UN POSTO PER ME
CAPITOLO
8:
SOTTO
PRESSIONE
-
Tutto bene, sia la signorina che il vostro bambino stanno bene, non
si deve preoccupare, basta che stia più a riposo e non si
strapazzi troppo, quando si è così giovani
è
normale non avere le giuste attenzioni, anche se lei non mi sembra
molto più grande della sua ragazza.
Le
consiglio di aver cura di lei e controllare che faccia una vita
sedentaria lontana dallo stress, almeno per questi 8 mesi! -
Forse
che le persone non sanno dare le notizie?
Oppure
il problema è che non sanno leggere in chi hanno davanti?
Qualunque
fosse il punto, non sarebbe cambiato il peso che si andava
aggiungendo nell’animo di Luca.
Era
solo un ragazzo. Solo un semplice, normale e comune ragazzo di 19
anni.
Eppure
le spalle già gli si appesantivano con situazioni
più
grandi di lui.
Un
ragazzino che affrontava le cose come un piccolo uomo, ecco chi era.
Gli
occhi blu dalle pagliuzze dorate si sgranarono rivolte al volto del
dottore che aveva appena finito di visitare Nike, sentitasi male
quella sera, giorno del suo compleanno.
Il
pallore già di norma sulla sua pelle si fece più
visibile facendo spaventare l’uomo che gli stava innanzi,
credendo
di vederlo svenire da un momento all’altro gli
balenò in
mente l’idea che forse non sapeva la notizia!
-
Mi scusi, forse ho frainteso. Non sapeva del bambino? -
Al
silenzio eloquente capì l’errore che aveva fatto
comunicando
in quel modo una cosa del genere, si morse il labbro con fare quasi
infantile per poi cercare di rimediare:
-
Ecco, la ragazza è incinta di cinque settimane circa, in
effetti pensavo lei sapesse già ma forse non ve ne eravate
accorti, è presto per averne la certezza in effetti.
Comunque
il mio consiglio non cambia, glielo vuole comunicare lei alla sua
fidanzata? -
A
sentire queste ultime parole Luca si riscosse realizzando che li
aveva scambiati per una coppia, un tempo ed in condizioni ottimali
gli avrebbe fatto un certo effetto, ma ora non si poteva pretendere
nulla di più di un vago e confuso:
-
No, non siamo fidanzati, siamo fratello e sorella … -
Qui
il dottore rimase un attimo di sasso e dovette pensarci attentamente
prima di rispondere onde evitare altri equivoci. Poi disse cauto:
-
Non è il padre del bambino? Allora sarà da
informarne
l’interessato, ci pensa lei, vero? Ad ogni modo se nessuno lo
sapeva mi dispiace che l’abbiate scoperto così. Mi
scuso
anche per avervi scambiati per due fidanzati è che non vi
somigliate molto quindi sembravate una così bella coppia
… -
Sempre
in condizioni ottimali lui avrebbe un po’ spiegato la
situazione,
ovvero che lei era stata adottata, pur con noia ma l’avrebbe
fatto:
ora non era in quelle famose condizioni, quindi non si poteva
pretendere molto di più!
Il
biondo prese ad ignorare del tutto l’uomo innanzi a
sé e con
sguardo perso e shockato, si mise a pensare e ripensare a quanto
appena appreso. Si ripeteva continuamente quella frase, anzi il
concetto: Nike era incinta, lo era di quel tipo antipatico che non
gli era mai andato giù, nessuno lo sapeva, nemmeno lei,
avrebbe dovuto dirglielo lui … come? Come ci sarebbe
riuscito? Come
si dicevano certe cose? Elisa era quella diplomatica e calma che
trovava le parole giuste al momento giusto, lui era un tipo caotico
in quelle situazioni, la sua mente andava in tilt e se qualcuno gli
avesse parlato ora, sicuramente si sarebbe messo ad urlare isterico.
Era pressione.
Sempre
più messo sotto pressione.
Una
cosa sembrava risolversi poi si scopriva che non era così e
doveva conviverci poiché soluzione non c’era, ad
aggiungersi
arrivava puntuale sempre un nuovo problema più grande
irrisolvibile e così avanti all’infinito.
Tutto
sulle sue spalle giovani ed inesperte.
Era
rimasto paralizzato, poi in trance aveva mosso qualche passo
portandosi davanti alla camera in cui si trovava Nike, si stava
rivestendo con uno sguardo confuso e più inselvatichito del
solito.
La
guardò in quel momento coi capelli spettinati ma lunghi ed
il
trucco ormai disfatto.
Dio,
se era bella.
Sicuramente
la più bella ragazza che avesse mai incontrato e
l’aveva
avuta accanto a sé per tutto quel tempo, crescendo con lei;
ora non era più con lui, lei se ne stava andando e questa
notizia per lui era la certezza che l’avrebbe persa e se ne
sarebbe
andata veramente.
Con
quel tipo.
Non
l’avrebbe più avuta accanto a sé, come
se cessasse di
essere sua sorellastra, sua amica, la sua Nike.
Qualcun
altro l’avrebbe protetta, sempre se avrebbe accettato!
Certo
lui lo dava per scontato che il suo ragazzo avrebbe agito come
avrebbe fatto lui al suo posto.
Lo
shock di Luca non era dato dal fatto in sé che lei era
incinta, ma dal fatto che lei ora se ne sarebbe andata via e
l’avrebbe persa definitivamente.
Questo
pensiero lo gettava nell’angoscia più totale.
La
vedeva e si diceva che era una creatura splendida, la più
importante per lui, non voleva perderla, lasciarla andare
così,
eppure non avrebbe mai potuto condividere una cosa simile con anima
viva, specie con l’interessata. Lei così selvatica
avida di
libertà e indipendenza ma anche protezione.
Non
poteva legarla a sé con un dichiarazione del genere proprio
in
quel momento.
La
cosa peggiore era che ora, ad ogni modo, avrebbe dovuto parlarle
ugualmente … proprio in quel momento ancora così
confuso,
proprio lui ferito, con un peso irragionevole che cresceva.
Le
sue spalle cominciavano a piegarsi e i massi ad aumentare.
Luca
sotto pressione.
Sempre
di più.
Il
suo diciannovesimo compleanno se lo sarebbe ricordato per tutta la
vita.
Il
giorno in cui aveva saputo di amare Nike e per questo l’aveva
persa.
Entrando
nella stanza dove Nike ormai pronta attendeva notizie sulla sua
salute, l’aveva osservata in silenzio con
un’espressione fin
troppo cristallina per lo smarrimento che vi si poteva leggere. Dopo
pochi attimi la ragazza l’aveva notato e con il suo sguardo
verde-dorato l’aveva sottoposto ai suoi personali raggi X per
capire cosa gli prendesse, poiché aveva chiaramente
qualcosa.
Che il medico gli avesse detto qualcosa di grave?
Lei
ignara di tutto sentiva col suo istinto che qualcosa non andava, da
un po’ di tempo aveva cominciato a girare in modo strano ed
ora
sicuramente le ruote dell’auto erano uscite di strada; ora
bisognava solo calcolare il danno e le conseguenze!
-
Ehi … -
Con
un filo di voce l’aveva salutato a modo suo, per provare a
scuoterlo da quella specie di catalessi che cominciava decisamente a
preoccuparla.
-
Luca? -
Il
suo nome pronunciato in quel modo così fine e quasi
delicato,
come indagatore, risuonava fra le pareti penetrandosi nei due
personaggi che si guardavano. Ad entrambi parve di sentirlo per la
prima volta. Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre
come se si risvegliasse, poi fece un impercettibile suono con la
gola, qualcosa che non si sentì chiaramente. Mosse un altro
passo.
Come
dirlo?
Lei
glielo leggeva in faccia, era questa la domanda che si stava ponendo
da quando aveva varcato quella soglia.
Non
capiva e non sapeva e l’idea che lui avesse
quell’espressione
shockata la infastidiva e l’agitava, non voleva che qualcosa
oscurasse di nuovo quel bel viso a lei così caro, il sole,
Luca.
Nessuno
aveva il diritto di annuvolarlo, ma attualmente era così
grigio da sembrare inverno e non estate.
-
Cosa hanno detto? È grave? Mi hanno fatto pochi esami, quasi
nulla in realtà … -
Provò
a immaginare cose avrebbero fatto le sue sorellastre, però
capì che se avrebbe parlato sarebbe stato peggio, avrebbe
potuto vederlo piangere, ne era certa.
Lo
vide sedersi nel letto accanto a lei e continuare a guardarla mentre
si tormentava le mani come faceva da piccolo quando qualcosa non gli
piaceva dal profondo ma sapeva che non poteva evitarla. Era
così
vicino che vedeva le iridi quasi grigie e una sensazione sgradevole
l’attanagliò alla bocca dello stomaco
torcendoglielo in un
dolore fisico sempre crescente.
Scrutò
il suo bellissimo viso d’angelo e per un attimo
riuscì anche
a provare attrazione per quelle labbra carnose da donna.
Attese
che lui facesse qualcosa con l’ansia che cresceva a
dismisura, poi
improvvisamente si sentì avvolgere delicatamente dalle sue
braccia forti, inizialmente s’irrigidì
istintivamente,
quando realizzò che era Luca ad abbracciarla si sciolse e lo
lasciò fare senza allontanarlo. Si chiese perché
lo
facesse ma se ne dimenticò quando la invase la pace che
cercava dalla nascita, quella pace che la colpiva di sfuggita quando
lui la sfiorava, la guardava o stavano semplicemente insieme.
Ora
ne fu completamente invasa, c’era dentro interamente e le
sembrò
di respirare per la prima volta. Una cosa simile lui non
l’aveva
mai fatta, provò del vago stupore sostituito subito dalla
sensazione di benessere che superava ogni cosa.
Non
era da Luca abbracciare le ragazze in quel modo e nemmeno provarci
con loro, figurarsi se aveva mai osato sfiorare Nike!
Dopo
un attimo che li vide fermi in quella posizione insolita per loro, il
ragazzo mormorò al suo orecchio con voce rotta e smarrita,
si
poteva percepire il dolore che aveva nel dire ciò:
-
Nike, ne sarei felice se non fosse di lui e tu lo sai. Non voglio che
nessuno ti porti via da me ma devi percorrere la tua strada. Aspetti
un bambino, sei alla quinta settimana. -
Eppure
nonostante ci sia qualcuno che sa leggere in chi ha davanti e
dà
le notizie nel modo corretto, la reazione non migliora lo stesso.
Come
un pugnale fu colpita da quelle parole che dovette studiare prima di
comprendere appieno.
Era
un addio.
L’addio
di Luca.
Non
un addio concreto, un addio simbolico.
Ora
Nike avrebbe dovuto a forza prendere la propria strada differente da
quella di Luca.
Angoscia
più per questo pensiero che per il bambino che aveva in
grembo.
Madre
… non ne aveva avuto una biologica ma aveva avuto un grande
esempio
e non aveva paura di quello scoglio, sapeva che sarebbe stata
aiutata, ma l’idea che ora fosse forzatamente di un altro, la
gettava in un fosso poiché la sua luce, Luca, si stava
allontanando.
I
giochi dei bambini erano finiti.
Era
una cosa naturale, accadeva a tutti di staccarsi dalla famiglia di
nascita per farsene una propria, non è un addio definitivo,
porta gioia, di norma, allora perché per lei era diverso?
Non
provava dispiacere per lasciare l’intera famiglia,
bensì lo
provava per lasciare Luca.
Il
suo Luca.
Fratello,
amico o che altro …
Gli
faceva male pensare che le cose sarebbero cambiate e che la persona
più importante della sua vita sarebbe dovuta per forza
essere
il suo fidanzato e non Luca.
Un
pensiero cercò di fare capolino in lei ma era
così
confuso e caotico che lo fece zittire e tutto ciò che
riuscì
a fare fu solo farsi abbracciare ancora.
Lasciarsi
andare per un attimo in quel sentiero smarrito e cercare la pace e la
luce che aveva sempre avuto accanto a lui.
Nulla.
Vedeva
il buio.
Il
padre di suo figlio non era chi avrebbe sempre voluto fosse in
realtà, peccato che modo per cambiare tutto questo non
c’era.
Quando
Luca giorni dopo si vide arrivare Nike in lacrime, sentì il
famoso peso sulle spalle diventare insopportabile.
Capì
subito, non serviva che gli dicesse nulla, ormai la conosceva al
punto da non dover usare le parole.
Lo
cercò immediatamente, senza nemmeno riflettere, si
gettò
fra le sue braccia interrompendo la sfida di basket con Nicola, lui
perse il passaggio e mentre la palla palleggiava lontano da loro due,
lei, ignorando il sudore di Luca che per il caldo stava giocando
senza maglietta, gli si aggrappò piangendo silenziosa.
Non
gli era mai capitato di vederla così.
Gli
fece impressione e la pressione stessa cominciò a farsi
sentire, quella pressione che lo calpestava da un po’ di
tempo.
-
Se ne va’. Non vuole saperne del bambino e mi molla. Dice che
si
trasferisce e non vuole saperne di me. Anzi, mi ha consigliato di
abortire … ha detto che … che un figlio nato da
un orfana non
potrà mai essere felice, mi abbandona anche lui, Luca. Ed io
…
io ora che faccio? Cosa dovrei fare? Non posso ucciderlo, non posso,
proprio io … no! Non so cosa fare … -
Il
resto si confuse fra i singhiozzi. Un pianto sempre più
rumoroso e pieno di dolore per i ricordi della litigata appena avuta,
condita da ricordi del suo passato che sicuramente non potevano
essere felici.
Questo
accadde.
Colpì
Luca con la potenza di un camion in corsa.
Forse
basterebbe a descrivere il suo stato d’animo, oppure si
potrebbe
immaginare una frana che minaccia di crollare per molto tempo ed
infine accade dopo l’ennesimo terremoto che la colpisce.
Prevedibilmente va giù tutto ciò che vi stava
sopra.
Un
ragazzo come lui sotto pressione, con principi e valori enormi ed
incrollabili a cui gli toccano una delle cose più importanti
della sua vita e calpestano circa tutto ciò in cui lui ha
sempre creduto, come potrebbe reagire?
Un
solo modo plausibile.
Uno
solo.
Gli
occhi da azzurro per il sole che li colpiva, divennero color
ghiaccio, due fessure sottili, lame taglienti pericolose.
-
Questa no. Questa non deve farla. -
“Io
ho dovuto rinunciare a lei per lui e lui la tratta così e le
assicura un futuro da inferno perché è uno
stronzo
immaturo bastardo e vigliacco? La fa piangere. Fa piangere Nike e
scappa … questa volta no.”
Pensò
così prima di separarsi dalla sorellastra, consegnarla a
Nicola che fissava in silenzio la scena, ed andarsene di corsa.
Sapeva
dove trovarlo.
Lo
sapeva.
Lo
sentiva.
Non
se ne era ancora andato e lui l’avrebbe trovato.
L’avrebbe
trovato e avutolo fra le mani, poi, gli avrebbe detto quello che
pensava.
Non
sarebbe scappato da quello.
Da
lui.
Vedere
Luca in quello stato fu uno shock di per sé per chiunque lo
conoscesse. Nicola e Nike gli andarono dietro cercando di fermarlo,
certi che non avrebbe mai potuto fare una cosa esagerata, lui non
poteva alzare le mani su nessuno.
Lui
era Luca.
E
lo stesso Bryan portò queste motivazioni ribadendo quanto
detto alla ragazza poco prima.
-
Tu non sai alzare le mani nemmeno su una mosca, non fai paura a
nessuno … -
Eppure
avrebbe dovuto averne, di lui in quel momento avrebbe dovuto aver
paura. Sarebbe bastato conoscerlo come lo conosceva Nicola e Nike
stessa, sarebbe bastato poco, in effetti, ma lui quel poco non
l’aveva mai messo, nemmeno in quel momento.
-
Tu … ho solo una cosa da dirti. Sei un pezzo di merda e se
te lo
dico credimi che lo penso ed è vero! -
Lui
insultava solo se lo pensava fortemente e lo pensava fortemente solo
se era vero.
Gli
altri che assistevano alla scena indietreggiarono intenzionati a non
fermarlo quando udirono codesta frase:
-
Chi mi assicura che sia mio il figlio? Una come quella può
essere stata con chiunque, perché proprio io? -
La
furia si abbatté definitivamente sulla causa di tanta rabbia.
Un
pugno potente colpì il moro che cadde a terra stordito e
stupito. Non si sarebbe mai aspettato una cosa simile da lui, si rese
conto di aver fatto un errore sostanziale: non aver mai voluto
conoscerlo!
Lo
colpì con un pugno, Bryan dopo la prima sorpresa
reagì
e ben presto nacque una rissa non indifferente, nessuno pensava che
Luca potesse colpire in quel modo, tranne il suo migliore amico che
l’aveva subito sulla pelle in una vecchia litigata storica.
Dovette
fermarlo proprio lui di forza, poiché la cosa degenerava.
Ira,
furia ed insieme a queste il dolore per aver sopportato cose che non
avrebbe voluto sopportare, per tutti i nodi ingoiati, per ogni cosa
repressa.
Perché
lui era buono e gentile ma c’erano cose per cui partiva e si
trasformava in qualcosa più simile ad una bestia che altro.
Nike
e la dignità, nonché l’onore, erano fra
queste.
Non
sarebbe servito a nulla se non a proprio sfogo personale, ma per lo
meno la sanità mentale del ragazzo era salva!