STORIE DI TUTTI I GIORNI


CAPITOLO 5:
VITE MASCHILI A CONFRONTO

/ Outside - Staind /

(Vita da specchio)
Le chiavi di casa girarono nella toppa della porta aprendola, entrò rimettendo il mazzo in tasca e si annunciò con un educato:
- Sono a casa … -
Mantenendo il borsone in spalla attese che come al solito arrivassero ad accoglierlo i suoi genitori, diede tempo loro di uscire dai rispettivi studi e scendere le ampie scale, attendendoli con pazienza percorse veloce con lo sguardo sicuro le mura pulite e spaziose della grande villa costosa. Arredata con stile e gusto tipico rinascimentale, bei quadri d’epoca, tendoni con fantasie sfarzose e un architettura principesca ed eccellente. Tutto sui toni del rosso e del dorato.
Era proprio una bella abitazione, senza dubbio.
- Ciao caro … -
Una voce femminile e composta l’accolse da metà scala seguita da un’altra maschile a modo:
- Ben tornato, Andrea. -
Un sorriso radioso mentre gli andò incontro, li baciò guancia a guancia entrambi formalmente e continuò ad osservarli attentamente mentre loro ponevano le solite domande sulla giornata.
Erano delle belle persone che si tenevano bene e non dimostravano affatto l’età che avevano. Entrambi biondi, uno con gli occhi chiari mentre l’altra con gli occhi scuri, vestiti bene stra bordava il rango e il titolo nobiliare che sicuramente possedevano.
Ottime persone che nonostante i soldi e l’apparenza da gente con puzza sotto il naso, pareva interessarsi molto al figlio unico, presenti quanto più potevano nella sua vita.
- E’ andata bene; come al solito dopo scuola sono andato a studiare in biblioteca, là ho la possibilità di usare molti altri libri e mi va meglio, ma ormai lo sapete. -
Un sorriso aggraziato della madre l’accolse:
- Si, lo sappiamo come sei rigoroso ed in gamba, caro. Siamo orgogliosi di te e non smetterò mai di dirtelo … -
Poi intervenne l’uomo più autoritario e attento a certi dettagli:
- Solo non capisco come mai insisti ad andare in giro con quel borsone invece che uno zaino normale … -
Non si scompose per la domanda, era preparato e sembrò naturalissimo quando disse:
- Oh, ma ormai mi sono abituato ad usarlo, sapete che ho finito col basket ormai. Devo dedicarmi solo allo studio se voglio diventare un avvocato in gamba come te, papà. -
Rispettoso e mite ma al tempo stesso con la sicurezza che donava piacere a qualunque genitore.
- Potevi anche cambiare scuola, è da metà anno scorso che non frequenti più nessun club sportivo pur essendo tu in quella scuola così particolare che dà un’alta preparazione atletica agli studenti. A cosa ti serve stare là, ormai? Ogni tanto me lo chiedo … -
Ne avevano già parlato mille volte, dal momento della decisione comune, tuttavia su quel punto non avevano mai capito il figlio e il suo voler rimanere in quel posto ugualmente. Senza farsi trovare in fallo, Andrea, proseguì calmo:
- Ma lo sapete, no? Lì ho tutti i miei amici, conosco i professori, gli studi, sono al passo; mi trovo bene, sono anche rappresentante d’istituto. Anche se non frequento un club è comunque una scuola prestigiosa che dà una preparazione pari ad un liceo … -
Del resto anche lui non aveva tutti i torti, in fondo, per questo alla fin fine non si erano puntati per trasferirlo in un vero liceo.
Si erano fissati sul fatto che non dovesse fare basket litigando anche furiosamente, ma Andrea aveva ragionevolmente capito e li aveva seguiti. Ormai da molto non faceva più basket. Ora doveva solo pensare alla sua carriera e a studiare seriamente, non aveva certo tempo per frivolezze e perdite di tempo.
Era un figlio modello che non creava problemi, aveva un ottimo gruppo di amici, una fidanzata deliziosa, ottimi voti e benvoluto da tutti.
Non avevano proprio di che lamentarsi e anche se ogni tanto se ne usciva con le sue stranezze come il borsone o quegli abiti un po’ particolari, anche se sempre firmati, considerando tutto potevano passarci sopra.
Questo dal punto di vista dei genitori.
Il ragazzo dal bell’aspetto angelico e sincero li passò dicendo che avrebbe fatto una doccia e poi sarebbe sceso per mangiare. Fu lì che la madre lo guardò meglio e più in luce, così preoccupata chiese:
- Caro, cosa hai fatto in viso? Hai alcuni segnacci … -
Nemmeno lì si scompose. Si girò verso la madre e con aria rassicurante le posò un bacio sulla fronte:
- Nulla mamma, un piccolo incidente a scuola. -
- Ma … -
- Tutto bene! -
Poi non diede tempo per ribattere e salì sostenuto le scale sparendo nel corridoio e poi in camera.
Finalmente poteva essere sé stesso per un oretta prima di scendere.
Libero.
Del resto lo era stato tutto il giorno, in fin dei conti li vedeva poco quelle persone.
Tornò immediatamente con la sua espressione strafottente, a chi la stava rivolgendo? Era solo …
Si appoggiò alla porta con le spalle e roteò la testa di lato, lo specchio a muro rimandò la sua immagine coi lividi sul volto e uno sguardo provocante.
Chi stava deridendo con quell’aria?
- Non so se fanno più schifo loro oppure io … -
Un amaro sorriso sostituì l’impressione di bravo ragazzo modello che aveva appena dato e staccandosi da lì si tolse la maglia rimanendo a torso nudo. Girò così per un po’ nella stanza accendendo della musica. C’era un CD dalla musica mista che gli aveva masterizzato Kimberly, la prima canzone che l’accompagnò per tutta la sua doccia, fu una di Staine. ‘Outside’.
Adatta, no? Sicuramente tutte le canzoni lo sono. L’avrà fatto pensando a me!”
Sotto la doccia il suo corpo stanco non pareva minimamente quello di un diciassettenne, anzi. Quella muscolatura che andava via via rifinendosi sempre meglio, erano merito degli allenamenti che esercitava sin dalla tenera età senza interruzione.
Le gocce dell’acqua percorsero veloci il collo e le spalle per cadere sui pettorali e gli addominali scolpiti, poi sulla sua virilità e infine le gambe d’atleta. Era veramente un corpo perfetto.
Si lasciò avvolgere dall’acqua in un bollente abbraccio immergendo anche il capo sotto di essa. Stava finalmente bene, come prima quando era fuori casa e non stava coi suoi genitori.
No, c’è un’altra persona che non mi va a genio … quel Marco Airoldi!”
Immediatamente il pensiero si spostò su quel rompiscatole, era incredibile più per sé stesso che per gli altri, eppure dovette constatare che ne aveva ricevute troppe e proprio da quel tipo snervante!
Era più o meno la prima volta che riuscivano a suonargliele così e sua madre sicuramente l’aveva ben notato ma non gliene importava molto, ormai.
L’ottimo rapporto instaurato fra i tre membri della famiglia non sarebbe certo crollato per dei lividi anonimi.
Si abbracciò accarezzandosi sentendo la pelle bagnata che scivolava sotto il suo tocco lento, tenne gli occhi chiusi e il volto abbandonato.
Eppure prima non era stato proprio così, erano stati bene insieme finché gli avevano permesso di fare quel che voleva, però ora era cresciuto e aveva dovuto assumersi le sue responsabilità. Questo è quello che gli avevano detto sua madre e suo padre poco meno di un anno prima.
Che sciocchezza!”
A loro importava solo lo studio, che lui si guadagnasse un buon titolo e diventasse un uomo di carriera. Tutto il resto doveva essere messo da parte.
Si trattava del futuro migliore a cui si potesse ambire, per cui non esisteva motivo di rifiuto ad una vita così perfettamente programmata e giusta.
E comunque sono proprio degli idioti!”
Certo, era da un sacco di mesi che faceva come voleva, facendo loro credere che invece obbediva diligentemente!
Era nel suo carattere: litigare furiosamente per farsi valere, per poi, una volta notata l’inutilità delle parole, dire di si e mettersi a fare di testa sua.
Era un ottimo attore, aveva la carriera assicurata anche in quello.
Un ghigno obliquo gli oscurò il volto, oscurò poiché in quel momento pareva solo un inclinazione molto triste ed insoddisfatta.
Tutti lo invidiavano, ma di cosa?
Se avessero saputo come se la passava realmente sicuramente non l’avrebbero più invidiato.
Eppure ad essere onesti non gli pesava far finta ovunque di essere chi non era.
Dare l’immagine di ragazzo perfetto sia fuori che dentro la famiglia per lui era facile, poteva sempre contare sulla presenza ferma della sua fidanzata che sapeva tutto e dei suoi amici che lo sostenevano seppur non condividessero questa sua scelta.
Quel che non era facile era mostrare un Andrea pubblico e uno familiare, diversi fra loro, quando poi in realtà quello vero era ulteriormente differente.
Pochi lo conoscevano.
Il vero Andrea era molto simile a quello che rivelava in pubblico, quel che si scostava da esso era l’apparenza di esistenza perfetta senza problema alcuno che dava al resto del mondo. Era un punto nodale visto che la vita privata era un disastro.
Fingere sempre, specie in famiglia. Far credere ai genitori quel che voleva e renderli fieri di qualcuno che non esisteva.
Lui sapeva di riuscirci così bene perché in realtà non lo vedevano affatto.
Stupida gente ricca.
Anche lui lo era e sembrava un viziato maledetto, forse lo era veramente ma principalmente era una persona finta, un carogna che si sentiva bene così com’era, a prendere tutti in giro.
Era così che si considerava lui stesso, in fondo lui voleva solo fare quel che più gli piaceva nella pace più totale.
Chissà cosa avrebbero fatto se avessero scoperto come stavano le cose, l’idea lo divertiva in modo sconsiderato, del resto era sicuro che non potesse mai accadere una cosa simile a meno che non fosse proprio lui a volerlo.
Pensava di avere il controllo di tutta la sua vita e la situazione in generale, era portato ad averlo su tutto e tutti, o quasi, a comandare e a dare pareri che sempre venivano seguiti e rispettati.
In realtà poi chi poteva immaginare come stavano le cose?
Non gli importava, non voleva la pietà di nessuno, non l’aveva chiesta affatto. Non era nato per pentirsi delle cose che faceva o per fare la vittima.
Lui non era una vittima.
Lui stava bene così com’era.
- Tanto sono solo uno stronzo … -
Si definì così reputandolo un complimento per sé stesso.
- … uno stronzo meraviglioso! -
In realtà dentro lasciava solo un immensa tristezza.


/ Behind blue eyes – Limp Bizkit /

(Vita da strada)
Infilò le chiavi nella toppa, ma non girarono, le tolse e le infilò nuovamente ma nulla da fare, allora sforzò un po' senza risultato. Sbuffò rumorosamente. Sua zia non l'aveva ancora fatta sistemare, tutta colpa della forzatura di quei ladri, la settimana scorsa.
Fece un sorriso divertito al ricordo della tentata rapina proprio con lui dentro a dormire. Era facile entrare in quegli appartamenti scadenti, quel che era difficile fare era riuscire ad uscire con le proprie gambe, vista la gente che abitava in quegli appartamenti malfamati!
Si rassegnò e alzò le spalle, tanto non sarebbe tornato nessuno con lui nei paraggi, oltretutto quelli erano finiti in prigione dopo essere passati per l'ospedale.
Fece un passo indietro e con una spallata aprì la porta poco resistente, la richiuse con il piede ed entrò in casa.
Casa era una parola grossa, era meglio dire buco d'appartamento malandato e malridotto. Crepe nei muri dall'intonaco caduto e sporco, nodi di polvere in ogni angolo, un disordine da manuale. L'appartamentino era composto da due stanze principali più il bagno, era decisamente piccolo.
La camera matrimoniale, il salotto con la cucina e un bagno. Nel salotto c'era un divano dalle molle sporgenti e tappate da cuscini enormi, una televisione vecchia sgangherata, un tavolo da cucina quadrato rotto come le due sedie che aveva intorno, un gas sporco, un lavandino pieno di piatti da lavare ed un odorino nauseante di cibo ormai quasi andato a male. Si avvicinò al tavolo vedendo un biglietto scritto.
' Marco, sto via per due giorni per lavoro, te l'avevo detto, ricordi? Ho lasciato un po' di roba da mangiare in frigo, se non ti basta o hai bisogno di qualcosa ci sono dei soldi di emergenza nel cassetto della biancheria intima. Prendili solo in caso di vita o di morte! Torno dopodomani. Fa il bravo e non bruciarmi la casa! Baci zia Katia '
Sogghignò leggendo il biglietto.
- Divertente ... ma che senso dell'umorismo! Non bruciarmi casa, eh? Grandissima allusione! -
Poi andò in frigo e l'aprì, dentro c'era ogni ben di Dio. Lo riempiva ogni volta che partiva ben sapendo quanto mangiasse. C'erano teglie di ogni cibo possibile.
- Credo che non basterà! -
Disse seriamente convinto di ciò.
Prese una fetta di torta salata agli spinaci già tagliata e la mise tutta in bocca senza morsicarla, con le guance piene prese a masticare facendo uscire delle briciole in modo disgustoso. Guardò il lavello e con una smorfia aprì la finestra:
- Poteva almeno lavare i piatti prima di andarsene! Che tipa … -
Sapendo che lei aveva pensato la stessa cosa di lui: visto che è a casa solo li laverà ben lui!
Zia e nipote erano una coppia alquanto sconcertante, simili ma nemmeno tanto. Andavano d'accordo nel senso che non si calcolavano mai, solo per lo stretto necessario. Non si confidavano, non erano 'amici', non sembravano nemmeno parenti. Dovevano convivere e lo facevano. Stop. Più in là di lì non serviva andare e ad entrambi andava più che bene.
Non esistevano regole se non una: 'non rompere all'altro coinquilino!' e la rispettavano alla grande.
Lei era sempre via per un lavoro che le fruttava comunque pochi soldi, lo si poteva vedere da dove abitava. Lui quindi era sempre solo ma viveva tranquillo facendo quel che voleva.
Era stato letteralmente cacciato da casa sua per tutti i guai che aveva combinato, ovviamente non aveva intenzione di tornare indietro e scusarsi; preferiva vivere così piuttosto che con gente che lo guardava piena di astio incolpandolo di mille cose fra le più gravi e dure da digerire.
Sapeva di essere una pessima persona, ma alzava le spalle ed andava avanti. Troppo faticoso cambiare e conquistarsi la fiducia di chi non poteva più sopportare.
Non gli importava nulla.
Apparentemente, almeno.
Si diresse nel bagno spogliandosi di malavoglia, era stanco e i pugni ricevuti si sentivano più dell’allenamento.
Era forte quell'Andrea, si disse contrariato, ma un lampo di provocazione illuminò il suo bel volto.
Si sarebbe divertito più del previsto in quel buco di città e a proposito di quello gli venne in mente la biondina ricciuta che si chiamava Adrian e il sorriso si accentuò maggiormente: si, sarebbe divertito sicuramente!
Entrò sotto la doccia cominciando a lavarsi, finalmente riusciva a rilassarsi. Sentì le gocce dell'acqua percorrergli il corpo tonico ed atletico cosparso di vecchie cicatrici, poi portò il capo all'indietro chiudendo gli occhi per farsi colpire dal getto direttamente sul volto dai lineamenti selvaggi.
Così coi capelli all'indietro che si bagnavano veloci e le gocce sulla sua pelle, era ancor più inconsapevolmente affascinante; lui non se ne rendeva conto, non gli importava apparire in un certo modo. Gli interessava più essere diretto e schietto, spontaneo.
Non sopportava Andrea per quel motivo: quel tipo era finto, non poteva esistere uno perfetto come lui. Non c’era una virgola che non andasse in lui e non era assolutamente possibile!
Ce l'avrebbe messa tutta per smascherarlo e ridicolizzarlo, in fondo era bravo in quello, gli riusciva naturale con tutti quelli con cui aveva a che fare.
Ci era riuscito con sé stesso per primo. Aveva avuto una vita schifosa e sporca, si era sempre penalizzato da solo, eppure aveva avuto anche lui un angelo salvatore nella sua vita.
Un angelo che ora riposava proprio in cielo per colpa sua.
Si incupì ripensando al fratello, riuscendo così a scacciare l’immagine di Andrea.
L'ultima cosa che Daniele avrebbe voluto, sarebbe stato vederlo smettere di giocare a basket, sicuramente. Per questo era intenzionato a non mollare quello sport per lui così importante, il suo preferito.
Ormai lo faceva perché, dal suo punto di vista, gli sembrava l'unico collegamento col fratello morto, non per sé stesso.
Nessuno lo capiva: perché aveva ripreso a fare la sua vita come niente fosse? Come aveva potuto mettersi a giocare a basket seriamente al posto del fratello, grande campione, scomparso per colpa sua? Era contato così poco quel ragazzo, per lui?
Lo criticavano malamente senza capire che in realtà era l'unico a mantenere vivo l'amore e il rispetto per lui, era l'unico a fare la volontà di quella persona che era stata veramente speciale.
Aveva sempre avuto una vita orrenda, ormai era abituato a nuotare nella melma ... lì dentro, si diceva, era imbattibile!
Uscì dal box e si avvolse in un asciugamano che copriva solo la vita e le cosce muscolose. Scosse la testa per scrollare l'acqua dai capelli che si spettinarono pesantemente sul capo circondando il viso e coprendogli gli occhi azzurri. Faceva impressione il suo sguardo così penetrante e indomabile, così chiaro in una carnagione come la sua.
Nella mente aveva sempre indelebili le parole di disgusto dei suoi genitori che lo diseredavano e lo mandavano via.
Poveri stupidi!” Si ripeteva ogni voltaiche ci pensava, ogni istante della sua vita.
Non avevano mai capito nulla dei loro figli, si erano limitati a chiudersi nel loro dolore senza capire i segnali di aiuto che lui, ancora in vita, mandava.
Era vero, era colpevole di molti reati, era stato in prigione prima che succedesse la disgrazia, ma tutte cose di poco conto, per lui. Reati scontati in una notte e con una cauzione adeguata.
Era stata la cattiva compagnia, il brutto giro in cui era capitato, a mandarlo precocemente fuori strada.
Si guardò gli avambracci puliti e lisci, senza nessun tipo di segni.
La gente con cui era uscito in quel periodo della sua adolescenza, quei punti del corpo li aveva pieni di buchi.
Quella era la differenza.
Al massimo poteva ammettere di aver mandato giù qualche pasticca, comunque tutta roba leggera. Aveva avuto una vita dissoluta e al limite di ogni limite, solo suo fratello l'aveva sempre capito e riportato indietro ogni volta.
Quando aveva rubato buttandolo ‘al fresco’, era arrivato lui e pagando la multa l’aveva tirato fuori, riportandolo a casa fra mille prediche che non si stancava mai di fare.
L'unico che aveva sempre creduto in quella testa 'schizzata' era stato Daniele, ora però non c'era più e coloro che sulla carta si chiamavano madre e padre ne avevano subito approfittato per cacciarlo.
Ne era stato sollevato anche lui, in fondo.
Su una cosa era sicuro: non avrebbe mai fatto pace con loro. Non poteva, erano arrivati ad un punto completo di rottura. Se qualcuno avrebbe dovuto scusarsi erano loro, non lui. Loro per non averlo mai visto e per non aver mai capito niente di lui.
In fondo si era solo sentito messo in disparte da loro dalla nascita, a causa della magnificenza di quel fratello maggiore, il primogenito perfetto.
Proprio come voleva far sembrare di essere Andrea.
Non era lui in torto, ma loro e il modo di amare solo il primo e trascurare il secondo.
Alzò le spalle, arrivato a quel punto del pensiero lo faceva sempre: tutti quelli erano solo dati generali di una vita orrenda che a lui non toccavano più.
L'avevano segnato, certo, altrimenti non avrebbe avuto quel carattere ribelle e pericoloso, ma ora scivolava tutto addosso in un totale menefreghismo.
Si chiedeva che ne sarebbe stato di lui e al momento di rispondersi preferiva far finta di nulla, non voleva saperlo lui per primo.
Avrebbe semplicemente giocato per sempre a basket, basta.
Per suo fratello.
Questo era tutto quello che sapeva.
Indossò dei boxer e una maglia maniche corte larga sgualcita e rovinata che usava per la notte, poi si buttò nel divano ancora coi capelli bagnati e il corpo umido, si stese aprendo la televisione dalla quale si prendevano pochi canali. Si fermò in uno dove davano una partita di basket. A quell'ora era strano, la guardò senza vederla veramente.
Preferiva lo street basket che aveva sempre praticato, tuttavia se per battere quel pallone gonfiato doveva imparare quel suo gioco così pulito e perfetto, l'avrebbe imparato.
Tutto per dimostrare che solo una persona al mondo era stata perfetta, le altre erano solo ipocrite e finte imitazioni.
La fame l'avvolse per un istante contorcendogli lo stomaco, però fu battuta dalla pigrizia e dal sonno. Nonostante avesse potuto finalmente dormire nel letto di sua zia, rimase nel divano anche quella notte, come tutte ... del resto quello ormai era il suo letto, la sua schiena era abituata alle molle sporgenti!
L'ultimo pensiero volò ancora una volta al suo nuovo rivale.
Ne aveva avuti di nemici ben peggiori, Andrea non gli avrebbe fatto nulla, questione di tempo e si sarebbe guadagnato la sua fama anche lì, ne era sicuro.
Senza sapere in realtà come sarebbero andate le cose.