TRE
CAPITOLO VI:
IL SECONDO RAPPORTO
/ Pure Shores – All
Saints /
Le ossa non erano certo l’unica cosa che
facevano male a Matthew, una volta finito il proprio turno di lavoro e
tornato a casa come ogni giorno.
Il chirurgo ed il medico in generale non erano
certo fra i lavori più leggeri, ma questo per lui non era
mai stata una novità.
Si ricordava da piccolo le volte in cui il padre
tornava a casa sfinito e l’unica cosa di cui aveva voglia era
sedersi nel divano senza alzarsi più.
Nemmeno un piccolo gioco con lui, si
concedeva… ed il piccolo figlio non poteva far altro che
stargli alla larga per non fargli venire mal di testa. Non se lo
meritava, no?, con tutto quello che aveva dovuto fare.
Matt era
stato cresciuto per essere un bravo ragazzo e così era
diventato. O meglio aveva cercato di essere come l’adorato
padre, ce l’aveva messa tutta per essere la persona voluta da
lui, aveva pensato che se lo emulava non poteva che andare bene,
sarebbe stato contento.
Eppure ora, a
distanza di molto tempo da quella decisione, si stava rendendo conto di
quanto stupido fosse cercare di essere come un fallito.
Richiusosi la
porta alle spalle cercò di fare più silenzio
possibile per evitare di svegliare i probabilmente già
addormentati coinquilini. Era notte fonda, aveva dovuto sforare di un
paio d’ore rispetto al suo turno ed il risultato era stato
arrivare a quell’ora indegna… capitava spesso, ci
era abituato, non era certo quello il problema.
Il vero problema era il dolore a tutte le parti del
corpo e le poche ore che aveva per riposare prima di riprendere il
turno successivo.
Aveva un buon fisico, avrebbe recuperato subito, ma
se non si sarebbe messo subito sotto una doccia e poi a letto non
avrebbe resistito ancora molto!
Posando le
chiavi sul mobile dell’entrata, si tolse le scarpe
lasciandole nella scarpiera lì accanto, poi
cominciò a slacciarsi i primi bottoni della camicia
allentando la cravatta. A volte sembrava un vecchio per come si
vestiva… glielo diceva sempre Ryan ma per lui era importante
la tenuta con cui andava a lavorare, anche se poi sopra aveva la
divisa.
Con
l’intenzione di bersi solo un po’ d’acqua
e mettere al volo qualcosa sotto i denti, virò verso la
cucina accendendo la luce, quando lo fece un ombra seduta ad una sedia
del tavolo gli fece prendere uno spavento non indifferente.
- Ma chi…? – Chiese
bloccandosi al volo, certo quello non era Ryan!
- Scusa, sono
io. Ti ho spaventato? – La voce ormai familiare di Jude
arrivò a tranquillizzarlo, tuttavia tornò ad
allarmarsi quando lo vide in viso: i suoi occhi erano rossi e lucidi,
come se avessero pianto. In mano stringeva un bicchiere
d’acqua mezzo vuoto ma mai realmente considerato,
probabilmente.
- Cosa ci
facevi qui al buio? – Chiese Matt osservando anche la tenuta
da notte che consisteva in un paio di boxer stretti e neri e una
canottiera dello stesso tessuto e colore. La parte di corpo scoperta
rivelava nettamente delle cicatrici alcune vecchie ed altre recenti.
Gli occhi grigi non ne furono ingannati e con acutezza notò
ogni particolare, anche il pianto che prima che lui arrivasse stava
facendo.
Gli si avvicinò con calma slacciando
anche i polsini delle maniche, poi distolse lo sguardo per non metterlo
in imbarazzo.
Era carino così tutto scarmigliato, coi
capelli ricci ancor più sconvolti e mezzo svestito. Non era
certo uno che passava inosservato, figurarsi in una condizione
simile… però la sua delicatezza di non metterlo
in imbarazzo era dovuta alle lacrime che aveva cercato di nascondere al
suo arrivo.
Aprì
quindi il frigo cercando qualcosa da mangiare, senza vedere in
realtà nulla.
- Mi sono
svegliato con un incubo, così sono venuto a bere…
mi dispiace se ti ho spaventato, sono abituato a camminare al
buio… - Rispose senza dare spiegazioni più
dettagliate. Matt non capì, tuttavia, se non gliene avesse
volute dare per disagio o per quale altro motivo.
Il punto fu quello.
Non
capì nulla di quel ragazzo in quel momento ed istintivamente
girò il viso guardandolo a qualche metro da lui che
ricambiava l’occhiata. Rimasero a fissarsi per quel secondo
in silenzio, cercando di capirsi a vicenda e comprendere come mai
facessero quello e cosa volessero. Senza darsi spiegazioni ulteriori.
Si
incantarono, probabilmente. Entrambi avevano degli occhi molto belli ma
diversi: uno grigi e l’altro azzurri, uno limpidi e semplici,
l’altro randagi e felini. Però c’era
qualcosa di strano in loro, se lo lessero a vicenda.
Fu il frigo che cominciò a suonare per
essere rimasto troppo aperto, a scuotere Jude, ma non Matt che ancora
provava a dirsi cosa aveva letto in quel ragazzino.
Il castano si
avvicinò con passo felpato, era scalzo ma sembrava trovarsi
perfettamente a suo agio. Si appoggiò disinvolto al bordo
dell’ampio oggetto freddo ed ignorando il rumore insistente
che faceva, senza staccare gli occhi dai suoi, disse basso e suadente:
- Hai fame? –
Questo
secondo lampo nel viso e nella voce sorprese ulteriormente Matt che
confuso si chiese a cosa si riferisse rimanendo a fissarlo.
- Non ho
cenato… - Disse la prima cosa logica che gli venne in mente,
fortunatamente la razionalità un po’ funzionava
ancora. Sentì il profumo fresco che aveva addosso dovuto
probabilmente ad un bel bagno ristoratore ed un senso in più
fu attratto da lui.
Era un ragazzo bellissimo, forse il più
bello che avesse mai visto.
Una specie di demone tentatore dall'apparenza di un
angelo.
Inghiottì e lo vide sorridere
indecifrabile.
Chi era?
Quando era arrivato gli era sembrato
così fragile e smarrito con quel pianto nascosto ed
ora… ora sembrava così sicuro di sé,
deduttivo… sexy.
- Allora è meglio che mangi qualcosa.
–
Come se con quegli atteggiamenti sicuri volesse
nascondere qualcosa di lui di molto fragile e innocente.
Ecco cosa.
Si
illuminò quando gli venne in mente quell’idea e
facendo pensare a Jude che si trattasse della risposta alla sua frase
sul mangiare, lo vide prendere qualcosa dal frigo per poi rigirarsi
verso di lui avvicinandosi ancora di qualche centimetro.
Lo nascondeva
molto bene, pensò Matt. Però a lui non poteva
sfuggirgli quel genere di cose, era abituato a trattare con pazienti
simili tutto il giorno, gente che voleva nascondere cose per svariati
motivi.
Però quel che poi fece lo distrasse
dalle sue considerazioni.
Quando il
più giovane portò alle sue labbra un piccolo
dolce coperto di crema alla cioccolata, il moro aprì
istintivamente la bocca sentendo subito un certo languore allo stomaco.
Languore che fu sorpassato dalle labbra che furono ospitate oltre che
dal dolce, anche dal dito indice dell’altro.
Prima di rendersi conto di cosa stesse accadendo,
Matt lo stava già facendo e non fece nemmeno in tempo a
sentire un po’ di senso del pudore o imbarazzo.
Nessun freno
inibitore, semplicemente accolse quel dito leccandolo e succhiandolo
insieme al dolce alla crema; quando il secondo di questi fu
inghiottito, rimase solo il primo che non fu tolto e tanto meno
respinto.
Non si
spiegava come mai accadesse tutto quello e soprattutto come potesse lui
stesso farlo, ma probabilmente la sensazione che gli diede quel
semplice atto insensato ed istintivo fu così piacevole da
spingerlo a continuare.
Forse,
semplicemente, Matt non trovò un motivo valido per
interrompere quell’erotico contatto fra dita e lingua;
così mentre lo sentiva muoverlo avanti ed indietro per
stuzzicarlo senza distogliere lo sguardo dal suo, non smetteva nemmeno
lui di avvolgerlo con le labbra e leccarlo come fosse parte di quel
buonissimo dolce.
Lui stesso non si riconosceva, non si riconosceva
perfino nel momento in cui il proprio desiderio aumentò al
punto da fargli chiedere di più.
Non si riconosceva in nulla di ciò che
stava accadendo ma era completamente incapace di interrompere quel
piccolo gioco erotico senza senso e significato.
Certo lui non poteva capire il perché
Jude avesse fatto quello, ma successivamente qualcosa si disse.
Si disse che per farsi, in un certo senso, sedurre
da lui si era del tutto dimenticato di ciò che aveva tentato
di nascondere al suo arrivo.
Del resto come giudicare i metodi altrui per non
rivelare la propria anima e le proprie lacrime?
In fondo si trattava solo di difese, ognuno usava
quelle che era in grado di utilizzare.
Matthew ci sarebbe comunque arrivato ma non subito.
Subito, si trovò a desiderare di avere di più da
Jude.
Molto di più.
E quel pensiero lo scosse dal profondo tanto che
assurdamente il nome di Ryan gli si affacciò alla mente
facendolo sentire improvvisamente male, come uno che tradisce la
propria fidanzata.
La sensazione
che sentì dopo l’eccitazione emergente fu quella e
fu sgradevole e confondente, non capì a cosa dovesse dar
retta per primo, cosa fosse successo di fatto, perchè e cosa
avesse dimenticato.
Ma soprattutto, una volta separato a fatica e con
un controllo da ammirare, non capì proprio perché
effettivamente dovesse smettere.
-
Io… - Iniziò smarrito, era raro vederlo
così ma per Jude che non lo conosceva da tanto, fu solo
bello.
“Matthew è un puro. Non
è giusto macchiarlo, però non riesco a farne a
meno. Voglio la sua purezza in me. La voglio. Forse mi curerebbe
l’anima. Forse guarirei veramente.
Forse è l’unico in
grado di aiutarmi realmente…”
Pensò Jude avvicinando il volto
ulteriormente al suo, potevano sentire i respiri reciproci sulla pelle
e brividi nuovi li percorsero entrambi.
Che strano inizio, si trovarono a dirsi
contemporaneamente.
Che significato poteva esserci, veramente, dietro
tutto quello?
- Se non ti
va non devi per forza. – Sussurrò arrivando a
sfiorargli le labbra con le sue. Voleva baciarlo, sentire la sua bocca
contro, leccare la sua lingua e sapeva che tutti quei riguardi non
erano da lui.
Jude era sempre stato abituato a prendersi quel che
desiderava coi propri mezzi, sapeva come fare.
Ma Matt?
Cosa pensava
Matt mentre era lì sospeso ad attendere un probabile bacio
da quella creatura così strana e seducente?
“Deve esserci un motivo più
grande del farlo perché abbiamo voglia. Non è
giusto baciarsi solo perché ci va. Bisogna farlo
perché dietro c’è desiderio e
sentimento. Così no. Così che senso ha?
Che sia ragazzo o ragazza…
E
poi è come se lo facesse per lavoro. Che sia veramente
così?”
-
Jude… - Disse infatti cominciando a riprendere possesso di
sé con grande maestria: - … invece sei tu che non
devi per forza. Io ti aiuto e ti ospito volentieri, non voglio nulla in
cambio. –
Questo
colpì molto il ragazzo che s’irrigidì
indistintamente fermando l’avvicinamento delle labbra, come
aveva fatto?
“Ecco come si fa a perdere la testa per
qualcuno. Allora è così che funziona?
Così che succede? Non l’avevo mai
provato… in tutta la mia esperienza di rapporti forzati con
gli uomini non mi è mai capitata una cosa simile. Questa
parte della mia vita sarà veramente diversa dalle altre,
allora… fino ad ora non lo credevo ma adesso Matt mi ha dato
conferma. Sarà lui il mio passo decisivo.
Però
potrei anche scottarmi e farmi male. Potrei anche sporcarlo e rovinare
tutto.
Non
voglio ma lui è stato l’unico angelo della mia
vita e se con il mio corpo posso ricambiare almeno una parte di quel
che mi da, allora non mi tirerò mai indietro.”
Il turbine che in Jude si agitava in quel momento
lo distrasse dalle sue intenzioni iniziali tanto da non muoversi
più.
Il moro lo scrutava con cura ed una certa
gentilezza di fondo, non lo rimproverava con lo sguardo anche se la
maturità che rivelavano i suoi occhi talvolta poteva dare
quell’impressione.
Rimasero
lì col frigo ora chiuso, in piedi l’uno di fronte
all’altro senza toccarsi veramente, solo sfiorandosi e
provocandosi brividi e scosse di piacere.
E desiderandosi.
Lì
a Matt fu tutto chiaro, incredibilmente, come se finalmente il libro
gli si aprisse facendogli leggere con facilità tutti i
segreti del giovane davanti a lui.
- Tu sei il mio angelo, tutto ciò che
possiedo per ripagarti del bene che mi fai è il mio corpo,
quindi non esiterò mai a dartelo. In qualunque modo e
momento. –
Poi Jude lo
disse, semplicemente così come l’aveva pensato,
senza mezzi termini o vergogna. Credendolo veramente.
Prima di
qualunque altra cosa il castano prese fra le mani il viso dai
lineamenti regolari e l’espressione seria del moro,
aderì il proprio corpo mezzo nudo al suo più
vestito e posò le labbra sulle sue.
Come se finalmente facesse l’unica cosa
sensata e veramente desiderata dall’inizio di quel loro
incontro.
Aprì
subito la bocca e senza perdere tempo o dargli modo di respingerlo,
infilò la lingua cercando quella dell’altro,
lì per lì non fece nulla e per la sorpresa si
lasciò completamente gestire lasciando gli occhi sgranati a
capire se accadesse veramente e soprattutto perché.
Nell’instante successivo, però,
dimenticò di nuovo le proprie facoltà razionali e
provando una vampata piacevole di calore dal basso del suo corpo,
aprì maggiormente lui stesso le labbra per poi assecondarlo
con la lingua, aiutandolo lui stesso in quel bacio senza fiato e senza
pensieri.
Un bacio d’impulso da una parte e di
profondo desiderio dall’altra.
Un bacio ad
ogni modo sorprendente e non previsto in nessun caso.
Un bacio che sconvolse entrambi per
l’eccitazione che li invase prepotente.