SEDUTI IN RIVA AL
FOSSO
CAPITOLO
8:
VERITA’
“Per
cominciare lascia che mi scusi
Lascia
che mi scusi per ciò che ho detto
Ma
cercare di essere sincero era più difficile di quanto
sembrasse
Ma
in qualche modo ci sono rimasto incastrato in mezzo”
/
In between – Linkin Park /
L’auto
frenò senza grossi problemi proprio davanti a lei, il
giovane
alla guida la guardò e dopo un attimo di attenzione, dopo
aver
capito di chi si trattasse, il suo bel volto si incupì
mostrando un certo stupore nello sguardo di tenebra chiara.
Le
sue iridi azzurro-verdi erano tendenti ad un color mare in tempesta
ma appena videro quelli gialli illuminati dai suoi fari,
capì
che qualcosa sarebbe successo. Capì che forse era ora di
darsi
una mossa e di alzarsi da quel fosso in cui si era seduto.
Non
era un tipo credente al destino o cose simili ma aveva comunque una
fede sua e la viveva sempre come meglio credeva, era un tipo molto
particolare. Prima di mettersi a fare qualcosa doveva capire e
arrivarci da solo al ragionamento. Doveva rendersi conto che era ora
di farlo.
Non
era un tipo indeciso, semplicemente non agiva
nell’incertezza, ecco
perché quando faceva qualcosa aveva l’aria
più sicura
del mondo. Perché a furia di pensieri nascosti non poteva
che
essere convinto di quel che andava eseguendo.
Alex
era una persona estremamente convinta di quel che faceva, sicuro e
deciso. Sempre.
Quando
quella sera si era messo in auto accontentando la madre che
l’implorava di andare a prendere i suoi fratelli in panne
dall’altra parte della città, l’aveva
fatto chiedendosi se
ma gli sarebbe successo qualcosa che gli cambiasse
quell’umore,
quello stato di vegetazione in cui era caduto, se mai un interesse
nuovo nella sua vita sarebbe arrivato.
In
quel caso si era chiesto come l’avrebbe riconosciuto,
sperando di
vedergli agitarsi davanti al naso sbarrandogli la strada pur di farsi
notare.
Aveva
una certa paura di non riconoscere quel qualcuno per lui.
Ecco
perché quando l’aveva vista in mezzo alla strada
che gliela
sbarrava col proprio corpo, aveva capito che era lei, era
inevitabilmente lei e che contro ogni ragionamento e
volontà,
questa volta, non avrebbe potuto far altro che agire come il suo
istinto voleva e gli gridava da molto.
Si
fermò e dopo averla osservata con un certo cipiglio stupito,
scese dall’auto non più incerto ma assolutamente
certo.
Quella
sera le cose sarebbero cambiate.
Quella
sera sarebbe uscita la verità.
Lei?
Lei
si chiedeva semplicemente cosa avrebbe dovuto fare e dire una volta
che l’aveva fermato e fatto scendere dall’auto!
Cosa
non tanto semplice, in effetti!
L’aveva
fatto, ed ora?
Ora
la testa completamente vuota gli rimandava indietro domande su
domande, sempre senza risposta.
Dov’era
la rabbia di solo un istante prima?
Era
possibile sentirsi più idioti?
La
buca si sarebbe scavata per accoglierla e nascondersi?
Quando
vide Alex era da molto che non lo incontrava e l’idea di
essere
stata bene fu proprio gigantesca poiché solo vedendolo ora
dopo molto aveva capito, poiché aveva sentito, quanto in
realtà gli fosse mancato.
Ecco
perché è meglio non farsi vedere in giro quando
si sta
male, per evitare certi brutti scherzi del proprio
‘qualcosa’ che
si trova dentro ad ognuno.
Quel
fastidioso ‘qualcosa’ che sembra stare a cuccia
quando non viene
stimolato con le giuste immagini e incontri, ma che esce improvviso
quando invece succede. Le giuste persone si incontrano e tutta la
fatica e le illusioni vanno a quel paese.
E
ci si rende conto di quanto falsi con noi stessi eravamo stati.
La
verità fu che il panico invase totalmente Miriam!
Lo
vide lì davanti a lei in tutta la sua altezza e possezza
corporea, lo vide nella sua bellezza tenebrosa nonostante gli occhi e
i capelli chiari, lo vide e il cuore cominciò ad andarle a
quella famosa velocità a cui Alex non sapeva mai rinunciare,
tranne che in quei giorni strani …
Lo
vide e avrebbe voluto scappare!
C’erano
tante, ma veramente tante cose non dette fra loro, troppe.
Non
si trattava di reale falsità, in fondo il celare la
verità
e i sentimenti come si poteva definire?
Spirito
di sopravvivenza?
Probabile.
L’idea
di doverci addirittura parlare gettò la bionda impulsiva nel
caos.
“Ma
perché devo addirittura dirgli qualcosa? Ma va’
… questo è
pericoloso, sicuramente mi pentirò di avergli parlato
… è
meglio che sparisca al più presto!”
Così
pensando, trattenendo ancora il respiro e guardandolo negli occhi, si
girò prima che potesse parlarle e chiederle cosa avesse.
-
Perché scappi? –
LA
voce brusca e bassa dl ragazzo la fermò di colpo. Scappare?
-
Per sopravvivere! –
Rispose
di getto senza riflettere, era il suo hobby, scappare, nascondersi e
non pensare prima di agire!
Questo
suonò strano al biondo che pensando di aver capito male
mosse
un passo verso di lei e chiese spontaneo:
-
Eh? –
Lei
sospirò rendendosi conto di aver detto un’idiozia
e
mordendosi il labbro si fermò guardando quanto il cielo
stellato fosse bello quella sera. Era faticoso e doloroso, non sapeva
se ce l’avrebbe fatta.
-
Nulla, non mi va di parlarti! –
Cominciava
a sentire un senso di sconfitta, se era costretta ad essere sincera
le cose potevano mettersi male. Riprese a muoversi sperando che la
lasciasse andare ma ancora la sua voce l’interruppe
inseguendola a
sua volta, senza toccarla.
-
Ho fatto qualcosa? E comunque sei stata tu a sbarrarmi la strada!
–
Poteva
immaginarlo con uno sguardo stupito, le mani ai fianchi, le spalle
leggermente incurvate per non sovrastarla troppo e lo sguardo
corrucciato.
Non
voleva parlargli, le provocava un bruciore dentro ed una tensione che
le faceva battere tutti gli organi, non riusciva a controllarsi con
lui ecco perché scappava sempre. Aveva una paura folle di
quel
ragazzo ed era una paura così assurda da imbarazzarla!
Però
ora erano lì insieme, lei l’aveva fermato e lui si
aspettava
giustamente qualcosa, una spiegazione, due parole messe in croce
…
qualcosa. Qualcosa glielo doveva. Sospirò del tutto
sconfitta
e rimanendo di schiena abbassò gli occhi.
Cosa
dirgli?
Magari
la verità poteva andare bene …
-
Ho sentito delle voci su di te, non mi interessavano finché
non ti ho visto andare così piano. Sei forse impazzito? Che
ti
succede? –
Lo
diceva come se si stesse scusando di parlargli, con un timore netto.
Con lui si sentiva sempre in difetto, come se stesse perdendo
qualcosa.
-
Ed ora che mi hai visto ti interessano? –
-
Le voci non mi interessano mai … -
-
I fatti, allora … -
La
discussione divenne un po’ più veloce, le risposte
pronte e
in fondo decisamente poco pensate. Lui aveva il suo scopo, lei anche.
Diversi fra loro.
-
Si, quello che è … -
-
Sono io ad interessarti, insomma! –
Questo
decisamente fu motivo di profondo disagio, fastidio e rossore. Se
quel fosso fosse apparso in quel momento ci si sarebbe buttata
… ma
avrebbe dovuto saperlo: era diretto, Alex.
-
Presuntuoso! –
Borbottò
di nuovo senza pensare. Nel momento in cui lo realizzò lo
disse e questa volta non se ne pentì, anzi … si
sentì
molto più leggera.
-
Come? –
Bene,
se voleva la guerra l’avrebbe avuta!
Cercava
la verità?
Lui
era diretto?
Anche
lei sapeva esserlo, stop!
Si
girò improvvisamente e veloce come una furia
cominciò a
parlare sfogando, senza rendersene conto, tutto quello che aveva
dentro, ogni cosa.
-
Presuntuoso! Perché, non lo sei? E non sei solo presuntuoso,
sei anche stronzo, ok? Ah, che liberazione! Te l’ho detto
finalmente … era da un po’ che volevo farlo! E
guarda che l’hai
voluto tu, eh? Hai acceso la miccia e non sapevi nemmeno che tipo di
bomba fossi, né se in effetti lo fossi, però hai
acceso
la miccia ed ora non hai il diritto di pentirtene! Ti rendi conto di
tutto quello che mi hai fatto? Ed ora vieni qui e mi dici se sono
ancora interessata a te! Ma chi ti credi di essere? Sai bene che ho
perso un sacco di anni e sanità mentale dietro di te, mi hai
sempre rifiutato e trattato come una merda, ora cosa cazzo vuoi da
me? Ti ho fermato, si! Sai perché ti ho fermato?
Perché
fra i due quella distrutta dovrei essere io ed invece tu ti permetti
di cadere in crisi e stare male! Ma perché?! Puoi avere
tutto
quello che vuoi, tutto! Hai raccolto quello che hai seminato e mi hai
fatto stare male, ma così male che per disperazione ho
chiesto
ad un ragazzo d’oro che non c’entrava nulla, di
curarmi! Chi
diavolo ti credi di essere per stare male? Sei bello, piaci a tutti,
puoi avere chi vuoi, fare quello che vuoi perché riesci in
tutto … che cazzo hai da star male? Sei solo uno stronzo
presuntuoso! –
Lo
sfogo arrivò come una cascata pericolosa e lo travolse
togliendogli ogni forza esistente, lasciandolo inebetito ad ascoltare
tutto quello che si era sempre tenuta dentro.
Ascoltando
la verità.
La
verità che poteva far male ma anche bene, a seconda di molti
fattori.
Quando
cessò di parlare aveva il fiatone ed era ancora rossa ma di
rabbia, l’espressione furente e la gola gli grattava mentre
il
cuore continuava vorticosamente a battere … ma doveva
ammetterlo.
Stava meglio.
Probabilmente
ora sarebbe scappata al Polo Nord ma stava meglio.
Avrebbe
dovuto fare molte cose, ma dopo il silenzio e l’ascolto
riuscì
solo a dire un sincero e veritiero:
-
Perdonami. –
Una
cosa che sicuramente non sarebbe mai stata da Alex e che
colpì
Miriam peggio di un pugno in pieno stomaco.
Era
capace anche di questo?
Davvero?
-
Per prima cosa lascia che mi scusi per tutto quello che ti ho fatto e
che non sapevo di farti, è che spesso viene più
facile
nascondere la verità credendo di fare meglio. –
Delle
parole da lui, semplici, concise, dirette, esaurienti e
inequivocabili.
Però
… però lei non voleva saperle ora, tanto meno in
quel modo.
Non le sembrava affatto giusto.
Cominciò
a battere la punta del piede sull’asfalto e mordendosi il
labbro
inferiore guardò in basso, mettendosi a sua volte la mani ai
fianchi. Non ne poteva più.
Veramente
non ne poteva più.
L’idea
di stare per impazzire era sempre più presente, non sapeva
cosa fare, cosa dire, cosa pensare … non aveva
più sfoghi,
non aveva più istinti, solo un grande peso al petto che
l’opprimeva.
Un
peso chiamato Daniele.
Non
era giusto.
Non
era affatto giusto venire a saperlo ora, così. Non lo era.
-
Perché me lo dici ora? –
Chiese
con voce molto bassa, quasi inudibile.
Alex
trattenne il respiro ma ormai deciso a mostrarsi per quel che era e
dire ogni cosa come stava, disse sospirando:
-
Perché me ne sono reso conto troppo tardi di ricambiarti,
quando volevo liberarmi di te ho visto che per curarti ti sei messa
con Daniele e lì ho capito quanto idiota fossi. Lui mi ha
mostrato com’eri e attraverso di lui ho perso la testa per
te. Però
pensavo che non potessi essere più mia e non ho voluto fare
più nulla. –
Non
le piaceva sentire quelle motivazioni così sciocche, erano
sciocche perché si sentiva un giocattolo che quando viene
sottratto diventa importante per il precedente possessore. Non le
piaceva sentirsi in quel modo e lui si era solo rivelato
superficiale, proprio diverso da Daniele.
Come
il sole e la luna.
Daniele
il sole e Alex la luna.
-
Ora cosa è cambiato? –
Continuava
a non guardarlo per paura di sciogliersi del tutto, per paura di lui
e dei suoi stessi sentimenti che a fatica aveva cacciato per mesi.
-
Che ho capito che ti interesso ancora, che sono ricambiato …
ancora. –
Lo
disse sicuro e subito, lo sapeva, l’aveva capito appena
l’aveva
vista in faccia, non sarebbe servito ascoltarla ma quello era solo
stata un ulteriore conferma.
Era
facile innamorarsi di quell’Alex. Troppo facile …
difficile era
invece dimenticarlo.
Respirava
impercettibilmente mentre il desiderio di svanire nel nulla la
divorava ancora.
Quel
momento era insopportabile per le.
-
Io ora sto con Daniele. –
Tutta
la sua risposta fu quella, secca ma sicuramente poco decisa, poco
convincente.
-
Questa è la scusa, la verità è
un’altra. Devi
essere onesta con te stessa. –
Ci
fu silenzio. Un silenzio che feriva in cui lei cercava disperatamente
un pensiero e l’unico che le arrivò fu Daniele a
casa che
nemmeno l’aspettava quella sera … o forse si.
Era
lui quello giusto per lei, lui che se la meritava … tuttavia
il
ripeterselo le provocava solo maggiore dolore.
Oppressa.
-
Ti lascio il tempo che ti serve ma fallo. Sii onesta. Perché
sai bene qual è la verità e te lo dice uno che
è
stato sommerso da essa! –
Su
questa frase lui la lasciò così, senza nemmeno
toccarla
o sfiorarla, lasciandola immobile a guardare la strada e a battere
nervosa il piede, la lasciò stringere poi gli occhi e le
mani
sui suoi fianchi, la lasciò così mentre la crisi
da lui
passava a lei, come una brace incandescente che bruciava e bruciava.
Salì
in auto e con una sgommata ripartì raggiungendo in pochi
metri
una velocità pericolosa da capo giro, proprio come faceva
solitamente lui. Proprio l’Alex di sempre.
“Ed
ora?”
Si
disse.
Ed
ora, si poteva veramente dire, si sarebbe assistito alla resa dei
conti.
La
famosa e non ignorabile resa dei conti.
La
verità.