SEDUTI IN RIVA AL
FOSSO
CAPITOLO XI:
SCOSSE
“Nascondi
la tua faccia per sempre
sogna
e cerca per sempre
notte
dopo notte non senti niente
non
c’è scampo fuori dalla mia terra”
/
Open your eyes – Guano Apes /
Il
tempo trascorso normalmente è l’unica medicina.
Si
dice questo.
Si
dice anche che non può piovere per sempre e che non si
può sempre stare male.
Si
dicono molte cose e magari per qualcuno vanno bene, peccato che per
altre non valgano, anzi, nessuno di questi.
Per
alcune persone, invece, il fondo del fosso sembra non arrivare mai e
proprio come dentro a delle sabbie mobili si cade, si cade e si
continua a cadere. Cadi e non ti rendi nemmeno conto di dove sei, cosa
fai e per quale motivo, vai giù e basta.
Vai
solo giù… e prima che tu te ne accorga sei
sommerso in tutto lo schifo possibile ed immaginabile e oltre. E non
sai decisamente più, non lo ricordi proprio,
perché bisognerebbe risalire.
Ti
chiedi: perché devo tornare su?
Te lo
richiedi e continui ma non hai risposte. Non trovi la motivazione per
cui valga la pena darsi da fare e salire e proprio come un domino,
basta che cada la prima pedina e tutto il resto viene trascinato
giù finché ogni cosa non è a terra.
Miriam
si alzò decisa dal letto in cui era stesa e pur a malincuore
si allontanò dalle braccia confortevoli e calde del proprio
ragazzo.
Alex
mugugnò non d’accordo con la sua decisione e nel
dormiveglia emise un bofonchio incomprensibile.
La
bionda si fermò seduta al bordo del materasso e cercando i
vestiti da indossare, girò la testa a fissare dietro di
sé l’altrettanto biondo. Le ciocche chiare si
spargevano sottili sul cuscino azzurrino mentre una mano spariva sotto
di esso. Osservò il viso dai lineamenti decisi e leggermente
selvatici dove gli occhi si mantenevano ancora chiusi, poi attese che
la sua gola emettesse un altro suono per capire cosa dicesse.
Notando
che era tornato ad addormentarsi alzò le spalle nude
decidendosi ad infilarsi gli slip neri in tessuto fine. Non
l’avrebbe certo svegliato per dirgli che doveva andare, la
sera prima l’aveva avvertito che sarebbe dovuta andare via in
mattinata quindi non trovava il problema se lui continuava a dormire
della grossa.
Un
secondo mugolio si levò dietro di sé
così alzandosi in piedi si girò del tutto verso
di lui infilandosi anche il reggiseno abbinato, molto semplice. Certo a
guardarlo lì completamente nudo steso accanto a lei che
faceva il bell’addormentato, la voglia di tornare a stendersi
e adagiarsi sopra era più forte di quella di andarsene.
Quella
schiena rilassata che rappresentava una delle schiene più
perfette che avesse mai visto, era troppo invitante… per non
parlare delle spalle larghe al punto giusto e delle braccia…
ogni muscolo del suo corpo, specie quelli delle gambe e del sedere,
andava bene… non era né troppo esagerato,
né troppo scarso…
La
bionda sorrise scrollando la testa, la sensazione dei capelli lunghi e
spettinati sulla pelle nuda, le fece ricordare che doveva ancora finire
di vestirsi e non certo perdersi nei meandri del corpo meraviglioso del
proprio ragazzo.
Ogni
tanto se lo diceva… ormai era da qualche mese che stava con
Alex ma era stata la cosa più incredibile che le era
successo. Non avrebbe mai scommesso, in passato, di potersi trovare in
quella situazione.
Mai.
Eppure
ora che v’era vi stava così bene…
Con un
sorriso soddisfatto e felice non da lei, completò la propria
vestizione e dirigendosi in bagno si lavò e
sistemò ulteriormente.
Quel
giorno doveva assolutamente vedersi con sua sorella e non aveva idea di
cosa dovesse dirle, quella volta!
Ogni
volta che insisteva così si preoccupava, erano sempre brutte
notizie!
Quando
fu pronta prima di andarsene passò di nuovo dalla camera di
Alex. Era andato a vivere per conto suo dopo che si erano messi
insieme. Bisogno di indipendenza e privacy, ovviamente… poco
dopo avevano inaugurato il letto.
Lei
non abitava con lui ma in pratica era così…
passava più tempo lì che a casa propria e non era
raro che si fermasse lì con lui tutta la notte.
Si
chinò con un espressione tenera che riservava solo a lui, lo
guardava sempre come fosse il suo tesoro prezioso,
un’attenzione sorprendente per una come lei che aveva sempre
ringhiato contro tutto e tutti.
Sentirsi
così bene e felice con una persona era decisamente qualcosa
di estremamente appagante.
L’avrebbe
augurato anche al suo peggior nemico.
Eppure
non poteva saperlo… ma ad aver bisogno di quel senso di
completezza e gioia pura, era proprio una persona a cui aveva tenuto
molto e teneva tutt’ora, come amico.
Una
persona preziosa.
Presto
l’avrebbe compreso.
Posò
le labbra carnose e senza rossetto nero sulla guancia calda e
leggermente ruvida di barba trascurata di Alex, poi senza dire o fare
altro si alzò consapevole del suo sonno pesante. Aveva
tentato di fermarla ma non ci era riuscito, così il mondo
dei sogni andava ugualmente bene!
Miriam
uscì di casa.
Quella
mattina il percorso che doveva fare era un altro.
Non lo
capiva proprio il motivo ma sua sorella le aveva dato appuntamento al
parco invece che a casa loro.
Ma che
le passava per la testa?
Se lo
era chiesto per tutto il tragitto.
Solo
una volta arrivata laddove non metteva piede da mesi, comprese il
motivo.
E si
impietrì.
Non
mosse un solo passo.
Nulla.
Rimase
immobile a fissare il gruppetto che nel campetto tentava di giocare a
pallone, risultando solo pietosi per i movimenti goffi e confusi che
compivano.
Li
vagliò uno ad uno, come vagliò anche quelli
seduti nelle panchine a bordo che li osservavano prendendoli
pesantemente in giro, fumando e bestemmiando.
Ne era
sicura, quel giro non era più in circolazione da quando la
polizia era riuscita a cacciarli per spaccio di droga.
Quando
erano state trovate siringhe nel parco, anni addietro, erano stati
tutti cacciati e a calpestare quel terreno era stato il gruppetto di
Daniele.
Quel
giorno Miriam si rese conto che era effettivamente da tanto che non
metteva più piede lì.
Troppo.
E
capì tutti i suoi errori in un nano secondo.
Sostanzialmente
uno.
Essere
sparita così drasticamente e bruscamente dalla vita di
Daniele.
A
salutarla e riscuoterla dal suo blocco istantaneo fu una voce
conosciuta ma molto più bassa e roca dell’ultima
volta che l’aveva sentita.
Le
vennero i brividi, i primi, quando lo vide e lo riconobbe.
Davis
le sorrise, un sorriso spento ma sicuramente il meglio per lui in
quelle condizioni.
Sicuramente
un sorriso che sarebbe voluto essere migliore.
Il
castano dai capelli mossi li aveva più lunghi e legati in
una coda, mentre il pallore e l’aria sciupata rendeva molto
l’idea delle condizioni in cui era.
A
completare l’opera fu la sigaretta, sicuramente non una
sigaretta normale a giudicare da alcuni dettagli ben visibili.
“Cosa
si è messo a fumare, ora?” Pensò
solo questo Miriam mentre inebetita ricambiò il saluto
sforzandosi di sorridere appena.
A lui
aveva sempre sorriso, doveva ricordarsi di farlo, specie ora che
certamente per salutarla in quel modo aveva dovuto fare un certo sforzo
sincero.
A
persone con occhi così vuoti e bui, sicuramente anche il
minimo sorriso costa parecchio.
Sicuramente.
“Ma
come è possibile? Si è messo a frequentare gente
simile?”
Ma non
fece in tempo a concludere il discorso che lo sentì chiamare
a gran voce, una voce impastata, a pochi metri da lui:
- Ehi
Dany, guarda chi c’è! –
Quando
sentì anche il suo nome il nodo le compresse lo stomaco
dandogli un principio di nausea. Se avesse avuto un potere sarebbe
tornata indietro nel tempo e non sarebbe mai sparita dalla loro vita,
specie dalla sua.
Mai.
E la
sensazione peggiore che avesse mai sentito la invase facendola sentire
male, togliendole ogni senso che non fosse la vista.
Per un
attimo non capì più nulla, sentì tutto
confondersi ed accelerarsi e bruciarle.
Tutto.
Quando
il ragazzo chiamato si girò e la vide, da spenti i suoi
occhi chiari si illuminarono letteralmente insieme al sorriso spontaneo
che le uscì.
Come
se da una vita non avesse aspettato che quello.
I suoi
capelli neri erano più lunghi, arrivavano a coprirgli il
collo in modo abbastanza ordinato grazie al fatto che erano lisci.
Alcune ciocche ricadevano più disordinatamente sulla fronte
fino a coprire a tratti gli occhi di quel colore tanto chiaro quanto
spento e buio.
Come
se due cose opposte potessero fondersi.
L’angelo.
In
quel momento l’immagine d’angelo che tutti avevano
sempre associato al solare e buffone Daniele, svanì con una
sola folata di vento.
Certamente
di angelico, in quel ragazzo sciupato, dimagrito e dall’aria
spenta, aveva poco.
Specie
grazie a quella sigaretta tolta in fretta dalle labbra per sorridere
meglio.
Solo
un istante fu possibile scorgere quella gioia di vivere del passato.
Solo
un istante.
Quando
aveva incrociato gli occhi dorati di Miriam, proprio come ai vecchi
tempi, ed aveva potuto illudersi di essere tornato indietro.
Fece
un arco teatrale col braccio e disegnando col fumo nell’aria,
fece un inchino profondo da giullare dei tempi antichi in un saluto che
di allegro aveva giusto la facciata.
Non
fece altro.
Non le
si avvicinò, non disse nulla.
Solo
appena tornò a voltarsi verso il suo nuovo gruppo che
tormentava qualche bambino che timidamente tentava di giocare
lì intorno, la sua espressione tornò a rabbuiarsi
e spegnersi, come se veramente non gli importasse di nulla…
nulla.
“Mio
Dio… ma cosa è successo? Come sono finiti e
soprattutto con chi girano, ora? Questi spacciano, sono
drogati… e loro ora addirittura fumano!
Cosa
è successo? Cosa sono diventati? Dove sono finiti? Ho
veramente perso di vista qualcuno che non avrei mai voluto si perdesse,
non così.
Daniele…
cosa ti ho fatto? Perdonami…”
E
mentre il nodo di sconforto sopraffaceva quello dello sconvolgimento,
gli occhi cominciarono a bruciarle al punto da farle riprendere
possesso di sé, del suo corpo impietrito, dei suoi battiti
accelerati, della sua pelle che si era raggelata dando al contempo
l’impressione di aver preso fuoco.
Cenere.
E come
aiutata dal vento, corse via da lì precipitandosi
esattamente dove era appena andata via.
L’unica
rifugio che avrebbe mai accettato, un bisogno incontrastato ed immenso
per non farsi schiacciare dai sensi di colpa e dai rimorsi dei propri
sbagli.
L’unica
ancora che le avrebbe impedito di colare di nuovo a picco.
Quel
fosso lei l’aveva lasciato da tempo, non ci sarebbe tornata,
mai.
Anche
se una persona così cara e pura v’era precipitata
a testa in giù lasciandola confusa, colpita, delusa e
sofferente.
Decretare
la fine di qualcuno, avere quella consapevolezza e non poter far altro
che prenderne atto brutalmente, era peggio che incassare un pugno in
pieno stomaco.
“Che
qualcuno mi riempia di colpi fino a farmi svenire dal
dolore… perché così impazzisco. Non
può essersi ridotto a quel modo, non per me. Non con quella
gente che spaccia… oh mio Dio… e se finisce anche
lui per… no, che qualcuno mi aiuti, non può
essere.
Fa’
che non sia così. Per favore. Mi hanno salutato e sorriso,
non sono così mal messi se mi salutano.
Daniele
era diverso… era diverso, porco cane. Non era come quella
gente che mal giudicava in continuazione. Non gli sono mai piaciuti. Ha
sempre detto che non avrebbe mai fumato per principio,
perché lo riteneva da perdenti e da idioti. Non avrebbe mai
frequentato gente simile. Non si sarebbe mai buttato via a quel
modo… mai. Quello che conosco io non è quel
Daniele. No.
Ed
ora cosa posso fare? Sta male come stavo io tempo fa… non si
merita quello anche perché sono stata io a gettarlo
laggiù, lo so. Ne sono consapevole.
Cosa
posso fare per lui?
Non
posso lasciarlo così.
Non
posso… “
Come
una litania, la sua mente ripeté quest’ultima
frase all’infinito quando si buttò sul letto,
addosso al corpo ancora addormentato, nudo e caldo di Alex.
Un
risveglio più brusco non ci sarebbe potuto essere!
Quando
i suoi occhi verde mare furono belli che aperti e iniettati di sangue,
si chiese cosa fosse successo al mondo che gli riservava quel risveglio
apocalittico.
Dopo
qualche secondo capì di essere nel suo letto e di avere
Miriam sopra.
Su un
primo momento pensò in quel che scherzo o lunaticheria,
secondariamente capì dal respiro corto e dal batticuore che
qualcosa non andava.
A
pelle.
A
pelle capì il resto.
Aveva
visto qualcosa che l’aveva sconvolta al punto da dimenticare
tutti gli impegni che l’avevano fatta allontanare da lui
quella mattina.
- Cosa
è successo? – Chiese in fretta con voce ancora
rauca di sonno. Fece del suo meglio per svegliarsi completamente il
più velocemente possibile, tuttavia riuscì a
risultare solo più sexy di prima!
In
quel momento non fu notato da Miriam.
Il
biondo dai capelli lisci ma scompigliati, riuscì a fatica ad
alzarsi seduto e girandosi la fece sistemare accanto a lui
abbracciandola.
Lasciò
che nascondesse il viso nell’incavo del suo collo e
lasciò che il suo respiro corto e agitato, gli facesse il
classico effetto mattutino nei propri paesi bassi. Effetto che
riuscì ad ignorare grazie alla sua ferrea forza di
volontà.
Le
accarezzò la schiena vestita con una certa calma e dolcezza,
qualcosa che sapeva riservare solo a lei, poi senza sforzarla le
lasciò il tempo di riprendersi.
Quando
avrebbe voluto ne avrebbe parlato lei per prima.
Non
sarebbe scappato fino ad allora.
In
silenzio. Presente ma in silenzio.
Era
una delle sue doti principali, il suo modo di fare.
Non si
perdeva in troppe chiacchiere.
Ascoltava
e diceva la cosa giusta al momento giusto, sempre diretto e schietto.
Senza
paura.
Dopo
un lungo istante in cui riuscì a calmarsi, Miriam
riuscì a parlare con voce ancora flebile e tremante,
veramente molto scossa da quanto visto e capito.
- Ho
visto Daniele e Davis. Sono in quel brutto giro di drogati che girava
tempo fa al parco, ricordi? Fumano e sono trascuratissimi, si vede che
hanno qualcosa di serio che non va… e non so Davis ma
Dany… oh Dio, ne sono responsabile! Dopo che l’ho
lasciato non l’ho più visto. Sono rimasta solo con
te frequentando il tuo giro, lui è sparito e poi…
poi non so cosa diavolo sia successo… credo fosse questo che
doveva mostrarmi mia sorella. Dannazione! Alex, mi dispiace,
è colpa mia, me la sento, è ovvio! Non
può… fare quello che fanno loro…
rischia grosso… non può… cazzo, sta
così male? Lui che mi ha aiutato quando stavo male
io… devo fare qualcosa… -
Lo
sfogo arrivò caotico e liberatorio tutto d’un
fiato, stringendo con forza le braccia intorno alla vita morbida del
suo ragazzo che non l’aveva mollata un solo istante.
Certo
un risveglio simile se lo sarebbe ricordato a lungo!
L’ascoltò
in silenzio e dopo aver lasciato qualche istante dopo le sue parole
quasi urlate, con un profondo respiro molto calmo parlò con
fare altrettanto pacato. La sua voce bassa la penetrò come
di consuetudine e la quietò come sempre riusciva.
-
E’ giusto che tu faccia qualcosa per lui. Devi. –
Lasciò ancora un istante per farle assorbire questa sorta di
lascia passare, poi concluse con sicurezza: - Fa l’unica cosa
che potresti fare. Parlagli. Sii sincera con lui e digli ciò
che devi. –
L’unica
cosa che effettivamente avrebbe potuto fare.
Ed era
bello così… l’uno per l’altro
una perla speciale che li trasformava quando erano insieme facendoli
diventare persone così diverse e delicate, a modo loro, da
incantare chiunque.
Immediatamente
l’aria che entrò nei polmoni di Miriam fu degna di
questo nome tanto da aprirle il petto e darle sollievo, finalmente un
po’ di sollievo.
Non
sorrise ma allentò la presa facendogli capire che andava
meglio, come anche tutti i nodi che le si erano formati dentro. Un
lontano benessere generato dalla certezza che sarebbe bastato parlargli
per far capire a Daniele che non doveva fare così, sicura
che lei, come aveva sempre fatto, l’avrebbe ascoltata.
Non
era mai successo che non l’ascoltasse.
Anche
se quel Daniele era sicuramente un incognita.
Sicuramente.
Specie
dopo che gli eventi sarebbero ulteriormente corsi.
Corsi
giù a rotta di collo fino all’ultimo esplosivo
impatto con il fondo del fosso.
Il
famoso fondo.
Anche
da un domino terminato perché è tutto crollato si
ricomincia, si disfa tutto ed una ad una le pedine si rimettono in
piedi fino al prossimo crollo.
Ma il
tempo che ci si impiega a rifarlo e ad ottenere un risultato
accettabile, non è uno schiocco di dita. Ci vuole pazienza,
fermezza, perseveranza e voglia di farlo.
Tanta
voglia di farlo.
Miriam,
in quel momento più che mai, era certa di volerlo con tutte
le sue forze.