarsi a coloro che lo soddisfavano sotto il punto di vista intellettuale, coloro che riuscivano dissetare la sete che nutriva dentro di sé
Una sete di sicurezza, intelligenza, risposte, maturità, pacatezza e molto altro.
Non si accontentava mai, era impossibile, lui cercava sempre il meglio, il massimo.
Si definiva ‘errore genetico’, era fatto al contrario, ne era convinto.
Normalmente non si cercavano queste cose in giovane età, però magari aveva solo bisogno di qualcuno che fosse alla sua altezza, un altezza elevata per essere un diciottenne.
Era sempre stato un paio di gradini più elevato degli altri, per ciò aveva avuto esigenze diverse e considerando piccoli quelli della sua età che non arrivavano ai suoi stessi pensieri, gli serviva qualcuno che invece li avesse e lo capisse al volo dandogli le risposte che gli servivano.
I ricordi continuavano a fluire mentre le dita della mano sinistra correvano sulle corde premendo esperte e veloci lungo il manico, il plettro nella destra creava quei suoni rimbombanti in tutta la piccola casa, c’era una confusione notevole.
Quando l’aveva incontrato per la prima volta, quel professore, ne era rimato subito affascinato. Lui sapeva di essere omosessuale, cercava di controllarsi ma era in un periodo di crisi nel quale cercava qualcuno che lo aiutasse e lo capisse dandogli quello che cercava.
Si era sentito diverso e non aveva voluto sentircisi.
Fece dunque solo quello che lo avrebbe fatto sentire per sempre diverso … si innamorò del professore che rispose al suo bisogno.
Forse fu vero amore o forse quel che si chiamava un istante di paradiso, seguito subito dall’inferno quando furono scoperti, quando lo scandalo scoppiò e ovunque, non solo a scuola, lo riconoscevano offendendolo fino a rovinandogli la vita, fu costretto a far cessare tutto.
Il professore se ne andò lasciandolo e lui precipitò sempre più giù.
Una storia che faceva ridere, dopo tutto, eppure se non fosse stato per suo padre non si sarebbe mai rialzato.
I genitori erano separati e loro vivevano con la madre, la donna per far cessare le voci lo spedì dal padre, rimase con lui per un po’ e nacque un rapporto incredibile, intenso e speciale. Si rialzò in parte per lui, in parte per suo fratello gemello, Etienne, che successivamente a suo padre prese in mano la situazione portandolo in America per cambiare del tutto, ricominciando da capo nell’anonimato.
Ce l’aveva quasi fatta, ora stava per finire tutto a quel paese per i suoi ormoni o per quello che era sbagliato in lui.
Fu interrotto dall’arrivo di suo fratello che gli staccò la spina dell’amplificatore, sapeva quali modi utilizzare.
- Cosa ti è successo?-
Andò dritto al punto capendo subito cosa gli accadeva.
Lo conosceva e sentiva in sé ogni suo cambiamento d’umore.
- Non ne voglio parlare.-
Ovviamente non si apriva facilmente nemmeno con lui, lo squadrò infastidito per essere stato interrotto, sapeva che Etienne non si sarebbe rassegnato.
Per quest’ultimo il fratello era la cosa più importante, tutto ciò che aveva e rimaneva della sua famiglia disastrata, l’unico che condivideva e sentiva veramente.
“Daniel, non devi aver paura di innamorarti di nuovo.”
Glielo disse col pensiero, nel loro modo speciale di comunicare, vero, assoluto, immediato e sincero.
Non sapeva se infastidirsi oppure sollevarsi dal fatto che sapeva leggergli dentro, gli rispose spontaneamente:
“Come faccio a non averne? Rovino sempre tutto, così…”
Era seccato ma non con lui, bensì con se stesso.
Sorrise fraterno istintivamente.
Quel ragazzino troppo cresciuto gli faceva tenerezza coi pesi che portava sempre addosso, non sembravano avere la stessa età.
“Smetti di aver paura di vivere … uno come te non può aver paura di niente. Sei forte, convincitene!”
Era un tipo difficile da capire e da prendere, cadeva spesso in crisi più o meno gravi. Era il classico ragazzo complessato dovuto al suo essere omosessuale. C’era chi non ci soffriva e chi invece ci soffriva molto.
Non tutti erano uguali.
Daniel posò la chitarra al suo posto osservando il fratello che sosteneva il suo sguardo, era limpido e sereno.
Come facevano ad essere così diversi?
“Sei tu ad essere forte, non io, lo sai … altrimenti non sarebbero successe quelle cose!”
Etienne si avvicinò a lui osservando come Daniel si trascurava forse volutamente.
Era complicato avere a che fare con lui per chi poteva leggergli nella mente e comunicare  attraverso il pensiero.
“Finché continuerai a sottovalutarti così non arriverai mai a star bene, né con te stesso né con gli altri … e le tue paure si ingigantiranno sempre più. Non devi evitare di vivere per paura di farti male. Basta che ci fai attenzione ma se ti fai male pazienza, ci sono io. Cadi per rialzarti.”
Era un bel discorso che sapeva fare sempre molto effetto al fratello … peccato che glielo dovesse ripetere puntualmente ogni volta!
Senza nemmeno accorgersene avevano preso a comunicare con la mente, ma ormai era una cosa naturale per loro, preferivano poiché non potevano mentirsi o fingere, era immediato e spontaneo.
- Va bene … non so come fai ad avere tanta pazienza ma tanto mi conosci, in questi momenti l’unica è lasciarmi perdere, sto nella musica e mi sfogo così, poi mi passa. -
Dopo di che Daniel lo sorpassò uscendo dalla stanza concludendo così:
“Mi sei prezioso, lo sai, no?”
Lo pensò perché si vergognava a dirlo a voce ma lo fece perché sapeva bene quanto era importante dirlo quando si poteva fare.
Fu solo un lampo che gli portò alla mente una scena, un immagine, una persona.
Non era il professore.
Era un ragazzo, un suo compagno di classe.
Thomas, il cognome non lo ricordava.
Era strano. Normalmente appariva gentile e socievole ma la stranezza era nei pedinamenti e negli sguardi segreti che gli lanciava.
“Etienne … mi è venuto in mente una cosa, in questo ultimo periodo c’è un ragazzo della mia classe che mi pedina e mi tiene d’occhio in modo inquietante. Si chiama Thomas ed è strano perché sembra una persona buona, brava e gentile. C’è qualcosa che non va’…”
Se ne resero conto subito entrambi che era vero, qualcosa allora non andava ma era solo una cosa superficiale, a quel tempo.
Ancora non potevano sapere.
Ancora erano ignari di tutto quello che grazie a ciò avrebbero dovuto passare, specie Daniel.
Se aveva pensato di aver attraversato l’inferno fino a quel momento per la storia del professore, allora che nome dare alla follia più oscura che avrebbe passato di lì a poco?