Storie Di Tutti I Giorni


CAPITOLO 4:
PUNTI DI AUTORITA'

/Bad to the bone – Gorge Thorogood /

Il brusio continuo era indomabile e fastidioso ma nessuno avrebbe potuto farci nulla.
Il primo giorno di allenamento era iniziato da un paio di minuti e la palestra scolastica rimasta vuota fino a quel momento era ben lieta di ospitare di nuovo i giovani ragazzi. Il rumore delle palle di cuoio che rimbalzavano sul parquet era come musica per i fissati con la pallacanestro e per uno in particolare, sempre al centro dell'attenzione, quello era il suo pane.
Il biondo ragazzo dava nuovamente sfoggio del suo bel fisico asciutto in una personale tenuta per gli allenamenti tutta nuova, ovviamente firmata: pantaloni neri lunghi fino al ginocchio col cavallo basso e canottiera dello stesso colore, solamente più attillata. Aveva lo scopo di creare un piacevole contrasto ed evidenziare i suoi pettorali e i suoi addominali non esagerati ma ben scolpiti.
Non era ancora sudato tuttavia i capelli gli stavano perennemente sparati con del gel, non avrebbe avuto bisogno di sistemarli artificialmente in quel modo, gli sarebbero stati ugualmente così anche da asciutti, ma a lui piaceva l'effetto bagnato.
La sua vanità esplodeva sempre e in un campo da basket era del tutto incontenibile.
I bei lineamenti chiari e limpidi d'angelo bianco ingannavano tutti e facevano a pugni con l'espressione sicura e leggermente sadica che si dipingeva addosso. A dire il vero era pieno di contrasti e giocava molto su questi, a partire dagli occhi color pece ove la pupilla nemmeno si distingueva. Era uno sguardo pieno di ironia e malizia, sicurezza ed enigma come il mezzo sorriso pieno di sé che teneva sulle labbra sottili e ben disegnate. Era qualcosa che faceva a pugni con la carnagione chiara e i capelli biondi. Arrivando dall'estate era abbronzato e un ulteriore contrasto faceva capolino in lui.
Amava la stranezza e stare fuori dagli schemi, era famoso per questo e molto altro. Con la sua personale palla di cuoio nera piena di scritte bianche della fidanzata, tutte in perfetto stile dark, palleggiava circondato da tutti i suoi compagni che gli parlavano e pendevano dalle sue labbra.
Cosa hai fatto quest'estate, dove sei stato, con chi, ti sei divertito, è successo qualcosa, quante persone hai mandato all'ospedale ...': gli rivolgevano tutte frasi di questo tipo e lui ci godeva nel rispondere prendendosi gioco di tutti, per far nascere la perenne ed ovvia invidia.
Era un tipo altamente odioso, ma allo stesso tempo adorabile, appunto per rifarsi ai contrasti di cui si parlava prima!
Così complesso e semplice al tempo stesso da far venire mal di testa a chiunque volesse conoscerlo meglio. Conveniva non parlare di lui tutto in una volta, ma in più puntate, poiché si poteva stare ore e ore senza mai interrompersi, ecco perché Adrian non aveva potuto dire tutto di lui.
Del resto per lui parlavano di più i gesti!

Per far tacere un po' le chiacchiere sui lividi che aveva in faccia, di punto in bianco e senza avvertire, prese a correre palleggiando verso il canestro, veloce come un fulmine; tutti smisero di fare quel che facevano e guardandolo iniziarono ad incitarlo battendo le mani e tifando per uno dei suoi canestri preferiti.
Da bravo esibizionista li accontentò facendone uno fra i più difficili ma al contempo bellissimi.
A qualche metro dal canestro saltò e avvitandosi su sé stesso cambiò mano in volo, infine arcuando la schiena mentre dava le spalle al canestro, terminò con una schiacciata che lo vide poi appeso al ferro a dondolarsi, ancora in quella posa.
Un boato si levò e la palestra nonostante non avesse pubblico, sembrò esplodere dall'entusiasmo. A tutti erano mancati i suoi canestri magnifici e notevoli.
Ad Andrea sembrò di essere tornato in paradiso, nel suo personale nirvana pieno di complimenti, applausi e sguardi sognanti nonché invidiosi.
Esaltato come non mai fu spinto a farne un altro, così non si accorse della presenza alla porta principale che aveva visto tutta la scena.
- VAI ANDREA! FANNE UN ALTRO! -
Con un ghigno sadico il bel ragazzo si allontanò dalla postazione e, come se avesse parlato, uno dei suoi compagni gli tirò la palla alta diretta al canestro. Lui corse e saltando fece per prenderla e buttarla dentro direttamente in volo con un'altra schiacciata, quando un ombra lo precedette velocissimo senza dargli la possibilità di fermarsi in tempo.
C'era un ragazzo che stava volando e peggio di un aquila fu lesto e rapido a fregargli l'obiettivo dalle mani e segnare al suo posto in quel modo sensazionale che fece ammutolire tutti, precedendo solo di un soffio l’azione di Andrea.
Nel movimento improvvisato i due si scontrarono violentemente e rovinarono a terra uno sopra l'altro, ingarbugliati.
Silenzio.
Ancora silenzio.
Pericoloso silenzio.
Tutti impallidirono e non osarono avvicinarsi ai due che non davano ancora segni di vita.
Che diavolo era successo?
Non si era capito bene, sembrava che un estraneo si fosse intromesso.
Dolore lancinante. Non al corpo, o perlomeno quello il biondo non lo notava per nulla, ma al suo orgoglio. Il suo immenso e smisurato orgoglio!
Aprì gli occhi che bruciavano di rabbia e li roteò posandoli sul colpevole suicida.
Era proprio completamente sopra di lui, coi gomiti conficcati nello stomaco e i piedi contro quelli di lui. Immobilizzati non sapevano come muoversi.
- Ehi, pezzo di merda, togliti che ti devo spaccare la faccia! -
L’intruso avrebbe dovuto sentire un gran dolore per la testa e la schiena sbattuta, eppure voleva solo fargliela pagare con gli interessi.
Il ragazzo si decise ad alzare la testa e a fissarlo dritto negli occhi per vedere chi fosse. La prima cosa che notò fu la soddisfazione nel suo viso. Osava essere soddisfatto, oltre che seccato?
Era impossibile eppure Andrea ci vedeva proprio soddisfazione in quegli occhi assurdamente azzurri e brillanti.
Un rivoletto di sangue scendeva dal suo labbro spaccato per lo scontro, ma lo ignorò e perlò ugualmente:
- Fai pure, tanto il culo io te l'ho già rotto! -
Si riferiva all'impatto con il pavimento. Solo successivamente lo riconobbe e non riuscendo più a pensare a cose molto sensate, si disse che era impossibile che uno stupido qualunque, che nemmeno lo conosceva, lo trattasse in quel modo senza provare nemmeno un po' di soggezione o timore.
Si drizzò a sedere prendendolo per il colletto della maglia e si mise ad urlargli ad una distanza molto ravvicinata, i più indicibili e pesanti insulti:
- RAZZA DI COGLIONE, COSA CAZZO VUOI DA ME, EH? LA VUOI SMETTERE DI ROMPERMI LE PALLE? NON TI E’ BASTATO STAMATTINA? VATTENE O TI ROMPO LE OSSA!-
Andrea era anche famoso per la pazienza inesistente e la sua permalosità.
Ora c'era da tremare.
I più coraggiosi corsero da loro a dividerli prima che potessero essere buttati fuori dalla squadra ed essere sospesi dalla scuola, ma lo fecero pregando per la propria incolumità. Alla fine dovettero intervenire anche gli altri: due furie umane stavano per scontrarsi, chi li avrebbe fermati?
Arrivò l'unico in campo con un po' di autorità. L'allenatore ritardatario mise subito pace fra tutti ascoltando finalmente chi fosse l'intruso incosciente:
- Sono Marco Airoldi. Sono nuovo e mi voglio iscrivere alla squadra di basket! -
- Scordatelo, stronzo! -
Fu la risposta immediata del capitano della squadra.
- Andrea, per favore, vai a lavarti che hai un'altra ferita in faccia e fammi fare l'allenatore! -
Il ragazzo strinse i pugni e lanciò fulmini e tuoni con gli occhi, tutti coincidenti con un unico bersaglio: Marco.
Uscì di malavoglia con passo sostenuto seguito da nessuna anima viva, andò negli spogliatoi e iniziò a prendere a calci le panchine, buttando all’aria tutto ciò che c’era sopra. Lo fece per un paio di minuti, al termine dei quali si fermò accorgendosi della usa immagine riflessa allo specchio. Era vanitoso, certo, ma quella volta, ancora fuori di sé, non si era bloccato per ammirare la sua bellezza, bensì per vedere come l’aveva ridotto quell’imbecille.
Del sangue gli usciva dal labbro, era stata una bella botta quella con la testa di quello scemo e al pensiero gli tornò il sangue bollente!
Aprì il rubinetto dell'acqua fredda e per un lungo attimo vi mise sotto la testa completa. Quando si alzò aveva i capelli giù e lo sguardo iroso, mille gocce gli cadevano sul viso arrivando all’inizio della canottiera.
Se possibile era più bello di sempre!
Si rilassò notando questo particolare e lentamente la rabbia scemò.
"Che venga, il bastardo ... gli faccio vedere io cosa significa avermi come nemico: non avrà solo me, contro, ma anche tre quarti di scuola!"

Come primo giorno si iniziò con una semplice partita.
Il capitano Andrea da una parte e il nuovo arrivato dalle sconosciute capacità (e facoltà mentali) dall'altra.
Sulla linea di metà campo dove stava per avere inizio il gioco, ecco i due protagonisti a guardarsi in cagnesco; erano così vicini da sentire il respiro dell'altro sul proprio.
Occhi resi due fessure, quelli di uno chiari, quelli dell’altro neri, come se la diversità non fosse solo nel loro essere ma anche nel loro aspetto.
Diversità? Sicuri che si trattasse di diversità, la loro?
La bellezza selvaggia di Marco era indubbiamente contro quella angelica ma ingannevole e sensuale di Andrea, eppure il problema dei caratteri, forse, era l’eccessiva somiglianza. Era questo il punto. Normalmente gli opposti si attraggono e gli uguali si respingono, era così anche per loro.
Troppo uguali per sopportarsi e andare d'accordo.
Sarebbero stati degli anni molto lunghi: classe insieme, stesso banco, stesso quartiere, stessa squadra ... e una bravura spaventosamente acuta in entrambi.
La palla si alzò alta sopra le loro due teste e saltarono nello stesso momento con la medesima velocità e altezza.
La palla si impennò in alto ai loro tocchi violenti e mentre volava oltre i 10 ragazzi in campo, sia Andrea che Marco caddero a terra per la troppa forza messa sia nel salto che nel colpire la sfera. Gli occhi concentrati e determinati a non cedere, cercarono subito l'interessata ora nelle mani di un compagno del capitano subito in piedi.
Lanciò breve un occhiata di sfida al rivale e correndo sotto canestro alzò il braccio in segno di passaggio, questo arrivò subito diretto e preciso. Il giovane afferrata la sfera si preparò ad un canestro sicuro, sorprendendosi di trovare la strada sbarrata all'ultimo momento dal moro che l'aveva raggiunto a gran velocità.
Com'era possibile? Stizzito strinse maggiormente gli occhi preparandosi ad un ‘uno contro uno’ molto atteso da tutti. Avrebbero visto chi era più bravo fra i due anche se ovviamente per constatare ciò, un semplice scontro come quello non sarebbe bastato.
Andrea fronteggiò Marco tenendo un ferreo controllo di palla sin dall'inizio. Era molto concentrato sul gioco e non sembrava più l’egocentrico narcisista di poco prima.
Con la coda dell'occhio vide le distanze che lo separavano dai suoi compagni e dal canestro calcolando velocemente ogni possibilità d'azione, normalmente avrebbe passato per velocizzare la cosa ed andare ad un canestro certo, ma in quel momento voleva proprio vedere di cosa era capace quel tipo nuovo dalla gran faccia tosta.
Suscitava il suo lato peggiore, senza ombra di dubbio. Il solo sentire lo sguardo selvatico e accusatore, strafottente e per nulla rispettoso su di sé, lo mandava in bestia.
Perché uno stupidotto appena arrivato doveva pensare di essere migliore di lui, ridicolizzarlo davanti a tutti e prendersi i suoi meriti? Non esisteva una cosa simile e prima che uno così potesse essere notato più di lui, Andrea l'avrebbe buttato nel dimenticatoio.
Da bravo leder della situazione lottò con astuzia e cattiveria per tenersi il suo posto, ora e sempre in futuro.
La sfida fra i due procedeva apparentemente alla pari.
Andrea messo di lato rispetto a Marco lo distanziava con il braccio sinistro piegato, mentre con la destra palleggiava. La posa perfetta, col bacino abbassato al massimo e le gambe piegate pronte a scattare avanti e indietro creando confusione. Veloce, con un gioco di gambe agilissimo, mostrò una preparazione atletica fuori dal comune, quella di un fuoriclasse.
Facendo perno sul piede interno riuscì a tagliare fuori l'avversario che momentaneamente spaesato dalla mossa veloce e precisa, sembrò lasciarsi sopraffare. Andrea si dipinse subito il suo tipico ghigno vittorioso mentre lo passava per andare a canestro, ma proprio in quel momento Marco non demorse e riprese il posto fra il biondo e il canestro continuando il contrasto.
- Avanti, è tutto qui quello che sai fare? -
Lo provocò come gli veniva bene fare e l’altro con una smorfia che parve anch'essa sensuale agli occhi delle ragazzine accorse ad assistere alla partita, rispose sicuro sullo stesso tono:
- Non preoccuparti ... sto solo per terminare il riscaldamento! -
Con la medesima aria sadica e maligna, continuarono a fronteggiarsi in un continuo procedere e arretrare.
Si scambiarono una breve occhiata seria.
Cosa diavolo aveva l'altro da resistere e puntarsi così? Se lo chiedevano entrambi senza accorgersi dell'assurdità dei loro gesti, erano infastiditi tutti e due dalla medesima cosa.
In realtà chi provocava chi?
A Marco dava fastidio l'aria da re del mondo che aveva il biondo, il fatto che fosse temuto, rispettato, amato ed odiato da tutti, che fosse così popolare e famoso ovunque, che facesse tutto bene ... insomma, gli dava fastidio tutto di lui; aveva voglia di far cadere la sua immagine perfetta e suggestiva, dargli una lezione storica.
Mentre ad Andrea seccava infinitamente, come si era già capito, che il moro cercasse di beccarlo in fallo per colpirlo e far cadere la sua credibilità, il suo ruolo, la sua immagini, la sua reputazione. Perché doveva rompergli in ogni modo le scatole? Come quella mattina: arrivati in classe si era seduto proprio accanto a lui senza chiedere se il posto fosse libero o no, poi aveva preso a dormire rumorosamente addirittura russando e quando la professoressa l'aveva beccato, aveva anche osato prendersela con lui perché non l'aveva svegliato in tempo! Ovvio che avevano litigato prendendosi a pugni! Era da lì che non gli aveva più staccato gli occhi di dosso seguendolo fin lì? Allora voleva finire male?
A tutto questo si doveva aggiungere la scena della palestra di poco prima, quando aveva tentato di rubargli la scena.
Tirando le somme, erano cose che ad uno come Andrea mandavano in delirio.
Il breve duello iniziale fu messo a termine dall'impazienza di Andrea, non gli andava più di 'giocare' con lui e con antipatia lo disse:
- Ok, basta giocare! -
Così dandogli completamente le spalle iniziò ad indietreggiare fino a spostarlo dove gli comodava, dopo di che, di punto in bianco, si fermò. Gli passò sotto il braccio e sgusciando via come un anguilla eseguì un azione da manuale, terminata con un veloce e perfetto tiro in sospensione, eseguito senza il briciolo di mira. Ovviamente la palla era entrata insaccandosi direttamente nel canestro 'bruciando la rete'!
Un applauso si levò e i due si guardarono seriamente in cagnesco.
Fu quello che segnò l'inizio di un lungo odio che forse sarebbe terminato in un periodo imprecisato ... se sarebbe terminato!
Nemici naturali. Due così simili eppure allo stesso tempo diversi, era normale che non potessero essere amici. Come se i capi di due bande nemiche si trovassero in squadra insieme: presto sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale!

Gli allenamenti terminarono e la partita decretò vincitore la squadra di Andrea, come era naturale. La sfida personale fra i due ragazzi, invece, terminò quasi pari se non fosse stata per quella piccola differenza di preparazione atletica. Marco veniva dalla strada e si vedeva, aveva giocato prevalentemente street basket e il suo gioco falloso, aggressivo e molto istintivo lo dimostrava. Andrea invece aveva sempre praticato il basket regolare con ottimi allenamenti personali conditi dalla sua bravura naturale. Era un fuoriclasse che poteva vantarsi di avere una tecnica perfetta e in linea generale un tipo di gioco unico. Il classico genio prodigio. Alla sua età era quasi un giocatore completo ed invidiato.
La piccola differenza era quindi la strada e la testa. Si perché anche se non sembrava il biondo capitano quando entrava in campo la usava, pur avendo un caratteraccio terribilmente impulsivo. Ragionava freddamente e veloce calcolando ogni schema e possibilità, sfruttava a suo favore ogni dettaglio e trovava subito i punti deboli degli avversari. Era un giocatore molto ammirato, ma l'imprevedibilità e l'arte del moro gli avrebbe dato ora e sempre molto filo da torcere.
Tempo qualche partita, la giusta esperienza in quel tipo di basket e Marco avrebbe subito raggiunto il rivale, il nemico compagno di squadra e di classe.

Quando uscirono la sfiga volle che si trovarono insieme mentre tutti gli altri, impauriti dall’aura terribile che c’era fra i due, quasi visibile, si erano dileguati in fretta.
- Ti è piaciuta la lezione, idiota? -
Fece provocante Andrea, forte della vittoria.
- Quale? Mi risulta che fra noi non si sia ancora concluso nulla! -
Ribatté l'altro pronto a non ammettere la piccola sconfitta. Gli bruciava molto anche se fra loro il divario era stato minimo. Era arrivato con quell'entrata trionfante per fargli calare le ali e in realtà aveva contribuito a fargliele salire ancora di più!
Un ghigno sadico, il tipico che non l'abbandonava quasi mai, fu padrone del volto d'angelo; si fermò a guardarlo e senza gesti inequivocabili, prese il proprio borsone dalla spalla appoggiandolo a terra:
- Bene, possiamo chiarire meglio i ruoli e le posizioni ora, non mi va di creare equivoci. -
Il moro non se lo fece ripetere e a sua volta buttò a terra il suo preparandosi ad un ulteriore rissa divertente. Coi pugni chi poteva batterlo? Marco ne era convinto, veniva dalla strada e dove viveva prima era considerato un teppista, era maledettamente forte nel suo 'campo' e sicurissimo di metterlo sotto facilmente, si esibì veloce in un diretto in pieno volto.
Ad Andrea andò bene, non se l'aspettava così rapido ed incassò in fretta per rispondere altrettanto presto con un altro pugno in pieno stomaco, questo riuscì a fermare un attimo il modo senza fiato. Nonostante l'allenamento, la giornata avuta piena di colpi dati e ricevuti, avevano ancora energie per fare a botte.
Si scambiarono un serie di insulti e di sguardi fulminanti riprendendosi dai rispettivi dolori ricevuti. Si sopportavano sempre di meno, fosse stato per loro avrebbero proseguito a lungo in quel modo, fino a ridursi in poltiglia.
Stavano giusto per riprendere quando finalmente delle mani coraggiose dalla forte presa, mani sottili e poco curate, si serrarono sul braccio teso del rappresentante d’istituto mentre stava per colpire il moro.
- ANDREA, SMETTILA! -
La voce di Adrian spaccò quasi i timpani all'interessato che era stato fermato dall'amica, uscita proprio in quel momento come al solito ultima.
Andrea fece per ignorarla e continuare, ma lei testarda si appese ferrea alla spalla stringendo quanto più forte poteva, facendo softball, la ragazza aveva abbastanza forza da fermare un carro armato come lui. Fu effettivamente costretto a smettere e a girarsi.
- Oh, Adry ... -
- Oh, ti sei accorto che esisto! -
Rispose seccata di essere stata ignorata la prima volta. Per sicurezza non mollò il braccio rimanendo attaccata a lui come un Koala; guardò il ragazzo che aveva puntato gli occhi infastidito sulle mani della fanciulla che artigliavano i bicipiti del suo nemico.
Cosa lo urtava maggiormente? Essere stato interrotto in una delle sue attività preferite, prendere a pugni Andrea, oppure il contatto dei due?
- Ehi ciao ... ogni volta che ti vedo sei sempre in qualche guaio o litigata. Complimenti, quasi, quasi batti questo fenomeno! -
Disse scherzando la bionda ricciuta salutandolo.
- Togli il 'quasi'! -
Fece invece Marco con una gran faccia tosta. Uno sputo a terra in risposta dal proprietario dei due occhi color ebano pieno di astio.
- Levati dalle palle! Ehi, non mi dire che lo conosci, questo sfigato rompicoglioni! -
- Andrea, finiscila! Che razza di sboccate gratuite! -
- Le farò pagare a chi ascolta! Poi parli tu: miss finezza ... andiamo, Adry! -
- Bè, comunque si, lo conosco ... o meglio oggi ho mangiato con lui! -
Notando il biondo sopracciglio arcuato che pretendeva spiegazioni, per non ricevere anche lei un pugno si affrettò a spiegare come erano andate le cose.
- Andiamo che ci aspettano. -
Ordinò Adrian con un polso di ferro e un espressione maschile tipica sua.
- Si andiamo. Addio idiota! -
Uno scappellotto amichevole colpì Andrea sulla nuca.
- Lui viene con noi, voglio presentarlo agli altri. Vorrei che uscisse con noi, è nuovo e non conosce nessuno, ci terrei visto che mi sembra a posto! -
- Ti sembra a posto?! Semmai è fuori posto! Come è anche fuori dal mondo e dalle mie grazie! -
- Tu invece sei dentro in casa, vero? –
- Certo! –
- Ma se siete della stessa pasta! -
- NON OFFENDERMI, UOMO! -
Una potente pestata di piedi in risposta.
Il risultato fu che la ragazza, ancora per una volta, si trovava a trascinare qualcuno fuori dalla scuola di peso!
Il sangue ribollì immediatamente nelle vene al biondo vedendo che l’intruso li seguiva, non doveva, non poteva fargli una cosa simile. Gli occhi divennero pericolosamente color tenebra mentre guardò a dir poco minaccioso l'ex amica che continuava a fare di testa sua.
Una volta raggiunti gli altri, senza mollare Andrea per pericolo che si appendesse al collo del suo nuovo amico, disse raggiante:
- Ragazzi, vi presento Marco, si è trasferito oggi qua e non conosce nessuno, abita proprio nel nostro quartiere. Che ne dite di farlo unire alla nostra combriccola di svitati? -
Il presentato, accanto a lei, stette in silenzio a subire tutti gli sguardi su di sé. Lo infastidirono ma del resto dovevano pur guardarlo.
L’idea comune che ebbero tutti a prima vista fu che era piuttosto bello, poi notarono i lividi che erano quanti quelli di Andrea, quasi, se non di più. Successivamente osservarono l’espressione selvatica e strafottente, gli abiti da strada trasandati ed i capelli sconvolti sul viso.
Si, poteva ben starci: uno così mancava!
I 6 ragazzi lo salutarono più o meno entusiasti a seconda dei caratteri e si presentarono accettandolo subito fra loro. Fu lì che si levò l'urlo rabbioso di Andrea che era stato tagliato fuori:
- Eh no, non potete farmi questo. Io quello li non lo voglio con noi! Che se ne vada a battere i marciapiedi per far conoscenza! Perché proprio con noi? -
- Perché lo decido io! -
- Tu non sei il capo, razza di pecora malriuscita! -
- Pecora malriuscita lo dici a tua sorella, visto che non ce l'hai guardati allo specchio e dillo direttamente a te! Chi ti credi di essere? A me sta simpatico, agli altri sta bene e tu non decidi per tutti! -
- Invece si! Vattene, stronzo, tu non rimani qua! -
Aveva completamente scollegato il cervello, almeno quanto Adrian che litigava apertamente con Andrea senza realizzare che fino ad un momento fa aveva cercato di calmarlo.
Intervennero il gemello di Adrian, Thomas, e l'amico maturo del gruppo, Jo, a portare pace e fermarli mentre Marco in disparte assisteva avendo abbastanza di quell'isterico viziato.
- Non vedo perché non farlo uscire con noi. Non sei obbligato ad andarci d'accordo, ma non puoi obbligare noi a non vederlo e a non diventare suoi amici. -
Con tono calmo e pacato Jo lo fece subito ragionare e in quattro e quattr'otto aveva vinto e ottenuto senza cattiveria o furbizia quello che volevano tutti. Era così. L'unico in grado di far ragionare Andrea, era proprio il castano. Marco lo guardò subito ammirato, se avesse continuato ancora un po' l'avrebbe di nuovo preso a pugni.
- Bene, ma noi ora andiamo, Adry, siamo di babysitter, stasera. Mamma e papà vanno via. Le 5 pesti reclamano la guerra serale! -
Thomas sorridendo divertito dalla scena, prese sottobraccio la sorella e salutando tutti allegramente, la condusse alla sua moto parcheggiata poco distante da lì.
Subito tutti tornarono a casa loro dividendosi per le vie del quartiere, lasciando senza accorgersi ancora una volta soli Marco e Andrea che andavano nella stessa direzione.
Pure le case vicine: se questo non era un messaggio del destino per dir loro che li odiava, che altro poteva essere?
Senza specificare altro, basta dire che litigarono verbalmente tutto il tempo.
Esattamente cane e gatto.
Un periodo della loro vita, nuovo e interessante, era iniziato. Sicuramente non si sarebbero annoiati!