CAPITOLO V:
PROVARE A RICOMINCIARE
/Mimi/
Alla fine la festa si è
rovinata e mi dispiace davvero un casino, speravo che andasse
diversamente e come era iniziata mi aveva sinceramente rincuorata, poi
però Michael mi ha preso alla sprovvista.
Sospiro mentre pulisco
ciò che rimane del nostro pic nic, mi sono scusata con loro
e li ho lasciati andare via, liberi di risollevarsi da soli la giornata
in qualche altro modo.
Loro hanno pensato che volessi
stare da sola e sono andati davvero ma ora che sono qua mi chiedo se
non avessi fatto bene a chiedere a qualcuno di restare.
Così sola ho paura di
pensare troppo.
Che male che mi ha fatto, non
avrebbe mai dovuto venire qua. È stato un fulmine a ciel
sereno.
Metto tutto nei sacchetti che
butto nel cestino dell’immondizia qua fuori e mi siedo sulla
panchina del tavolo in legno apposta per occasioni come questa, mi
appoggio col gomito e a mia volta il mento al palmo.
L’espressione che sfodero immagino che sia veramente triste e
pensierosa mentre continuo con una serie di sospiri scontenti.
Perché è finita così?
Volevo fosse tutto perfetto, che
questi giorni qua non potessero oscurarsi più, avere solo
dei bei ricordi.
Ho bisogno di qualcuno che mi
impedisca di deprimermi… Tai sarebbe indicato
però… però forse ho più
bisogno di parlare. Ora, dopo quel che è successo e dopo il
tempo passato dall’America, potrebbe essere il momento
migliore.
Allora è
meglio… mi drizzo tirando fuori il cellulare e cercando in
rubrica il suo numero di telefono.
Perché mi è
venuto in mente lui fra tutti?
In quel gruppo sono praticamente
tutti indicati per il ruolo di ascoltatori e Sora in primis, ma mi
è venuto subito lui.
Senza pensarci ulteriormente gli
mando un messaggino chiedendogli cosa sta facendo e se può
venire di nuovo. Sicuramente penserà che sono la solita
viziata che non è cambiata affatto ma pazienza, ho proprio
bisogno di qualcuno vicino, ora.
Quando la suoneria dei messaggi mi
squilla in mano faccio un piccolo salto sul posto e mentre guardo cosa
mi ha scritto, il cuore ha un guizzo molto prepotente nel mio petto.
Che ansia…
‘Arrivo.’ Solo questo.
Il mio sorriso è a dir
poco sconcertante visto lo stato d’animo in cui sono, eppure
non ho potuto trattenerlo.
Sono contenta che venga.
Si può contare su di
lui, lo so.
È una persona in gamba
ed è grazie a lui se oggi sono stata comunque bene,
perché non mi ha mollata fregandosene ma ha chiamato davvero
tutti portandomeli qua. Perché è discreto ma
presente. Perché è stato il primo volto amico che
ho visto quando sono venuta qua in piena crisi, giorni fa.
Pensando a lui mi rischiaro un
po’ anche se non mostro un illuminazione splendida, quindi
non lo sento arrivare. Quando mi chiama alle mie spalle salto
nuovamente e mi giro svelta, lo solco con lo sguardo e lui mi accarezza
col suo. Ha una dolcezza che non gli avevo mai notato.
È davvero in
gamba… oggi stesso una volta di più
l’ha dimostrato picchiando Michael.
Mi ha stupito davvero.
Ci teneva così a me?
- Ciao… grazie per
essere venuto… pensavo di voler stare un po’ da
sola per evitare di rovinarvi ulteriormente la giornata ma poi, quando
mi ci son trovata, mi sono resa conto di aver bisogno di compagnia.
Visto che so che abiti qua vicino ho chiamato te… spero di
non averti seccato o disturbato… - La parlantina comunque
non ne risente mai ma con sommo stupore mi rendo conto di aver cacciato
una scusa pietosa per giustificare la mia chiamata.
Che male c’è
se lo voglio qua con me?
Lui si siede davanti sorridendo
flebilmente, capisce che non è un buon momento quindi cerca
di essere discreto.
- Hai fatto bene, non mi hai
disturbato. – Mi sembra così strano ritrovarci qua
intenzionalmente insieme.
Cala un attimo il silenzio che
lascio per poco, scostandomi i capelli dal viso e mettendoli dietro
l’orecchio, riprendo a parlare. Immagino di dovermi sfogare
visto che l’ho voluto qua.
- Sai… non mi aspettavo
che venisse… scusatemi della piazzata, non volevo rovinare
la festa. –
- Non devi dirlo nemmeno per
scherzo, noi eravamo qua per te, era lui che doveva scusarsi semmai.
– è gentile. È così
gentile… come fa?
- Come avrai capito quando ero
là mi ha lasciato brutalmente… anzi, la storia
è ben più complessa di
così… mi ha tradito e si è fatto
beccare di proposito per farsi lasciare senza darmi spiegazioni, quindi
io ci sono cascata ma poi ho voluto parlargli e approfondire, capire
perché l’avesse fatto. L’amavo ancora,
in fondo. Quando mi ha spiegato che non mi amava più e non
voleva più saperne di me mi sono detta se fosse la
verità. Come poteva spegnersi tutto così? Io lo
conoscevo bene, ero sicura che non fosse così. Ho indagato e
mi sono intestardita finché non ho capito che lo faceva per
paura di un rapporto troppo serio come stava diventando il nostro.
Quindi mi sono rifatta avanti dicendogli che avremmo affrontato la cosa
insieme, che avremmo risolto tutto, che l’avrei aiutato, ma
lui non ha proprio voluto, non mi ha ascoltato in nessun modo.
Così ho capito che era finita. Sono stata male e non sono
uscita per giorni, poi grazie a Davis ho capito che dovevo andarmene da
là, staccarmi drasticamente da lui. E sono tornata nel mio
luogo felice, dove sono nata e cresciuta. Mi ero fatta una ragione
anche se a fatica, ne stavo uscendo, riuscivo a non pensarci sempre e a
sorridere ogni tanto… e poi lui torna qua e mi dice quelle
cose. Perché quando l’ha deciso lui e non quando
glielo chiedevo io? Perché?
Lui è sempre stato
così, non mi ha mai ascoltato davvero, ha sempre fatto tutto
di testa sua. Io sono sempre stata d’accordo con lui e con le
sue scelte ma questa volta no e mi sono sentita una bambola che non
poteva avere opinioni. Mi ha trattato come se la mia scelta non
contasse, come se non esistessi davvero, come se fossi una mentecatta.
Mi ha calpestato in tutti i modi ed oggi una volta di più.
Non intendo più farmi trattare così. Voglio che
la gente mi ascolti quando parlo, quando dico no o si. Che non sia
trasparente. Sono cresciuta ascoltata da chi mi circondava ed ora
lui… lui… come ha potuto? Mi amava davvero o
amava la persona che voleva io fossi? A questo punto mi vien da
chiedermi cosa siamo stati davvero. Era vero sentimento quello che ci
ha legati tutto questo tempo? Perché è stato con
me? Ed io di chi ero innamorata? Non capisco veramente… cosa
sono stati questi anni? Cosa sono stata io per lui? Cosa? –
Lo sfogo è arrivato
come non avrei mai pensato ed alla fine la voce mi si rompe in gola
insieme alle lacrime. Ripensare a tutto in modo così
completo e quasi staccato mi ha fatto male. Alla fine è
così. È finita. Ma c’è mai
stata?
È finito davvero
qualcosa che forse non è mai stato?
Io non lo so…
l’idea che non ci siamo amati veramente mi angoscia. Che la
mia felicità fosse finta, che in realtà non
volesse me ma una che dicesse sempre di si, che è sempre
stato tutto sbagliato.
Ma io gli ho voluto davvero bene,
sarei stata disposta a tanto per lui.
Ma non a tutto, alla fine non a
tutto.
Non a umiliarmi di nuovo.
Il pianto silenzioso lo nascondo
fra le mani e dopo un po’ di silenzio in cui lui non dice
nulla, io capisco che non c’è molto da dire. Che
forse l’ho fatto venire solo per poter ascoltare la mia voce
esprimere la verità che mi stava dentro dopo
l’uscita di oggi.
È così
pesante, però, la fine di una storia… sempre che
una storia ci sia stata realmente…
Non so nemmeno più cosa
sperare, so solo che voglio stare bene.
Che qualcuno mi aiuti, questa
batosta non ci voleva.
Izzi fa qualcosa ti prego.
/Izzi/
Sentirla sfogarsi in questo modo
mi ha spiazzato anche se un po’ me lo aspettavo e ci speravo.
Da quando è arrivata si è tenuta tutto dentro ed
io anche se non sono uno di quelli che parla troppo degli affari
propri, mi rendo conto che certe cose vanno esternate.
Ora penso che potrà
solo stare meglio.
Lo spero.
Andando per logica credo che sia
così ma non sono molto bravo in questo genere di cose. A
dare consigli, specie in campo amoroso.
In fondo le è finita
una storia che ha appena messo completamente in discussione.
Non è facile ma non
c’è molto da dire.
Mi dispiace, mi dispiace davvero
che stia così, non voglio che stia così, voglio
poterla aiutare, dire la cosa giusta e risolvere il suo dolore. Vorrei
dirle che ora andrà tutto bene, stringerla e dirglielo ma
non oso nemmeno toccarla.
Lei è così
lontana da me, non è mai stata vicino a me.
Però ora ha chiamato
me. Si aspetta qualcosa, dovrei veramente parlare.
Però la vedo coprirsi
il viso con quel fare che è un misto fra l’adulto
e l’infantile e la sento piangere, non fa singhiozzi pesanti
come prima, sono lacrime che nemmeno si sentono. Le sue spalle piccole
tremano leggermente ed i capelli gliele ricoprono mossi. Anche
così è bellissima.
Ed io cosa posso fare per lei?
Ascoltarla, esserci e basta?
Allungo una mano titubante. Cosa
ci fa la mia mano lì a mezz’aria fra me e lei?
Sono forse impazzito?
Che iniziative prende il mio arto?
No, davvero, non facciamo scherzi.
Però nonostante io
pensi ciò, la mia mano continua il suo viaggio solitario e
si posa testardamente sulla sua spalla, sopra i suoi capelli castani,
poi intraprendente e contro di me scivola spostandosi fino alla sua
appoggiata sul viso minuto. Gliela prendo staccandogliela e lei la
stringe come se non aspettasse altro.
Ci separa il tavolo su cui
appoggiamo le nostre mani unite e spiazzato sento come congiunge la sua
alla mia. Forse anche un piccolo gesto sfacciato e non da me,
può aiutare la persona che desidero aiutare.
Forse nemmeno le parole servono,
chissà.
Metà del suo viso
è visibile e gli occhi chiusi lasciando andare quelle
goccioline che devono essere salate, le rigano la guancia e le arrivano
fino alle labbra piegate verso il basso, ben serrate. Da lì
scendono sul mento e poi sulla superficie di legno.
Povera piccola… vorrei
stringerti e con una bacchetta magica cancellare tutto questo tuo
dolore. Perché devi stare così male?
Non ne vale la pena per lui.
Mi fa male vederti piangere per
qualcun altro.
Alla fine con un sussurro provo a
dire qualcosa anche se non ho proprio idea di cosa:
- Non è vero che non
c’è stato nulla o non piangeresti ora. E non
è vero che non ne è valsa la pena o non
l’avresti vissuta. Purtroppo è finita ma
sicuramente oltre al dolore, questa storia ti ha lasciato anche
qualcosa di bello. Devi aggrapparti a quei bei ricordi per non
affondare. E poi… - Lo dico? Ho anche parlato
troppo… guardo le nostre mani unite qua sopra e mi decido
stringendo la sua, una scarica elettrica mi attraversa. Che bello
tenerle la mano. – E poi non sei sola. –
Più di così non arrivo, mi sono sbilanciato
troppo per i miei gusti ma penso ne avesse bisogno.
Torna il silenzio fra noi e
lentamente sento che i suoi singhiozzi scemano finché non
libera totalmente il suo viso e mi guarda con quei suoi occhi rossi
pieni di lacrime, ha un viso stravolto che non le avevo ancora visto,
non così seriamente addolorato. A Digiworld era una bambina
e per giunta viziata, è cresciuta lì imparando
che ci sono cose più nobili per cui piangere, ma ora
è diverso. Questo suo dolore è completamente
diverso.
- Grazie. Grazie di esserci.
Grazie di non provare a tirare fuori chissà quali parole di
consolazione. Grazie per essere come sei e di non avermi piantata
davvero in asso. –
Io non rispondo ritrovandomi non
poco in imbarazzo, inebetito continuo a fissarla. Anche così
mi piace.
Sono proprio cotto e andato.
Porca miseria, chi
l’avrebbe mai detto?
Proprio io, poi…
Stiamo ancora così e ci
osserviamo come se ci vedessimo per la prima volta, non ci separiamo e
questo contatto mi trasmette un tale calore che spero non finisca mai.
Non mi sento io a tenerle la mano ma lei non la molla ed anche se un
tavolo ci separa sono felice. Sono scemo ad esserlo, lei sta male ed io
sono contento di poterla toccare e di stare ancora da solo con lei.
Ma lei pensa ancora ad un altro,
sta male per un altro. Cosa posso fare se non stringermi questi piccoli
momenti che sono solo nostri?
Mi vede come un amico,
sicuramente, però averla così è meglio
che non averla.
Preferisco tenermi per me i miei
sentimenti, al sicuro, piuttosto che mettere tutto su piazza e non
avere più nulla dopo.
Dopo un po’ di silenzio
in cui lei sembra riprendersi discretamente, tutto sommato, e non
piange più, piega la testa di lato osservandomi come se mi
vedesse per la prima volta e seguendo una sua linea di pensiero che a
me non è data conoscere, mi fa la domanda del secolo, come
se avesse appena scoperto l’acqua calda.
- Izzi, ma tu cosa sei per me?
– Io rimango di sasso ad ascoltarla e inghiottendo a vuoto
per non soffocarmi da solo, cerco di mantenere un colorito umano e
soprattutto un espressione normale. Quindi con fatica mi scopro un
grande attore e come niente fosse chiedo calmo:
- Perché? E poi
dovresti dirmelo tu… - Ma che bravo… se tutto va
bene mi risponde anche!
Mimi continua a guardarmi
intensamente con quei suoi grandi occhi spalancati ancora lucidi e
l’imbarazzo mi divora.
- Si, perché ti ho
chiamato oggi, mi sono aggrappata a te da quando sono qua, ti ho
parlato in questo modo… e poi tu mi hai sempre aiutato, oggi
mi hai ascoltato, hai cercato di consolarmi…
perché? Perché lo fai? –
La domanda non otterrà
risposta, non sono così bravo da trovare al volo una
risposta che non mi comprometta troppo ma vorrei sparire con uno
schiocco di dita. Anche se qua così ci sto bene e lei non mi
ha ancora lasciato la mano. Che situazione… come la risolvo
ora? Però non aspetta una mia risposta, sembra come se
rifletta ad alta voce.
- Non è che saremo io e
te a finire insieme? – Aspetta, Izzi, calma… non
partire in quarta, non l’hai mai fatto, perché
dovresti farlo ora? Su, forza. Sii uomo e rimani impassibile.
Vorrei scappare.
Non so se divento rosso o faccio
una faccia strana, ma la mia voce non trema quando con coraggio
rispondo pacatamente composto:
- Anche se di solito so molte
cose, questa non è fra quelle. – Bene, ottimo
lavoro. Posso essere contento di me stesso, mi merito un premio.
È stata faticosa ma ci
sono riuscito… non pensavo, onestamente, ma non credo di
essermi tradito.
Lei sta ancora a guardarmi e dopo
qualche attimo in cui segue chissà quali pensieri che vorrei
sapere, mi sorride come se si rispondesse.
Cosa darei per leggerle nella
testa.
- Penso di averti stressato
abbastanza… se vuoi ti lascio libero di andare. Ti ho
monopolizzato abbastanza. –
La sua voce esce sempre meglio e
mi rincuora, anche se quando scioglie la mano dalla mia devo dire che
mi dispiace non poco ed un senso di mancanza mi invade subito.
Il nostro momento è
finito.
Non dimostro affatto questo mio
stato d’animo e assecondandola mi alzo in piedi anche io. Non
vorrei affatto andare via, ovviamente, ma magari è lei che
vuole stare sola. Non voglio essere invadente, vedo che sta
obiettivamente meglio quindi è ora di togliere il disturbo.
Anche se non vorrei affatto.
- Non mi hai stressato, comunque.
Quando hai bisogno non esitare a chiamarmi, mi raccomando. Per
qualsiasi cosa. –
- Allora penso che lo
farò e approfitterò ancora di te. – Dai
Izzi, non pensare a certe cose… non essere troppo felice di
questa frase innocente. – E grazie davvero molto per oggi e
per tutto quello che hai fatto da quando sono qua. Veramente. Sarei
stata persa senza di te. – Lo dice con naturalezza, sorridendo
e pensandolo davvero.
Questa volta mi sento andare a
fuoco quindi prima di inebetirmi come uno sciocco, saluto e me ne vado.
Che imbarazzo, ragazzi… non sono tagliato per queste cose.
Quando lo saprà Tai, perché tanto quello viene a
saperlo in un modo o nell’altro, sarà la mia fine.
Eh si… sono proprio
cotto di Mimi, c’è poco da fare. Spero solo che
rifletta ancora sull’uscita che ha avuto candidamente. Io e
lei finiremo insieme? Chissà, spero proprio di si.
Del resto le strade sono proprio
incredibili.