SMOKE ON THE WATER
CAPITOLO
11:
ISTERIA
/Mi
sta trattenendo, modificando
e
mi forza a sforzarmi
ad
essere estremamente freddo
sognando
che sono vivo/
-
Muse -
Non
era una temperatura particolarmente bassa quella notte, non faceva
nemmeno caldo. Girare per strada non era un gran passatempo, ma per
chi era di umore nero come Alexander, anche con 30 ° sotto zero
sarebbe andato bene. A lui piaceva il freddo, si sentiva a suo agio,
non sudava e sapeva scaldarsi quanto bastava. Aveva sopportato per
forza, nella sua vita, temperature bassissime…e aveva
imparato ad
amarle. A viverci.
Inoltre
rifletteva quasi sempre il suo animo. Eppure quella notte non
sembrava così freddo e calcolatore. Quella volta era come se
dentro il petto gli bruciasse un fuoco che si spandesse a macchia
d’olio ogni passo che faceva.
“Chi
si crede di essere!”
Pensava
mentre camminava per vie malfamate con quello sguardo agressivo da
gatto infuriato.
“Chi
cazzo si crede di essere? Cosa vuole da me quello? Cosa? Sa solo
arrabbiarsi! Ora si è chiuso in camera dopo la sceneggiata
ed
io che faccio? Ma cosa vuole che faccia? “
Sbuffò
passandosi una mano fra i capelli neri ormai spettinati.
“è
difficile il ragazzino, vivere con lui, guardarlo ogni giorno e
averci sempre a che fare. È un piantagrane
assurdo…è…una
belva selvatica che non riesco capire…che diavolo ha in
testa?”
Camminava
veloce e da ogni suo gesto trapelava il suo umore nero.
“eppure…eppure
c’è qualcosa in lui che mi impedisce di spedirlo
in istituto
e fregarmene! Inizialmente credevo dipendesse dal fatto che
somigliava a mio fratello scomparso…ma non saprei dire
nemmeno in
cosa…ora invece subentra
qualcos’altro…c’è uno strano
nuovo tipo di interesse per lui. Quale? Di che si tratta? Voglio
capirlo subito perché io odio non sapere ciò che
riguarda me stesso!”
Si
fermò in un locale e prendendosi qualcosa da bere, era tardi
e
i pub stavano tutti chiudendo, per cui gli ubriachi si riversavano
nelle strade. Prese una bottiglia con dell’alcolico qualunque
e
bevve un sorso. Fu lì, mentre la gola iniziò a
bruciargli che se ne rese conto.
Che
lo disse.
“Merda.
Mi sto innamorando di lui! Potrebbe essere mio fratello ed io vado ad
innamorarmi di lui! Non solo gay! Non solo pedofilo…ma anche
con
una percentuale, seppure bassa, di essere incestuoso! Le ho tutte,
porco cane! Sono impazzito!
Di
lui…di un sedicenne…della persona più
sbagliata!”
E
nel rendersi conto di ciò scaraventò la bottiglia
di
vetro a terra con forza. Si ruppe e il liquido si spanse sul
marciapiede finendo sulle scarpe di gente che stava poco distante da
lì nelle stesse condizioni del moro. Fu facile immaginare
che
si arrabbiarono, con la mente annebbiata che si trovavano chiunque
avrebbe reagito a quel modo.
Tuttavia
Alex non chiedeva di meglio.
Cominciarono
a spintonarsi a vicenda insultandosi con le solite parole di rito.
Aveva
bisogno di questo. Di scatenarsi e sfogarsi fisicamente…di
sentire
dolore fisico che gli permettesse di tornare in se…ma anche
di un
sacco di cose aveva bisogno…e prima di tutto accettare certe
cose
importanti.
Tutto
quel che fece fu, però, prendere a pugni e farsi prendere a
pugni.
Colpì
uno di loro con forza e con foga. Fu ricambiato subito e lo zigomo
prese a bruciargli. Gli si fece avanti anche un altro di cui
schivò
il pugno e lo ritornò indietro con una forza moltiplicata.
Lui
non era ubriaco e a dimostrarlo arrivarono i riflessi coi quali
precedette un altro ragazzo che si faceva avanti, lo servì
on
un calcio girato normalmente mossa di karate…per lui solo
imparata
dalla strada.
Non
riuscì ad evitare il diretto al labbro che si
gonfiò
spaccandosi, sangue scese copioso dalla ferita giovando solo alla sua
bellezza selvaggia.
Molti
poi ne schivò e molti ne diede…e altrettanti ne
prese.
Come
se si facesse colpire di proposito da degli ubriachi in branco quando
lui già fortissimo di natura era abituato a risse simili.
Per
lui non erano nulla e il dolore non sapeva più
cos’era…ma
voleva infliggerlo e farselo infliggere sperando di sentire qualcosa
di diverso dal senso di colpa e del dovere.
Era
stufo di pensare e farsi seghe mentali. Non le aveva mai fatte.
Con
furia ceca, mai posseduta da tempo ormai, andò vanti a
lungo.
Non fu lui a cedere e a crollare, ma gli altri.
Incredibilmente.
Aiutato
dalla sua lucidità e dal fuoco che lo divorava.
Si
era forse capito che non era il caso farlo arrabbiare. Quello era un
barlume di ciò che sarebbe stato capace fuori totalmente di
se.
Si
trovò solo a girare malridotto e di pessimo umore, forse
più
di prima.
Solo
alle sei di mattina si decise a tornare nuovamente in albergo
Bussò
alla porta della camera che condivideva con la causa di tutto.
Alexis
se lo trovò di fronte come un gatto appena tornato da una
nottata piena di lotte e infuriate, ora tutto ferito bisognoso di
cure e protezione.
Era
totalmente pestato, occhio e zigomo gonfi con dei lividi, sangue che
usciva dal labbro e dal naso, nocche arrossate, abiti sporchi.
Non
era da lui, o per lo meno così lei credeva non avendolo mai
visto ridotto in quello stato da quando si conoscevano.
Solo
in quel momento si rese conto di non conoscerlo affatto, che era da
pochissimo tempo che abitavano insieme…lo dimostrava il
fatto che
non se la sentiva ancora di rivelargli il suo piccolo segreto. E
anche perché non aveva mai preso in considerazione il lato
distruttivo del ragazzo.
Da
quel che ne sapeva avrebbe potuto pestarla e farle di tutto.
Istintivamente
indietreggiò senza pensarci, riprendendo una sensazione
scordata nella mente remota e complessa che possedeva.
Qualcosa
che psicologi e medicine l’avevano aiutata a
scordare…ma ancora
una volta non riuscì a completare quello strano senso
instabile. Tornò tutto nell’oblio della sua testa.
-
Alexander?-
Mormorò
interdetta non sicura che fosse lui.
Quegli
occhi…così lunari dalle pupille sottilissime
quasi
inesistenti coperti dai capelli neri che disordinati cadevano sulla
fronte. La impressionarono molto.
-
posso entrare adesso?-
Voce
roca, graffiante, erotica. Se ora avrebbe cantato, l’avrebbe
sedotta.
Era
sobrio, lo si capiva subito.
Solo
a quel punto se lo chiese? Che l’avesse fatto arrabbiare
veramente
fino a quel punto? Quasi da non crederci. Ma lei era così.
Non
si rendeva conto di poter ferire fino a quel punto le persone, specie
se infuriata come lo era stata.
Un
briciolo di senso di colpa si fece strada.
E
di maturità.
Ma
ancora poca rispetto quanto ne sarebbe servita per due così!
-
Quanto sei scemo!-
Spiattellò
questo in segno di resa…e scuse. A modo suo si stava
scusando. Si
scostò per farlo passare, poi richiuse la porta dietro di se
continuando ad osservarlo attentamente cercando di mantenersi fredda
come avrebbe fatto lui. Ormoni ed emozioni in catene. Assolutamente.
O l’avrebbe violentato. Dopo aver ammesso i suoi sentimenti
poteva
dirsi anche cose del genere senza il timore di incazzarsi per astrusi
motivi.
Tuttavia
adesso basta.
Dopo
aver ammesso entrambi cose importanti potevano sotterrare
l’ascia
di guerra e provare a fare gli adulti.
-
vieni, su!-
Un
tono di voce mai utilizzato prima. Calmo e quasi gentile nella sua
bruschezza.
Lo
fece sdraiare nel letto e andò a rovistare in bagno cercando
qualcosa che le potesse essere utile. Trovò del cotone e del
disinfettante, prese poi delle salviette e le bagnò con
acqua
fresca. Li passò sul volto pulendolo dalla sporcizia, dal
sudore e dal sangue raffermo. Cercò di essere il
più
delicata possibile, cosa che all’inizio costò dei
lamenti al
‘malato’…lei e la delicatezza facevano a
pugni!
Infine
lui chiuse gli occhi cercando di trattenere le smorfie di dolore che
ora sentiva per il rilassamento forzato e i non pensieri.
Alexis
poi disinfettò col cotone le ferite al sopracciglio e al
labbro seguendo assorta i lineamenti perfetti ed affascinanti del
cantante oltremodo bello. Sembrava proprio un felino pericolosamente
indipendente e stupendo. Quasi da paura ad avere a che fare con una
persona simile. Gli portò con la mano i capelli
all’indietro
liberando la fronte, si sparsero un po’ sul cuscino.
Spostò
lo sguardo sul petto che si alzava e abbassava regolarmente. Stava
meglio, si sentiva a suo agio e non aveva più pensieri
catastrofici su loro due.
Quei
vestiti sporchi che si appiccicavano alla pelle sudata e imperlata,
quel corpo che si intravedeva e si immaginava…e aveva visto
la sera
prima…da Dio Greco…si morse un labbro per
trattenere i suoi
istinti…voleva rivelarsi. Dirgli che era una donna e
baciarlo…lì
seduta stante…ma il terrore di come l’avrebbe
presa, di
deluderlo…e del dopo…diventare
donna…debole e dipendente…la
fece desistere.
Solo
così si resero conto entrambi della stupidità che
avevano avuto fino a quel momento.
Fingere
di non sentire e provare, di essere altre persone, usare maschere,
fingere. Che idiozia.
Si
piacevano fisicamente e negarlo non sarebbe mai servito. Rimaneva
solo accettare tutto ciò e andare avanti senza accusarsi di
cose innominabili. Non potevano fare altro.
Anche
se poi i discorsi si differenziavano l’uno
dall’altro e si
complicavano ulteriormente.
Ma
almeno ammettere di volersi bene era un passo essenziale per non
impazzire.
-
che ne dici se proviamo a crescere un po’?-
Fu
lei ad iniziare sottovoce quasi parlasse con se stessa. Rimase
inginocchiata davanti al letto con un altro asciugamano bagnato
posato sugli occhi viola.
Notò
che le sue labbra spaccate e curate si incurvarono in un sorriso
ambiguo, indecifrabile. Quanto le piaceva. Senza accorgersi si
trovò
a passare il cotone imbevuto di acqua ossigenata sul contorno di
quelle labbra troppo seducenti di natura.
-
dico che sarebbe ora per tutti e due!-
Ma
non si staccò dalla sua bocca, ferma continuò a
fissarla incantata.
Quelle
parole furono un modo per accettare i sentimenti ufficialmente.
Chiari,
nitidi e forti.
Impossibili
da ignorare, ma possibili da accettare e viversi.
Godendosi
entrambi quel momento così semplice e
perfetto…sereno…non
dissero altro. Lei tolse le mani dal suo volto sedendosi comoda sul
posto, sempre accanto a lui, senza staccargli gli occhi di dosso,
assorbendo ogni cellula e respiro di quel ragazzo che le piaceva
disperatamente.
Passò
il resto della mattinata a vegliarlo e osservarlo dormire, iniziando
così un nuovo periodo della loro vita. Particolarissimo e
intenso.