STORIE D'ALTRI LUOGHI
CAPITOLO 5:
AUSTRALIA
Terra
lontana.
Terra
antica.
Terra
giovanile.
Terra
positiva.
Terra
solare.
Terra
multiculturale.
Terra
calda.
Terra
selvaggia.
Terra
curiosa.
Terra
protetta.
Terra
invidiata.
Terra
unica.
La
vita
per le persone era lungo la costa orientale dove si estendevano le
varie città, ognuna di essa valeva la pena di essere
visitata
e la meta principale di ogni turista era Sidney nonostante non fosse
la capitale. Addentrandosi nella terra si arrivava nel deserto oppure
negli spazi selvaggi decisamente poco popolati dalle persone;
però
le città, quelle sì che erano piene di vita,
gioiose e
pregne di sapere e di arte.
Non
v’era una razza vera e propria predominante, si potevano
vedere
culture diverse convivere tranquillamente.
Gli
spettacoli più belli erano quelli di notte, quando le luci
si
accendevano e il cielo mostrava i suoi manti suggestivi.
Allontanandosi
dalla civiltà, i regnanti dei luoghi della natura erano
creature piuttosto rare, alcune stavano unicamente laggiù in
quell’habitat particolare. Ecco perché erano
specie
protette.
Le
stagioni si alternavano al contrario rispetto a molte altre
città
del mondo, mentre là era Estate, nella maggior percentuale
degli altri paesi era Inverno e viceversa.
Si
viveva prevalentemente di agricoltura e allevamento, quindi erano
molte anche le fattorie fuori città, per questo la gente era
divisa fra città e periferia, queste due categorie conduceva
vite molto diverse fra loro ed erano facilmente identificabili.
Lui
era
un ragazzo di campagna, mentre lei una di città.
Entrambi
amici d’infanzia cresciuti nella fattoria delle loro famiglie
imparentate alla lontana, crescendo lei aveva voluto fare la sua vita
in città così aveva finito per trasferirsi e
tornare
ogni estate in quel luogo a lei caro e felice. Un luogo dove essere
sé stessa e rivedere quello che era solo una specie di
cugino
di un lontanissimo grado.
Quella
sera estiva dove il caldo abbondava e la riunione di famiglia si
svolgeva intorno ad una lunghissima tavolata allegra piena di gente,
lei era lì da qualche giorno e la vista del suo amico che di
anno in anno diventava sempre più carino, le aveva fatto
ricordare quando da piccoli giocavano a fare i fidanzati. Gli occhi
con cui l’aveva guardato, con cui di anno in anno, sempre in
quel
mese, lo guardava, erano sempre diversi, sempre più
interessati. Erano come fratello e sorella, scherzavano come lo
fossero davvero, però c’era sempre quel qualcosa
che
ricordava loro che non lo erano.
Sempre.
E
non
capivano se potessero esserne contenti o infastiditi.
Quella
sera parvero dimenticarsene per trasformarsi di nuovo in quei bambini
piccoli che giocavano sempre insieme in modo infantile e divertente.
Ecco
perché ad una battutaccia di lui diretta a lei,
quest’ultima
aveva preso l’acqua e gliel’aveva rovesciata
addosso bagnandolo
in pieno viso. La scheggia umana era quindi scappata subito per
evitare la sua vendetta e ridendo divertita come una pazza, fra le
risa di tutti gli altri si era allontanata seguita immediatamente da
lui.
Erano
finiti a lottare in un angolo, appartati, lontani dagli occhi
sorridenti dei parenti troppo occupati a mangiare per seguire i loro
soliti giochi bambineschi.
Lui
l’aveva afferrata al volo da dietro e mostrando una forza
maschile
tipica di un ragazzo di campagna, non aveva ceduto nemmeno ai calci
di lei… solo quando si era messo a farle solletico ed aveva
dovuto
sfiorare la decapitazione si era deciso, per salvare sé
stesso, ad aumentare la forza e bloccarla contro il muro, nel famoso
angolino di quell’esterno buio, al solo chiarore delle
stelle.
Si
conoscevano a memoria eppure con attenzione si potevano vedere bene.
Si
trovarono a pensare che non erano mai cambiati caratterialmente e per
un momento si dissero che il fratello di lui e la sorella di lei
erano finiti insieme una volta cresciuti e che loro sembravano non
voler mai crescere davvero.
Quel
pensiero fu fugace mentre lei si girava rimanendo bloccata fra lui e
il muro.
“Eppure
ormai è veramente grande… riesce a bloccarmi con
una sola
mano…”
Le
teneva entrambi i polsi dietro la schiena e in quella specie di
abbraccio si trovarono coi visi vicini ad osservarsi.
Era
un
bellissimo ragazzo, sin da piccolo lo era stato. Con
quell’abbronzatura da lavoratore, il corpo atletico, i
capelli neri
mossi, gli occhi scuri e un sorriso spontaneo, contagioso e
mozzafiato.
Lei
era
diventata una bella ragazza, non di quelle che fermano il traffico ma
si era imbellita parecchio rispetto alle rotondità di
bambina,
ora quelle curve erano aumentate nei punti giusti mentre negli altri
si erano sistemate in altro modo, i suoi capelli biondi erano rimasti
sempre lunghi ed ora erano addirittura mossi, legati in quella coda
disordinata. La pelle era molto chiara e delicata e la bocca era
sempre stata fin troppo invitante, per non parlare degli occhi, il
suo punto forte. Chiari, quasi dorati a dire il vero. Di quella
sfumatura indefinita che colpivano chiunque li guardasse.
Lei
si
perse a seguire le goccioline dell’acqua che gli aveva tirato
poco
prima, gli percorrevano il bel viso regolare, era quasi angelico.
Gli
era
sempre piaciuto ma aveva sempre vinto il lato fraterno. Oppure
semplicemente erano troppo timidi entrambi. Giocherelloni, infantili
e timidi… troppo uguali, magari, chi poteva dirlo.
I
respiri affannati cercavano di tornare normali fra le loro risa, poi
lui fece qualcosa di sorprendente che in tanti anni di conoscenza,
lei ci avrebbe messo la mano sul fuoco, non avrebbe mai detto potesse
fare davvero.
Gli
spostò i capelli dal viso sistemandoglieli a lato, fra il
caldo ed il movimento appena fatto la sua pelle imperlata di sudore
glieli aveva appiccicati sulla fronte e in mezzo alla faccia. Quel
gesto delicato le fece trattenere il fiato e congelò il suo
sorriso, quello di lui era ancora acceso ed aperto, ancora da far
svenire.
La
guardò e con lentezza si fece impercettibilmente serio, come
anche, sempre impercettibilmente, il sistemarle i capelli divenne una
carezza sulla pelle morbida del suo volto.
Era
gentile e la lotta di poco prima era già un ricordo.
Fra
il
tempo cristallizzato ed i battiti improvvisamente aumentati di lei,
decise di non muoversi e aspettare. Aspettare qualcosa che sarebbe
successo, era chiaro.
Riuscì
a togliersi anche lei il sorriso dalle labbra e rispecchiando la sua
stessa espressione, non fu capace di distogliere gli occhi dai suoi
che da così vicino le sembrava di vedere così
bene, o
forse semplicemente li conosceva solo molto bene.
-
Ed
ora? – Sussurrò lui alludendo a qualcosa a cui lei
non capì,
distolta dalla sua contemplazione.
-
Dovrei essere io a chiedertelo… sei tu che conduci il
gioco… -
Rispose capendo all'ultimo momento che poteva parlare di quella
piccola lotta. Forse però il senso fu anche un
altro…
-
Bene…
- Mormorò quindi lui con un lampo di contentezza.
Annullò
la distanza fra loro e posò le labbra sulle sue.
Iniziò
come un bacio leggero, di scoperta, come se a lungo avesse voluto
assaggiare la sua bocca, successivamente approfondì insieme
a
lei che rispose.
Fu
qualcosa di naturale, specie quando le lasciò andare i polsi
per metterle entrambe le mani al lato del viso per non farla
scappare, come per cullarla dolcemente in quel sogno. Lei
posò
le sue sui fianchi di lui, febbrilmente, senza nemmeno rendersene
conto, accettando il bacio.
Aprirono
le bocche scambiandosi i rispettivi sapori insieme al contatto di
quelle lingue che timide ma desiderose si accarezzavano, giocarono
con esse lentamente ma con quel senso di nuovo e di scoperta che li
fece viaggiare su una frequenza nuova.
Fu
bello. Capirono solo questo, mentre lo facevano.
Sembrava
appropriato e proprio nel culmine di quella piccola passione
d’abbandono, la voce della madre del ragazzo li interruppe
bruscamente.
Lì
per lì li prese completamente alla sprovvista e con un colpo
non indifferente di spavento, si separarono immediatamente; lei senza
forza di fare nulla, nemmeno parlare o andarsene, immerse il viso nel
petto di lui stringendoglisi contro con una buona dose di imbarazzo.
Nemmeno un piccolo respiro, solo un fuoco che la bruciava come non
mai.
Lui
stupito in un primo momento per quella reazione, in tutta risposta le
mise una mano sulla nuca, fra i capelli, come a proteggerla da quel
momento fastidioso, mentre con l’altra mandò
subito via sua
mamma:
-
Mamma, vattene! – con poca gentilezza.
Quando
furono di nuovo soli il respiro della ragazza tornò
più
o meno normale, al contrario del suo cuore che ancora andava troppo
veloce per i suoi canoni. Troppe emozioni, troppi spaventi, troppe
cose da prendere in considerazione e da metabolizzare. Ed una
principalmente…
Il
ragazzo di campagna aveva completamente battuto la ragazza di
città!
Col
viso tutto rosso trovò il coraggio di guardarlo, quindi
alzò
il viso cercando i suoi occhi, li trovò subito. Cercava di
capire la sua prossima reazione: l’avrebbe respinto?
Tuttavia
questa sua domanda durò poco, la sorprese di nuovo ed anche
se
non era da lui sorprendere gli altri poiché era troppo pigro
per sorprendere le persone, lo fece.
Si
mise
a ridere.
Rise.
E
lo
fece così di gusto, senza nessuna presa in giro e solo per
la
situazione in cui si erano ficcati, che coinvolse immediatamente
anche lei.
Solo
loro due potevano mettersi insieme in un modo simile ed essere anche
beccati dalla madre di lui. Non avrebbero potuto farlo prima, erano
entrambi tipi tardivi e l’imbarazzo non sarebbe potuto
rimanere poi
a lungo, era faticoso mantenerlo.
Semplicemente
essere essi stessi era la cosa migliore che richiedeva meno energie.
E
siccome erano incredibilmente simili risero in sincronia a lungo,
abbracciati.
Una
consapevolezza?
Sotto
quel cielo stellato dove si vedevano scie di stelle suggestive e fra
il caldo afoso di quella nuova estate, in qualunque modo le cose
sarebbero andate, sarebbero andate bene.