MOMENTI
Ricordo bene quando mi hai colpito con un pugno
esasperato dal dolore che provavi alla gamba, fuori di te per tutta la
situazione in cui eri, per Tritter che non ti lasciava in pace e ti
rovinava la vita, per le diagnosi che non riuscivi più a
fare giuste, per il dolore fisico...
Ricordo come hai
superato il limite dandomi un pugno, esplodendo e non facendocela
più. Forse poi ti sei sentito meglio, chissà...
sono sempre stato uno dei tuoi sfoghi preferiti.
Sfoghi o
passatempi, come preferisci chiamarli tu.
Però
poi sono io quello che si è trovato a sorpassare il proprio
limite di sopportazione.
Già...
Sono andato
infuriato (per i miei canoni quella era furia…) da Wilson,
volevo dirgli che quello stronzo che amava e stava con lui, in
realtà mi scopava regolarmente nei momenti e modi
più impensati.
Volevo proprio
dirglielo... però mi sono limitato a fargli capire che House
non aveva più il controllo di sé e se le cose non
cambiavano sarebbero degenerate ulteriormente e non solo per la mia
guancia violacea. Quando ha capito cosa intendevo ha deciso anche lui
di far qualcosa, in un modo o nell'altro le cose sarebbero dovute
finire. In un modo o nell'altro.
Ed è
andato da Tritter che voleva buttarlo fuori dall'ospedale rovinandogli
la carriera e che intanto rovinava tutti quelli che lo circondavano.
Ha avuto
coraggio ma mi ha solo preceduto di un soffio, stavo per farlo io.
Penso di capire
perché l'abbia fatto. Non è stato solo
perché andando avanti in quel modo House sarebbe stato
così incontrollabile da ammazzare pazienti come stava per
fare con quella bambina, l'ha fatto perché sarebbe stato
così incontrollabile da continuare a sfogarsi su chiunque lo
circondasse, avrebbe preso uno dei suoi passatempi preferiti e avrebbe
superato quel limite che Wilson pensa non abbia ancora superato.
No, non violenza
fisica, era già arrivata quel giorno quando mi aveva colpito
in viso.
Un altro tipo di
violenza... sorrido tutt'ora a ripensarci.
Io e lui
facciamo sesso da un sacco di tempo e nonostante non mi piaccia come mi
considera, alla fine sono io quello che non gli dice mai di no; mi fa
godere. Mi fa dannatamente godere, quando mi tocca ed è
l'unico a riuscirci in quel modo.
Ma forse non
è solo per questo, non è mai stato solo un
fattore fisico.
I motivi per cui
ci sono stato sempre sono molti.
Tuttavia sarebbe
riuscito a farmi male in altro modo, oltre che con un pugno, se
qualcuno non avesse fatto qualcosa per mettere fine a quella situazione
critica.
Wilson
conoscendo bene il suo House ha avuto paura per questo e mentre lui
metteva fine in un modo o nell'altro a tutto parlando con Tritter,
House continuava a cercare di non sentire troppo dolore, dando
così fondo ai timori del suo uomo.
Non so quali
fossero le sue intenzioni iniziali, non penso mi avesse cercato per
scusarsi ma io ero ancora fuori di me e non volevo né
parlargli né guardarlo.
- Chase! - Mi
chiamava ma io non lo calcolavo, tiravo dritto verso l'uscita
dell'ospedale, l'avevo quasi imboccata. Ero ancora fuori di me quando
mi sentii afferrare la caviglia dall'impugnatura del suo dannato
bastone e quasi non caddi. Mi fermai saltellando e mi girai di scatto
per dargli solo uno o due insulti veloci ed efficaci ma mi trovai la
sua faccia a pochi centimetri dal mio viso che mi guardava in uno di
quei suoi modi indecifrabili che pensano a tutto ma non dicono un bel
nulla. E mi limitai ad un:
- Che cosa vuoi?
- incisivo e detto fra i denti. Avevo ancora uno sguardo carico di
rabbia fredda e contraevo la mascella che mi doleva e si gonfiava a
vista d'occhio. Ricordo come i suoi occhi azzurri fissarono il livido e
dopo aver contratto le labbra in un brevissimo e non interpretabile
movimento, rispose con la sua perenne ironia:
- Contemplare il
mio capolavoro! - Indicando poi il punto colpito.
Strinsi le
labbra contrariato cercando di domare alcuni impulsi che mi invasero
sul momento e senza staccare lo sguardo dal suo, mantenei uno storico
controllo. Forse voleva che reagissi in modo divertente o che lo
prendessi a pugni io stesso per non sentire le fitte alla gamba almeno
per un attimo. Chissà.
Ma non feci
nulla, lo guardai e dissi:
- Soddisfatto? -
Solo questo, poi non attesi altro. Pensavo avesse intenzione di
continuare ad evitare il pensiero fisso del male alla gamba continuando
a sfogarsi su di me in uno dei molteplici modi in cui sapeva farlo, ma
in quel momento l'idea di farmi toccare da lui mi infastidiva
profondamente. Raramente ho perso la testa arrabbiandomi, normalmente
mantengo una buona freddezza, però quando mi capita di
arrabbiarmi veramente dopo essermi trattenuto fino al limite dei
limiti, poi non mi controllo più e arrivo a dire cose che
non dovrei. Quindi volevo solo andarmene. Sapevo che dovevo proprio
allontanarmi fisicamente da lui.
Mi voltai ma lui
mi afferrò per il braccio trattenendomi, non usò
molta forza, avrei potuto strattonare ed andarmene semplicemente
tuttavia rimasi e mi concessi un ulteriore occhiata mista fra il gelido
e il furente.
- Cosa vuoi,
ancora? -
- Passare il
tempo, Wilson è sparito ed io ho un male cane alla gamba! -
Fu la sua pronta risposta come sempre senza particolare voglia di
essere delicati.
- Ma va! Che
novità... - Sibilai quindi io con pesante sarcasmo mentre
con quella stessa luce nello sguardo tornavo a girarmi per raggiungere
la fermata della metro. Questa volta il manico del bastone me lo
infilò nella cinta dei pantaloni, per dietro, e strattonando
quasi non mi fece cadere lasciandomi in boxer!
Feci una mossa
acrobatica azzardata trovandomi però piegato proprio davanti
a lui... e le sue mani sui miei fianchi non aiutarono la situazione.
Non ricordo dove finì il bastone e se eravamo veramente in
un punto coperto ed isolato, ma ricordo che la rabbia mi percorse come
una scarica da mille volt e scrollandomi mi girai. La freddezza era un
lontano ricordo.
- Questo
è un buon inizio. - Disse lui con malizia, io risposi con
veleno infastidito dai suoi modi e da come mi considerava ancora.
- No.
È una perfetta fine! - Fu la mia risposta laconica.
Però questo gli piacque e forse prima di parlare con me era
riuscito a prendere un vicodin e stava facendo effetto,
chissà. Comunque semplicemente mi attirò
ulteriormente a sé contro il muro, ignorando le mie parole e
prendendo per sé le mie labbra.
Fu un momento
molto veloce in cui la mia mente elaborò una lunghissima
serie di motivi per non farlo lì, in quel modo, in quel
luogo ed in quel momento, tuttavia alla fine ne uscì uno per
cui invece non muovermi e assecondarlo.
Come baciava lui
nessuno era in grado di farlo.
E contro me
stesso mi trovai a rispondere al bacio, a giocare con la sua lingua e
farmi succhiare le labbra in modo decisamente rischioso ma erotico e
quasi disperato. Frenetico. Svelto. Sicuro.
Non eravamo nemmeno chiusi in una stanza o in
un parcheggio, solo in un angolo un po' nascosto dell’esterno, al buio, lontano dal
continuo via vai.
Ricordo la
sensazione di bruciante azzardo e con disappunto mi aggrappavo a mia
volta a lui pensando che era solo un bastardo approfittatore che non
era capace di chiedere scusa in modo normale, pensando che sapeva
perfettamente come prendermi e come toccarmi per gestirmi a suo
piacimento, pensando che mi aveva picchiato solo un ora prima e la
mascella mi faceva male ma che comunque non era paragonabile alla sua
gamba che sicuramente per non impazzire lo faceva aggrappare ad ogni
cosa gli venisse sotto mano.
Pensando che,
dopo tutto, ero finito per giustificarlo di nuovo e lasciarlo fare.
Alla fine mi
trascinò a casa mia e senza dire mezza parola sull'avvenuto,
facemmo l'amore.
Bé,
probabilmente il termine giusto sarebbe sesso visto il modo in cui mi
prese, ci demmo unicamente piacere fisico. Bè... che
piacere... fu un contrasto incredibile: l'astio nei suoi confronti
mescolato al desiderio. Lo respingevo, mi nauseava ma al tempo stesso
lo volevo come forse non ero mai riuscito a volerlo e lui sentendolo e
capendolo ne approfittava, come tutte le altre volte. Gli piacque
parecchio anche a lui, ne sono certo, lo facemmo più di una
volta... tutte le volte che il suo dolore cominciava a farlo impazzire.
Sempre con foga,
frenesia, disperazione, decisione ed un altissimo livello
d’erotismo.
Per tutta la notte Wilson non si fece vivo e
non lo contattò, ricordo che gli sembrò strano tanto da chiedermi se per caso non stesse
facendo un colloquio spiacevole con Tritter.
Mi fece male
questo suo chiedermi il mio parere a riguardo, il fatto che pensasse a
lui mentre stava con me.
Fu lì
che poi gli dissi di andare da lui. Gli chiesi perché stava
con me invece che con quello che amava e lui mi disse tutte quelle
scemenze sui tipi da casa e quelli da letto.
Mi
ferì. Oh, se mi ferì.
Non penso di
essere mai stato veramente innamorato di lui ma io sono quello che non
ammette mai di provare sentimenti nemmeno davanti all'evidenza. Per
questo non mi sono mai interrogato seriamente su cosa provassi per lui.
So che House
è incredibilmente bravo a gestire il mio corpo comunque sono
restio ad ammettere di potergli dare altro oltre a questo. So che non
si farebbe nulla di 'altro', quindi evito di partenza.
Quella notte
litigammo di nuovo e ormai erano le prime luci dell'alba quando lo feci
andar via dandogli la mia freddezza e la mia indifferenza, a lui
piaceva quando facevo così, per questo non chiudeva mai.
Ora era il turno
di quello per cui si poteva provare sentimenti. Wilson.
È stato brutto ma non certo
l’unico momento in cui io e lui litigammo. È
successo spesso, a dire il vero, che io per vendicarmi dei
modi in cui mi trattava in privato considerandomi un oggetto del sesso,
invece che litigarci apertamente e sprecare parole lo 'tradivo' coi
superiori mettendolo nei guai. Questo l’ha sempre eccitato,
però…
Ad ogni modo non
è sempre stato così brutto. La nostra specie di
relazione (sono restio a chiamarla così) ha avuto anche
picchi decisamente sorprendenti e piacevoli.
Come quando
scoprì che mi era morto il padre e che era stato per quello
che avevo sbagliato con quella paziente decretando così la
sua fine. Tutti pensarono che era stato da me non dire nulla a nessuno
e non ammettere fino alla fine che avevo sbagliato per quello. Non
volevo farmi compatire e mettere su piazza quello che mi era successo.
Usare i miei problemi personali, quella mia piccola tragedia, per
pararmi il fondoschiena. Ma House mi fece capire che invece avrei
dovuto farlo e che non avrebbe interferito sulla mia decisione.
Cercò
di mostrarsi cinico come sempre e dirmi che ero stato un idiota
dall'inizio alla fine, ma non feci caso a quello, quel che mi fece
capitolare fu che persino lui si era interessato veramente a me, per
una volta, e non solo per ficcanasare per pura noia come altre volte
aveva fatto. Si era interessato a me facendomi cambiare idea dopo che
avevo già detto che ero venuto a lavoro con i postumi di una
sbornia. Una volta soli mi disse che lui li conosceva bene i miei
postumi come conosceva bene le mie sbronze e quel giorno incriminato io
ero lucido.
Anzi, lucidamente depresso.
È
vero. Le conosce eccome, le mie sbronze… specie i miei
postumi!
Io personalmente
non ho ricordi di quando mi ubriaco ma so che quando mi risveglio sono
spesso nel suo letto e mi sento uno schifo per una lista infinita di
motivi. Alla fine a modo suo è sempre finito per occuparsi
un po’ di me… sempre a modo suo, però.
Comunque, quella volta, le voci che si sparsero a macchia d'olio dopo la
mia ammissione davanti alla commissione che mi scagionò,
furono che mi ero comportato in modo nobile e che non dire nulla su me
stesso e su mio padre era proprio da me.
Mi facevano
ridere... nessuno mi conosce ma molti parlano.
Poi quella sera
andai io da lui dopo essermi assicurato che Wilson non ci fosse.
Eppure questo mi riporta automaticamente ad un
altro flash back, un flash a cui sono maggiormente legato e che ricordarlo
mi rattrista un po’ ma al contempo mi torna a far sorridere.
Uno di quei rari
sorrisi che mi concedo poche volte e solo se sono veramente necessari.
Non di divertimento, tanto meno ironico, bensì quasi tenero,
se devo essere sincero.
Il giorno stesso in cui ricevetti la famosa
notizia della morte di mio padre, giorno in cui sbagliai a curare una paziente e questa successivamente
morì alcuni mesi dopo per colpa mia, fu molto sofferto e
doloroso, per me.
Rimasi distratto
e assente per tutto il tempo ma non mi assentai da lavoro, rimasi
lì e non avrei dovuto. Non volevo che gli altri capissero,
non volevo che sapessero, non volevo avere la compassione di nessuno.
Di nessuno.
Né
che qualcuno mi dicesse che gli dispiaceva… per cosa avrebbe
dovuto dispiacere a loro?
Ipocriti.
Con insofferenza rimasi a lavoro e tutto quel
che mi concessi fu un momento in solitudine nel locale delle docce. Appoggiato al muro cercavo di tornare in me
elencandomi i motivi per cui non sarei mai dovuto stare così
male per un uomo come lui che due mesi prima di morire era venuto a
trovarmi tacendomi il suo cancro.
Mi sentivo
veramente fuori di me ma non dalla rabbia, dalla confusione e dal
dolore… stavo male e non volevo stare male, mi dicevo che
ero proprio un idiota e che ancora una volta ero stato chiuso fuori
dalla sua vita… non mi aveva voluto, non mi aveva
considerato… e lui non c’era più.
Cercavo di dirmi
che le mie sofferenze e le mie delusioni per colpa sua erano finite e
deciso a non dargli la soddisfazione di vedermi piangere e mollare
l’ospedale per lui, mi ripetevo che dovevo finirla e tornare
di là.
Però
ad occhi chiusi sentii la porta aprirsi e imprecai facendomi sfuggire
per un istante il mio famoso controllo e freddezza.
Quindi la sua
voce calda e roca mi parlò con la solita ironia, captando
subito che in me c’era qualcosa che non andava.
Ricordo bene
tutto come se fosse ora, nonostante lo stato in cui ero. Gli diedi le
spalle all’istante ma ovviamente non gli sembrò un
problema.
- Attento che potresti sconvolgermi! –
Mi disse fermandosi un attimo all’entrata. Sentivo il suo
sguardo pungente sulla mia schiena e questo mi fece decidere per il non
dirgli assolutamente cosa mi era successo. Lui fra tutti sarebbe stato
l’ultimo a doverlo sapere. – Imprechi e ti nascondi
da qualcuno… - Aggiunse poi, concludendo quindi con
ulteriore sarcasmo: - …ti ho contagiato? –
Normalmente avrei apprezzato questo suo
ironizzare sempre e comunque su tutto e tutti senza mai riguardi per
niente. Era ciò che chiedevo, in fondo. Avrei dovuto apprezzarlo e se da una parte mi
sentii lontanamente meglio, sperai comunque di non destare la sua
dannatissima curiosità o non mi avrebbe più
lasciato in pace!
Strinsi gli occhi e presi un profondo respiro,
poi mi voltai riprendendo la mia apparente freddezza ed indifferenza dicendo:
- Potrebbe essere visto che sei un virus.
– Non fu brillante ma al momento fu tutto quello che mi venne
in mente, rifacendomi ad una delle comuni definizioni della Cuddy. Lui
sembrò ricordarla e il breve lampo di divertimento
sicuramente fu per quello, il successivo mentre mi si avvicinava con
calma era già diverso.
Interesse.
Ecco cosa
l’attraversò.
Aveva
già visto che c’era qualcosa che non andava in me,
così senza dargli il tempo di reagire e tormentarmi per
sapere i fatti miei, lo superai per uscire dicendo glaciale:
- Ti lascio libero il nascondiglio. Se qualcuno
ti cerca io non so dove sei! – Facilmente interpretabile come
una specie di favore, da parte mia, viste le volte in cui per
vendicarmi gli mollavo dietro la Cuddy o affini.
Si
girò seguendomi con lo sguardo e corrugando la fronte,
proprio quando la mia mano era sulla maniglia e stavo per uscire, mi
disse:
- Ehi, ti
è morto qualcuno che sei così gentile e
disponibile? – Come a dire che normalmente non lo ero mai,
specie con lui. Effettivamente era vero, il nostro rapporto era sempre
stato un po’ particolare, certo non rose e fiori ma nemmeno
sempre come cane e gatto… andava a momenti. Comunque non ero
famoso per essere uno altruista. Tuttavia quel che mi colpì
e mi fece fermare fissando i miei occhi nei suoi di un colore simile al
mio ma che feriva di più per la schiettezza che si leggeva
sempre, fu che ancora una volta ci aveva azzeccato e senza nemmeno
spremersi volontariamente. Non l’aveva fatto apposta ma
sembrava che fosse un dono naturale… prenderci sempre sui
fatti degli altri!
- Non dirmi che
ci ho azzeccato… no, dai, mi faccio paura da solo!
– Cominciò quindi scherzando a modo suo, venendomi
incontro di nuovo. Avrei semplicemente potuto prendere la porta ed
uscire, veramente avrei potuto… il mio tasso di
esasperazione, poi, stava salendo e sapevo che quando succedeva dovevo
allontanarmi da fonti di stress come House. Invece ero là,
lo guardavo un po’ inebetito e cercavo una risposta per non
fargli capire i fatti miei. Ci tenevo. Non volevo che sapesse. Non
volevo assolutamente perché alla fine, in un modo o
nell’altro, lui sarebbe sicuramente riuscito a ferirmi e per
quel giorno ne ero pieno fin sopra ai capelli.
- Si, il gatto! – Fu tutto
ciò che trovai. Non ero comunque mai stato troppo brillante
con le risposte ironiche… anzi. Tendo sempre a dire apertamente agli altri di
lasciarmi in pace e di non farsi i fatti miei… o ad
ignorarli totalmente… ma non volevo dar modo ad House di
continuare a tormentarmi.
Fece un breve
ghigno di divertimento apprezzando il mio tentativo, capendo che non
avrei mai parlato, e dopo avermi osservato e detto
qualcos’altro che lì per lì non
ascoltai, perso nei miei pensieri che mi dicevano che con lui mi ero
finalmente distratto dalla notizia di mio padre, sentii la sua mano
strattonarmi poco gentilmente per il camice. Mi riportò alla
realtà e prima di capire che si era risentito
perché non l’avevo calcolato, mi stava
già ‘punendo’ con un bacio a cui risposi
con confusione e disperazione. Una disperazione di tristezza e non di
dolore fisico.
Un dolore
interiore.
Non volevo
pensare, proprio come fece House quell’altra volta con me.
Però
quando sentii le sue mani infilarsi sotto la cintola dei miei pantaloni
per chiedere, ovviamente, di più, io mi ribellai
automaticamente mentre di nuovo il tasso di esasperazione e il
desiderio di solitudine riprendevano a divorarmi.
Se
l’avessi fatto in quel momento non so, veramente, come mi
sarei raccolto dopo.
Non avevo voglia
di sentirmi un giocattolo nelle sue mani, né di godere come
lui sapeva farmi godere.
Avrei voluto
essere trattato come una persona ma House era sicuramente la persona
sbagliata, per quello.
Come ogni altro.
Quindi seccato
mi scostai e uscii lasciandolo lì a bocca asciutta.
Per il resto
della giornata mi lanciò frecciate seccate che io ignorai,
come ignorai il resto delle persone che mi circondavano diventando
sempre più insofferente.
Bè…
fui limpidamente depresso!
Alla fine del
mio turno, dopo aver guardato, seduto in un locale, un bicchiere
d’alcolico che non toccai mai per tutta la serata, non
facendocela più ed avendo bisogno io di uno sfogo e di
essere trattato come una persona bisognosa di calore umano, andai da
lui.
Come poi avrei
fatto alla fine di tutta questa storia, quando mi scagionarono dalle
accuse.
Ora che ci penso
e paragono le due volte, la prima è stata piena di
disperazione e smarrimento. Volevo qualcosa che speravo lui, per una
sera, potesse fingere di sapermi dare.
L’idea che una prostituta sarebbe
stata più adatta di lui mi sfiorò ma
l’istinto mi fece muovere verso casa sua. Mi
sembrò contraddittorio cercare lui per quel che speravo di
trovare, speravo che non mi chiedesse nulla delle mie
motivazioni e soprattutto che mi trattasse diversamente dal solito.
Quando non vidi
la macchina di Wilson sotto casa sua capii che era solo e semplicemente
salii.
Ero saturo.
Dovevo solo
avere una volvola di sfogo, qualcosa che mi facesse stare bene almeno
per quella notte.
Quando mi aprì rimase in silenzio per un attimo pensando di
avere le allucinazioni, ma ad un occhiata attenta alla mia espressione
gli fece sicuramente capire che l’impressione che aveva avuto
durante il giorno, probabilmente, era giusta.
Ora col senno di poi posso dire che
è così e che quel che stava pensando era che mio
padre, secondo i suoi calcoli, doveva proprio essere morto e per una volta effettivamente non poteva essere
bastardo come sempre.
Per una volta.
Per una volta fu
capace di sorprendermi.
- Sei venuto per
farti perdonare? – Mi disse con un lontano sarcasmo senza
pensare molto a quel che diceva, solo per il gusto di salutarmi a modo
suo e allentare la tensione già nata col nostro scambio di
sguardi. Uno scambio, devo dire, serio.
- Se questo fa si che tu non mi faccia domande, si. – Ma non era così,
non era certo per qualche colpa che secondo lui dovevo sentire. Certo,
l’avevo lasciato all’asciutto quando aveva voluto
farlo con me e forse non era mai successo, ma sicuramente non mi
sentivo in colpa. Però in quel momento, e lui lo sapeva
perfettamente, volevo solo che mi baciasse, mi spogliasse e si facesse
sentire dentro di me con la sua consueta forza e carica erotica, con il
suo consueto modo di prendermi, di toccarmi, di torturarmi un
po’ e farmi godere in modo incontrollabile tanto da farmi
gemere senza pensieri.
Ecco
perché mi sorprese. Lasciò che il suo cervello
trasmettesse a sé stesso alcuni pensieri a me misteriosi e
prendendo una decisione che forse poche volte ha preso, non
ribatté con qualche frase ironica, maliziosa o acida.
Solo mi attirò in casa chiudendo la
porta e borbottando un: - Perfetto. –
Frettoloso, lasciò che le parole svanissero senza dargli
più aiuto per divertirsi.
House quella
sera non voleva fare quello.
Non voleva
divertirsi.
Voleva stare con
me e questo fu tutto ciò che io capii di lui. Non indagai,
non andai oltre, presi quel che mi offrì e lo feci a piene
mani senza farmi sfuggire una goccia, pieno di bisogno di lui.
Capendo che,
forse, ignorare i miei sentimenti mi aveva solo lasciato pieno di
rimpianto davanti alla morte di mio padre. Continuare su quella strada
sarebbe stato auto lesionista e stupido ma anche provarli e ammetterli
lo sarebbe stato, visto che si trattava di sentimenti per House che da
me non voleva mai altro che sesso e passatempo.
Però
quella notte fece l’amore con me.
Fu diverso e per
questo, penso, lo ricorderò sempre anche alla luce di tutto
quel che successe dopo e di come stanno ora le cose fra noi.
Mi prese per la vita e mi intrappolò
fra lui ed il muro, poi senza darmi tempo di togliermi la giacca mi
trovai a contemplare quelle sue iridi azzurre mentre lui stesso si liberava del mio
indumento senza troppi problemi.
Come si
può lasciarsi fare di tutto da un uomo?
Bè, spesso la risposta è così
semplice ed evidente che non è nemmeno degna di essere
pronunciata.
Quando riesco ad
avere quel suo specifico sguardo così serio ed indecifrabile
che vaga in me e mi penetra senza farmi capire quel che gli passa per
la testa, in quei momenti mi sembra così limpido e
ovvio…
Fu uno scambio di sguardi particolare che mi
rimase dentro e mentre pensavo che forse non ne sarei uscito distrutto,
lo vidi avvicinare il viso al mio, lo sentii prendermelo fra le mani e poi percepii le sue labbra sulle mie.
Le percepii perché ormai avevo già chiuso gli occhi.
Fu… non potrei mai definire House
dolce ma le labbra sulle mie furono leggere, mi carezzarono con
lentezza esasperante infilandole fra le mie schiuse ed aprendole con
una certa sensualità. Quando sentii la sua lingua farsi
strada nella mia bocca e trovare la mia, il momento in cui ci toccammo
accarezzandocele vicendevolmente mi sentii bruciare e veramente le mie
connessioni, forse, si staccarono perché i brividi
cominciarono a percorrermi incontrollati dandomi alla testa.
Lui e le sue labbra, la sua lingua contro la
mia, le sue mani che scendevano sul mio collo e poi giù sulla camicia, slacciandola e scostandola
sempre con esperienza e lentezza esasperante.
Fu un tempo interminabile e mentre lo sentivo
procedere sul mio corpo soffermandosi a stimolarmi i punti che
più mi facevano mugolare di piacere, che lui conosceva bene, andai anche io
alla sua camicia alzandola e cominciando a slacciarla febbrile. Volevo
sentirlo, sentirlo fisicamente totalmente, fare l’amore con
lui in modo completo e per una volta averlo del tutto e non capii come
fu possibile ma lo sentii.
Quando uscì dalla mia bocca
scivolando all’orecchio, lo mordicchiò un po’ e solo dopo che entrambe le
nostre camicie erano a terra, scese sul mio collo leccando con leggera
sensualità. Fui io a precederlo di un soffio quando arrivai
alla cintola dei suoi jeans e glieli slacciai andando subito sul suo
inguine, sotto gli slip, ed in quel momento mentre con le mani
cominciavo a stimolare la sua parte intima, House si separò
di un centimetro dalla mia pelle per guardarmi in viso chiedendosi chi
fossi e dove fosse finito il solito Chase.
Certo, normalmente non rimango troppo passivo o
lui non si divertirebbe… lui dice che lo provoco in
continuazione, io onestamente non lo so. Però faccio quel
che mi sento nel momento. Forse lì mi sentivo di avvicinarmi ulteriormente a lui.
Cominciai a muovere la mia mano sul suo membro
e sentendolo eccitarsi, riprese ad occuparsi di me con la sua lingua,
facendo surriscaldare tutte le parti che leccava e tormentava fino a
farmi fremere e premere contro di lui.
Quando
liberò anche la mia parte intima, capendo perfettamente quel
che stavo facendo e che non avevo assolutamente intenzione di
vergognarmi, ci levai del tutto i vestiti che rimanevano e in un lampo
sostituii il mio bacino alla mano mentre cingendogli il collo e
sfregandomi contro di lui con sicurezza e desiderio, prendevo possesso
della sua bocca baciandolo.
Di nuovo il
senso di tristezza mi invase, tutti i rimorsi per mio padre, la
sofferenza, la delusione, l’ultima, e il bisogno di avere di
più per non sentire freddo e non pensare; tutto quello
trasformò il bacio in qualcosa di intimo e inconsolabile.
Esisteva qualcosa in grado di cancellare tutto per qualche ora?
Di non farmi
sentire solo e stanco e vuoto e freddo?
Stavo male e non
volevo, ero freddo e non volevo, mi sentivo pieno di rimpianti e non
volevo… mi sentivo pieno di tutto ciò che non
volevo mentre mi premevo con frenesia contro l’unico che
assurdamente volevo e che, sempre assurdamente, non mi faceva domande.
Mi dissi che
magari semplicemente lo voleva fare anche lui e così come
faceva con le donne che pagava, mi considerava alla stessa stregua di
una prostituta. Come sempre.
Poi però non pensai più
ottenendo quel che speravo quando rispose con un certo trasporto a me e
al mio corpo, trascinandomi sul divano lì accanto e coprendomi con
sé stesso.
Era caldo quanto
me.
Ed entrambi
terribilmente eccitati, ma non solo.
No, non era solo
eccitazione e fisicità.
Questo rese
quella notte unica.
Mentre
continuava a divorarmi mi preparò ad accoglierlo in me e
fremente speravo entrasse subito, ero al limite e sospirando sentivo
ogni mia funzione accelerata.
Quando
entrò in me mi tolse il respiro ed anche se non era la prima
volta che lo facevamo, proprio per nulla, mi parve come se lo fosse.
Non provai
dolore fisico e interiormente mi parve come se una potente folata di
vento mi pulisse portando via ogni cosa.
Tutto quel che
speravo riuscisse a portarmi via.
E con profondi
gemiti mi strinsi contro di lui mentre si muoveva in me sentendolo
dentro e gemere a sua volta.
Non era stato
erotico, tanto meno frettoloso e fine a sé stesso e questo
ci sconvolse entrambi, probabilmente.
Non saprei
parlarne nemmeno ora ma quei movimenti l’uno
nell’altro, quell’allacciarci, cercarci,
assorbirci, prenderci e averci… quel nostro fare
l’amore ci fece sentire insieme e sentii, o forse mi illusi,
il suo stato d’animo.
Era turbato perché nessuno aveva
provocato nessuno, non c’erano giochi di mezzo né
altri motivi soliti per farlo, però l’aveva
desiderato e tornando indietro avrebbe voluto farlo altre volte
così. Era vicino a me, era con me ed era
profondamente turbato ma al contempo preso.
Sempre
più.
Sempre
più.
Fino a che non
avemmo l’orgasmo insieme, violento e sconvolgente per
entrambi.
Non ne abbiamo
mai parlato e semplicemente gli altri giorni abbiamo ripreso a fare
sesso, a giocare prendendoci, rifiutandoci, vendicandoci e
torturandoci. Bè, ovvio… lui mi tortura ed io mi
vendico.
Non abbiamo più rifatto
l’amore come quella volte ed onestamente non
l’abbiamo nemmeno più cercato, però mi chiedo cosa provi quando
lo fa con Wilson.
Mi trovo spesso a pensarci e di rimando finisco
per farlo con Alison cercando di capire se anche per House è
la stessa cosa… logicamente non posso darmi risposte certe a
riguardo, l’unica cosa che è sicura è
che come è fra me e lui entrambi non lo proviamo con
nessun’altro… né Wilson per lui
né Alison per me.
Ecco perché anche dopo il litigio
serio, dopo che ci siamo separati per un po’ e che ci siamo
ritrovati comunque in ospedale in reparti differenti, abbiamo ripreso a stare insieme in tutti i momenti in cui
abbiamo voglia.
Il
più delle volte è lui che mi cerca quando
più l’aggrada e non è da molto che
abbiamo fatto diciamo pace, ma ormai capita anche che io stesso vada da
lui e provocandolo come lui dice so fare solo io, ottengo qualche
piccola vendetta.
È un
gioco che va avanti da molto ed anche se entrambi abbiamo provato
veramente a farlo finire, bè, per ora è
più forte di noi.
Solo che per
quanto mi riguarda dovrei trovare l’onestà di non
fare con Alison quello che alla fin fine House fa con me.
House mi tiene
come giocattolo, un passatempo, ed alla fin fine, che io lo voglia o
no, che lo ammetta o lo ignori, fra lei e House quello per cui provo
sentimenti non è certo lei.
Mi dispiace ma
non è lei.
Ricomponendo la mia espressione con una di
apparente freddezza entro nella sala relax dove
c’è anche lui e con chiare intenzioni, entrambi
siamo compiaciuti dal fatto di essere soli.
FINE