Puro Amore

CAPITOLO IV:

PARADISO SACRO

pure love

/ Boléro – Ravel /

Come le note lente, solenni e malinconiche ma perfettamente udibili che catalizzano tutta l’attenzione su di esse, i loro sentimenti crebbero.
Ma quel che fu incredibile fu un fatto specifico: provavano sentimenti.
Sylvie aveva ballato e poi l’aveva baciato perché aveva sentito di doverlo fare, di VOLERLO fare. Perché, appunto, aveva sentito e provato.
Nella storia che aveva ballato c’era stato un finale che non le era tornato se non quando le si era avvicinata, il finale le era sembrato finalmente perfetto, con quel bacio.
Non sapeva come ma lui aveva questo potere, di farle sentire, sentire tutto, molte cose e forse semplicemente umana, una donna con emozioni e sentimenti.
Fu una cosa lenta e graduale come il Boléro di Ravel. Parte lontanissimo e con un solo flebile strumento poi cresce, pian piano il volume aumenta come una sorta di marcia decisa, con un ritmo anch’esso lievemente in crescendo e con l’aggiunta di altri strumenti, sempre sulla stessa musica, le stesse note ma che andando avanti si sentono di più, si sente tutto di più ed alla fine ci si innamora di quel pezzo perché è così bello suonato in quel modo, prende e seduce, porta a fare cose che non si avrebbe mai pensato.
Così era la loro storia.
Un piccolo incontro fortuito e casuale, uno scambio di sguardi al volo, una frase che aveva colpito lei, uno sguardo che aveva colpito lui e si erano trovati a sentire quello strumento e come ipnotizzati non erano più stati capaci di ignorarlo. Continuando ad ascoltarlo come un serpente che segue il flauto dell’uomo, si erano seguiti ancora e cercati e sempre più a contatto si erano ascoltati e guardati meglio fino ad arrivare a capire certe cose particolari.
Che l’uno sull’altro aveva inspiegabilmente dei poteri incredibilmente forti.
Ecco perché non potevano più staccarsi e nemmeno smettere di attirarsi e approfondire, approfondire sempre più con quel crescere di suoni e magia.
Crescere ancora insieme con l’aggiunta di nuovi particolari.
Lei ballava per lui, lui suonava per lei, entrambi creavano su misura qualcosa di profondo e speciale per l’altro e questo agiva su di loro come interruttore d’emozioni, poiché per farlo dovevano tirare fuori qualcosa di profondo e speciale da loro stessi.
In realtà era molto più semplice di quel che sembrava, era solo il principio di un’intensa storia, tuttavia persone come loro due, dure e severe, per capirlo dovettero prima provarle tutte.
Se era lui – se era lei – a permettere di creare la perfezione e far provare sentimenti allora valeva la pena approfondire ulteriormente il contatto.
Fino in fondo, con ogni mezzo, nell’unico modo veramente e completamente profondo che c’è.
Il più totale.
Fu lei a cercarlo con quella musica che calzava a pennello per loro nella testa. Fu Sylvie ad andare nel luogo in cui si era momentaneamente stabilito, una stanza di quel palazzo fatiscente e senza chiedere permessi che non sarebbero stati da lei, entrare.
Quando fu dentro non si dimenticò di storcere il naso per il caos e l’odore non certo dei migliori ma la sua attenzione fu subito catalizzata da lui, dal ragazzo che proprio in quel momento usciva dalla doccia nudo e bagnato, i capelli attaccati alla testa, viso al naturale, un corpo maschile magro e allungato. La prima cosa che aveva cercato appena fuori dal box doccia erano state le sigarette, se ne era messa una fra le labbra e con poco interesse se l’era accesa. Quando aveva messo giù l’oggetto, solo in quel momento l’aveva vista. Lì davanti a lui, silenziosa, dritta, impettita come suo solito con la sua aria snob che sembrava stesse guardando un verme … e lei fosse l’uccello predatore.
Si stupì non poco e per lui fu una conquista, gli piacque stupirsi per qualcosa.
Quella ragazza era di volta in volta sempre più intraprendente, non era mai stato lui a prendere iniziative, era sempre e costantemente disinteressato ad ogni cosa. Lei a quanto pareva no, lei cercava il modo di tornare viva poiché era proprio quello che voleva.
Ecco perché se trovava qualcosa che le desse anche solo una scintilla di quella vita lei ci si aggrappava ed insisteva sempre più, sempre più, sempre più, fino a tentare ogni cosa anche la più audace.
Era lì e lo guardava nudo ma lo guardava negli occhi diretta come se non subisse nemmeno un po’ l’imbarazzo di quel momento, cosa pensasse non si poteva capirlo, aveva sempre quell’espressione e sembrava una pietra, una statua. L’idea di angelo la dava solo in pochi rari momenti.
- Che succede? –
Mormorò con la sua voce roca e bassa soffiando fuori il fumo e facendo un passo verso la stanza cercando un asciugamano, non era comunque impacciato.
Lei non esitò, aveva le idee chiare ed era certa che anche lui era giunto alla stessa conclusione.
- Voglio fare l’amore con te. –
Lo disse con voce chiara e sicura, quasi altera. Non se ne vergognava, tutto quel che faceva non era mai motivo di vergogna per lei.
Lui? Certamente non era tipo da rifiutare una cosa simile poiché anche se non aveva veri e propri interessi, faceva quel che il suo istinto gli suggeriva al momento, se si degnava di parlargli. Spesso stava zitto e lui di conseguenza fermo ma quando si decideva a dire la sua … bè, lì le cose cambiavano e diventavano veramente interessanti.
Non disse nulla, Syd, si limitò a guardarla e quando lei annullò la distanza arrivando da lui a passi di danza invece che passi normali, si guardarono ancora per un po’ senza distogliere lo sguardo. Avevano entrambi un proprio coraggio eppure … eppure quella musica che cresceva era così impossibile da ignorare, era così meravigliosa che non si poteva non provare nulla. Lei gli tolse la sigaretta dalla bocca posandola con la punta delle dita su un piatto che fungeva da portacenere, successivamente sempre senza togliere gli occhi azzurro cielo da quelli sottili e blu scuro, si sfilò l’abito femminile facendolo cadere ai piedi; quando fu nuda anche lei non provò imbarazzo.
Il suo era un nudo molto più magro che allo sguardo poteva fare quasi impressione, ma così come quello faceva stranezza per lei, per lui lo facevano i buchi che aveva negli avambracci e che non si dava pena per nascondere.
Un quadro nell’insieme molto triste e bello nello stesso tempo, un po’ grottesco e un po’ un capolavoro per la crudezza dei particolari che lo rendeva reale.
Un quadro magnifico che creava sensazioni contrastanti, non si poteva fare a meno di guardarlo anche se si poteva star male.
Syd era ancora immobile e non muoveva un muscolo, le braccia lungo i fianchi e la bocca chiusa, cercava di capire ciò che sentiva, era curioso di vedere se avrebbe sentito di più o di meno … Sylvie allora senza farsi problema alcuno, senza averlo mai fatto prima, si avvicinò ulteriormente a lui, alzò le braccia posandogli le mani fredde e affusolate ai lati del suo viso e attirandolo verso di lei, più bassa, piegò leggermente la testa di lato per permettere il perfetto contatto e combacio delle loro labbra.
Finalmente di nuovo si toccarono, finalmente di nuovo uno strumento nuovo con un’altra nota crescente si udiva.
La sentiva anche lui quella musica, una musica incredibile che avrebbe voluto saper riprodurre.
Ecco che dopo quell’inizio di bacio lui si sentì un idiota a non far nulla, a non approfittare di quell’angelo che era tornato tale ai suoi occhi, che voleva darsi a lui.
Crudele o meno, peccato o meno, forse non sarebbe più successo e lui doveva sapere cosa si provava a possedere una creatura così bella e tormentata, qualcuno che portava sia la luce che le tenebre.
Come poteva esistere?
Una rosa rossa. Una rosa splendida per i petali e crudele per le spine. Un contrasto che in lei continuava.
Si andarono presto incontro con le lingue e mentre lei approfondiva perfino quel bacio con grazia e classe, lui non era per questi modi e con rozzezza e desiderio violò la soglia dei denti senza riguardo, afferrandole la vita sottile e attirandola a sé con poca gentilezza, senza farsi domande, come sempre.
Era lì, voleva farlo con lei, entrambi dovevano sentire quel che si provava e quindi altro non serviva.
Già quello, per lui, era un cambiamento violento.
Si trovò a divorarle quasi la bocca mentre lei, ad occhi chiusi come lui, cercava di addolcire il gesto per renderlo più vicino a sé stessa.
- Lasciati fare, non frenare tutto come fai sempre. Sii morbida. Fa tutto quello che non hai mai osato desiderare. –
Quando lui le disse quello staccandosi solo un attimo dalla sua bocca perché non ne poteva più di essere contrastato, capì. Capì che quel gesto, quel momento, non avrebbe avuto senso se l’avesse fatto come avrebbe voluto farlo.
Così accadde che semplicemente si fece divorare da lui.
Nell’intreccio volgare delle loro lingue iniziarono di nuovo a provare, provare quel qualcosa di ipnotizzante che provavano solo insieme, quel qualcosa di inspiegabile ma intenso, quel qualcosa di cui non potevano fare a meno perché non l’avevano mai sentito.
Allora lui esercitando una forza maggiore l’alzò da terra con una facilità disarmante, tirandola fin sopra la sua testa, continuando a baciarla veloce e quasi con disperazione poiché una cosa simile non l’aveva provata con nessuna donna che gli si era venduta, mosse qualche passo arrivando al suo letto, un letto disfatto e singolo. L’adagiò lì e si mise sopra di lei, quando furono stesi la ragazza provò a toccare il suo corpo bagnato, lo fece con la punta delle dita come se stesse studiandolo e danzando insieme, sembrava essere capace solo di quello.
Le sensazioni che ne scaturirono fecero avere dei brividi di freddo a Syd che furono subito compensati da una stretta maggiore col suo corpo. Voleva sentirla, sentirla sempre più.
Che sapore aveva il corpo di un angelo peccaminoso? Un angelo fatto di ghiaccio? Si poteva sciogliere?
Fu probabilmente prevalentemente curiosità che lo mosse su di lei quando iniziò ad assaggiarle con la bocca e la lingua il corpo, scese quasi subito sui suoi piccoli seni piatti e bianchi, glieli stuzzicò e quando lo fece sentì le mani di lei posarsi piene nella sua testa, quando alzò solo gli occhi la vide con quella espressione e si eccitò.
Sembrava una creatura pura il cui ghiaccio si stava finalmente sciogliendo per la prima volta grazie al peccato che la stava contaminando completamente, fisicamente.
Era bellissima e si chiese come potesse essere sua, in fondo lui era più paragonabile ad una bestia grottesca, creava rumori in grado di scuotere l’inferno, non commuovere il paradiso. Lei faceva commuovere il paradiso con i suoi movimenti melodiosi.
Quando si rese conto delle considerazioni che stava facendo si fermò come sotto shock, sconvolto da sé
stesso e dal suo cambiamento repentino. Si era messo non solo a ragionare ma ad interessarsi veramente a qualcosa.

Fu motivo di profondo sconvolgimento per lui e quando lei aprì di un soffio gli occhi che sembravano quasi trasparenti, insieme alla sua eccitazione si mosse anche un nodo dentro di lui, un nodo legato da tempo che gli impediva di provare qualsiasi cosa.
Perché?
Perché tutto quello?
Possibile che fosse così ottuso da non capirlo?
Possibile?
Rimase quindi fermo con la fronte aggrottata a guardarla in viso, chiedendosi cosa stesse succedendo e perché lei fosse diversa. Ponendosi finalmente le domande che aveva evitato dall’inizio di quella storia, domande che sarebbero state naturali per chiunque, che lei stessa si era fatta, ma che lui non aveva mai voluto farsi.
Sylvie allora scivolò con le dita di nuovo sul suo viso toccandolo in ogni centimetro per capire cosa gli succedesse, per trovare il punto giusto da carezzargli per rilassarlo, gli toccò la fronte, gli occhi che chiuse, le guance e poi la bocca, lì si fermò e con una forza lieve l’alzò portandolo davanti al suo volto e non davanti al suo seno. Quando furono di nuovo così lei cominciò a passare i pollici sulle labbra sottili e incurvate verso il basso, come se la danza partisse anche da quel particolare; dopo avergliele schiuse alzò il capo e le sfiorò con le sue parlando.
- Non vuoi? –
No, era quello il punto.
Lui VOLEVA!
E con ancora un ombra di interrogazione nello sguardo, quando lei gli leccò la pelle dove poco prima erano state le sue dita, lui chiuse gli occhi e con un sospiro di sollievo, forse il primo della sua vita, iniziò.
Iniziò a provare piacere.
Il piacere che sarebbe stato via via il più intenso della sua vita.
Ecco che grazie a questo, seguendo il suo istinto che gli parlava - finalmente gli parlava - si mosse sopra di lei facendole sentire in quale stato fosse il suo corpo, il suo desiderio per lei e per la sua perfezione.
Di nuovo. Di nuovo la musica si alzò e lo fece ancora e ancora mentre lui riprendeva a divorarla con la consapevolezza che era una cosa talmente meravigliosa da essere desiderata perfino da un robot come lui, si mosse sempre più veloce e sconvolto per le realizzazioni che faceva su di lei, sempre più intenso, sempre più … passione …
Lo sentì anche lei questo suo shock crescente ed agì in lei come valvola di non controllo, valvola di emozioni, valvola di battiti.
I battiti del suo cuore che solitamente dettavano il ritmo del suo ballo.
Ora era così, lui suonava su di lei, per lei, lei ballava su di lui, per lui. Una fusione di inspiegabile perfezione.
Aveva avuto ragione, si disse. Lui era la persona che cercava da quando era caduta in crisi.
Lui, quell’abominevole essere rozzo e malconcio.
Lui ed i suoi movimenti su di lei, lui e la sua lingua che l’assaggiava, lui e il piacere fisico che le faceva provare, lui e il suo sconvolgimento totale, lui ed il suo desiderio.
Quando si inizia a provare, quando si può smettere per non impazzire?
Quando si inizia a provare dopo una vita di insensibilità, cosa succede?
Come fai a non uscire completamente di testa?
Arrendendoti alle sensazioni che provi, finalmente.
Quando lui scivolò in lei, lei provò un dolore acuto ed inimmaginabile ma ne fu quasi felice poiché veramente significava che nella vita c’era molto, molto di più di quanto non avesse mai avuto il coraggio di immaginare.
Era la musica assordante che li muoveva insieme in mezzo al piacere di lui e al dolore di lei, rendeva impossibile l’arresto di quella formula.
Sentirlo in sé fino a quel punto la sconvolse poiché non aveva mai pensato che una cosa simile fra esseri umani diversi potesse accadere e far piangere per la perfezione.
Erano pieni di difetti e diversità eppure la perfezione di tutto stava lì, non in un ballo dai movimenti armoniosi o in una canzone senza una stonatura, la perfezione stava quando i difetti e gli opposti si fondevano per annullare gli sbagli di madre natura.

L’essere umano poteva riuscire ad essere simile al Creatore solo in un momento particolare della sua vita.
Quando si univa, si univa realmente, annullando sé stesso per donarsi del tutto aperto all’altro.
Era lì che si diventava simile al Creatore e non si peccava di bestemmia.
Poiché lì si creava una vita dal nulla.