CAPITOLO 12:
TU SOGNI!

/ Anarchy in the UK – Sex Pistols /

Le gocce scendevano a riscaldare il corpo, infondendo uno dei pochi piaceri di quelle ultime ore. Il getto d'acqua bollente avvolgeva interamente il corpo atletico del biondo che con espressione cupa non riusciva comunque a godersi il momento.
"Ha anche ragione, ma come farà lei a risolvere 17 anni di vita? È impossibile. Ormai abbiamo innalzato questo muro e per quanto ammettiamo i nostri errori, ed ho i miei dubbi sul fatto che loro li riconoscano, non torneremo mai indietro, non ci riparleremo più. Non sarà mai una famiglia sincera e a posto, questa. È inutile che ci provi. Solo che lei era così sicura.
Io...io non credo di farcela a rivederli e riaffrontarli, non credo sia nelle mie forze. Mi sono arreso, contro di loro non si può vincere, non sono nessuno confronto a quelli là che si sono messi in un piedistallo.
Me ne andrò di casa definitivamente e farò quello che devo fare: lavorerò, ci sono tanti studenti che lo fanno. Un lavoro serale, pomeriggio allenamenti. Mattino studio, tanto sono al quarto anno, non mi ci vorrà molto. Poi entrerò in una squadra professionistica e non dovrò preoccuparmi dello studio. In questo futuro non è previsto chi non c'è stato in passato.
Io avrò anche esagerato, prima, avrò sbagliato a fare le cose di nascosto e riempire la nostra vita di bugie, ma con loro non si è mai potuto parlare perché non ci sono mai stati. Quando mi sono visto la strada chiusa in quel modo mi sono sentito distrutto, mi è caduto tutto e non avevo la forza di risollevarmi da solo e andare avanti.
Non volevo nemmeno vedere che comunque c'erano mille altre vie e compromessi.
Ora a mente fredda posso dirlo. Realizzo tranquillamente che ogni cosa che ho fatto è stata stupida ed inutile, tranne il basket e incontrare questi amici che ho.
Kimberly ... lei non sapeva cosa fare, la conosco, ma per aiutarmi mi ha fatto credere di avere tutto in mano. Peccato che quell’uragano abbia il potere solo di peggiorarle le situazioni, perché è testarda e impulsiva; mi è indispensabile appunto per questo.
Mi fido altrimenti non starei mica con lei. La lascerò fare semplicemente perché al momento non mi rimane altro che affidarmi ad una donna.
Che onestamente non è una donna qualunque.
Kimberly è la mia donna e finché riesco a pensare ancora così significa che sto benissimo e che nulla mi può uccidere!"
Tuttavia non fece ghigni sadici o espressioni tipicamente di Andrea. Chiuse solo il rubinetto della doccia ed uscì asciugandosi approssimativamente il corpo. Indossò gli abiti di ricambio imprestatigli da Marco che chissà per quale arcano motivo, non comprendevano nessuna maglia. Si mise un asciugamano nero più piccolo intorno al collo per evitare di far cadere le gocce dei capelli appesantiti dall'acqua.
Uscì senza nemmeno far caso a quello che faceva, con ancora la testa a poche ore prima. Avevano vinto la semifinale e il morale del capitano e del campione dell'incontro più importante, era sotto il sottosuolo.
Si guardò intorno, il salotto che faceva anche da ingresso, sala da pranzo e cucina, era decisamente striminzito, proprio come lo ricordava. Guardando il divano gli passò la voglia di sedercisi nonostante la stanchezza.
Marco stava trafficando ai fornelli cercando di mettere su qualcosa di commestibile da mangiare, era pieno di fame ed era sicuro che anche il suo ospite lo fosse.
Impacciatamene seccato si rivelò solo il solito disastro e optò per una ricerca dentro un cassetto di un vecchio mobile mal ridotto.
- Dove diavolo sono ... -
Faceva movimenti veloci e secchi, si capiva che era nervoso, scocciato e molto imbarazzato.
Andrea scosse il capo, in realtà guardava ma non vedeva; da lì a breve la sua memoria avrebbe scordato anche quei dettagli.
Senza seguire più Marco, si girò e andò ai cd. Ce n'erano un po' suoi, di Hip Hop e rap, e un pochi di sua zia probabilmente, erano piuttosto vecchi. Guardò attentamente e si stupì brevemente: era punk e rock anni 70.
- Sex Pistols?! -
Rimase stupito veramente, non si aspettava tutto sommato un buon gusto, ma essendo la zia di uno come Marco, era ovvio che avesse gusti simili.
- Si, piacciono a Katia ... -
Nonostante fosse sua parente la chiamava per nome, probabilmente perché la sentiva poco stretta; non chiese il permesso di metterli su, li mise e basta. Non erano malaccio per il suo attuale umore.
Era punk puro. Casinaro e rumoroso, agli orecchi di chi non se ne intendeva affatto!
Si poteva immaginare come il cantante potesse avere una bella voce se usata normalmente, del resto andava forte appunto perché l'usava in quel modo. Come sfogo quello era il migliore, ma non era da Andrea mettersi a cantare a squarciagola 'Anarchy in the UK’ scatenandosi.
Marco fece una smorfia di disapprovazione e tirò fuori un pacchetto di sigarette accendendosene una. Sapendo chi era stato in passato e chi comunque continuava circa ad essere, era normale che ogni tanto fumasse ancora.
Di base detestava stare troppo con Andrea perché gli ricordava esageratamente il fratello morto, quindi ripensare a quelle vicende lo innervosiva. Inoltre quella serata erano successe altre cose che l'avevano portato a riflettere e non gli piaceva, ecco perché ora aveva bisogno di una sigaretta.
Gliene porse una dal pacchetto consumato di sua zia, ma Andrea negò. Essendo un atleta si era imposto di non prendere il vizio, anche se magari sarebbe stato da lui visto il tipo.
Il moro appoggiò il fondoschiena al tavolino pieno di carte e altri oggetti, aveva ancora i vestiti di prima bagnati, i pantaloni incollati alle gambe e la camicia appiccicata alla schiena era slacciata, mostrava il petto e gli addominali che una ragazza in particolare avrebbe sicuramente guardato con molto piacere. I capelli neri sul volto tutti spettinati non gocciolavano più.
- Pensa che ha anche il lucchetto al collo in una catena come Sid Vicius ... -
Disse parlando di sua zia e di uno dei membri del gruppo scatenato. Era una tosta, lo ammetteva, ma stava sempre fuori, per lui era come abitare da solo.
Sospirò, era inutile cercare di avere una qualsiasi conversazione per alleggerire quel silenzio pesante, Andrea continuava a pensare ai genitori e Marco, di conseguenza, finiva per riflettere su suo fratello. Del resto se non c’era possibilità di comunicazione vocale …
"Quello che ha detto mi ha fatto sentire una merda, dannazione! L’unico ad avere questo potere era Daniele"
Pensò infatti buttando fuori una boccata di fumo che subito servì a distendergli i nervi. Quando pensava a suo fratello finiva sempre così.
"Andrea ha detto quello che avrebbe detto lui, sono così uguali. Solo che Andrea è uno scemo. Io perché diavolo faccio basket? Solo per lui? Non ho sogni miei come quello lì? Mi sento così inferiore a lui e la cosa mi fa impazzire!"
Girava tutto intorno a questo, entrambi con un aria scura non si calcolarono per gran parte del tempo, finché si sentì un gorgoglio potente dagli stomaci. Erano umani!
- Hai fame? -
Borbottò spegnendo la sigaretta, aprì il frigo decidendo di scacciare ogni stupidissima riflessione esistenziale.
- Non tanto … -
Rispose l'altro andando al tavolo, si sedette ad una sedia pericolante appoggiando il mento alla mano sana, l'altra la nascose sotto il tavolo per non far notare il gonfiore.
- Qua Susan mi ha lasciato da mangiare per un esercito. Qualunque cosa tu voglia c'è! -
Sfoderò un ghigno sadico per una sorta di eterna sfida, iniziò l'elenco di tutto ciò che c'era e la cosa parve divertirlo, forse perché si trattava di cibo. Sembrò tornare come prima, disinvolto e semplicemente selvatico.
Andrea si perse a squadrarlo da capo a piedi: abbigliamento a parte era un tipo strano e sorprendente. Gli era bastata una sigaretta e un attimo chiuso nei suoi pensieri per tornare il rompiscatole di sempre.
Oltretutto lo ospitava, non aveva ribattuto al volere di Kimberly nonostante avesse sicuramente voluto farlo. L'aveva accettato anche se non c'entrava con la sua storia ed ora era lì a prestargli vestiti, dargli un tetto, del cibo e un posto dove dormire.
Forse avrebbe dovuto ringraziarlo.
Si trovò a fissarlo stupito a bocca semi aperta come se vedesse qualcosa per la prima volta.
- Grazie ... -
Partì una tossita spaventosa dal frigo, dove Marco era sparito con la testa mangiando qualcosa affamato. Uscì appunto l'interessato che a fatica si riprese, aveva il volto rossissimo per lo sforzo e gli occhi azzurri spiccarono, poi divenne serio notando lo sguardo penetrante di Andrea. Diceva sul serio. Si stupì a sentire un grazie proveniente proprio da mister fantastico!
Mai e poi mai avrebbe immaginato di sentirselo dire da lui.
Fece un passo avanti e stette ancora in silenzio, infine parlò solenne:
- Ma ... la mano ... ti fa tanto male, vero? Cioè, stai delirando, no? -
Il biondo accettò di buon grado la reazione, era sicuro avesse detto così per non mostrare l'imbarazzo.
Sentire proprio il rivale ringraziarlo era normalmente inaccettabile e nel carattere di uno selvatico come lui, far finta di nulla era la cosa migliore.
Decise di assecondarlo, l'importante era che lo avesse capito; avrebbero avuto tempo per parlarsi.
- Si, in effetti si è gonfiata ... -
Mostrò il corpo del reato rimanendo serio, aveva le nocche deformi e violacee e le dita immobilizzate.
- Ho il rimedio adatto! Katia me la mena sempre con ste creme della Just. Le spaccia per miracoli personali, ma in realtà sono le creme buone!
Me le mette ogni volta che torno a casa con qualche livido e le mani rovinate come le tue, poi guarisco subito entro un giorno! -
Cercando in un armadietto tirò fuori una scatola con delle creme di una marca ad Andrea sconosciuta. La Just: Calendula, Timo, Tea Three, Lavanda ... poi c'erano gli olii, le essenze ...
- Cosa diavolo mi metti? -
Cominciò a credere che forse sarebbe stato meglio averlo costretto a parlare di quanto successo.
- Allora, quale ci andrà? Su questo olio sono sicuro. L'olio 31 è la cosa più importante. Ci associa sempre una crema ma non so quale sia, vediamo ... sono così tante ... -
Rimase a fissarle tutte assorto, poi sedendosi accanto al compagno gli chiese:
- Tu che ne pensi? Quale metteresti? -
Alzò un sopracciglio:
- Non sei rassicurante, così, sai? Sei tu che devi conoscerle. Non è mica un terno a lotto! -
- Logico, era per dire! Vediamo ... -
Si grattò il capo scompigliandosi i capelli scuri, poi decise che tanto erano tutte uguali e ne prese una a caso. Quando prese trionfante una che si chiamava Calendula, la stappò e fece la pappetta con due gocce di olio 31 che aveva un fortissimo odore di erbe, alzò la testa e soddisfatto disse:
- Dammi la ma … -
Rimase in sospeso la frase poiché davanti a sé vide il vuoto. Rimase inebetito a fissare la sedia senza Andrea, poi si decise a cercarlo con lo sguardo per la stanza: si era defilato terrorizzato!
Questa poi!
- Codardo e vigliacco! Vieni qui! Se non te la fai mettere non guarisci e se non guarisci non smetti di dire scemenze e mettermi in imbarazzo! Vieni delirante essere vomitevole! -
In cosa fosse vomitevole era un mistero, visto che di brutto lì dentro c'era solo l'interno della casa! Si alzò e andò a cercarlo, non c'erano molti posti in cui poteva nascondersi: o era uscito mezzo nudo, oppure era in bagno o in camera.
Lo trovò in camera da letto appiattito contro il muro e una cera bluognola.
- Non toccarmi con quegli intrugli da stregone! Tu che sei capace di combinare solo guai mi trasformerai questa mano preziosa in un groviglio di nervi scoppiati! -
Aveva un tono buffo, le labbra dell'altro si incurvarono in un ghigno sadico e, altamente divertito, decise di torturarlo un po'.

- Ma cosa vuoi che sia, per un po' di crema buttata a caso ... sei un uomo, no? Hai dato un pugno all'asfalto e non sarà mica peggio questo! -
- Non tanto per la crema buttata a caso, ma perché sei tu che me la metti. Chissà cosa sei capace di combinare! -
Marco si avvicinò lentamente verso il biondo che si staccò dal muro circumnavigando il casino che c'era in quella stanza.
- Non toccarmi con quella roba, tu sei pazzo! -
Una risatina bassa provenì dalla gola dell'assassino e questo fece perdere l'equilibrio alla vittima che cadde sul letto, prima che potesse alzarsi si trovò l'altro sopra a cavalcioni che gli impediva la fuga, aveva un espressione sadicamente lugubre e non c'era da stupirsi se il poverino non voleva saperne di lui.
- No, levati maniaco! Un gay pazzoide mi vuole violentare, AIUTO! -
- Mi hai scoperto! Hai capito a cosa serve la crema? -
Era calato bene nella parte, ma Andrea non aveva paura sul serio, solo non voleva farsi toccare da quell'intruglio di pasta bianca oleosa; fu un impulso il pugno che partì schiantandosi sul volto di Marco, in fondo, però, se l'era cercata.
- Razza di cretino deficiente! -
Partirono gli insulti e una lotta estenuante arrivò al termine lasciando la mano gonfia di Andrea piena di crema e olio e il resto dei corpi con nuovi lividi! Che senso aveva avuto tutto ciò?
Esausti, stesi sul letto matrimoniale, guardavano il soffitto con la luce accesa e l'intonaco scrostato.
- Come ti senti? -
Chiese improvvisamente Marco dopo un lungo silenzio dove solo i loro respiri si erano sentiti, Andrea ci pensò un attimo e si trovò sorpreso a dire sinceramente:
- Bè, onestamente sto bene, ma solo ora. Mi sono disteso i nervi e ammetto che sto meglio. Ripensarci in continuazione non serviva! -
- Sei solo un piccolo imperfetto omuncolo! -
Fu l'esclamazione soddisfatta di Marco all'udire ciò.
- Tu a volte mi lasci interdetto! -
Rispose Andrea.
- Ne sono felice! - Ricevette una gomitata. - Significa che sei umano! -
- Bè, non è che sono scemo, l'avevo capito, eh? -
Un momento di silenzio ulteriore calò in cui entrambi tornarono a pensare ai loro passati rispettivi.
Andrea aveva i capelli asciutti e l'asciugamano al collo era sfuggito a terra durante la lotta, a petto nudo respirava tranquillo ma evitava espressioni tipiche da spaccone come era solito fare. Non sorrideva ancora, ce ne sarebbe voluto un po'.
- Non hai nulla da dire? -
Marco distolse lo sguardo azzurro dal soffitto per posarlo sul profilo delicato del compagno, non lo trovò granché attraente, cosa ci vedevano le donne in lui? A lui stava totalmente indifferente. Questo, però, era solo il parere di un eterosessuale incallito.
- Bè ... -
Iniziò indeciso se parlarne con lui, poi alzando le spalle trovò giusto che lo ammettesse:
- ... a dire il vero mi hai dato una bella lezione, sai? Mi hai fatto pensare non poco, mi sono sentito ... inferiore a te! -
Non si aspettava un ammissione simile, per cui d'impulso disse:
- Ma sei idiota? Cosa c'è di grande in me? -
Senza dubbi ed esitazioni il moro rispose:
- Tu sogni! -
Come ricevere un pugno allo stomaco. Sentirsi dire da uno come Marco una cosa simile fu come se il magone, il nodo che ancora aveva in gola e che cercava di ignorare, si sciogliesse di nuovo e questa volta del tutto.
- E’ una cosa enorme che pochi sanno fare in questo modo esagerato, io non ne sono capace. Mi ha fatto sentire piccolo e stupido. Sono nulla io. Io non ne ho uno per cui lottare e disperarmi. Uno per cui cadere e rialzarmi, io non ho nulla, mi sono sentito vuoto. Gioco a basket per dovere verso mio fratello, ma non mi sono mai detto che voglio farlo perché piace a me!
Sono un burattino senza anima, non mi soddisfa nulla ... per questo poi ti detestavo sempre più.
Invece penso che dovrei essere io a ringraziare te, mi hai dato la voglia di trovare un motivo per cui lottare. Non ce l'ho ma voglio scavare e trovarlo, un sogno, un motivo per cui realizzarmi. Per non essere inferiore a te e a nessun altro! -
Dopo il lungo discorso si sentiva più leggero anche lui e ignorando la camicia strappata che implorava pietà si mise le mani dietro il capo per stare più comodo, stropicciando ancor di più l'indumento.
Silenzio.
Il suo respiro si sentiva perfettamente, ma ... quello di Andrea? Non respirava? Voltò la testa per assicurarsi che fosse tutto ok e non fosse schiattato. Lo vide premersi il braccio sul viso con forza nascondendolo e mordersi il labbro mentre tratteneva il respiro.
Ogni tensione si era sciolta come le lacrime che ora uscivano, lacrime consapevoli e non automatiche. Marco sorrise e l’accentuò quando Andrea prese il cuscino da sotto la sua testa e se lo premette sulla faccia per soffocare i singhiozzi.
Rimasero così a lungo, finché non furono gli stomaci affamati a decidere per loro e farli andare in cucina a mangiare, senza aggiungere altro.