Smoke On The Water

CAPITOLO 5:

OGNUNO HA BISOGNO DI QUALCUNO


/Somebody to hold, kiss, miss, squeeze, and please.
Everybody needs somebody
Everybody needs somebody to love
Someone to love (Someone to love)

I need you/

- Blues Brothers -


"Ed eccomi qua, ancora una volta sola come una piccola stupida. Solo io faccio queste cazzate. Ma alla fin fine che volevo da lui? Non gli ho certo dato modo di informarmi. Tanto è vero quel che ha cercato di dirmi, ma non tornerò mai indietro e non mi scuserò mai con lui. È stato comunque troppo arrogante e antipatico. Non è da me tornare sui miei passi e pentirmi delle cose che faccio. Ormai che ho bruciato la frittata la mangio così! Non ho scelta...anche se forse ce l'avrei, a dire il vero...ma non ritornerò mai sui miei passi. Sono solo una piccola stupida immatura e non me ne importa, quel che è fatto è fatto. Basta! Inutile pensarci! Ora devo solo trovare un posto dove stare...come sempre sono al solito fottutissimo punto di partenza.
Giro per la città da un’ora circa, una città che non conosco...come se non bastasse è notte fonda, fa un freddo cane e, ciliegina di merda sulla torta, si è messo a nevicare! Ma si sono messi tutti d'accordo...? Sembra che qualcuno che controlla il tempo e il destino lo faccia di proposito...come se mandasse segnali a tutta manetta per impedirmi di andare avanti: ma vaffanculo, scordatelo, non torno indietro, ormai la figura della cretina l'ho fatta e non peggioro la situazione. Quello non mi voleva, gli ho tolto un peso…magari mi avrebbe pure rispedito dai miei e poi il quadro sarebbe stato completo!
Sto congelando ma non posso e non voglio tornare indietro, non mi umilierò mai, piuttosto muoio assiderata!
La testardaggine è proprio il mio forte, devo dire.
Che faccio? Comincio a sentirmi di nuovo la febbre alta....ok...ok...OK!!! forse non credo sia stata una mossa tanto furba uscire di casa in queste condizioni...e va bene, senza il forse: non lo è stata per nulla, ma ormai...ormai che conta?
Tirando le somme dei fili sparsi intorno a me cosa conta veramente? Non sono mai stata molto attaccata alla mia vita perché faceva schifo, mi fanno ancora male i lividi e le botte delle cinghiate che mi ha dato quell'uomo a casa! Non torno nè a casa sua nè in quella dell'altro ragazzo! Ma ho violenti brividi di freddo, tremo vistosamente e mi tengono compagnia i miei denti che battono. Sono gelida. Colpa di questa maledettissima neve. La città è completamente deserta ed io finisco sempre per stare sola!
Uffa!
Che carattere di merda che ho!
La testa è pesante e non riesco a tenerla su, gli occhi mi ruotano continuamente facendomi vedere il mondo come se fossi su una giostra maledetta, è tutto così confuso e l'unica cosa certa in questo momento è che la febbre che avevo prima di svegliarmi ora mi è tornata...e anche bella buona! Oh, bene...proprio i fischi nelle orecchie mi mancavano, come se questi punti bianchi davanti agli occhi che non stanno fermi non mi bastavano; fra la neve e questi stramaledettissimi punti non vedo più nulla così mi fermo al bordo di una strada...ma è veramente così deserto qua? È tutto ovattato e anche se passasse un camion non lo sentirei...e nemmeno vedrei; mi è familiare questa sensazione, quante volte l'ho provata con quelle bestie che ho a casa al posto di genitori. Bagnato e morbido...il tatto funziona ancora, ma quando sono caduta? Non me ne sono resa conto. Oltre alla febbre ricordo di non aver mangiato, è da molti giorni che non mangio inoltre non capisco se mi muovo o no, non credo; il mio corpo non risponde ai comandi e continuo a rimanere così, distesa sulla neve fredda e bagnata...che cade...e cade...e cade ancora sopra di me coprendomi come una dolce coperta polare. Sto comoda dopotutto, potevo lasciarmi andare prima visto che sto bene in fondo, non è male stare così...in questo modo finirò per essere cancellata e mi sta perfettamente bene, non potrei chiedere di meglio. Non ho un posto dove andare e dove tornare, dove mi cercheranno; nessuno mi penserà e si preoccuperà per me…è sempre stato così: nessuno sa della mia esistenza e se sparisco non succede nulla, nessuno sarà triste ed io mi libererò dal peso di questa mai fottutissima vita che è andata a puttane da quando sono nata e non ricordo nemmeno dove. Non verrò più picchiata, non riceverò più soprusi, non dovrò più subire e sentire dolore, non dovrò più illudermi di avere qualcosa a cui aggrapparmi per andare avanti...starò bene, non sentirò nulla di tutto quello che ho sempre sentito...io...io...non ho motivo per vivere e non sono nemmeno così attaccata alla vita da lottare anche a questo punto. Sto cercando uno stupido motivo per alzarmi e non farmi cancellare ma non lo trovo, non esiste...allora va bene così, mi lascerò eliminare da questa candida neve pura.
E poi non dev'essere affatto male morire...ormai il dolore non mi spaventa ed ora non sento più nulla, sono atrofizzata…forse non sentirò nemmeno il momento del trapasso.
Non mi resta che augurare a me stessa addio, perché sono l'unica rimasta da salutare...non ho mai avuto nessun altro.
Una Alexis stanca e stufa di quel che ha dovuto subire se ne va'.
Veramente il mio limite è finito.
Nessun dolore, nessun pianto.
È la morte perfetta per una come me...non potevo chiedere di meglio.
Eppure mentre perdo i sensi non capisco una cosa.
Come può proprio ora andare il mio pensiero a quel tipo odioso e maledetto...a..come si chiama...Alexequalcosaltro?
Ad ogni modo da ora è solo da vedere come continuerà la partita.
E non capisco più nulla.”

Fiocchi di neve. Tanti fiocchi di neve cadevano quella notte sul mondo ricoprendo la sua superficie.
Era bianco. Tutto bianco. Strade, marciapiedi, campi, case, alberi...ogni cosa ci fosse lentamente ma inesorabilmente veniva ricoperta. Anche quel fagottino sospeso fra il sogno e la realtà era diventato una vittima di quel gelo candido. Un essere che ormai aveva rinunciato a combattere per la vita o per la morte e che aveva deciso di lasciarsi andare perché tanto nessuno l'avrebbe aspettata.
Una semplice collinetta nella quale si vedevano solo i capelli neri legati e parte dei vestiti grigi. Questo era Alexis priva quasi del tutto dei sensi.
La febbre le era tornata e se solo poche ore prima era svenuta per strada rivelando un febbrone non indifferente, quello che le stava succedendo ora era più che normale.
Chi sarebbe venuto ora?
Ma i fiocchi di neve come gocce di cotone continuavano a cadere fitti. Lo scenario era spettacolare anche se si faticava a vedere sia lontano che vicino.
Uno scenario triste e malinconico in tutto quel silenzio puro e mistico. Magia. La magia aleggiava palpabile in mezzo a quel nulla.
Eppure un cuore batteva ancora sotto tutta quella distesa bianca.
Quel cuore, Alexander, era convinto di trovarlo mentre si aggirava per le strade vuote del quartiere cercando con quegli occhi particolari e l'aria da gatto randagio. I capelli neri coperti da alcuni fiocchi di neve bianca erano giù bagnati e sul viso, il volto pallido e freddo per la bassa temperatura, era macchiato dal suo stesso sangue scarlatto che colava dal taglio allo zigomo lungo la giacca, il collo e gli indumenti. Nella mano stretta a pugno stringeva con forza un coltello (quello che aveva attentato alla sua vita) la lama lo stava ferendo e altra linfa rossa macchiava la neve bianca di quel colore che feriva gli occhi.
Alexander ce l'aveva col ragazzino per molte cose, fra se e se rifletteva fra mille imprecazioni. Era adirato contro quel tipo che faceva il grande quando invece era piccolo. Si ostinava a non chiedere aiuto a nessuno, a rifiutare tutto come un riccio benché da solo non ce l'avrebbe mai fatta.
Sapeva che soffriva, lo sapeva bene...era pieno di lividi e gli era venuta la febbre. Quando l'aveva sentito parlare nel sonno aveva capito quel che aveva dovuto passare...tutte cose che probabilmente non ricordava nemmeno più coscientemente. Faceva il duro ma in realtà era solo molto fragile. Non sapeva perché lo stava cercando, in fondo non si conoscevano nemmeno ed era anche stato trattato di merda.
Che senso aveva cercarlo per aiutarlo?
Eppure lo faceva.
In lontananza qualcosa deviò il suo sguardo, lo fece rallentare e annullare ogni pensiero. Qualcosa di incomprensibile all'apparenza. Una sensazione. Un muto richiamo.
Non seppe dire se fu il suo istinto o cos'altro a farlo arrivare fin là...fatto fu che ci arrivò. Una macchia nera e bianca a terra mezza immersa nei candidi fiocchi di neve che continuavano a cadere.
Il respiro a contatto con l'aria si condensava formando nuvolette di fumo, il freddo aveva bloccato notevolmente il flusso del sangue che fuoriusciva dal taglio alla sua guancia e alla mano procuratosi stringendo la lama del coltello.
Si avvicinò al fagotto rannicchiato a terra, si inginocchiò lasciando cadere il coltello e con la mano ferita sporca di sangue toccò il volto del 'ragazzino', così chiamato da lui. Lo girò verso di sé fino a guardarlo bene, gli aveva sporcato il mento di rosso...quella pelle era così bianca e fredda...avrebbe dovuto tremare come una foglia, eppure era fermo. Non capiva se era svenuto o no ma ad ogni modo doveva far presto. L'ospedale era troppo lontano e intanto che ce lo portava sarebbe trapassato...era più vicina casa sua, così non trovò altra scelta che scaldarlo da solo senza aiuto di nessuno. Mentre rifletteva freddamente sul da farsi, questa sua razionalità scemò per un attimo quando si soffermò un secondo ad osservarlo...e gli si strinse il cuore...letteralmente...una morsa che gli permise di sentire delle sensazioni mai provate, cose che nemmeno sapeva decifrare. Lo squadrò attentamente, teneva gli occhi chiusi e i capelli neri bagnati e imbiancati dalla neve legati in una coda tutta spettinata che cadevano sul volto.
Gli sembrava di vedere se stesso solo qualche anno prima, steso in una delle vie malfamate della sua città italiana, pieno di lividi, senza forze, i sensi che lo abbandonavano ed i morsi della fame che lo attanagliavano. Se in quei momenti sarebbe venuto uno come lui ora, sarebbe stato felice. Se qualcuno l’avesse salvato portandolo in casa, dandogli un tetto, del cibo, un letto caldo, delle cure…un amico…persino il suo carattere si sarebbe ammorbidito e la sua anima si sarebbe potuta salvare, convinto che ormai era troppo tardi per lei. Sospirò caricandoselo sulle spalle come un sacco di patate.
Non lo capiva.
Alex non capiva assolutamente cosa fosse preso al ragazzino, non capiva nemmeno cosa lo muovesse, cosa l'avesse spinto ad andarsene da una casa comoda, anche se sconosciuta. Quale paura aveva potuto provare? L’orgoglio dimostrato era stata una scusa, in realtà, forse, aveva temuto che lui potesse fargli del male: uno che passa tutta una vita a lottare contro persone crudeli, si convince che anche i “buoni” solo “cattivi”. Fece una specie di sorrisino: non era vero che non lo capiva…lo capiva eccome, invece ed istintivamente provò subito ammirazione e rispetto per uno come lui. Anche lui era stato sull’orlo del trapasso ma poi gli era andata decisamente bene, aveva trovato qualcosa a cui aggrapparsi...qualcosa che era stata la sua salvezza...e la sua ricchezza...questo ragazzino aveva qualcosa a cui aggrapparsi? Sembrava di no...eppure se ne era andato lo stesso per ricominciare una nuova vita. Lui anni fa non lo avrebbe fatto, non se ne sarebbe andato per ripartire da zero senza uno straccio di possibilità per migliorare. L’aveva fatto ed aveva avuto esito positivo perché aveva scoperto che la sua linfa vitale era la musica e lei l’aveva tirato fuori da quel fosso in cui stava cadendo.
Questo tipo è pazzesco…”
Pensò infatti velocemente, senza ammettere che dentro di sé avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, come se così potesse saldare quel debito che aveva con una certa persona.
Era già la terza volta che lo salvava in pochi giorni...come se questo non sapesse fare altro che svenire, star male e ficcarsi nei guai! Fece un ghigno inconsapevole pensando che questo non avrebbe fatto mai piacere al tipetto che stava trasportando: lui così orgoglioso che pur di chiedere aiuto a qualcuno scappava di casa da solo auto distruggendosi. In seguito quando fu quasi arrivato, sbuffò borbottando fra sè e sè:
- Mi hai preso per un salvatore? Proprio a me? La prossima volta ti lascio far compagnia alla neve!-
Ma chissà come mai quella promessa l'avrebbe rimandata mille altre volte!
Arrivarono a casa ma doveva fare in fretta, era freddo e aveva di nuovo la febbre.
- Odio fare il babysitter!-
Ringhiò fra i denti Alexander sbuffando per l'ennesima volta, si diresse in bagno con il ragazzino congelato che aveva cambiato di posizione per tenerlo fra le braccia con più cura e delicatezza anche se in seguito iniziò a muoversi con gesti veloci e secchi, come fosse arrabbiato per l'enorme cazzata che aveva fatto quel tipo. In effetti ammirazione e rispetto a parte stava per morire assiderato, sapendo che in realtà non voleva morire, altrimenti non sarebbe scappato di casa, lui comprendeva perfettamente la mentalità di gente simile, aveva senso essere così rabbioso.
Lo mise in piedi e con molta fretta aprì l'acqua calda del box doccia piuttosto grande, poi tornò da Alexis e prese a spogliarlo mantenendo gesti e aria furente. Fu a quel punto, quando gli stava slacciando la maglia, che lo vide svegliarsi tornando in sè e in forze... non ci impiegò molto, infatti, per dargli un calcione negli stinchi cacciandolo fuori urlando:
- PORCO! POSSO FARE DA SOLO!-
Era successo tutto così in fretta che Alex non aveva realizzato pienamente che in così poco tempo si era trovato con una gamba dolorante, a terra e fuori dal bagno.
" Macchè porco...se sembri mio fratello...al massimo pedofilo...ma che testa di cazzo che è quello! Insopportabile! Lo odio!"
E non capendo un acca di quel ragazzino andò a sistemarsi anche lui.


/Qualcuno da tenere, baciare, desiderare, stringere e pregare.
Tutti abbiamo bisogno di qualcuno
Tutti abbiamo bisogno di qualcuno da amare
Qualcuno da amare (qualcuno da amare)

Ho bisogno di te/

- Blues Brothers -