AMBIENTAZIONE: terza serie. Dopo la puntata chiamata Passato Imèerfetto, in cui Mac rimane particolarmente preso dal caso che segue tanto da litigare con Don durante le indagini, trattare male chi sta sul suo cammino ed infuriarsi sul punto cruciale della puntata!
Quando Il Fumo Si Dirada

Lo vedo schizzare via come un fulmine ed è tutto solo un lampo.
Un lampo in cui mi rendo conto di cosa sta per succedere e che devo assolutamente impedirlo o Mac si rovinerà la vita.
Scatto immediatamente dietro di lui ma ormai è già sull’auto che corre come un pazzo verso la casa di quel criminale.
Lo ucciderà.
Salgo sulla mia e accendo la sirena, lo inseguo a tutta velocità e non aspetto di arrivare per immaginare che mi serviranno tutti i rinforzi possibili, quindi li chiamo con la radio subito mentre sfreccio per le strade trafficate di New York.
Quando Mac è in quello stato, cosa che succede raramente, ci si deve preoccupare seriamente. Oggi è riuscito a discutere anche con me, per questo caso!
Spero solo di arrivare in tempo… non mi perdonerei mai se si rovinasse la vita facendo qualcosa di irragionevole… o peggio se gli succedesse qualcosa.
Ma non sarà così, arriverò in tempo.
Lui è Mac, non è possibile che uno dei due prenda un'altra via che ci separi, non è proprio possibile.
Però quando arrivo e lo vedo rincorrere su per la scala antincendio l’uomo da lui tanto odiato, capisco che fermarlo per farlo ragionare sarà un impresa.
Lo sta inseguendo per ucciderlo e non vorrei trovarmi nella sua preda.
Perché è questo che ora sembra, un predatore, con quegli occhi affilati dall’istinto animalesco. Mi fa venire i brividi, sono veramente rare le volte in cui l’ho visto così.
Certo quel bastardo se lo meriterebbe di venir ucciso a bruciapelo, con quello che ha fatto a quelle povere ragazze… ma a giudicare dalla non sparatoria direi che il tipo che sta scappando è disarmato.
In un secondo organizzo i miei uomini ed è veramente un attimo, solo uno e molto breve, ma basta per farmi capire di essere arrivato tardi.
L’assassino cade sull’auto davanti a me.
Il sangue mi si raggela mentre lo vedo morto e ammanettato, quindi alzo immediatamente lo sguardo e quando lo vedo i brividi mi attraversano di nuovo mentre so di mostrare chiaramente quel che provo anche nella mia espressione.
Mac si affaccia dall’alto del palazzo e guarda giù, il suo viso è di nuovo una maschera di gelo.
Di nuovo.
Il momento della follia è passato ma chissà se se n’era andato prima o dopo di questo?
La morte di questo pezzo di merda è un guaio o una benedizione?
Mentre queste ed altre diecimila domande mi passano per il cervello alla velocità della luce sovraccaricando gli impulsi dei neuroni facendomi sudare ed agitare in maniera evidente, mi passo nervoso le mani sul viso e poi fra i capelli neri.
Do un ulteriore occhiata al cadavere e un imprecazione mi esce fra i denti seguita da un pensiero rivolto a Dio.
Questo è uno di quei momenti per cui vale la pena crederci.
E dopo di che mi precipito su per le scale raggiungendo Mac che ci aspetta per i rilievi.
Dal momento in cui metto piede nel tetto a quello in cui gli vado davanti e iniziamo a parlare, c’è un istante di sospensione fra me ed il resto che mi circonda.
È un istante in cui ogni consapevolezza continua ad investirmi come dei treni inarrestabili che vanno ad una velocità inaudita. Tutti nello stesso momento.
Non è una sciocchezza quello che è successo.
Non lo è.
Quell’uomo è stato ammanettato ed ora è quaggiù morto dopo essersi scontrato con un altro pieno di odio e di rabbia.
Mac, non devi correre senza di me, non devi.
È questo che penso quando mi fermo davanti a lui, ci guardiamo un istante ed il mio sguardo accigliato e nervoso dimostra chiaramente lo stato d’animo.
Prendo un profondo respiro di sollievo, almeno sta bene fisicamente. Ma non mi fa ancora capire nulla di quello che pensi, di cos’ha adesso dentro. Se solo fosse meno… meno così!
Allargo le braccia e glielo chiedo a bruciapelo senza giri di parole:
- Che diavolo è successo? –
È ovvio che si aspetti questo da me, infatti non è stupito dei miei modi bruschi. Sembra calmo e non so se esserne contento…
- Si era arreso e fatto ammanettare, poi improvvisamente si è girato verso di me e sorridendo si è buttato. –
Non fatico ad immaginare la scena che mi spiega, un folle che faceva quelle cose sarebbe capace anche di questo, però il vero problema è che l’ha fatto per mettere nei guai Mac. Con la causa che lo stronzo ha in piedi contro di lui, le cose non finiranno certo qua, dannazione!
Merda.
Se solo fossi arrivato in tempo, se fossi stato con lui… se solo non l’avessi lasciato solo.
Sospiro spontaneo tornando a passarmi una mano fra i capelli, mi mordo il labbro e guardo in basso per un momento:
- Mac… - Inizio ma mi fermo subito, che dovrei dirgli? Le cose le sa meglio di me… serro gli occhi con forza per poi riaprirli e rialzarli verso di lui, lo guardo diretto. Siamo entrambi molto seri anche se io continuo ad essere molto nervoso e contrariato: - Non doveva andare così. –
È l’unica cosa che mi viene da dire. È comunque banale e sciocca, anche lui lo sa, però qualcosa dovevo dire. E vorrei fare, anche.
Qualcosa di particolare.
Qualcosa che magari sfoghi questa mia agitazione nata per lui.
- Lo so. – È tutto quello che ha da dire, poi aggiunge, sempre molto pacato ed in sé: - Ma le cose non si possono cambiare. –
Ma che ragionamento è?
Ci arrivo anche io!
Stringo le labbra sforzandomi di non mettermi a gridare davanti a tutti ma mentre il sangue nelle vene mi ribolle, chiedo di essere lasciato un attimo solo nel terrazzo del tetto. Una volta che i miei compagni escono chiudendo la porta, lo prendo per un braccio e lo trascino lontano dalla balaustra per non essere visto da altri, l’appoggio al muro accanto all’uscita e continuando a gesticolare irrequieto mi permetto di lasciarmi andare:
- Mac, ma che diavolo dici? Hai litigato anche con me per questo caso, hai trattato male tutti quelli del laboratorio, hai minacciato quell’uomo quando ancora non avevamo prove per sospettare di lui beccandoti un’ammonizione e una denuncia. Ti rendi conto che non puoi asciugartela con un: ‘lo so, ma le cose non si possono cambiare’? –
I suoi occhi diventano ancor di nuovo di ghiaccio, è in contrasto con me, ancora una volta. Non ne posso più… il livello di insofferenza mi sta salendo alle stelle, voglio solo che tutto questo finisca, voglio solo tornare alla nostra normale relazione.
- Non sono pentito di nulla di ciò che ho fatto. Non mi scuserò. Lui era un criminale, non si merita né più né meno di quanto gli è accaduto. –
Non ci posso credere.
Sgrano gli occhi mentre gli rispondo esterrefatto:
- Ma questo equivale ad un’ammissione, te ne rendi conto o no? Lo sai che ti accuseranno, si? –
- Non ha importanza, rifarei ogni cosa. E comunque non sono stato io a spingerlo. –
È sempre più tagliente e altero.
- Questo lo sai solo tu. Io ti credo ma gli altri? Quando ascolteranno queste tue dichiarazioni ed indagheranno scoprendo la furia con cui ti sei diretto qua, cosa credi che succederà? Ti ha denunciato, Mac. Eri andato da lui minacciandolo ed ora è là sotto morto ammanettato! –
- Cosa vuoi dire, Don? Dillo chiaramente. Credi che sia stato io? Che possa averlo spinto veramente? –
- Certo che puoi averlo fatto. Eri fuori di te ed io SO di cosa sei capace in quei momenti. Ma so anche che sei una persona comunque sensata e ragionevole e soprattutto… - Mi interrompo bruscamente rendendomi conto che sto urlando, la testa comincia a battermi e andando avanti mi sento sempre peggio, ingoiato da questo fiume di emozioni che esplodono in me. Non voglio litigare ancora con lui.
- Cosa? – So che si sente ferito da me, ma anche io mi sono sentito ferito da lui. Dall’inizio di questa giornata allucinante, quando abbiamo litigato, e prima, quando mi ha messo da parte agendo per conto suo… ed ora, che si pone così distaccato nei miei confronti.
Ci siamo detti che ci amiamo, stiamo insieme… come può fare così? Sono stanco…
- ‘Soprattutto’ cosa, Don? – Ripete marcando maggiormente sulle parole, è sempre molto freddo ma si vede che è infastidito e seccato, poche cose e persone riescono a ridurlo così. Io sono fra questi.
Ma rimane distaccato anche in questi momenti e la cosa mi da alla testa, non può semplicemente dirmi che non voleva? Che non succederà più?
Non può solo chiedermi di aiutarlo e di stargli vicino?
Mi fa proprio uscire di me… ed infatti senza resistere oltre sbatto la mano contro il muro, accanto alla sua testa e grido ancora arrabbiato:
- Soprattutto ti crederei sempre e comunque perché ti amo, idiota! –
Ecco ‘l’idiota’ non gliel’ho mia detto ma ora non sono proprio riuscito a trattenermi.
Detesto litigare con lui, proprio non ce la faccio, mi fa stare male fisicamente.
Mi sembra di aver commesso io un crimine, è la stessa sensazione…
Respiro alterato per la rabbia mentre il palmo della mano mi pulsa contro la parete su cui rimane premuto. Serro con forza le labbra cercando qualcos’altro da dire ma rimaniamo in silenzio a guardarci così vicini.
Dì qualcosa, dannazione.
Dillo, Mac.
Non lasciare che finisca così.
Entrambi arrabbiati che ci gridiamo contro.
Non lasciare che si concluda così quest’orribile giornata.
Avrai bisogno di me, ora, ed io voglio starti vicino, difenderti, sostenerti.
Voglio stare con te sempre, nel bene e nel male.
Non puoi farlo finire così.
Butta giù quel muro… soffia via quella nebbia fitta che si è alzata fra noi.
La tensione mi sale alle stelle mentre anche lo stomaco mi si contrae, sto per andarmene deluso ed è proprio mentre tolgo la mano da lui e sto per girarmi, che mi ferma prendendomela con la sua.
Me la prende e velocemente ed inaspettato mi attira a sé appoggiandosi di nuovo al muro dietro per poi posare le labbra sulle mie.
Lo fa premendole con poca dolcezza e maggior sentimento, è forte… è sconvolto anche lui.
È solo ora, mentre ci schiudiamo lasciando spazio alle nostre lingue che si incontrano, che insieme a questo calore liquido e denso mi sciolgo. Finalmente torno a vedere in lui.
Mi ero preoccupato perché non ce la facevo, mi aveva di nuovo distanziato facendo tutto da solo, lasciandomi lontano dal suo mondo di cui pensavo di far parte.
Ed ora il fumo si sta diradando… ed io ricomincio a respirare normalmente mentre anche tutti gli altri sensi si concentrano su di lui impazzendo… positivamente, questa volta.
Era questo che volevo.
Era questo e nient’altro.
Che condividesse con me quel che portava dentro, il suo momento difficile, le sue preoccupazioni, i suoi istinti… tutto.
Come abbiamo sempre fatto.
Intreccio le dita alle sue e appoggio l’altra mano sulla sua guancia provocando anche da questo contatto dell’altro calore.
È bello sentirlo così completamente.
L’unico in grado di calmarmi.
Dopo le carezze delle nostre lingue e l’unione che ci concediamo per un breve ma lungo istante, ci separiamo di nuovo ansimanti mentre il sentimento torna a rischiararci. Appoggiamo la fronte l’una all’altra e solo qua, dopo un po’ che teniamo gli occhi chiusi cercando di tornare in noi, lui parla e non è freddo e tagliente. È vicino a me… così vicino e caldo…
- Grazie Don. Grazie di starmi sempre vicino e di credermi incondizionatamente. Ti amo anche io. Perdonami per averti allontanato da me, oggi. –
È come uscire da una stanza piena di fumo in cui non riuscivi a respirare. Esci fuori e l’aria pulita ti accoglie.
È esattamente la stessa cosa.
Apro gli occhi che so sono lucidi perché mi bruciano, poi tornando a posargli un bacio leggero sulle labbra sottili e morbide, sorrido:
- Va bene così. Vorrà dire che stasera faremo pace come si deve… -
Ed è una piccola vittoria che mi regala molto, il sorriso che mi ricambia, seppure tirato.
Ha ancora molti pensieri per la testa, come è normale, ma finché mi permetterà di farne parte andrà bene.
Ora sì che lo vedo bene… non c’è più né fumo né nebbia fra di noi.