STORIE DI TUTTI I
GIORNI
CAPITOLO
10:
SANGUE
DALLE FERITE
/
The little things give you away – Linkin Park /
Si
alzò in un salto davanti al canestro avversario, i giocatori
dell'altra squadra saltarono con lui. Era l'ultimo attimo, l'ultima
azione, tutti concentrati in quel tiro. Chi voleva fermarlo, chi
voleva che vincesse.
Era
un canestro importante.
Teneva
le spalle al canestro per via dei difensori che lo contrastavano, nel
salto si accorse di non avere la visuale del canestro per la destra,
così si trovò veloce e fluido in un unico
movimento a
cambiare mano in elevazione. Si passò la palla nella
sinistra
e con uno sguardo scuro e aggressivo che gli permise di vedere ancora
poco, portò il braccio al limite massimo di altezza, la
palla
al momento giusto fu lanciata con uno scatto secco del polso, le dita
l'accompagnarono sulla linea del cerchio ed essa magicamente si
insaccò nella retina segnando l'ultimo decisivo ed
importante
punto.
Avevano
vinto la semifinale, la squadra si era aggiudicata la finale grazie a
quel canestro.
Andrea,
il capitano che aveva fatto il canestro decisivo, venne alzato in
aria e festeggiato dai compagni.
-
AMORE! -
Una
voce acuta e familiare si udì sopra le alte, Andrea si
girò
a colpo sicuro e la vide. Un bomba sexy tutta rossa che saltava a
braccia spalancate per abbracciarlo a koala.
Furono
degli ottimi riflessi che gli permisero di scostarsi ed evitare il
colpo, così Kimberly, la bella e focosa fidanzata, cadde a
terra di faccia prendendosi una botta non indifferente.
Si
alzò e grattandosi il capo dolorante, senza capire disse:
-
Ops, devo aver sbagliato mira! -
Così
si voltò verso il fidanzato che la guardava come se fosse
impazzita e gli disse:
-
Stellina, stai fermo, eh? -
Allorché
il biondo che era passato per una partita difficilissima vincendola,
si rassegnò a lasciare il mondo in quel modo vergognoso.
Questa
volta se la beccò in pieno: lei si buttò fra le
sue
braccia e grazie all’entusiasmo che ci aveva messo caddero
insieme,
ovviamente lei sopra senza nemmeno un dolorino e lui sotto con una
schienata non trascurabile.
-
TESORO! SEI STATO BRAVISSIMO AMORE MIO! SEI PROPRIO DEGNO DI ME! -
Tutti
li guardarono allibiti, era una tipa strana, la ragazza del capitano.
Proprio incomprensibile. Molto bella senza dubbio, ma piuttosto ...
come dire? Esuberante e pericolosa! Ecco il termine adatto.
Pericolosa!
DRIIIIIN
-
Pronto? -
-
buonasera. Parlo coi genitori di Andrea Bisi? -
-
Si, sono la madre ... -
-
Salve, sono il suo allenatore. Siccome non vi ho visti presenti alle
sue partite mi è parso giusto invitarvi alla finale della
prossima settimana, ci siamo assicurati la presenza di tutti i
parenti e gli amici dei ragazzi della squadra affinché li
sostengano. Sarà una partita difficile ed importante. -
-
Come? -
-
Si, la squadra di basket di suo figlio ha passato tutti i turni e
stasera ha ottenuto l'accesso alla finale di campionato. So che
Andrea non parla molto di certe cose, ma pensavo che di questa
importante ... -
-
Si, non si preoccupi, io parlo con mio figlio, a quanto pare
è
lui che non parla veramente con noi. Non si preoccupi, la ringrazio e
arrivederci. –
Dopo
aver festeggiato con la squadra, a notte inoltrata Kimerbly
accompagnò Andrea a casa con l'intenzione di fermarsi un po'
con lui a festeggiare a modo loro.
Entrarono
in casa e Andrea si piantò sul volto la maschera da perfetto
e
bravo ragazzo, quando entrò non udì Kimberly che
brontolava per la pioggia che aveva iniziato a cadere, non si era
nemmeno accorto che aveva lasciato cadere istintivamente il borsone a
terra, all'entrata, e che bloccandosi all'improvviso, la rossa gli
era andata contro.
(Un
vaso)
Si
concentrò sui pugnali che sua madre aveva al posto degli
occhi.
Uno
sguardo terribilmente scuro e iroso, come se stesse per tirare fuori
un vero coltello per trapassarlo da parte a parte.
-
Mamma ... ? -
Lo
disse per assicurarsi che fosse veramente lei. Chi era quella donna
che di composto aveva solo l'aspetto e di pacato solo le braccia
conserte?
(L'acqua
fino all'orlo)
Senza
accorgersene trattenne il respiro e aprì le mani separando
le
dita irrigidite, si mantenne in sospeso come se dipendesse la sua
vita da quell'attimo. Impallidì ignorando la gocciolina di
sudore che gli percorse il lato del viso. Stupito?
Si,
molto, ma non solo.
Spaventato.
Aveva
capito.
"Lo
sa ..."
(Prima
goccia)
Subito
in maniera acuta aveva afferrato la situazione e il panico invase
perfino lui.
Non
aveva paura di lei, ma di quello che stava per succedere, che sapeva
sarebbe successo.
Per
l'idea dell'imposizione più crudele della sua vita e della
decisione che avrebbe preso conseguentemente. Sapeva benissimo cosa
stava per succedere e in un breve flash fu come vedere il futuro
prossimo.
(Seconda
goccia)
Si
sarebbe opposto con tutte le sue forze. Avrebbe lasciato la casa e i
genitori, ma non il basket.
Cosa
poteva spingere una persona ad arrivare a tanto?
-
Andrea, mi ha chiamata il TUO ALLENATORE DI BASKET. Mi ha invitato
alla finale della prossima settimana, avvisandomi che stasera avete
vinto la semifinale. Voleva assicurarsi che non ti sarebbe mancato il
nostro sostegno per la partita importante.
Ma
tu ... non mi avevi assicurato di aver finito per sempre col basket?
-
(Terza
goccia)
Ancora
non respirava e non aveva ristretto le pupille dei suoi occhi ove si
vedeva solo nero e buio.
Nel
bel viso dai lineamenti classici e perfetti da ragazzo modello, la
pietra scolpiva la sua espressione.
Il
primo pugnale partiva dalla mano di sua madre per conficcarsi in lui
e ferirlo, facendogli immaginare la ferita successiva.
Kimberly
assisteva alla scena impotente, consapevole di non poter fare nulla,
un agitazione sempre crescente. Si chiedeva perché ora
quella
donna avrebbe fatto quello a suo figlio …
-
Mamma ... -
(Quarta
goccia)
-
Niente mamma!
Ora
vai in camera e non ti muoverai più! Non andrai a nessuna
finale e scordati veramente il basket.
Ti
trasferiremo in un’altra scuola e ti verrò a
portare e a
riprendere io ogni volta assicurandomi su quello che fai.
Tu
mi hai disobbedito. Mi hai ingannata per tutto questo tempo. Sai
benissimo che non andrai da nessuna parte facendo così, che
il
basket ti rovinerà.
Quelle
stupidaggini da bambini ... è ora di smetterla e di
crescere!
Mi hai ferita profondamente! -
(Quinta
e ultima goccia)
Respiro.
Respiro. Ancora respiro. Aveva ripreso a respirare ma l'aveva fatto
troppo in fretta, lo faceva in maniera anormale, convulsamente. Come
anormale era stringere i pugni infilando le unghie corte nei palmi.
Le mascelle contratte e il volto livido, spaventosamente livido di
rabbia. Una rabbia assoluta, pure ed incontaminata.
Due
passi ed era di fronte a lei e da così vicino
urlò
tutto quello che si era tenuto dentro, che una tigre siberiana come
lui si era tenuto dentro per anni, fingendo di essere quello che non
era, facendo la parte del bravo figlio, costruendo bugie su bugie
sperando che un domani avrebbero capito.
Esplose.
Inevitabile.
Un
impatto violento e duro.
I
pugnali si erano ficcati in lui nella carne raggiungendo il petto.
Sangue usciva dalle sue ferite.
-
TU ... COSA VUOI SAPERNE TU DI ME!?
TU
MI HAI FATTO NASCERE E DOPO MI HAI ABBANDONATO IN UNA CASA TROPPO
GRANDE DOVE NON RIUSCIVO MAI A TROVARTI.
TU
CHI SEI PER DARMI ORDINI?
TU
CHE NON MI CAPISCI MI DICI COSA FARE, MA COSA CREDI?
SE
IO VOLESSI TI POTREI SPEDIRE ALL'INFERNO! TI RENDI CONTO DI NON AVERE
POTERE CON ME?
DI
AVER PERSO OGNI DIRITTO SU DI ME QUANDO MI HAI NEGATO LA MIA
VOLONTA’?
IL
BASKET ERA TUTTO CIO’ CHE CHIEDEVO DI FARE, L'UNICA COSA
BELLA DI
QUESTA MIA VITA DORATA!
NON
VOGLIO DIVENTARE COME VOI, UN RICCONE SNOB DI MERDA TUTTO LAVORO E
SOLDI, NON VOGLIO FARE L’AVVOCATO, NE’ IL MEDICO,
TANTO MENO IL
POLITICO, VOGLIO SOLO GIOCARE A BASKET E STUDIARE QUEL CHE PIACE A
ME!
VOI
MI UCCIDETE! VOI DALL'ALTRO DEL VOSTRO SAPERE DETESTATE CHIUNQUE
PROVI A CAMMINARE CON LE PROPRIE GAMBE!
SAI
PERCHE’ IL BASKET E’ STATA LA PRIMA COSA BELLA
DELLA MIA VITA ED
ORA VOGLIO FARLO A TUTTI I COSTI? PERCHE’ VOI NE SIETE SEMPRE
RIMASTI FUORI!
HAI
RAGIONE, NON SEI MIA MAMMA, NON SEI NULLA ED IO NON SONO PIU’
TUO
FIGLIO!
MI
FAI SCHIFO! TU, PAPA’ E QUESTA VITA!
TU
NON MI INCATENERAI MAI. MAI!
FICCATELO
IN TESTA! HAI CHIUSO CON ME!
FARO’
QUEL CHE SOGNO E VOGLIO IO, QUEL CHE DESIDERO PER ME STESSO CON O
SENZA IL PERMESSO DI GENTE CHE NON SA NULLA DI ME.
NON
DOVRETE PIU’ PREOCCUPARVI PER QUESTO FIGLIO SCONSIDERATO:
USCIRO’
COSI’ BENE DALLA VOSTRA VITA CHE NON DOVRETE NEMMENO
AFFANNARVI A
NASCONDERE LA MIA ESISTENZA E LE COSE ORRIBILI CHE HO FATTO ... E NON
HAI NEMMENO IDEA DI QUANTE SIANO! -
(lL'acqua
uscita )
Uno
schiaffo partì dalla donna che lo colpì in volto.
Ira
da parte di entrambi, ma diversa, profondamente diversa.
(Il
vaso rotto)
Il
sangue usciva copioso dalle sue ferite, ferite sempre più
grandi ed una voglia di sparire veramente dal mondo. Un dolore
lancinante al petto, lo stomaco contorto e il cuore stretto in morse
di ferro.
Schifo,
riluttanza, sentimenti negativi e forti.
Uscì
di corsa sorpassando Kimberly impietrita davanti alla scena. Nulla
non aveva potuto e voluto fare, perché lei quelle cose
gliele
avrebbe dette da tempo, non solo ora.
La
tigre si era liberata e nulla al mondo l'avrebbe riportata indietro.
Nulla.
La
ragazza non sapeva chi guardare per prima, sconvolta lei stessa per
quello che la madre aveva potuto dire e fare, disse solo:
-
Mi scusi sa ... ma lei non ha veramente mai capito nulla né
della vita né di suo figlio! -
Uscendo
a sua volta di corsa cercando di prenderlo prima di qualsiasi altra
cosa.
Aveva
una camminata veloce e sostenuta. La pioggia cadeva sempre
più
fitta bagnando chi era fuori casa senza ombrello.
"Nemmeno
io conosco la vita e so vivere come si deve, ma conosco lui e so come
voglio vivere la mia. So che una gabbia dorata sarà sempre
una
prigione per una tigre!
So
il dolore che ha provato Andrea in questi anni e la mia impotenza
davanti a questa situazione, so quanto soffre ora, so quanto odio
c'era in quello che si sono detti ma soprattutto quando dolore per
lui. Lidea che lui soffra e che io non possa fare nulla mi manda in
bestia.
Spaccherei
la faccia a quelle persone! Maledizione!
Andrea,
ti prego ... non fare nulla! Dio come vorrei avere dei poteri per
annullare il male che gli hanno fatto. Io lo so che ci sono cose
peggiori, ma so anche che sono in questa situazione e non in altre
peggiori e che ho questa da affrontare e farò di tutto per
aiutarlo. Perché è insopportabile l'idea che lui
soffra. Lui non me lo devono toccare. Lui no.
Me
la pagheranno!"
-
ANDREA! -
Il
mondo un interesse privo di senso. Senza logica e ragione camminava
spedito per le vie del suo quartiere raggiungendo posti conosciuti
senza nemmeno riconoscerli, guardava in basso e riascoltava le parole
della madre, rivedeva i momenti più duri. Riprovava la
sensazione sulla pelle del basket, della palla che entrava e della
forza che scaturiva dalla sua bravura. Non avrebbe mai smesso solo
perché gente che non l'aveva mai capito gli diceva di farlo.
Non
era solo principio, era molto di più. Era dolore accumulato,
stress, finte, bugie, parole e parole e parole non dette. Un mondo
trattenuto. Una sigla infinita di brutture e durezze, colpi incassati
e castelli immaginari su una vita perfetta che andava bene.
Era
esploso, il vaso si era irrimediabilmente rotto e la ferita
sanguinava. L'acqua perduta e mai più indietro, solo avanti.
Avanti nella sofferenza e nell'impotenza.
Avrebbe
voluto colpirla, ma era sua madre e quella donna l'aveva messo al
mondo.
Non
sarebbe più tornato a casa. Riviveva mentalmente i momenti
in
cui da piccolo da solo girava per quella villa enorme sperando di
trovare suo padre con cui giocare o sua madre con cui coccolarsi,
ricordò poi la consapevolezza che così non
sarebbe mai
stato e la ricerca di un rifugio, un gioco che lo divertisse e gli
desse quel che cercava, delle attenzioni, dei complimenti, delle
sotto specie di coccole. Così aveva trovato il basket.
L’aveva
praticato fin da piccolo, si era fatto forgiare su misura per quello
sport e lentamente, capendo che avrebbe potuto avere solo dei giochi
a fargli compagnia e non i suoi genitori, si era creato un
caratteraccio simile che costruiva menzogne su menzogne per poter
ottenere l'attenzione e l'amore che cercava.
Era
stato l'incontro con Kimberly e coi suoi amici a resuscitarlo almeno
in parte. Il basket, ormai la sua passione maggiore, e loro. Aveva
pensato che poteva andare avanti lo stesso anche senza la famiglia,
ce l'avrebbe fatta. Lui era forte e il migliore.
Poi
però Marco gli aveva fatto crollare lento queste
convinzioni,
ma lui non si era comunque arreso fino a raggiungere il punto di non
ritorno. Non si poteva più tornare indietro, risultava
impossibile solo pensare di provare ad essere sé stessi con
le
cause delle proprie ferite.
La
corazza si era rotta con sole parole e uno schiaffo che valeva come
un colpo di pugnale.
Tutto
definitivamente ed irrimediabilmente rotto.
La
sua vita senza basket, quell’unico gioco che
l’aveva reso grande
agli occhi di chiunque compensando il vuoto lasciato dai genitori.
L'unica cosa che lo esaltava, lo portava in cima al mondo dove tutti
lo amavano e lo ammiravano. Dove lui sapeva fare tutto ed era
sé
stesso, il vero sé stesso. L'unico che non l'avrebbe mai
tradito e ferito.
Alla
domanda: ‘Andrea, cosa farai da grande?’ Lui aveva
sempre
risposto: ‘il giocatore di basket professionista!’
Il
suo sogno perfettamente realizzabile grazie alle sue doti di
fuoriclasse.
Ci
sono certe cose nella vita a cui non puoi rinunciare. Il basket era
fra queste per lui perché, dal suo punto di vista corretto o
errato che fosse, era stato il punto di origine per la sua
felicità.
Anche se non era mai stata completa a causa della madre e del padre.
Però quasi. Si era sempre detto che anche se non aveva
proprio
tutto quel che desiderava, ce l’aveva in gran
quantità e
poteva accontentarsi senza avere la luna. Per lui, tutto quel che era
riuscito a guadagnarsi di positivo dai 0 ai 17 anni, era portato dal
basket.
Non
avrebbe mai smesso. Per principio ma anche perché era giusto
così.
Ora
però, alla luce di quanto appena accaduto, vedeva tutto
nero:
una vita buttata, dei genitori mai avuti, delle parole orribili, odio
e dolore.
Cosa
avrebbe fatto?
Si
trovò sul ciglio della strada e attraversò per
allontanarsi da quel posto, per andarsene via. Dove? Non lo sapeva,
voleva solo andare via. Non guardava, non correva più, non
ce
la faceva più. Le energie esaurite ed un dolore
insopportabile, dolore per non avere più speranza di essere
capito e amato dai suoi genitori.
“Loro
non mi hanno mai amato per quello che sono, non hanno mai amato
Andrea, hanno amato il figlio utopistico che avrebbero voluto io
fossi. Ma non sono così come loro volevano, come ho fatto
credere io fossi. Ora non possono che odiarmi apertamente.
Così
come sono, il vero Andrea, non mi ameranno mai. Non posso tornare
indietro. Non voglio.”
Delle
lacrime scesero finalmente copiose come mai accaduto in vita sua.
Tutto
rotto, tutto perduto. Tutto andato.
Le
cose più terribili per lui le aveva sentite ed ogni speranza
sfumata.
Cosa
significava essere amati e compresi dai genitori? Per certe persone
è
tutto, per persone che sono ricche e hanno tutto è
essenziale
riuscire ad essere compresi e quando ci si rende conto che non lo sei
mai stato e mai lo sarà, poi crolli e piangi le lacrime che
non hai mai osato versare per non sentirti debole.
La
forza viene meno e stufo del mondo e di te stesso vuoi solo
scioglierti sotto la pioggia che cade, vuoi essere cancellato e
rinascere in una famiglia povera ma che sa dare amore e comprensione.
Gocce
e gocce che continuavano a cadere su quel mondo notturno. Una sagoma
attirò l'attenzione di Marco che fino a quell'attimo era
stranamente sereno, convinto della sua vicinanza al fratello e di
farlo star bene con la vittoria di quella sera.
Convinzioni
e considerazioni sue che l'avevano portato a distrarsi per poi
svegliarsi con la figura al ciglio della strada opposta.
-
Andrea? Ma che ... -
Pioveva
e da lontano non capì, non vide la sua espressione
terribilmente cupa, né le lacrime, le prime della sua vita,
che uscivano. Lo vide attraversare senza vedere la macchina che
arrivava.
Non
capiva, non sapeva. Vedeva solo lui che stava per finire sotto una
macchina.
Impulso.
Nasce da una parte nascosta di sé stessi e fa fare cose
impossibili ed immaginabili, con una riuscita delle stesse
nell'assoluta incognita.
A
volte si rischia la vita, a volte la si lascia del tutto.
Corse
come avesse il diavolo dietro di sé, gli occhi due fessure
azzurre che spiccavano nella notte, i capelli appiccicati al capo e
alla fronte, bagnato fradicio come l'altro andò in strada
con
la mente sgombra da ogni pensiero.
Doveva
solo salvarlo.
Nessun
altro Daniele sarebbe morto davanti a lui.
Lo
fece per il fratello, forse, o magari per sé stesso
… o
chissà … forse proprio per Andrea.
Fatto
fu che lo fece e arrivato al ragazzo in mezzo alla strada che stava
per essere investito, lo prese per il braccio tirandolo,
l’avvolse
col suo corpo per proteggerlo d'istinto ed evitarono la macchina per
un soffio. Caddero al bordo dell'asfalto e una frenata da capogiro
irruppe nel quartiere fra il fragore della pioggia sempre crescente.
L’autista non scese ma ripartì veloce pensando di
averli
investiti.
Finirono
a terra sbattendo duramente sull’asfalto, rimasero fermi
così
con la pioggia che lavava via ogni impressione, sentimento, dolore e
speranza.
Kimberly
assistette alla scena vedendo Marco che tirava via Andrea per poi
cadere a terra a lato della macchina che quasi non li investiva.
Urlò
spaventata convinta di vederli sotto le ruote, convinta di vedere del
sangue uscire e convinta di sentire il suo cuore fermarsi al pensiero
di tutto quello.
Si
avvicinò e li vide a terra immobili coi volti nascosti,
l'uno
protetto dall’altro.
Il
pensiero di Marco fu:
"Daniele,
ti ho salvato?”
Ma
dovette ricredersi quando sentì che fra le braccia non aveva
il corpo in vita del fratello, bensì quello di Andrea,
allora
ricordò cosa era successo e con delusione mista ad
incomprensione totale, si disse:
“Ma
cosa spinge una persona ad agire in quel modo?"
Quale
dolore?
Il
dolore che le persone non reggono.
L'amore
negato.