Storie Di Tutti I
Giorni
CAPITOLO
4:
PUNTI
DI AUTORITA'
/Bad
to the bone – Gorge Thorogood /
Il
brusio continuo era indomabile e fastidioso ma nessuno avrebbe potuto
farci nulla.
Il
primo giorno di allenamento era iniziato da un paio di minuti e la
palestra scolastica rimasta vuota fino a quel momento era ben lieta
di ospitare di nuovo i giovani ragazzi. Il rumore delle palle di
cuoio che rimbalzavano sul parquet era come musica per i fissati con
la pallacanestro e per uno in particolare, sempre al centro
dell'attenzione, quello era il suo pane.
Il
biondo ragazzo dava nuovamente sfoggio del suo bel fisico asciutto in
una personale tenuta per gli allenamenti tutta nuova, ovviamente
firmata: pantaloni neri lunghi fino al ginocchio col cavallo basso e
canottiera dello stesso colore, solamente più attillata.
Aveva
lo scopo di creare un piacevole contrasto ed evidenziare i suoi
pettorali e i suoi addominali non esagerati ma ben scolpiti.
Non
era ancora sudato tuttavia i capelli gli stavano perennemente sparati
con del gel, non avrebbe avuto bisogno di sistemarli artificialmente
in quel modo, gli sarebbero stati ugualmente così anche da
asciutti, ma a lui piaceva l'effetto bagnato.
La
sua vanità esplodeva sempre e in un campo da basket era del
tutto incontenibile.
I
bei lineamenti chiari e limpidi d'angelo bianco ingannavano tutti e
facevano a pugni con l'espressione sicura e leggermente sadica che si
dipingeva addosso. A dire il vero era pieno di contrasti e giocava
molto su questi, a partire dagli occhi color pece ove la pupilla
nemmeno si distingueva. Era uno sguardo pieno di ironia e malizia,
sicurezza ed enigma come il mezzo sorriso pieno di sé che
teneva sulle labbra sottili e ben disegnate. Era qualcosa che faceva
a pugni con la carnagione chiara e i capelli biondi. Arrivando
dall'estate era abbronzato e un ulteriore contrasto faceva capolino
in lui.
Amava
la stranezza e stare fuori dagli schemi, era famoso per questo e
molto altro. Con la sua personale palla di cuoio nera piena di
scritte bianche della fidanzata, tutte in perfetto stile dark,
palleggiava circondato da tutti i suoi compagni che gli parlavano e
pendevano dalle sue labbra.
‘Cosa
hai fatto quest'estate, dove sei stato, con chi, ti sei divertito,
è
successo qualcosa, quante persone hai mandato all'ospedale ...': gli
rivolgevano tutte frasi di questo tipo e lui ci godeva nel rispondere
prendendosi gioco di tutti, per far nascere la perenne ed ovvia
invidia.
Era
un tipo altamente odioso, ma allo stesso tempo adorabile, appunto per
rifarsi ai contrasti di cui si parlava prima!
Così
complesso e semplice al tempo stesso da far venire mal di testa a
chiunque volesse conoscerlo meglio. Conveniva non parlare di lui
tutto in una volta, ma in più puntate, poiché si
poteva
stare ore e ore senza mai interrompersi, ecco perché Adrian
non aveva potuto dire tutto di lui.
Del
resto per lui parlavano di più i gesti!
Per
far tacere un po' le chiacchiere sui lividi che aveva in faccia, di
punto in bianco e senza avvertire, prese a correre palleggiando verso
il canestro, veloce come un fulmine; tutti smisero di fare quel che
facevano e guardandolo iniziarono ad incitarlo battendo le mani e
tifando per uno dei suoi canestri preferiti.
Da
bravo esibizionista li accontentò facendone uno fra i
più
difficili ma al contempo bellissimi.
A
qualche metro dal canestro saltò e avvitandosi su
sé
stesso cambiò mano in volo, infine arcuando la schiena
mentre
dava le spalle al canestro, terminò con una schiacciata che
lo
vide poi appeso al ferro a dondolarsi, ancora in quella posa.
Un
boato si levò e la palestra nonostante non avesse pubblico,
sembrò esplodere dall'entusiasmo. A tutti erano mancati i
suoi
canestri magnifici e notevoli.
Ad
Andrea sembrò di essere tornato in paradiso, nel suo
personale
nirvana pieno di complimenti, applausi e sguardi sognanti
nonché
invidiosi.
Esaltato
come non mai fu spinto a farne un altro, così non si accorse
della presenza alla porta principale che aveva visto tutta la scena.
-
VAI ANDREA! FANNE UN ALTRO! -
Con
un ghigno sadico il bel ragazzo si allontanò dalla
postazione
e, come se avesse parlato, uno dei suoi compagni gli tirò la
palla alta diretta al canestro. Lui corse e saltando fece per
prenderla e buttarla dentro direttamente in volo con un'altra
schiacciata, quando un ombra lo precedette velocissimo senza dargli
la possibilità di fermarsi in tempo.
C'era
un ragazzo che stava volando e peggio di un aquila fu lesto e rapido
a fregargli l'obiettivo dalle mani e segnare al suo posto in quel
modo sensazionale che fece ammutolire tutti, precedendo solo di un
soffio l’azione di Andrea.
Nel
movimento improvvisato i due si scontrarono violentemente e
rovinarono a terra uno sopra l'altro, ingarbugliati.
Silenzio.
Ancora
silenzio.
Pericoloso
silenzio.
Tutti
impallidirono e non osarono avvicinarsi ai due che non davano ancora
segni di vita.
Che
diavolo era successo?
Non
si era capito bene, sembrava che un estraneo si fosse intromesso.
Dolore
lancinante. Non al corpo, o perlomeno quello il biondo non lo notava
per nulla, ma al suo orgoglio. Il suo immenso e smisurato orgoglio!
Aprì
gli occhi che bruciavano di rabbia e li roteò posandoli sul
colpevole suicida.
Era
proprio completamente sopra di lui, coi gomiti conficcati nello
stomaco e i piedi contro quelli di lui. Immobilizzati non sapevano
come muoversi.
-
Ehi, pezzo di merda, togliti che ti devo spaccare la faccia! -
L’intruso
avrebbe dovuto sentire un gran dolore per la testa e la schiena
sbattuta, eppure voleva solo fargliela pagare con gli interessi.
Il
ragazzo si decise ad alzare la testa e a fissarlo dritto negli occhi
per vedere chi fosse. La prima cosa che notò fu la
soddisfazione nel suo viso. Osava essere soddisfatto, oltre che
seccato?
Era
impossibile eppure Andrea ci vedeva proprio soddisfazione in quegli
occhi assurdamente azzurri e brillanti.
Un
rivoletto di sangue scendeva dal suo labbro spaccato per lo scontro,
ma lo ignorò e perlò ugualmente:
-
Fai pure, tanto il culo io te l'ho già rotto! -
Si
riferiva all'impatto con il pavimento. Solo successivamente lo
riconobbe e non riuscendo più a pensare a cose molto
sensate,
si disse che era impossibile che uno stupido qualunque, che nemmeno
lo conosceva, lo trattasse in quel modo senza provare nemmeno un po'
di soggezione o timore.
Si
drizzò a sedere prendendolo per il colletto della maglia e
si
mise ad urlargli ad una distanza molto ravvicinata, i più
indicibili e pesanti insulti:
-
RAZZA DI COGLIONE, COSA CAZZO VUOI DA ME, EH? LA VUOI SMETTERE DI
ROMPERMI LE PALLE? NON TI E’ BASTATO STAMATTINA? VATTENE O TI
ROMPO
LE OSSA!-
Andrea
era anche famoso per la pazienza inesistente e la sua
permalosità.
Ora
c'era da tremare.
I
più coraggiosi corsero da loro a dividerli prima che
potessero
essere buttati fuori dalla squadra ed essere sospesi dalla scuola, ma
lo fecero pregando per la propria incolumità. Alla fine
dovettero intervenire anche gli altri: due furie umane stavano per
scontrarsi, chi li avrebbe fermati?
Arrivò
l'unico in campo con un po' di autorità. L'allenatore
ritardatario mise subito pace fra tutti ascoltando finalmente chi
fosse l'intruso incosciente:
-
Sono Marco Airoldi. Sono nuovo e mi voglio iscrivere alla squadra di
basket! -
-
Scordatelo, stronzo! -
Fu
la risposta immediata del capitano della squadra.
-
Andrea, per favore, vai a lavarti che hai un'altra ferita in faccia e
fammi fare l'allenatore! -
Il
ragazzo strinse i pugni e lanciò fulmini e tuoni con gli
occhi, tutti coincidenti con un unico bersaglio: Marco.
Uscì
di malavoglia con passo sostenuto seguito da nessuna anima viva,
andò
negli spogliatoi e iniziò a prendere a calci le panchine,
buttando all’aria tutto ciò che c’era
sopra. Lo fece per
un paio di minuti, al termine dei quali si fermò
accorgendosi
della usa immagine riflessa allo specchio. Era vanitoso, certo, ma
quella volta, ancora fuori di sé, non si era bloccato per
ammirare la sua bellezza, bensì per vedere come
l’aveva
ridotto quell’imbecille.
Del
sangue gli usciva dal labbro, era stata una bella botta quella con la
testa di quello scemo e al pensiero gli tornò il sangue
bollente!
Aprì
il rubinetto dell'acqua fredda e per un lungo attimo vi mise sotto la
testa completa. Quando si alzò aveva i capelli
giù e lo
sguardo iroso, mille gocce gli cadevano sul viso arrivando
all’inizio
della canottiera.
Se
possibile era più bello di sempre!
Si
rilassò notando questo particolare e lentamente la rabbia
scemò.
"Che
venga, il bastardo ... gli faccio vedere io cosa significa avermi
come nemico: non avrà solo me, contro, ma anche tre quarti
di
scuola!"
Come
primo giorno si iniziò con una semplice partita.
Il
capitano Andrea da una parte e il nuovo arrivato dalle sconosciute
capacità (e facoltà mentali) dall'altra.
Sulla
linea di metà campo dove stava per avere inizio il gioco,
ecco
i due protagonisti a guardarsi in cagnesco; erano così
vicini
da sentire il respiro dell'altro sul proprio.
Occhi
resi due fessure, quelli di uno chiari, quelli dell’altro
neri,
come se la diversità non fosse solo nel loro essere ma anche
nel loro aspetto.
Diversità?
Sicuri che si trattasse di diversità, la loro?
La
bellezza selvaggia di Marco era indubbiamente contro quella angelica
ma ingannevole e sensuale di Andrea, eppure il problema dei
caratteri, forse, era l’eccessiva somiglianza. Era questo il
punto.
Normalmente gli opposti si attraggono e gli uguali si respingono, era
così anche per loro.
Troppo
uguali per sopportarsi e andare d'accordo.
Sarebbero
stati degli anni molto lunghi: classe insieme, stesso banco, stesso
quartiere, stessa squadra ... e una bravura spaventosamente acuta in
entrambi.
La
palla si alzò alta sopra le loro due teste e saltarono nello
stesso momento con la medesima velocità e altezza.
La
palla si impennò in alto ai loro tocchi violenti e mentre
volava oltre i 10 ragazzi in campo, sia Andrea che Marco caddero a
terra per la troppa forza messa sia nel salto che nel colpire la
sfera. Gli occhi concentrati e determinati a non cedere, cercarono
subito l'interessata ora nelle mani di un compagno del capitano
subito in piedi.
Lanciò
breve un occhiata di sfida al rivale e correndo sotto canestro
alzò
il braccio in segno di passaggio, questo arrivò subito
diretto
e preciso. Il giovane afferrata la sfera si preparò ad un
canestro sicuro, sorprendendosi di trovare la strada sbarrata
all'ultimo momento dal moro che l'aveva raggiunto a gran
velocità.
Com'era
possibile? Stizzito strinse maggiormente gli occhi preparandosi ad un
‘uno contro uno’ molto atteso da tutti. Avrebbero
visto chi era
più bravo fra i due anche se ovviamente per constatare
ciò,
un semplice scontro come quello non sarebbe bastato.
Andrea
fronteggiò Marco tenendo un ferreo controllo di palla sin
dall'inizio. Era molto concentrato sul gioco e non sembrava
più
l’egocentrico narcisista di poco prima.
Con
la coda dell'occhio vide le distanze che lo separavano dai suoi
compagni e dal canestro calcolando velocemente ogni
possibilità
d'azione, normalmente avrebbe passato per velocizzare la cosa ed
andare ad un canestro certo, ma in quel momento voleva proprio vedere
di cosa era capace quel tipo nuovo dalla gran faccia tosta.
Suscitava
il suo lato peggiore, senza ombra di dubbio. Il solo sentire lo
sguardo selvatico e accusatore, strafottente e per nulla rispettoso
su di sé, lo mandava in bestia.
Perché
uno stupidotto appena arrivato doveva pensare di essere migliore di
lui, ridicolizzarlo davanti a tutti e prendersi i suoi meriti? Non
esisteva una cosa simile e prima che uno così potesse essere
notato più di lui, Andrea l'avrebbe buttato nel
dimenticatoio.
Da
bravo leder della situazione lottò con astuzia e cattiveria
per tenersi il suo posto, ora e sempre in futuro.
La
sfida fra i due procedeva apparentemente alla pari.
Andrea
messo di lato rispetto a Marco lo distanziava con il braccio sinistro
piegato, mentre con la destra palleggiava. La posa perfetta, col
bacino abbassato al massimo e le gambe piegate pronte a scattare
avanti e indietro creando confusione. Veloce, con un gioco di gambe
agilissimo, mostrò una preparazione atletica fuori dal
comune,
quella di un fuoriclasse.
Facendo
perno sul piede interno riuscì a tagliare fuori l'avversario
che momentaneamente spaesato dalla mossa veloce e precisa,
sembrò
lasciarsi sopraffare. Andrea si dipinse subito il suo tipico ghigno
vittorioso mentre lo passava per andare a canestro, ma proprio in
quel momento Marco non demorse e riprese il posto fra il biondo e il
canestro continuando il contrasto.
-
Avanti, è tutto qui quello che sai fare? -
Lo
provocò come gli veniva bene fare e l’altro con
una smorfia
che parve anch'essa sensuale agli occhi delle ragazzine accorse ad
assistere alla partita, rispose sicuro sullo stesso tono:
-
Non preoccuparti ... sto solo per terminare il riscaldamento! -
Con
la medesima aria sadica e maligna, continuarono a fronteggiarsi in un
continuo procedere e arretrare.
Si
scambiarono una breve occhiata seria.
Cosa
diavolo aveva l'altro da resistere e puntarsi così? Se lo
chiedevano entrambi senza accorgersi dell'assurdità dei loro
gesti, erano infastiditi tutti e due dalla medesima cosa.
In
realtà chi provocava chi?
A
Marco dava fastidio l'aria da re del mondo che aveva il biondo, il
fatto che fosse temuto, rispettato, amato ed odiato da tutti, che
fosse così popolare e famoso ovunque, che facesse tutto bene
... insomma, gli dava fastidio tutto di lui; aveva voglia di far
cadere la sua immagine perfetta e suggestiva, dargli una lezione
storica.
Mentre
ad Andrea seccava infinitamente, come si era già capito, che
il moro cercasse di beccarlo in fallo per colpirlo e far cadere la
sua credibilità, il suo ruolo, la sua immagini, la sua
reputazione. Perché doveva rompergli in ogni modo le
scatole?
Come quella mattina: arrivati in classe si era seduto proprio accanto
a lui senza chiedere se il posto fosse libero o no, poi aveva preso a
dormire rumorosamente addirittura russando e quando la professoressa
l'aveva beccato, aveva anche osato prendersela con lui
perché
non l'aveva svegliato in tempo! Ovvio che avevano litigato
prendendosi a pugni! Era da lì che non gli aveva
più
staccato gli occhi di dosso seguendolo fin lì? Allora voleva
finire male?
A
tutto questo si doveva aggiungere la scena della palestra di poco
prima, quando aveva tentato di rubargli la scena.
Tirando
le somme, erano cose che ad uno come Andrea mandavano in delirio.
Il
breve duello iniziale fu messo a termine dall'impazienza di Andrea,
non gli andava più di 'giocare' con lui e con antipatia lo
disse:
-
Ok, basta giocare! -
Così
dandogli completamente le spalle iniziò ad indietreggiare
fino
a spostarlo dove gli comodava, dopo di che, di punto in bianco, si
fermò. Gli passò sotto il braccio e sgusciando
via come
un anguilla eseguì un azione da manuale, terminata con un
veloce e perfetto tiro in sospensione, eseguito senza il briciolo di
mira. Ovviamente la palla era entrata insaccandosi direttamente nel
canestro 'bruciando la rete'!
Un
applauso si levò e i due si guardarono seriamente in
cagnesco.
Fu
quello che segnò l'inizio di un lungo odio che forse sarebbe
terminato in un periodo imprecisato ... se sarebbe terminato!
Nemici
naturali. Due così simili eppure allo stesso tempo diversi,
era normale che non potessero essere amici. Come se i capi di due
bande nemiche si trovassero in squadra insieme: presto sarebbe
scoppiata la terza guerra mondiale!
Gli
allenamenti terminarono e la partita decretò vincitore la
squadra di Andrea, come era naturale. La sfida personale fra i due
ragazzi, invece, terminò quasi pari se non fosse stata per
quella piccola differenza di preparazione atletica. Marco veniva
dalla strada e si vedeva, aveva giocato prevalentemente street basket
e il suo gioco falloso, aggressivo e molto istintivo lo dimostrava.
Andrea invece aveva sempre praticato il basket regolare con ottimi
allenamenti personali conditi dalla sua bravura naturale. Era un
fuoriclasse che poteva vantarsi di avere una tecnica perfetta e in
linea generale un tipo di gioco unico. Il classico genio prodigio.
Alla sua età era quasi un giocatore completo ed invidiato.
La
piccola differenza era quindi la strada e la testa. Si
perché
anche se non sembrava il biondo capitano quando entrava in campo la
usava, pur avendo un caratteraccio terribilmente impulsivo. Ragionava
freddamente e veloce calcolando ogni schema e possibilità,
sfruttava a suo favore ogni dettaglio e trovava subito i punti deboli
degli avversari. Era un giocatore molto ammirato, ma
l'imprevedibilità e l'arte del moro gli avrebbe dato ora e
sempre molto filo da torcere.
Tempo
qualche partita, la giusta esperienza in quel tipo di basket e Marco
avrebbe subito raggiunto il rivale, il nemico compagno di squadra e
di classe.
Quando
uscirono la sfiga volle che si trovarono insieme mentre tutti gli
altri, impauriti dall’aura terribile che c’era fra
i due, quasi
visibile, si erano dileguati in fretta.
-
Ti è piaciuta la lezione, idiota? -
Fece
provocante Andrea, forte della vittoria.
-
Quale? Mi risulta che fra noi non si sia ancora concluso nulla! -
Ribatté
l'altro pronto a non ammettere la piccola sconfitta. Gli bruciava
molto anche se fra loro il divario era stato minimo. Era arrivato con
quell'entrata trionfante per fargli calare le ali e in
realtà
aveva contribuito a fargliele salire ancora di più!
Un
ghigno sadico, il tipico che non l'abbandonava quasi mai, fu padrone
del volto d'angelo; si fermò a guardarlo e senza gesti
inequivocabili, prese il proprio borsone dalla spalla appoggiandolo a
terra:
-
Bene, possiamo chiarire meglio i ruoli e le posizioni ora, non mi va
di creare equivoci. -
Il
moro non se lo fece ripetere e a sua volta buttò a terra il
suo preparandosi ad un ulteriore rissa divertente. Coi pugni chi
poteva batterlo? Marco ne era convinto, veniva dalla strada e dove
viveva prima era considerato un teppista, era maledettamente forte
nel suo 'campo' e sicurissimo di metterlo sotto facilmente, si
esibì
veloce in un diretto in pieno volto.
Ad
Andrea andò bene, non se l'aspettava così rapido
ed
incassò in fretta per rispondere altrettanto presto con un
altro pugno in pieno stomaco, questo riuscì a fermare un
attimo il modo senza fiato. Nonostante l'allenamento, la giornata
avuta piena di colpi dati e ricevuti, avevano ancora energie per fare
a botte.
Si
scambiarono un serie di insulti e di sguardi fulminanti riprendendosi
dai rispettivi dolori ricevuti. Si sopportavano sempre di meno, fosse
stato per loro avrebbero proseguito a lungo in quel modo, fino a
ridursi in poltiglia.
Stavano
giusto per riprendere quando finalmente delle mani coraggiose dalla
forte presa, mani sottili e poco curate, si serrarono sul braccio
teso del rappresentante d’istituto mentre stava per colpire
il
moro.
-
ANDREA, SMETTILA! -
La
voce di Adrian spaccò quasi i timpani all'interessato che
era
stato fermato dall'amica, uscita proprio in quel momento come al
solito ultima.
Andrea
fece per ignorarla e continuare, ma lei testarda si appese ferrea
alla spalla stringendo quanto più forte poteva, facendo
softball, la ragazza aveva abbastanza forza da fermare un carro
armato come lui. Fu effettivamente costretto a smettere e a girarsi.
-
Oh, Adry ... -
-
Oh, ti sei accorto che esisto! -
Rispose
seccata di essere stata ignorata la prima volta. Per sicurezza non
mollò il braccio rimanendo attaccata a lui come un Koala;
guardò il ragazzo che aveva puntato gli occhi infastidito
sulle mani della fanciulla che artigliavano i bicipiti del suo
nemico.
Cosa
lo urtava maggiormente? Essere stato interrotto in una delle sue
attività preferite, prendere a pugni Andrea, oppure il
contatto dei due?
-
Ehi ciao ... ogni volta che ti vedo sei sempre in qualche guaio o
litigata. Complimenti, quasi, quasi batti questo fenomeno! -
Disse
scherzando la bionda ricciuta salutandolo.
-
Togli il 'quasi'! -
Fece
invece Marco con una gran faccia tosta. Uno sputo a terra in risposta
dal proprietario dei due occhi color ebano pieno di astio.
-
Levati dalle palle! Ehi, non mi dire che lo conosci, questo sfigato
rompicoglioni! -
-
Andrea, finiscila! Che razza di sboccate gratuite! -
-
Le farò pagare a chi ascolta! Poi parli tu: miss finezza ...
andiamo, Adry! -
-
Bè, comunque si, lo conosco ... o meglio oggi ho mangiato
con
lui! -
Notando
il biondo sopracciglio arcuato che pretendeva spiegazioni, per non
ricevere anche lei un pugno si affrettò a spiegare come
erano
andate le cose.
-
Andiamo che ci aspettano. -
Ordinò
Adrian con un polso di ferro e un espressione maschile tipica sua.
-
Si andiamo. Addio idiota! -
Uno
scappellotto amichevole colpì Andrea sulla nuca.
-
Lui viene con noi, voglio presentarlo agli altri. Vorrei che uscisse
con noi, è nuovo e non conosce nessuno, ci terrei visto che
mi
sembra a posto! -
-
Ti sembra a posto?! Semmai è fuori
posto! Come è anche fuori dal mondo e dalle mie grazie! -
-
Tu invece sei dentro in casa, vero? –
-
Certo! –
-
Ma se siete della stessa pasta! -
-
NON OFFENDERMI, UOMO! -
Una
potente pestata di piedi in risposta.
Il
risultato fu che la ragazza, ancora per una volta, si trovava a
trascinare qualcuno fuori dalla scuola di peso!
Il
sangue ribollì immediatamente nelle vene al biondo vedendo
che
l’intruso li seguiva, non doveva, non poteva
fargli una cosa simile. Gli occhi divennero pericolosamente color
tenebra mentre guardò a dir poco minaccioso l'ex amica che
continuava a fare di testa sua.
Una
volta raggiunti gli altri, senza mollare Andrea per pericolo che si
appendesse al collo del suo nuovo amico, disse raggiante:
-
Ragazzi, vi presento Marco, si è trasferito oggi qua e non
conosce nessuno, abita proprio nel nostro quartiere. Che ne dite di
farlo unire alla nostra combriccola di svitati? -
Il
presentato, accanto a lei, stette in silenzio a subire tutti gli
sguardi su di sé. Lo infastidirono ma del resto dovevano pur
guardarlo.
L’idea
comune che ebbero tutti a prima vista fu che era piuttosto bello, poi
notarono i lividi che erano quanti quelli di Andrea, quasi, se non di
più. Successivamente osservarono l’espressione
selvatica e
strafottente, gli abiti da strada trasandati ed i capelli sconvolti
sul viso.
Si,
poteva ben starci: uno così mancava!
I
6 ragazzi lo salutarono più o meno entusiasti a seconda dei
caratteri e si presentarono accettandolo subito fra loro. Fu
lì
che si levò l'urlo rabbioso di Andrea che era stato tagliato
fuori:
-
Eh no, non potete farmi questo. Io quello li non lo voglio con noi!
Che se ne vada a battere i marciapiedi per far conoscenza!
Perché
proprio con noi? -
-
Perché lo decido io! -
-
Tu non sei il capo, razza di pecora malriuscita! -
-
Pecora malriuscita lo dici a tua sorella, visto che non ce l'hai
guardati allo specchio e dillo direttamente a te! Chi ti credi di
essere? A me sta simpatico, agli altri sta bene e tu non decidi per
tutti! -
-
Invece si! Vattene, stronzo, tu non rimani qua! -
Aveva
completamente scollegato il cervello, almeno quanto Adrian che
litigava apertamente con Andrea senza realizzare che fino ad un
momento fa aveva cercato di calmarlo.
Intervennero
il gemello di Adrian, Thomas, e l'amico maturo del gruppo, Jo, a
portare pace e fermarli mentre Marco in disparte assisteva avendo
abbastanza di quell'isterico viziato.
-
Non vedo perché non farlo uscire con noi. Non sei obbligato
ad
andarci d'accordo, ma non puoi obbligare noi a non vederlo e a non
diventare suoi amici. -
Con
tono calmo e pacato Jo lo fece subito ragionare e in quattro e
quattr'otto aveva vinto e ottenuto senza cattiveria o furbizia quello
che volevano tutti. Era così. L'unico in grado di far
ragionare Andrea, era proprio il castano. Marco lo guardò
subito ammirato, se avesse continuato ancora un po' l'avrebbe di
nuovo preso a pugni.
-
Bene, ma noi ora andiamo, Adry, siamo di babysitter, stasera. Mamma e
papà vanno via. Le 5 pesti reclamano la guerra serale! -
Thomas
sorridendo divertito dalla scena, prese sottobraccio la sorella e
salutando tutti allegramente, la condusse alla sua moto parcheggiata
poco distante da lì.
Subito
tutti tornarono a casa loro dividendosi per le vie del quartiere,
lasciando senza accorgersi ancora una volta soli Marco e Andrea che
andavano nella stessa direzione.
Pure
le case vicine: se questo non era un messaggio del destino per dir
loro che li odiava, che altro poteva essere?
Senza
specificare altro, basta dire che litigarono verbalmente tutto il
tempo.
Esattamente
cane e gatto.
Un
periodo della loro vita, nuovo e interessante, era iniziato.
Sicuramente non si sarebbero annoiati!