UN POSTO PER ME

CAPITOLO 5:

RAGAZZO SELVAGGIO, RAGAZZA SELVAGGIA


Quella mattina il sole era alto e caldo, l’estate stava arrivando e come ogni volta risvegliava i bollenti spiriti dei ragazzi mentre metteva in allerta quelli delle ragazze.
La finestra della camera di Nike si spalancò facendo entrare la luce delle 7.15 del mattino. Un po’ di brezza leggera le scompose i capelli ai lati del volto rinfrescandole la pelle liscia e chiara, respirò a pieni polmoni e poi grugnì fra sé e sé:
- Una nuova schifosa giornata è iniziata, che palle! -
Lei non aveva una cattiva vita, anzi, stava fin troppo bene in famiglia, anche se a volte pregava che Astrid non tornasse d’improvviso a trovarli o che Selene avesse altre partite di basket da giocare; il suo problema principale che la faceva considerare ‘schifosa’, la giornata, era puramente di ‘fuori casa’. Esattamente il mettere piede fuori dal suo sicuro alloggio l’angosciava ancora. Del resto rimaneva sempre un tipo selvatico i cui primi anni della vita erano stati vissuti per strada o giù di lì, aveva imparato la sopravvivenza e a dare confidenza a poche persone. Lei era istinto ma il suo istinto diceva di stare lontana da chiunque non fosse il clone fisico e caratteriale di Luca e di Elisa. Socialmente parlando era un vero e proprio gatto randagio.
Tornata dal bagno rinfrescata, scelse alcuni vestiti con non troppa attenzione. Voleva evitare di essere notata e appunto per questo indossava sempre vestiti poco femminili e non alla moda, anche se forse ai tempi in cui era si veniva notati di meno seguendo la moda che altro. Si spogliò dell’enorme maglia che fungeva da camicia da notte e la sensazione dei lunghissimi capelli sulla schiena nuda le piacque come al solito, li fece dondolare un po’ mentre lasciava al vento le sue grazie non troppo prosperose. Le onde di quella cascata del tramonto continuavano come da piccola a possedere riflessi fra i più svariati, non solo arancio, come era il suo colore totale di capelli, ma anche castano scuro e rosso fuoco, come il pelo di un gatto maculato. Le arrivavano oltre il fondoschiena e ne andava fiera, anche se ci aveva messo un po’ ad ammetterlo. Di per sé non era stato faticoso farli crescere, li aveva solo lasciati sulla testa e pettinati poche volte, anche perché esercitando la spazzola in quelle lunghezze mosse, le sarebbero divenuti crespi.
Indossò reggiseno e imprecò come ogni volta per quei terribili gancetti chiedendosi come mai non fosse nata maschio, poi fu la volta del resto, più semplice: jeans dai quali non si separava mai, piuttosto consumati, e maglietta di due taglie più grandi, nera con un ragazzo in skate board sulla schiena.
Uscì dal buco che aveva per camera trascinandosi svogliata lo zaino mezzo vuoto, forse aveva dimenticato qualche libro o i compiti, ma non se ne curò, ormai i professori la conoscevano ed era un caso patologico.
Nel corridoio del piano superiore, passando davanti alla camera di Luca, la sua porta si aprì e lei d’istinto scattò allerta mollando lo zaino a terra, alzò le braccia davanti a sé in una mossa di karate (per tranquillizzarla l’avevano mandata ad un corso di karate) e aveva spalancato gli occhi in una pura espressione di spavento.
Quando vide che si trattava di Luca si calmò:
- Ehi, sono io … non hai ancora imparato che questa è la mia camera e che vengo a scuola con te? -
Disse ironico e divertito il biondo guardandola distratto, si richiuse la porta dietro di sé celando il caos che regnava dentro la sua camera e la precedette prendendole lo zaino, lo soppesò con un simpatico ghignetto sulle labbra ben disegnate e mormorò:
- Anche oggi in previsione qualche nota di demerito … -
Nike non vi fece caso e prese l’oggetto ributtandolo sulla spalla, il respiro le era tornato normale e sospirò felice che si trattasse del suo migliore amico.
Lo guardò mentre scendeva le scale, aveva un’ampia schiena ed era molto muscoloso, lo si vedeva dalle braccia scoperte, indossava una maglia senza maniche, rosso acceso, il rosso gli donava a lui, aveva anche un cappuccio, la maglia, e gli scivolava larga addosso, i pantaloni cadenti non lasciavano tutto da immaginare poiché non mostravano le gambe atletiche che possedeva e nemmeno il fondoschiena da urlo che perfino lei doveva ammettere essere bello.
Luca era uno sportivo, un giocatore di basket, ed in quando tale aveva decisamente un bel fisico, tutti gli altri diciottenni, a meno che non facessero sport, erano magri come stecchi e possedevano braccia smunte, per non parlare del didietro piatto ed inesistente.
Lei non guardava queste cose nei ragazzi, anzi, non li guardava affatto, ma sentiva le sue compagne fare certe osservazioni e adorare il bel Luca dall’aria d’angelo, protetto e idolatrato da tutte
Lui dava alle persone del sesso femminile un forte istinto d’amore dolce e tenero, il bello era che non ne era affatto cosciente.
Guardò poi la sua nuca, i capelli biondo chiaro gli arrivavano fino alle spalle ma erano spettinati anche se in realtà per essere lisci e fini sarebbero dovuto essere meno terribili. A Nike piacevano i suoi capelli, di norma piuttosto in ordine ma che non curava più di tanto, gli stavano bene di natura e non doveva domarli nè con gel nè con spazzola, gli incorniciavano il volto regolare e angelico in modo molto artistico e naturale. Li invidiava, i suoi se fossero stati così corti sarebbero stati da suicidio.
Giunsero alla fine della rampa e lei non rispose a nessuna delle domande che lui le aveva posto, ormai ci era abituato.
Quando furono in soggiorno lei rimase un attimo ferma sempre sul chi vive, sicura di trovare qualche nuovo mostro da affrontare, nonostante ormai abitasse in quella casa da anni, non era mai semplice andare da una stanza all’altra.
Si vergognava ma non riusciva a controllare quel suo lato impaurito ed intimorito da qualunque cosa animata, persino la sua ombra le procurava spesso fastidi.
Mollò come Luca lo zaino all’ingresso e si accorse che il biondo si era appollaiato al tavolo della sala da pranzo.
Percorse svelta la stanza in cui era passando l’arco che divideva i due ambienti, così si sedette accanto a Luca facendo un sospiro di sollievo, era arrivata ad un posto circa sicuro. La madre li salutò semi allegra e semi addormentata e senza mai perdere l’abitudine, mise loro davanti un’abbondante tazza di latte e cereali, la colazione preferita di entrambi, vi si avventarono felici e contenti; Nike mangiò vorace e piena di fame, una fame che non esauriva mai, aveva patito la fame da piccola e non sarebbe mai più successo.
- Mamma, allora stasera vengono Astrid, Elisa e rispettive famiglie? È confermato? No, sennò me ne vado con Niky, Seba e Lore … -
Chiese Luca di punto in bianco, a Nike le andò di storto il boccone e tossì, poi rossa in viso guardò assassina Luca, questi la notò e disse divertito:
- Dovevo avvertirti che stavo per parlare oppure sei disperata perché torna quel mostro di Astrid? -
Non aveva mai superato bene nemmeno questo scoglio: era troppo cattiva, ai suoi occhi, la seconda sorellastra maggiore, in realtà aveva solo un carattere difficile ed irruente, nulla di così devastante ma a Nike bastava.
Lei scosse energica il capo mentre dalla cucina spuntava la testa riccia e ridente della madre per vedere la reazione:
- Tutte e due! -
Borbottò lasciando ridere gli altri due.
- Si, comunque vengono tutte e due, la famiglia è riunita al gran completo, Elisa e Filippo hanno un annuncio da fare … tu, Selene e Nike dovete esserci, mi raccomando! -
Sentenziò infine la madre tornando a sparire. Luca non si lamentò solo perché adorava le sue due sorelle e da quando se ne erano andate sposate, aveva sentito un grande vuoto. Elisa si era sposata all’età di 27 anni, un anno dopo l’arrivo di Nike, ma meditava le nozze già da qualche anno. Astrid invece a 26, due anni dopo l‘arrivo della ragazza. Da parte del ragazzo era stato un dispiacere lasciare quella che tanto lo coccolava, Elisa, ed invece un dilemma lasciare Astrid: con chi avrebbe fatto lotta libera? O meglio, Selene gli sarebbe bastata? Sicuramente con Nike non avrebbe potuto.
Per la ragazza fu come perdere un gran punto di riferimento su Elisa invece riguardo Astrid fu ovviamente un sollievo, in cuor suo aveva ringraziato a fondo quel sorprendente ragazzo che se l’era sposata, prima o poi avrebbe fatto un monumento a Marco, suo marito attuale.
Quella sera, poi, avrebbe fatto un grande sforzo riavendo lì non solo uno dei suoi incubi, ma anche i suoi figli. Si, perché la despota aveva avuto il coraggio di sfornare subito due gemelli e col carattere dei genitori erano uno spettacolo!
Fece la prima preghiera della giornata chiedendo che Michael e Daniele avessero un febbrone che li costringesse a letto per tutto il tempo, se odiava qualcosa erano proprio i bambini, non era tagliata per loro, si detestavano a vicenda e sentirsi chiamare ‘zia Nike’ le faceva accapponare la pelle!
Un peperino anche Miriam, la figlia di Elisa, decisamente l’opposto della castana, anche se le avevano svelato che questa da piccola era tutt’altro che dolce e materna, al contrario era stata una peste terribile
In fondo Miriam si limitava ad essere la sua copia!
Pregò quindi affinché la stessa Miriam fosse stata colpita da un fulmine … si perché a lei le malattie e le febbri non funzionavano, prima di metterla KO ci voleva molto di più e forse, ipotizzò Nike, i fulmini erano l’unica cosa! O suo padre arrabbiato!
Così terminò la colazione, che le era andata di storto e non si era goduta a fondo e si infilò in bagno dove beccò il secondo o terzo spavento della giornata: c’era Selene!
Fece un salto all’indietro e trattenne di nuovo il fiato, la solita posa da karate e un’espressione terrorizzata, questa volta non la tolse poiché era ‘solo’ Selene … no, la peggiorò poiché era ‘addirittura’ Selene!
Il panico la invase … e se si fosse accorta di lei? Se le avesse parlato? Se l’avesse guardata, considerata, calcolata, ecc?
Si sentì quasi morire e di colpo le sembrò, come accadeva ogni santa mattina, di essere tornata a 12 anni, quando appena arrivata in quella casa, si sentiva un vermiciattolo strisciante con la possibilità di essere sempre calpestata da qualche gigante!
Si ripeté mentalmente che aveva 18 anni e doveva smetterla di fare così, eppure era più forte di lei, un’abitudine o un suo lato caratteriale troppo radicato in lei.
Selene la notò e si mise a ridacchiare sadica, avrebbe voluto giocare con lei, ovvero stuzzicarla un po’ ma stava per arrivare anche Luca e se l’avesse vista tormentare Nike, sarebbe nato uno dei soliti litigi e di mattina perfino il maschiaccio di turno dal bell’aspetto non ne aveva voglia!
Il maschiaccio dal bell’aspetto in questione posò la spazzola e lasciò i suoi lunghi capelli biondo scuro, sciolti sulle spalle, erano molto scalati e sfilacciati, un taglio che le donava, infine passandole accanto le diede un pizzicotto amichevole al fianco e uscì dal bagno. Nike si rilassò solo dopo due minuti abbondanti sperando che non lo facesse più, sapendo invece che il giorno dopo l’avrebbe rifatto.
Si piazzò davanti allo specchio dopo aver lavato i denti si riassettò i capelli ingrovigliati, poi mentre rifletteva se seguire il consiglio delle sue compagne che le dicevano di truccarsi un po’ e di usare qualche crema, non notò, straordinariamente, l’entrata di Luca; ormai non lo riteneva una minaccia, solo appena sveglia non riconosceva bene le onde di pace emanate dal suo corpo, giunti a quel momento della mattina invece si.
Si era solamente distratta un attimo osservando sé stessa ed il suo volto maturo ma sempre dai lineamenti selvatici e dai grandi occhi da gatta che dal dorato scemavano fino al verde chiaro, quando aveva sentito nella stanza un: ssssssssssssssssss molto lungo.
Qui lei sgranò maggiormente gli occhi e si voltò veloce come faceva sempre, vide come temeva Luca girato di schiena che urinava tranquillo e beato. Arrossì e con uno spintone urlò:
- LUCA! MA DIAVOLACCIO! OGNI MATTINA LA STESSA STORIA! PISCIA SU DI SOPRA DA SOLO, CI SONO IO QUA! -
Nike era così strana, per Luca era naturale, erano fratello e sorella, a dire il vero non di sangue ma poco importava e con sua sorella lui faceva così, tanto glielo ripeteva ogni volta e lui ogni volta non se ne curava ed entrava a fare i suoi bisogni senza farsi problema alcuno!
Quando si voltò perché aveva finito la trovò appiattita contro lo specchio ancora sconvolta e si domandò come facesse ad essere così contraddittoria.
Loro malgrado andarono oltre mettendosi ad inscenare subito una specie di balletto per la supremazia dello specchio, alla fine aveva vinto lui grazie alla fuga di lei!
Luca si sistemò i capelli, lui da piccolo non se li pettinava mai però tenendoli lunghi fino alle spalle qualcosa doveva fare per non renderli così tremendi, diede un veloce colpo di spazzola e subito gli tornarono come sempre, lisci intorno al viso, si lavò i denti e si mise un po’ di profumo, la mania gliel’aveva data una delle sue sorelle maggiori; infine constatò che come al solito poteva andare: occhi azzurri vispi e non troppo aggressivi (non lo era nemmeno nella punta dei capelli), lineamenti amichevoli nonché dolci e angelici e in tutto questo nemmeno l’ombra di un po’di consapevolezza e superbia.
Sperava che quel giorno le ragazze non l’avrebbero asfissiato di corti serrate e di biglietti vari.
Nicola, Sebastiano e Lorenzo, quelli del suo gruppo, gli amici del cuore inseparabili, erano ormai di casa e conoscevano Nike anche perché come lui l’avevano in classe a scuola, sostenevano che era una bella ragazza ma poco socievole e lui era in linea di massima d’accordo, solo che a lui andava bene così; se fosse riuscita ad andare d’accordo con qualcuno che non fosse stato lui o al massimo Elisa, si sarebbe sentito invaso nella sua vita, il suo rapporto con lei intaccato e rovinato, anche se capiva che prima o poi il fidanzato l’avrebbe avuto anche lei e avrebbe preso la sua strada.
Ogni tanto si impanicava e rabbuiava pensando che prima o poi si sarebbero separati, ma accantonava questi pensieri lugubri.


La scuola quel giorno era finita, tutti i ragazzi uscivano dall’edificio scolastico avviandosi verso diverse destinazioni, Nike annoiata e seccata aspettava Luca, fuori dal cancello (lui era stato trattenuto in classe mentre lei no), seduta al muretto, mentre elencava tutte le tragedie di quella metà giornata.
- Perché cavolo non arriva quell’idiota? -
Disse a denti stretti e in quello sentì immediata una presenza alle sue spalle diversa da quella di Luca, ne era certa, non le servì guardare, non se ne assicurò, lo sentiva chiaramente, il suo istinto non si sbagliava mai, Luca aveva un aura rassicurante e dolce mentre quella di questo era minacciosa, diversa … selvaggia … più simile alla sua.
Corrugò fronte e sopracciglia e veloce come un fulmine agì voltandosi, con un unico movimento fluido compì un’impeccabile e dolorosa mossa di karate, sicura della pericolosità di questo arrivato. Esso incassò il calcio girato e finì a terra sorpreso e dolorante, non credeva a quanto era appena accaduto.
Nike non disse nulla, lo guardò minacciosa, i capelli scomposti metà sul volto iroso, già l’odiava solo perché aveva osato arrivarle da dietro.
Osservò. Si trattava di un ragazzo di pochi anni più grande di lei, a vederlo aveva un bel fisico, indossava una canottiera aderente, le gambe evidenziate dai jeans strappati, impolverato a terra si massaggiava la mascella e stupito la fissava senza capire perché avesse reagito così. Capelli neri spettinati e corti un po’ sugli occhi grigi, lineamenti da zingaro, affascinanti … intriganti … e per la prima volta si rese conto di avere davanti un tipo attraente, anche se minaccioso. O meglio sapeva che anche Luca lo era ma lui era più suo fratello che altro.
Questo era diverso, l’opposto; aveva l’aura di un diavolo e non di un angelo. Questo tipo era diverso perché lo sentiva chiaramente.
Era come lei.
Selvatico.
Con un lampo strano ed enigmatico nel volto si alzò veloce riprendendosi da quanto successo e le si avvicinò, lei si mise nuovamente in posizione di difesa e finalmente parlò astiosa:
- Che diavolo vuoi da me? -
Lui le rispose con malizia:
- Io? Cosa vuoi tu! Sei stata tu ad aggredirmi, non ti avevo neppure parlato … -
Lei non ebbe il minimo dubbio di essere nel giusto:
- Sei minaccioso e pericoloso, ho prevenuto! -
Questa risposta colpì ancor di più l’interlocutore che dopo un primo momento riprese un aria del tutto sicura di sé e con un’espressione indecifrabile le prese i polsi quando stava di nuovo per reagire, con forza non le permise di muoversi e la fissò coi suoi occhi magnetici e quasi seducenti. Sapeva di essere bello e sfruttava questo fatto.
Detestabile.
- Siamo dello stesso mondo, piccola … ed io ho appena deciso una cosa … -
In questi casi non si dovrebbe mai chiedere: ‘che cosa?’ ma Nike l’inesperta attaccabrighe, pensò di essere solo presa in giro e per evitarlo lo chiese agitandosi come una matta, non voleva farsi guardare e toccare a quel modo, ma lui l’avvicinò ancor di più e con voce bassa riuscì a tenerla più ferma e a dirglielo:
- Che ti voglio! -
Lei non ci vide più, il fuoco e il terrore nello sguardo, aveva ragione ad aver paura del mondo, sentirsi dire che erano dello stesso mondo la turbò ma al momento dava a vedere solo l’odio che emanava verso quell’insopportabile dongiovanni che si credeva chissà chi.
Quando lui era sicuro di averla catturata, scoprì a sue spese che Nike era indomabile ed era pane per i suoi denti, tanto che si sentì assestare una ginocchiata nei bassi fondi che lo fece accasciare a terra ancora dolorante.
Quando si alzò lei non c’era più.
- Meravigliosa … devo averla … -
Lui aveva sostenuto di essere come lei e l’idea stessa che le aveva dato era effettivamente quella, di un tipo incontrollabile almeno quanto lei, selvaggio e forte.
Chissà come si sarebbero sviluppate le cose.