Puro Amore
CAPITOLO VI:
SCONVOLGENTI
CERTEZZE
/ Lonely day – System
of a down /
Le lingue che si
intrecciavano all’interno delle loro bocche unite era come se
eseguissero una danza che non aveva definizione in nessun genere
specifico, non classica, non moderna, non nessun altro stile
conosciuto. Quel che facevano loro mentre si baciavano poteva essere
forse definito in un solo modo.
Arte.
Arte
perché lei come la sua natura le comandava di fare, tentava
di gestire i movimenti in modo elegante ed aggraziato mentre lui, da
parte sua, si imponeva e glielo impediva trasformando il tutto in un
qualcosa di molto più grezzo e ‘sporco’.
Come se ci
godesse a vedere fin dove quella creatura che amava la perfezione,
sarebbe riuscita a spingersi pur di stare con lui e avere la sua dose
giornaliera di… di cosa?
Cos’era
ciò che facevano ogni giorno diventandone sempre
più dipendenti?
Sesso?
Syd lo chiamava
così poiché nessuno, dalla nascita, era mai stato
in grado di insegnargli cosa fossero i sentimenti.
Sylvie
semplicemente ancora non lo chiamava in nessun modo, poiché
nonostante anche lei fosse cresciuta senza l’assimilazione di
emozioni umane e comuni, era incapace di degradare anche solo con la
mente o la parola, qualcosa che compiva lei stessa.
Qualunque cosa
fosse andava sicuramente bene e non era ‘sporco’.
Per lo meno
tentava di fare ciò.
In
realtà quando si dava a quel modo a Syd e lui non le
permetteva di gestire la cosa in maniera civile e
‘normale’, si sentiva molto
‘sporca’.
Eccome.
Era esattamente
questo a bruciarle più di ogni altra cosa, questo e la
dipendenza che quegli atti di sesso, come lui li chiamava, le dava.
Era assurdo, dal
suo punto di vista. Come auto lesionarsi.
E le piaceva
terribilmente.
“Non
facciamo altro che alimentare le nostre dipendenze. Lui si avvelena ed
io non mi nutro, siamo sottomessi alle nostre informità
interiori e mentali e per curarci ci diamo ad altre dipendenze.
Uno
scambio reciproco di ulteriori veleni… in fondo è
solo questo. Ma è così…
così sbagliato da impedirmi di smettere e porre fine a
questo gioco osceno.
Sbagliamo
ma per prenderci cura l’uno dell’altro non
riusciamo a fare altro che questo e non ne capisco il motivo.
Cos’è?
Cos’è
tutta questa follia?
Ha un
nome?”
Le domande le
turbinavano nella testa ogni istante della sua vita, perfino mentre
continuava a cercare di portare la danza delle loro lingue ad uno stato
decente contrastando la volgarità del compagno.
Tutto
l’opposto di Syd che semplicemente non sapeva nemmeno cosa
fossero i quesiti ed i dubbi. Ne aveva, certamente ne aveva molti, ma
per come era fatto era come se avesse un blocco sulle parole e sui
pensieri. Nemmeno volendo riusciva a preoccuparsi o chiedersi cosa
succedesse e cosa fossero, per lo meno fino a quel momento.
Soprattutto non
si chiedeva perché proprio loro volessero curarsi a vicenda
e come mai lo facessero facendo sesso.
No, non si
definivano fidanzati o simili, non erano proprio una coppia…
“Siamo
solo due che stanno assieme e per non sentirsi soli, freddi e vuoti ci
scaldiamo e riempiamo così, coi nostri semi, con le nostre
bocche, le nostre lingue, i nostri corpi. È tutto qua, non
serve sapere altro.
Tanto
meno quanto sensato sia.
O lei o
mi riempio di droga. Anche se… “
Anche se nemmeno
nei propri pensieri, i pochi che riusciva ancora ad avere, riusciva a
dirselo.
Anche se alla
fine non era proprio vero che non si drogava più. Si erano
promessi di aiutarsi, certo, ma l’unico modo che erano
riusciti a trovare era stato quello: ballare, suonare e fare sesso. Di
continuo.
Di continuo ad
eccezione delle volte in cui lui per non stare giù si
prendeva qualcosa di piccolo piccolo e lei per non vomitare evitava
qualche pasto… sempre piccolo piccolo!
Raggiungendo
l’orgasmo con un ultima poderosa spinta in lei che
l’avvolgeva cercando calore corporeo, si tese tremando tutto,
avendo la sensazione cocente di avere una crisi con la testa che
girava, i sensi annebbiati e il sangue che gli correva così
veloce…
Fu una
sensazione che, come al solito, non seppe definire, non più
di un semplice e volgare:
“Sono
venuto.”
Così
come l’aveva realizzato.
Non lo disse ad
alta voce, aveva imparato a capire cosa lei voleva e non voleva sapere.
Poteva capirlo
anche da sola che era venuto, no?
Rimase steso
sopra di lei, nel letto che li sentiva sopra di esso, nudi e accaldati.
Palpitanti.
Eppure cosa
importava?
Veniva da
chiederselo, dopo tutto.
Era
così meraviglioso, no?
Meraviglioso era
l’unico modo in cui potevano descriverlo.
Se alla fine si
provava tutto quello e lei addirittura dimenticandosi dei propri modi
da danzatrice classica l’abbracciava come se avesse un
bambino, cosa importava dei dubbi e di ciò che facevano, non
facevano e nascondevano?
Era solo
faticoso, a volte, cercare di rispettare le promesse, per quanto nobili
e sentite fossero. Era veramente faticoso.
Era tanto,
dopotutto, aver ammesso di avere quei precisi problemi, non era
già un importante passo in avanti?
Cosa contava il
resto, alla fine di un orgasmo simile, mentre lei avvolgeva le sue
spalle e la sua testa contro il seno poco morbido ma comunque materno?
Cosa contava se
si sentivano le costole ed era scomoda?
Cosa contava se
di solito provava l’istinto di appenderla al muro per la
saccenza che tirava fuori e se spesso litigavano così tanto
da arrivare all’esasperazione?
Cosa contava se
i propri buchi nelle vene non diminuivano ancora?
Se si poteva
sentire entrambi i battiti del cuore andare così forti fino
quasi ad uscire dalla gola, se l’odore dei rispettivi corpi
anche se sapeva di sudore sembrava buono ed eccitante lo stesso, se si
riempivano i vuoti e i freddi a quel modo, dopo tutto, cosa contava il
resto?
- Dio, quanto
inutile e sbagliato è tutto questo… - Eppure
nonostante anche lei stesse come lui, il ragionamento che ebbe fu
diverso. Fu diverso e la riflessione che fece a fior di labbra dopo un
lungo istante in cui erano rimasti immobili ed in silenzio a guardare
dritto davanti a loro, una il soffitto ed uno il muro a lato, fu
pesante.
-
Perché? – Non lo voleva sapere veramente, Syd non
era uno che faceva domande, no?
Però
lo chiese e lo fece perché Sylvie, invece, aveva bisogno
delle domande, per maturare e capire provando a rispondere.
Lo fece
perché senza che se ne rendessero realmente conto si stavano
già cambiando a vicenda. Sempre di più.
-
Perché tu hai ancora i buchi sul braccio ed io le costole
ben visibili. –
Nascondere?
Come era
possibile se due persone potevano sentirsi al punto da riuscire a
mandare ogni cosa a quel paese solo per fare sesso - l’amore
- con l’altro?
Syd non si
seccò di quelle frasi, non le sentì come accuse
anche se in fin dei conti sarebbero potute essere tali. Al contrario,
riprendendo a respirare regolare senza alzarsi da lei, mantenendosi
steso semi abbracciato al sottile e fragile corpo chiaro,
spostò la mano immergendo le dita fra i setosi capelli rossi
che si spargevano sul cuscino creando un effetto straordinario.
- E tu mangia!
– Sbottò quindi lui semplicistico così
come era nel suo stile. Non ce la faceva a preoccuparsi, a sentire la
tragicità o l’errore nella propria situazione. Era
come se fosse malato… e forse lo era veramente. Una malattia
dell’animo.
- E tu non
drogarti! – Ribatté quindi lei altezzosa
scostandolo di scatto per alzarsi a sedere. I capelli le ricaddero
lunghi sulla schiena nascondendogliela e lui che rimase steso sul letto
accanto a Sylvie fece un espressione contrariata che ebbe quasi dello
straordinario, considerando che non ne aveva quasi mai.
Sbuffò.
- Eddai, torna
giù! – Disse anche prendendola per il braccio, lei
non si fece comandare, come era normale, e strattonandolo con la sua
consueta grazia come se stesse di nuovo ballando, si alzò dl
letto ignorando la propria nudità.
In fondo non era
vero quello che stava per dire…
- Ma guardaci,
Syd! Avevamo detto di aiutarci a vicenda… quante belle
parole, vero? Ci limitiamo a scambiarci fluidi corporei. Che razza di
aiuto è? Quel che abbiamo fatto è solo caricarci
di una nuova dipendenza: noi stessi!
La
verità è che non ci stiamo affatto aiutando e far
finta di nulla è solo da sciocchi! –
Non aveva certo
alzato la voce, aveva mantenuto un tono sostenuto insieme alla sua posa
composta.
Però
non era vero… come poteva ignorare il fatto che a volte si
sforzava di ingurgitare qualcosa perché lui glielo aveva
detto e non voleva sentirsi inferiore?
E che lui
evitasse di assumere qualche dose per lo stesso motivo, per non sentire
le sue ramanzine da professoressa?
E che a lei
nonostante la sua magrezza non le desse fastidio essere toccata e
guardata da lui nuda?
E che a lui
bastava sempre più stare con lei al posto di procurarsi il
proprio veleno?
Rimaneva la
verità che Sylvie non era del tutto anoressica e Syd non del
tutto dipendente, o come potevano riuscire a fare l’amore a
quel modo, ogni giorno?
Rimaneva la
verità che in fondo non erano altro che ragazzi cresciuti da
soli, tutto sommato, e che molte cose che avrebbero dovuto sapere,
invece non le sapevano.
Rimanevano molte
altre verità, come ad esempio quella che seppe dire Syd
alzandosi a sua volta dal letto, rimanendo senza vestiti e senza
vergogna:
- Tu sei solo
esagerata! Troppo severa… devi essere più
ottimista e morbida! –
- Parli tu di
ottimismo? – Ribatté subito lei seccata punta sul
vivo.
- Io non sono
nulla, il che è diverso… - Rispose lui ancora
monocorde fermo davanti a lei coi capelli neri che gli ricadevano sugli
occhi sottili e blu.
- Sei
menefreghista, e questo lo dimostra! – Quelli azzurri di lei
sembravano ancora più di ghiaccio, invece, mentre
l’arrabbiatura si faceva strada in lei, un arrabbiatura
fredda ed ancora contenuta.
- Certo che lo
sono ma è meglio così piuttosto che esaurirmi
dietro ad inutili preoccupazioni e pensieri! – Anche lui,
però, cominciava a sentirsi scocciato. Lei era
così stancante e faticosa. Specie quando gli parlava
trattandolo da mentecatto!
- Sono esaurita?
– Chiese in tono di sfida.
- Certo!
Altrimenti mangeresti e non ti faresti tutte queste seghe mentali!
– Volgare, ovviamente, e diretto ma veritiero. Le
bruciò.
- Queste
paranoie mi hanno tenuta in vita fino ad oggi, se non ne avessi avute
quella volta mi sarei solo buttata giù e basta! –
Anche questo era vero, tutto sommato.
- Wow! Che vita!
– La sua ironia pesante e tagliente arrivò a
graffiarla e colpirla in pieno come poche volte le era capitato, forse
mai. Improvvisa una fiammata di rabbia le divampò in viso
facendole prendere colore, fu la prima volta in vita sua che
l’istinto brutale prese il sopravvento a quel modo.
Sylvie
sentendosi inspiegabilmente ferita dentro per la presa in giro di Syd,
lo schiaffeggiò in viso.
Rimase un attimo
ferma immobile a guardarlo mentre al posto del gelo artico si vedeva e
sentiva chiaro il fuoco puro che mai aveva posseduto, qualcosa di
sconvolgente, una sensazione che partiva dal basso ventre e le muoveva
tutto lo stomaco contorcendoglielo. Malessere fisico. Come poteva la
gente arrivare a provare ripetutamente quel fuoco?
“Ma
quel che mi sconvolge veramente è perché mi sento
così… che senso ha arrabbiarmi tanto? Non
è forse la verità?
Però
detta da lui suona come ipocrisia. Lui non è migliore di me,
lui è pieno di difetti, lui continua a sbagliare in
continuazione e viene a parlarmi così… “
Però
ancora non ci era arrivata del tutto.
Il vero
problema, ciò che le faceva pensare fiumi infuocati di
parole e che le impediva di dirli a voce tanto che erano potenti e
sconvolgenti, era che era stato lui. Syd, a dirglielo.
Era lui che
aveva pensato quello di lei.
Lui che aveva
appena lasciato una parte di sé in lei
rendendola… contenta, no?
Tante cose
avrebbe voluto dire, veramente tante, ma il minuto che passarono a
fissarsi dritti negli occhi fu solo uno eppure la più
espressiva fu proprio lei, nonostante spesso cercava di trattenersi ed
era famosa per l’auto controllo.
Ma come poteva
non vederlo?
Tutto il loro
cambiamento, il suo… lei che ora era addirittura arrivata ad
infuriarsi a quel modo e a schiaffeggiarlo. Cose incredibili, per una
come lei.
Veramente.
Come poteva non
vedere realmente quel palpabile cambiamento che da quando si erano
incontrati, aveva avuto repentino?
Dal punto di
vista di Syd era così cristallino…
Tuttavia non
riuscirono a dire più nulla, così lei sentendosi
ancora più male per ciò che provava, per la
portata di quello che aveva dentro, si vestì in fretta e
furia e senza dire parola alcuna uscì dalla camera
lasciandolo lì inebetito a fissare la porta chiusa.
“Ma
come cazzo fa a non vederlo? Possibile sia così testarda e
ceca? O forse è solo scema? Non è così
come la vede lei, non è così estremo e grave,
così assoluto, così terribile… non
è proprio così come lo vede lei… ma
chi diavolo l’ha cresciuta?
Vorrei
proprio conoscere quel criminale, mi sta rendendo la vita
impossibile… proprio a me, così opposto a questo
genere di cose.
Ma chi
me lo fa fare?
Perché
rimango con lei?
Io, se
fossi stato in me, avrei solo mollato tutto e me ne sarei andato.
Semplicemente. Ed invece continuo e non la mollo, continuo a costo di
prendermi mal di testa e ramanzine. Continuo…
così… ma che senso ha?
Ci sono
dentro fino a questo punto?
Così
tanto?”
Fu dopo questa
prima serie di considerazioni veloci e shockate che si rese conto che
non solo per lei le cose erano cambiate ma anche per lui.
E questo fu il
vero sconvolgimento.
-
Merda… sono fregato! –
Questa la sua
conclusione mentre si prendeva il viso fra le mani seccato ed
infastidito.
Fregato
perché ora lui dipendeva totalmente da lei e né
la droga né altro sarebbero stati così pericolosi
per lui poiché ora che se ne era andata arrabbiata
l’aveva potuto comprendere a fondo.
Senza droga e
altro sarebbe riuscito a sopravvivere, ne era certo, ma non senza
Sylvie.
Non senza lei.
E questa ormai,
purtroppo per lui, era certezza.
Certezza.
Certezza
è rendersi conto di essere vivi e di aver la concreta
opportunità di morire subito senza la persona amata.
Certezza
è vita, morte, sentimenti e paure.
Ma anche amore.
Le certezze,
onestamente, sono le uniche cose veramente inevitabili nella propria
esistenza.