PURO AMORE
CAPITOLO V:
VICENDEVOLMENTE
/ Wish you where here
– Pink Floyd /
Il grigio regnava sulle loro vite.
Grigio per i colori che quella umida
città rimandava intorno loro a partire dal cielo
perennemente nuvoloso per proseguire col freddo capace di raggelare le
ossa.
L'inverno ormai era pieno ma a rendere
grigie le loro vite non era solo quello, anche il loro animo, il loro
modo di ragionare e pensare, di vedere e di fare.
Grigio era il loro colore, il loro
luogo, il loro momento.
I passi di una camminata leggera e
normale si udivano in quell'altrettanto grigio palazzo. Quasi non si
udivano e a guardarli esternamente sembrava che la fanciulla avvolta da
quei begli abiti pesanti e dal cappotto bianco imbottito, danzasse
invece che semplicemente camminasse salendo le scale.
I lunghi capelli rossi erano sciolti e
liberi sulla schiena spiccavano grazie al color neve dell'indumento
caldo, la sua pelle altrettanto chiara era attraversata da lievi
lentiggini dovuti alla sua carnagione, non le stavano male, merito dei
suoi lineamenti delicati e fini. Col portamento di una danzatrice
classica, si dirigeva sicura verso il terrazzo posto sul tetto
dell'alto edificio.
Lo cercava e sapeva che l'avrebbe
incoscientemente trovato là sopra a prendere freddo e fumare
qualcosa di certamente poco leggero, lo sapeva ma a lei non importava
cosa faceva, se fosse impegnate e se si stesse nascondendo per scappare
da lei e dai doveri ... a lei Syd serviva e l'avrebbe trovato comunque
senza considerare i suoi voleri.
Quando arrivò all'ultimo
piano all'aperto, l'aria fredda la colpì in viso facendola
rabbrividire brevemente ma non stringersi nelle braccia, mantenne il
suo contegno e spostando lo sguardo su tutto l'ambiente circostante,
cercò una figura mal messa seduta da qualche parte con una
nuvoletta di fumo che volava via col vento.
Anche nel suo modo di cercarlo non si
notava nessun particolare interesse se non per qualche dovere che
certamente doveva compiere, come se non avesse altre libertà
o desideri, come se tutto ciò che volesse fare fosse solo il
dovere e mai il piacere.
Avevano fatto l'amore e successivamente
l'avevano rifatto altre volte, tuttavia continuavano a non chiamarsi in
nessun modo e a non considerarsi coppia. Nonostante il legame
instaurato in così poco tempo erano consapevoli che ogni
cosa fosse dovuta alla loro continua ricerca della vita. Non avevano
nemmeno provato a parlarne, lei non l'aveva mai considerato un buon
conversatore, aveva sempre preferito analizzare i suoi gesti e
viceversa, lui non si era mai sentito in dovere di chiarire il loro
rapporto e la loro situazione. Lui non sentiva mai nessun dovere,
nemmeno il più basilare od ovvio.
Lui non sentiva nulla.
Quando lo vide rimase ferma sull'uscio
cercando di mettere meglio a fuoco la sua immagine seduta a terra
appoggiata contro la balaustra, i capelli senza gel che gli si
scompigliavano per il vento, i vestiti leggeri erano mal ridotti e
strappati in più punti come se venisse da un pestaggio. Il
punto era che lui si conciava a quel modo volontariamente.
Alzò un sopracciglio constatando che aveva una manica alzata
e che non indossava nemmeno una giacca. Era auto lesionista?
Se lo chiese con leggerezza senza
immaginare quanto vero fosse ...
Fu solo quando mise a fuoco il suo viso
dove gli occhi erano chiusi e l'espressione solitamente incolore era
abbandonata, che capì che stava facendo qualcosa.
Rimase impressionata una volta di
più da lui, capendo quanto giusto fosse il suo stare con
lui. Era ancora l'unico in grado di farle provare qualcosa.
Poi i suoi occhi azzurri lasciarono la
testa appoggiata all'indietro per scendere sulle mani. Un braccio
scoperto stretto da un laccio e l'altra mano che stringeva qualcosa,
una siringa.
Fu lì che comprese.
Fu lì che qualcosa dentro di
sé cominciò a divorarla.
Come un gigantesco ammasso di serpenti
oscuri che le erano rimasti fedeli dalla nascita e che ora si facevano
sentire maggiormente. Mentre lo vedeva in quella posizione a fare
quell'inequivocabile azione autodistruttiva, le sembrò di
vedersi dall'interno in quel buio luogo posto nel suo animo ove quel
nodo di serpenti cresceva sempre più.
L'avrebbero divorata.
“Dunque è
così ... dunque la nostra eguaglianza è
tale?”
Fu questo che pensò domando
il tremore che l'avrebbe invasa se non si fosse controllata di nuovo,
per la millesima volta, sempre e comunque.
Fece tacere abilmente quel sibilo di
serpenti e avvicinandosi a lui con quei suoi passi danzanti di natura,
si dimenticò di respirare per qualche secondo.
L'ebbe vicino e solo quando
poté vedere in silenzio quei buchi nell'avambraccio
abbandonato accanto a sé e la siringa dove poco prima v'era
stata la sostanza alterante che ora si stava espandendo nell'organismo
del giovane, che sentì qualcos'altro oltre a quella paura
attanagliante e divoratrice.
Sentì un incontaminato nulla.
Come se dopo quei serpenti oppressi per il proprio auto controllo, non
rimanesse altro che il vuoto.
E si chiese, oh se se lo chiese, come
fosse possibile provare del vuoto simile davanti ad una scena
raccapricciante e grave come era il drogarsi di una persona che contava.
Se lo chiese e mentre cercava risposte
invano, si sedette accanto a lui rimanendo impietrita, mantenendo
quell'idea di sé di statua che aveva sempre dato.
Una statua scolpita nel ghiaccio creata
per somigliare ad un angelo.
Si fece solo scivolare a terra
lì vicino a lui senza fare rumore, col respiro
impercettibile e lo sguardo azzurro perso in ciò che era
dentro di sé.
Vuoto.
“Inizialmente non succede nulla,
ti inietti ciò che sei riuscito a recuperare, quella
sostanza che ti sembra così preziosa e che desideri con
tutto te stesso, in quel momento di ansia e tremore, quasi quasi
arrivavi alla crisi d'astinenza ... cazzo, come sarei stato male se ci
fossi arrivato. Lo sai perché ci sei passato quindi fai
sempre di tutto per evitarla. Allora con quell'ansia interiore te la
ficchi nelle vene e attendi quel volo per cui continui volta dopo
volta, quella sollevazione da ogni male. Appoggi la testa all'indietro,
chiudi gli occhi e aspetti quelle sensazioni piacevoli.
Ma non sono immediate,
è solo un istante in cui ti senti sospeso fra il tutto ed il
nulla, non sai bene cosa senti, come stai e dove sei ... poi arriva,
è un ondata di calore violenta e senti chiaramente ogni
collegamento vitale e cerebrale bruciarsi all'istante. Hai mille
scariche contemporanee e l'espressione probabilmente scema naturalmente
in una di piacevole beatitudine. Stai lì e assisti alla tua
consapevole disfatta, una meravigliosa e folle corsa verso la propria
morte, verso questo stare divinamente in eterno.
Lo fai e sai che più
lo farai e più ti avvicini a quell'eterno svanire.
Fra poco starò
così per sempre, è un bel modo di morire, muori
lentamente e quando giungi a quella tappa sai già cosa
aspettarti e cosa succederà. Sai già come
sarà perchè l'hai già assaggiata altre
volte e ti è sempre piaciuta.
Eppure poi è strano
perché pensi tutto questo solo mentre lo fai, quando poi
comincia a cessare l'effetto della droga, ti rendi conto di quanto
merda sia tutto quanto. E pensi solo che è uno schifo morire
in quel modo, che tu sei uno schifo e che la droga è uno
schifo, come anche le persone ed il mondo stesso.
Però consapevole di
questo cerchi di nuovo quella sostanza magica che ti fa trasformare
questo vomitevole ammasso di merda in una cosa meravigliosa e
desiderabile.
È solo questo che
succede mentre per quei minuti indefinibili, perdi il contatto con te
stesso, con la tua coscienza e col modo che ti circonda.
Non sai dove sei ma stai da
Dio.
Questo è tutto.
Questo è solo la
fine, una meravigliosa fine di merda.
Tutto qua. “
Quando tornò un po' di
più in sé la prima cosa che sentì fu
il freddo dell'aria aperta colpirlo come tanti aghi, ma ancora non
capì se fosse piacevole o meno. La seconda fu una sorta di
calore un po' strano accanto a sé. Lo riconobbe, non gli
servì girare la testa per vederla lì. La sentiva
chiaramente anche se tutto gli arrivava ancora confusamente e non
comprendeva cosa dovesse captare.
Poi la voce incolore e apatica di Sylvie
lo raggiunse, ancora un po' lontana:
- Perché lo fai? -
Come giudicare una domanda simile in una
situazione simile da persone simili?
Nessuno dei due fu capace di ragionarci
su e semplicemente lui rispose allo stesso modo, con voce biascicata,
ciò che più al momento gli parve sensato, senza
sapere cosa sarebbe uscito.
- Perché tu non mangi? -
- Perché detesto il cibo. - E
mentre rispondeva con quel vuoto inspiegabile dentro, provocato dalle
loro azioni e da qui buchi visibili, si rendeva conto di tutto. Dal
nulla al tutto cosa passa in mezzo? Un ininnominabile qualcosa. Un
qualcosa senza nome.
Lei semplicemente aveva formato la sua
vita in quel modo, ora il resto le provocava nausea.
- Uguale. Mi fa schifo la vita. -
In realtà nessuno dei due
sembrava pensare veramente a quel che volevano dire, semplicemente
dicevano ciò che si sentivano di dire, premendo proprio sui
punti giusti ... senza saperlo.
- Allora perché suoni? -
- Perché sul momento mi piace
ma quello non è vivere, non è vita. -
“Sembra più che ci
tenga a darmi delle buone e valide motivazioni ... se mi dicesse
semplicemente che lo fa perché gli va il discorso finirebbe
subito. In realtà è proprio un inetto ..
“
- La vita te la scegli tu. - Disse
infatti lei cominciando a veder allontanarsi quel vuoto precedente a
quell'istante.
- Anche a te fa schifo la vita. Cibo
è vita. - Nemmeno il suo punto di vista, tuttavia, era
errato. Non che Sylvie ne avesse uno chiaro e netto, non si comprendeva
a fondo, non capiva perché voleva tirargli fuori quelle
parole di bocca eppure lo faceva sentendosi via via un po' meglio.
L'unica cosa di cui era sempre più sicura era la
consapevolezza d'aver fatto bene a non lasciarlo andar via. Per Syd,
però, lei era assolutamente identica a lui e che lei lo
ammettesse o no, lunatica che fosse, era così ed era stupido
da parte sua cercare di farlo ragionare o cercare di capirlo meglio.
Lei già lo capiva e meglio di chiunque altro. Lo sapeva.
Ecco perché quel discorso lo vedeva più come una
perdita totale di tempo!
- Allora in questo caso siamo solo due
codardi. - Lo disse con una tale fermezza da fargli capire subito che
era vero, era proprio così. Certo l'aveva detto a modo suo
ma l'aveva fatto ed era preciso e reale.
Fu lì che dentro di
sé Syd cominciò a sentire qualcosa di fisico ma
non ovattato e confuso dovuto alla droga appena presa, bensì
qualcosa di eccitante. Così mantenendo la testa appoggiata
all'indietro sulla balaustra, spostò solo gli occhi
lateralmente per sbirciare il suo bel viso. Era ancora così
inespressiva e disillusa. Spenta. Quanto era spenta ... meravigliosa
...
- E' per questo che ci siamo attratti
fino a questo punto. -
Quel che si fece largo in Sylvie,
invece, furono di nuovo quei serpenti agghiaccianti e sibilanti che
neri strisciavano ingrandendosi sempre più.
La paura cresceva divorandola.
Quanto avrebbe resistito?
- Allora perché non riusciamo
a cambiare e ad amarla, questa vita? -
Quando disse questo il tempo
subì come un mutamento che fu talmente sentito da sembrare
quasi reale. Reale nel suo fermarsi e trasportarli in uno spazio
diverso da quello, deformato e quasi pietoso.
Syd voltò del tutto il capo
verso di lei che ancora guardava nel vuoto, appoggiata sconsolata,
tutta rannicchiata su sé stessa.
Una bambina.
Sembrava una bambina.
- Vorrei saperlo ... quando lo scopri
dimmelo. - Non era poetico e braco con le parole come lei ma capiva
bene che qualcosa doveva comunque dirla. Assolutamente.
Voglia impellente di approfondire.
Andare oltre, di nuovo, sempre più, come quella prima volta
e quelle successive. Come se anche lei e il far l'amore con lei fosse
una droga, la peggiore.
“Chi cazzo è questa
donna?”
Pensò senza rendersene conto,
senza spiegarsene nemmeno il motivo.
Aveva un potere speciale che, nonostante
di volta in volta sembrava capirci qualcosa in più, ogni
volta la sensazione che era sempre più forte, finiva quasi
per farlo impazzire. Perché lei doveva farlo sentire sempre
così?
Così come?
Così ... verme ...
così sbagliato ... così schifoso ...
così bisognoso di amore ... così PIENO di amore
mai dato ... così umano ...
Possibile che al mondo esistano
veramente solo una persona giusta per ognuno e che solo queste possano
salvare l'altro?
- Siamo nello stesso palcoscenico. Se ci
aiutiamo dovremmo essere in grado di uscire anche dal nostro buio dove
questi serpenti ci divorano ... -
Seguendo una sua linea di pensiero.
Affascinato. Dopo l'eccitazione e la
sorpresa, Syd si sentì affascinato.
- Già ... dovremmo ... -
Però quando si trovò a dover rispondere,
trovò di nuovo quello schifo dentro di sé per cui
ogni volta cercava di espropriare dal proprio corpo. E le tenebre lo
ripresero completamente oscurando il suo volto che si
abbassò verso il basso, distogliendo lo sguardo penetrante
da lei. - ... eppure nulla sembra mai abbastanza ... -
Questa volta fu lei a spostare gli occhi
di cristallo azzurro su di lui e i brividi la percorsero. Era nelle sue
stesse sabbie mobili.
- In fondo conta quanto seriamente ci
provi. -
“In fondo basta essere onesti
... “
- Mai fatto nulla seriamente se non
distruggermi. - L'unica certezza della sua vita. Lo disse come se
quello fosse l'unica certezza della sua vita e lei gli prese la mano
fredda, grande e ruvida, quando intrecciò le dita sottili e
lisce con le sue la luce cominciò finalmente a schiarire
quelle tenebre dentro entrambi attanagliate dalla paura. Paura di
tutto, specie di vivere.
- Allora prova a curarti, seriamente. -
“Perché non so come
sia possibile ma se in questo momento sento qualcosa di particolare
è il desiderio di non perderti. Ho bisogno di te, Syd ...
“
Disarmante
nella sua verità.
-
E tu? - Chiese lui con la sua voce profonda e bassa guardando stranito
le loro mani. Erano diverse e facevano uno strano effetto anche visivo,
insieme, però erano belle. A modo loro nella loro unione lo
erano.
Strinse
la presa così lei rispose continuando a sentirsi
inspiegabilmente meglio.
-
Lo farò anch'io. Io curo te e tu curi me. -
“Come cazzo fa quella canzone
uscita da poco? Insieme ce la faremo, divisi cadremo ... non
è nemmeno un gruppo che mi piace molto, però il
senso delle loro canzoni, a volte, mi abbatte. È
così, merda. È solo così ... siamo
solo ottusi e coglioni tanto da non ammettere che semplicemente siamo
legati. Se l'ammettessimo sarebbe ammettere anche quanto insensati
siamo, perché non c'è il minimo di
sanità mentale in un unione simile. È follia, la
nostra. Pura follia. Meravigliosa ... “
- Già ... in fondo se io ho
suonato per te ed tu hai ballato per me è perché
provavamo qualcosa di diverso e di valido. - Una piccola sospensione
nella quale cercò i suoi occhi e da così vicino,
nonostante il vento ed il freddo, si guardarono, poi evitando di dare
un nome anche a quella sensazione, disse: - Forse ne vale la pena. - Un
sussurro.
- Se aspetti i motivi per amare la vita
non ti muoverai più. Intanto iniziamo, poi ai
perché ci pensiamo ... -
- Potrebbero arrivare dopo ... - Quasi
suadente.
- Potrebbero. - Aggiunse lei facendo
intendere che magari potrebbero anche sbagliare ...
- Proviamo a stare in scena, allora. A
comporre un altra canzone ed un altro ballo ... -
- Un altra opera. -
Puntualizzò lei col suo modo
altezzoso normale, certo non lo faceva apposta ma se lui sbagliava ...
- Si, quello che è ... - Fece
invece lui brusco, sempre nei suoi modi.
A sancire quella promessa arrivarono le
labbra di Syd che tapparono quelle di Sylvie prima che queste potessero
aggiungere qualche altro insegnamento snervante. Semplicemente si
chinò verso di lei già vicino e la
baciò toccandosi con le labbra entrambe fredde e screpolate.
Perché quello era l'unico
modo di stare meglio, ogni volta che si sconvolgevano per la presenza
l'uno dell'altro.
Come una droga.
L'amore è come una droga. Non
capisci subito di cosa si tratta e che nome ha, sembra irrazionale e lo
rifiuti però al tempo stesso non puoi farne a meno ... e
quando ti rendi conto di cosa è ci sei dentro con tutte le
scarpe, inevitabilmente.
Solo amore.
Puro amore. Nient'altro ...