UN POSTO PER ME
CAPITOLO
9:
STO
CON TE
-
Era ora che arrivasse mattina, non ne potevo più di stare a
dormire! -
A
voce squillante per nulla insonnolita, il bambino di 7 anni si
alzò
dal letto con uno scatto veloce finendo in piedi sul materasso.
Cominciando
a saltellare con un risolino negli occhi furbi e le fossette
birichine nelle guance, vide sua mamma che con un alzata
d’occhi al
cielo apriva la saracinesca della porta vetrata che dava sulla
terrazza, entrò così la luce che
illuminò i
capelli arancioni del piccolo e gli occhi dorati più simili
a
quelli di un gatto sia per grandezza che per forma. Le lentiggini che
gli coprivano il corpo furono presto visibili vista la fine del
pigiama, subito buttato a terra.
Sembrava
il classico rosso ma aveva semplicemente preso dalla madre, quindi
anche da adulto sarebbe diventato semplicemente biondo e senza
lentiggini.
Questo
lo rassicurava poiché non gli andava molto a genio
l’idea di
avere quei puntini arancioni per tutta la vita. Inoltre se sarebbe
diventato come lei allora avrebbe anche potuto vincere il concorso di
Mr Universo poiché sicuramente sarebbe stato bellissimo!
Sua
mamma era la donna più bella del mondo, ai suoi occhi
appariva
così ed in effetti non aveva torto.
Dopo
essersi spogliato le saltò al collo coprendola di baci, fu
lì
che lei poté approfittarne per portarlo in bagno e posarlo
nella vasca dove una doccia veloce ebbe luogo: nemmeno a dirlo, si
levarono gli urli di Tarzan!
Lui
odiava l’acqua ma gli piaceva essere pulito e profumato
quindi ogni
volta c‘era un gran conflitto interiore per lavarsi
… spesso alla
fine preferiva rimanere sporco!
Era
riuscito a bagnare abbondantemente anche la mamma che con aria di
sopportazione si era tolta la camicia da notte ed era rimasta in
biancheria intima, la piccola peste se ne riempì gli occhi
sbrilluccicosi … sua mamma non era solo la donna
più bella
del mondo, era anche la SUA donna, l’amava alla follia e
qualunque
cosa facesse a lui piaceva, anche vederla nuda, cosa del tutto
naturale per lui.
Gli
sembrava una cosa da grandi e quindi lo divertiva molto. Del resto
lei non aveva nessun uomo nella sua vita e quindi era ovvio che la
considerasse solo sua. Senza padre, il piccolo bambino pestifero, si
era auto convinto di essere figlio e marito allo stesso tempo;
fortuna che ancora non sapeva cosa facevano marito e moglie!
Quando
la tortura della doccia terminò e la madre
l’avvolse con un
enorme asciugamano, lui tirò un sospiro di sollievo e
facendosi prendere in braccio dalla sua donna preferita,
appiccicò
il viso al suo bagnandola ancora, lei fece una smorfia: aveva la
stessa fobia dell’acqua.
Suo
malgrado lo portò in camera e l’asciugò
con grande
pazienza riuscendo anche nell’intento di vestirlo.
Il
tutto logicamente si svolse con un lungo monologo del bambino e
mentre questo accadeva la donna lo guardava gettarsi in nuovi passi
di break dance appena imparati. Era dura avere a che fare con uno
come lui, completamente diverso da lei: iperattivo, superallegro,
fantasioso, spericolato, combina guai, chiacchierone, pasticcione,
tonto, ingenuo, affettuoso e con una grande mania per
l’esplorazione
del mondo!
Lei
che non usciva quasi mai di casa per la paura che del mondo, che non
faceva mai nulla se non ne era costretta e anche allora lo faceva con
grande attenzione e sforzo, che non era quasi mai allegra, piuttosto
malinconica e selvatica, inavvicinabile e scontrosa, silenziosa e
realista. Da chi avesse preso quel carattere, quel bambino, era un
mistero!
Forse
dal vero padre … ma non avrebbe potuto dirlo con certezza,
non
erano stati abbastanza insieme da potersi conoscere fino a quel
punto, se ne era andato appena aveva saputo che lei era incinta,
classico vigliacco.
Di
lui non aveva più ricevuto nessuna notizia.
Dopo
aver visto il figlio ingozzarsi come una fogna (questo lato
l’aveva
preso da lei), il campanello suonò.
-
Simo, è arrivata la zia Elisa, sbrigati! -
Aprendo
la porta si era trovata davanti una bambina di 7 anni dai lunghi
capelli biondi e gli occhi verdi ed un maschietto moro coi ricci che
gli si spettinavano anche sugli occhi azzurri.
-
Sam, Jesai! -
Il
grido di Simone, dall’interno della casa, aveva superato il
saluto
che prontamente il bambino aveva ripetuto:
-
Ciao zia Nike … -
L’altra
invece si era messa a gridare alla bellezza delle 7.45:
-
SIMO DAI SBRIGATI! SEI SEMPRE TARDI! -
Quelli
erano i cugini dello spericolato figlio di Nike. Samantah era il
terremoto di Astrid mentre Jesai dal nome strano era il gioiello di
Elisa.
Lei
somigliava fisicamente ai genitori ed ai 2 fratelli maggiori, i
gemelli Michael e Daniele: aveva preso le parti migliori di mamma e
papà ed era una bellissima bambina, fin troppo allegra e
pestifera, considerando che fino ai 6 anni era stata un angioletto
esemplare e che da quando aveva iniziato scuola si era scatenata. La
si poteva chiamare creatura schizofrenica.
Lui
era la copia del padre tranne che per gli occhi che erano della
mamma. In quanto a carattere era tranquillo e calmo, molto maturo e
adulto per la sua età, proprio come Filippo, il padre;
l’opposto di Miriam la sorella maggiore.
Simone,
Samantah e Jesai erano un trio di cugini, Simone non lo era di sangue
ma era come se lo fosse, molto affiatati facevano tutto insieme e
anche se lei ormai era andata e vivere da sola in una casa popolare
pur di essere indipendente e non pesare ancora sulla sua famiglia
adottiva, erano comunque un unico grande danno … come lo
erano
anche il trio della prima generazione: Michael, Daniele e Miriam!
-
La mamma ha detto che la nonna le ha detto di dirle di dire a te che
… -
Sam
aveva iniziato un discorso molto complicato e confuso, come lei
riusciva sempre ad essere grazie ai geni di sua madre, Astrid. In suo
aiuto era arrivato il cugino Jesai che al contrario suo, con la
stessa capacità incredibile di sintesi ereditata dal padre,
aveva preso la parola:
-
Sabato siamo tutti al compleanno della nonna … -
Sia
Nike che la cugina accanto a lui lo guardarono con grande
ammirazione, era proprio la copia in miniatura di Filippo!
Il
clacson suonò per richiamarli all’attenzione,
così
Sam corse dentro, afferrò per mano Simone che ancora correva
a
destra e a sinistro con il boccone in bocca e lo tirò fuori:
-
Dai, la zia ha fretta, su! -
Salutarono
Nike e correndo come dei pazzi, facendo a gara, arrivarono alla
macchina; non si affannò come loro Jesai, non ne aveva la
minima intenzione!
Sabato
arrivò in fretta.
Ormai
in casa coi genitori viveva solamente Luca, persino Selene si era
spostata ed aveva messo su famiglia. Quella sera infatti sarebbe
arrivata col piccolo che aveva cominciato a camminare da poco a cui
tutti ponevano la maggior parte dell’attenzione per evitare
che il
nuovo gioiello di famiglia potesse cadere e farsi male, ma
soprattutto non si ficcasse in qualche guaio!
Il
piccolo Gabriele somigliava alla mamma dalla punta dei piedi a quella
dei capelli e quindi con lei aveva ereditato anche la mania di
combinare disastri e far urlare chiunque. Adorava aprire il frigo e
buttare giù uova e tutto ciò che gli capitava
sotto
mano, in bagno prendeva i detersivi e li apriva rovesciandoli tutti,
in cantina si imbiancava di farina … e questi erano
solamente
alcuni dei danni che faceva.
Un
vero terremoto, del resto degno cuginetto delle altre pesti!
I
primi ad arrivare furono Nike e Simone, ovviamente il piccolo corse
veloce come un fulmine per arrivare primo ed attaccarsi al
campanello, una volta che Nike riuscì a staccarlo la porta
si
aprì per farli entrare. Ad accoglierli era arrivato Luca e
per
un attimo la ragazza rimase senza fiato a guardarlo. Era veramente
molto che non lo vedeva. Simone si appese a lui gridando felice:
-
CIAO ZIO! -
Il
biondo dai capelli lisci che si sistemavano sulle spalle liberando il
volto grazie alla riga in parte, prese in braccio il nipote che
nonostante i 7 anni era leggero, fece qualche passo indietro e
sorridendo radioso come solo lui poteva, mostrò quel filo di
barba chiara che ormai si era lasciato crescere e che gli donava
un’aria da adulto terribilmente affascinante.
Se
possibile era ancora più bello di quando aveva 19 anni. A
quell’età tutti avevano creduto che fosse nel
fiore della
sua bellezza ma si erano sbagliati … non ci poteva essere
limite al
miglioramento. Il soprannome di angelo era appropriato!
Quando
poi il figlio corse dentro a salutare i nonni, portando il consueto
caos, Nike si scosse e mosse qualche passo verso il fratello adottivo
che l’attendeva osservandola a sua volta cancellando
lentamente il
sorriso dalle sue belle labbra pallide.
Già,
era veramente da molto che non si vedevano e anche lui rimase a sua
volta incantato, l’aver avuto un figlio in giovane
età non
aveva penalizzato la sua bellezza, sembrava sempre una gatta
selvatica pronta a scappare, attaccare o nascondersi dietro di lui.
Rivedendosi così veniva da ricordare quei momenti da bambini
in cui, inseparabili, facevano sempre tutto insieme, Peccato che poi
si doveva tornare al presente, un presente che ormai li vedeva
separati e distanti mille miglia.
-
Ciao … -
Lo
dissero insieme e per questo tornarono in un silenzio imbarazzante,
così senza sapere che dire decisero di darsi un bacio
guancia
a guancia per poi entrare in casa.
Lui,
con un po’ di impaccio, le chiese come andasse e lei rispose
con un
vago e conveniente:
-
Bene … -
Non
avrebbe mai detto la verità, o meglio che
‘bene’ era una
parola decisamente grossa!
-
E con Simone? Riesci a domarlo? -
Lei
alzò spontaneamente i begli occhi da gatta al soffitto con
esasperazione e lasciandosi andare disse:
-
Ieri ha tentato di scappare di nuovo … voleva convincere
anche gli
altri 2 fedeli compagni di disavventure che era bello esplorare il
mondo. Sam, nemmeno a dirlo, si è fatta convincere al volo,
fortuna che Jesai è andato con loro con l’unica
intenzione
di fermarli e riportarli a casa. Infatti ci è riuscito con
un
abile espediente … quei fessacchiotti ci sono cascati ma non
avevo
dubbi! -
Solo
parlando del figlio si scioglieva, lui lo sapeva per questo glielo
aveva chiesto e con un nuovo sorriso, non radioso ma sempre un
sorriso era, aveva così risposto:
-
Jesai è una manna dal cielo! Simone era alla ricerca del
padre, immagino … -
Un
ombra passò nello sguardo verde-dorato dell’ormai
bionda:
-
Come sempre … -
L’imbarazzo
tornò, interrotto questa volta dai loro genitori che
arrivarono a salutare Nike.
I
secondi ad arrivare furono Selene e il marito, sposati da poco
più
di 2 anni, col piccolo Gabriele. Lei aveva maturato una bellezza da
donna e non più da ragazza, coi capelli corti e scalati, un
taglio sperimentale, e le maches bionde sembrava quasi seria, gli
occhi di ghiaccio ingannevoli stavano già progettando una
possibile tortura per la sorellastra che non vedeva da un po’
di
tempo. Il marito era un fotografo alto dai capelli castani, di
qualche anno più grande di lei, sul bel volto dai lineamenti
da zingaro presentava un po’ di barba scura che gli donava
alquanto.
La
loro storia era molto bella: lei diventata campionessa di basket a
livello nazionale era stata presa di mira da un sacco di giornalisti
per mille interviste, vista anche la sua bellezza e spigliatezza,
oltre che bravura; era scoppiato il boom di Selene Basso, la
giocatrice di pallacanestro, l’ala della nazionale femminile.
Grazie a questo lui aveva ricevuto l’incarico di farle un
servizio
fotografico da parte di un giornale sportivo molto prestigioso. Lui,
fotografo sportivo di nome Lorenzo, l’aveva conosciuta
così
ed era rimasto subito affascinato da quel tornado dal forte carattere
irascibile e provocatorio. Nonostante l’aspetto molto
femminile
sembrava più un maschiaccio e gli abiti che indossava davano
ragione a questa seconda idea: adorava lo stile militare, per cui era
un mix molto intrigante. Avrebbe dovuto farle solo un paio di foto ma
alla fine da quel pomeriggio era uscito materiale adatto ad un book
intero … cosa che le regalò dopo aver addobbato
un’intera
mostra fotografica di foto sue, tutto per dichiararle il suo amore e
chiederle di uscire con lui. Lei era rimasta catturata a sua volta da
quell’artista folle dalle idee così stravaganti;
del resto
anche lui era veramente bello: capelli color cioccolato, mossi un
po’
lunghi, un leggero velo di barba che gli ombreggiava il volto da
zingaro e occhi verde azzurri penetranti … nonché
un sorriso
indecifrabile che gli donava un tocco di mistero. Aveva tutta
l’aria
di essere un tipo difficile e così infatti era stato. Dopo
essere passato da fotografo sportivo a free lance che girava il
mondo, per il bene della carriera di Selene se ne era andato senza
dirle nulla, per lasciarla libera di dedicarsi al basket come pensava
fosse giusto che facesse.
Quando
lei l’aveva scoperto ed aveva capito il motivo del suo
abbandono si
era infuriata come non mai e facendosi in mille per trovarlo (visto
che non aveva lasciato tracce di sé), era andata da lui di
corsa attraversando mezzo mondo, letteralmente, e una volta arrivata
da lui gli si era buttata addosso picchiandolo come una furia,
insultandolo! Gli aveva detto che era lei a decidere di sé
stessa e della sua vita e che non era una bambola di porcellana
delicata, che lei sapeva prendere le sue decisioni e reggere
qualsiasi situazione. Così a lui non era rimasto che
chiederglielo fra le lacrime, sussurrando senza gridare, colpito nel
profondo da quella ragazza sconvolgente per uno come lui:
‘E
allora sposami e dedicati a me … la faresti questa
scelta?’
Lei
non aveva avuto nemmeno bisogno di pensarci, gli aveva gridato un si
al colmo della felicità, piangendo a sua volta, stringendolo
mentre, finiti a terra nel litigio precedente, tornavano a respirare
e a vivere.
Così
aveva scelto di rallentare un po’ con la pallacanestro e,
appena
rimasta incinta, aveva detto del tutto addio a quello sport che per
lei aveva significato molto. In un ultima intervista in diretta
televisiva aveva annunciato il suo abbandono alla carriera mentre
Lorenzo l’aspettava dietro le quinte ascoltando le sue parole
e
vedendo come, attraversando il campo vuoto di basket, sempre filmato
dal cameraman, lei aveva fatto finta di palleggiare, aveva piegato le
ginocchia e con uno sguardo molto attento ed occhi azzurri che
vedevano molto lontano, aveva tirato la palla immaginaria dritta nel
canestro. Tutti, vedendo lei che faceva il consueto segno di
esultanza col pugno alzato avevano visto chiaramente la sfera di
cuoio infilarsi nel cerchio e bruciare la retina nell’ultimo
punto
ufficiale della sua vita da cestista. Erano stati momenti emozionanti
nei quali molti si erano commossi, tutti tranne la diretta
interessata che al posto di uno sguardo triste e malinconico come
sarebbe stato appropriato e giusto, aveva sorriso radiosa
apprestandosi ad affrontare una nuova partita molto difficile, una
grande sfida per il suo animo combattivo.
In
effetti così era stato.
Gabriele
era nato dopo circa nove mesi di gravidanza splendida ed aveva
portato una gioia di cui già disponevano abbondantemente,
facendo capire che non c’erano rimpianti per nessuno e che lo
studio fotografico appena aperto da Lorenzo rimpiazzava ugualmente la
carriera di free lance, l’eterno sogno del moro che ormai non
avrebbe più potuto realizzare!
Questa
la loro storia.
Nike
aveva già con un considerevole mal di testa e
l’istinto di
andarsene o nascondersi dietro Luca, ma si sentiva in dovere di fare
la grande e facendo violenza su sé stessa si
obbligò a
non cercare il suo aiuto. Il piccolo nanetto erede del terremoto
Selene, era già protagonista di risate e urla isteriche
… se
si pensava che Simone fosse un demonietto, allora lui era il diavolo
in persona!
Successivamente
arrivò la famiglia di Elisa, grazie al puntuale Filippo che
aveva cominciato a preparare tutti un ora prima del necessario, il
ritardo era nel DNA della famiglia e non si poteva pretendere che
Elisa ne fosse stata sottratta!
La
donna aveva assunto un aspetto molto più materno, dolce e
sereno, ma non c’era da aspettarsi nulla di diverso da lei.
La sua
storia con Filippo andava avanti da quando Elisa aveva 15 anni circa:
avevano frequentato la stessa scuola e corso di teatro, lei se ne era
innamorata poco a poco e una volta persa la testa per lui, lui si era
defilato. Non si erano visti per molto tempo, durante il quale
avevano avuto ognuno le proprie storie ed esperienze, ma nulla di
serio ed impegnativo. Poi si erano rivisti, decisi a riattivare i
contatti. Alla fine aveva vinto lei e il suo sentimento mai spento
…
con pazienza e dolcezza aveva saputo dargli quello che lui cercava da
sempre e che non aveva mai trovato, tormentandosi per questo. Miriam
che al momento aveva 11 anni, come già spiegato, era la sua
copia.
Anche
Elisa da piccola era un terremoto, quindi si confidava nel fatto che
prima o poi si sarebbe calmata anche la bambina; Jesai, di 7 invece
era la copia del padre e di questo da un lato si doveva ringraziare
il cielo vista la maturità e coscienziosità ma
anche il
carisma e la stoffa del leder che aveva. Una forte volontà e
senso del dovere, un grande personaggio che si notava e lasciava il
segno. Aveva testa e talento per qualsiasi cosa decidesse di fare.
Così era anche il figlio. Solo che ereditando anche i
difetti,
era diventata una creatura molto chiusa, testarda, orgogliosa,
difficile e lunatica … non era certo uno scherzo avere due
figli
così!
Nike
potè tirare un sospiro di sollievo vedendo la sorellastra
preferita: Elisa.
Non
si vergognò di andare da lei!
Loro
si vedevano spesso visto che Simone era coetaneo e molto amico, anzi,
un tutt’uno, con Jesai e Samantah. Certo Nike con Elisa si
vedeva
volentieri ma il fatto di essere costretta a farlo anche con Astrid
altrimenti i figli avrebbero dato fuoco alla casa di entrambe, non le
dava molto piacere!
Ebbene
sì … arrivò anche lei,
l’ultima come sempre: Astrid
coi 3 figli e il marito.
Lei
e Marco avevano un ulteriore storia molto simpatica: lei
l’aveva
conosciuto in un pub dove lui lavorava e appena incontrato le era
piaciuto subito, del resto Marco aveva il tipo di bellezza che lei
gradiva molto: alto, biondo, occhi chiari, sorriso radioso, sincero e
contagioso; inoltre era simpatico, allegro, alla mano e soprattutto
stava agli scherzi ridendo alle sue battute e figuracce!
Lei
decisa a non farselo scappare gli aveva lasciato subito un biglietto
con una frase tratta da una canzone di Eminem chiedendogli se gli
interessasse conoscerla … o meglio il concetto era quello,
le
parole non esattamente.
Lui
le aveva risposto che era fidanzato così la cosa era morta
lì,
lei non ci aveva più provato anche se era tornata
ripetutamente in quel locale perdendosi ore a mangiarselo con gli
occhi, alla fine era diventata sua amica lo stesso. Lentamente
avevano iniziato a salutarsi sempre e senza che se ne rendessero
conto, lui stesso si ritrovò felice di vederla spesso
finché
si trovò a provarci inconsciamente con lei. Così
lentamente si erano simpaticamente innamorati e in maniera
altrettanto stravagante, così come erano entrambi, si erano
messi insieme.
Dopo
le mille delusioni che lei aveva avuto in amore le era sembrato il
paradiso potersi fidare di qualcuno allegro e solare come lui. Era il
classico tipo che lei adorava: socievole, disponibile, forte, sicuro,
passionale, irascibile. Insomma, guai a farlo arrabbiare: capace di
cacciarsi nei guai facilmente. Certo, crescendo si era calmato,
così
come un pochino anche lei. Insieme formavano una bella coppia e la
storia alquanto comica e da film, piaceva a molti!
Dai
figli non si poteva aspettare nulla di diverso: 3 terremoti! Michael
e Daniele avevano attualmente 11 anni, formavano con Miriam il primo
trio della generazione di cugini inseparabili e come già
spiegato nonostante questi fossero gemelli identici, caratterialmente
erano uno il braccio e l’altro la mente e, nemmeno a dirlo,
si
contendevano la bambina che diventava sempre più carina.
Samantah
aveva ingannato tutti poiché aveva dato
l’illusione d’essere
buona e tranquilla fino ai 6 anni, come la madre da piccola, poi si
era svegliata ed era diventata il maschiaccio spericolato che una ne
faceva e cento ne pensava; in realtà Astrid era rimasta
buona
e calma fino all’adolescenza, ma Sam aveva anche il DNA del
papà,
un iper attivo fin da piccino. Questa, attualmente di 7 anni, formava
il secondo trio della sua generazione insieme agli altri cugini,
Simone (cugino adottivo) e Jesai.
Insieme
erano proprio da reality show: non facevano annoiare nessuno!
Quando
furono tutti arrivati il campanello suonò di nuovo e solo
Nike
si chiese chi fosse, con sguardo attento guardò Luca che
andava ad aprire la porta e quando accolse una bella ragazza dai
lunghissimi boccoli neri e occhi azzurri da lunghe sopracciglia
scure, si sentì come se il filo su cui camminasse da
acrobata
fosse sospeso nel vuoto e non su una rete sicura … quella
rete le
era stata improvvisamente tolta senza che se ne accorgesse e il fatto
che l’avesse sempre data per scontata, e per questo fosse
sempre
riuscita a rimanere in equilibrio senza cadere, ora la penalizzava
mettendola nel caos. Adesso la rete non c’era e
psicologicamente
era fragile poiché cadendo si sarebbe fatta molto male.
Rendersene conto a quel punto ed in quel modo era la cosa peggiore.
-
Nike, ti presento la mia ragazza, Alyssa. Stiamo insieme da qualche
settimana, mia mamma ha insistito affinché la portassi oggi
e
te la presentassi … -
Se
lo chiese in effetti, come mai non gliela aveva detto o fatta
conoscere prima? A quanto sembrava la famiglia l’aveva
già
conosciuta, lei no. Ma questo fu presto accantonato quando lei le
tese la mano da stringere e le disse ‘piacere’ con
un bel sorriso
radioso. Aveva l’aria da gatta, ma non una gatta morta,
semplicemente una sinuosa creatura.
Se
avesse potuto sparire l’avrebbe fatto ma con tutti gli occhi
puntati addosso non potè far altro che prendere quella esile
mano dalle lunghe dita affusolate e fare un mezzo a sorriso, del suo
meglio.
Ad
Alyssa parve di trovarsi davanti l’ex fidanzata di Luca
invece che
una sorella adottiva. Non seppe spiegarselo ma la trovò
incantevole nonostante avesse già un figlio di 7 anni. Anche
se non aveva nulla da invidiarle non si sentì alla sua
altezza, come se comunque Nike fosse sopra di lei di qualche gradino!
Nike
si sentiva inspiegabilmente male, a disagio, contrariata del tutto
dalla situazione, come se in un certo senso Luca la stesse
beffeggiando, non tenesse veramente a lei come le aveva sempre detto
e fatto credere. Le montò su una rabbia tale che
l’impulso
di prenderlo a schiaffi lo trattenne a stento, si limitò a
lanciargli un occhiata infuocata dove i suoi occhi dorati si
assottigliarono improvvisamente mentre si posavano in quelli azzurri
di Luca che non capiva assolutamente che accidenti stesse accadendo.
Ingenuamente pensò che fosse rimasta male per il fatto che
non
le aveva parlato prima di Alyssa, il fatto era che lui stesso non se
l’era proprio sentita, anche l’idea di
presentargliela quel
giorno l’aveva fatto star male. Le avrebbe parlato, se lo
ripromise.
La
festa iniziò fra mangiate, bevute, risate e confusioni
varie,
arrivò poi il momento del consueto annuncio. Elisa si
alzò
richiamando l’attenzione di tutti, alzò i
bicchieri e disse
a modo suo che aspettava un altro bambino al che si udì un
urlo rabbioso di Astrid che a sua volta si alzò
spintonandola
e gracchiando:
-
COPIONA CHE NON SEI ALTRO! IO DOVEVO DIRLO QUESTO! -
Tutti
la guardarono stupiti ed anche se ormai quasi tutti la conoscevano,
riuscivano ancora a chiedersi se il tempo per lei non passasse mai!
-
Come … anche tu? -
Chiese
la madre con gli occhi lucidi cominciando a sventolarsi. (puro panico
all’idea di un’altra peste in giro per il mondo
… )
-
Oh no … di nuovo! Poveri bambini! -
Fu
invece la reazione schietta e simpatica di Selene, anche Nike
l’aveva
distrattamente pensato mentre non staccava gli occhi di dosso da Luca
ed Alyssa. I bambini cominciarono a saltare e ridere contenti dei
nuovi cugini in arrivo mentre il caos generale
s’alimentò
con le risa anche dei grandi, infine però fu proprio Filippo
a
stuzzicare la cognata, come faceva spesso, e ironico come solo lui
sapeva sempre essere, chiese:
-
E se è una femmina la chiamerai Ingrid? -
Astrid
si voltò di scatto facendo una smorfia accompagnata dal dito
medio e con un ringhio rispose:
-
Intanto sarà di sicuro un maschio e poi il tuo allora
dovresti
chiamarlo Qualunquista! -
Chi
non li conosceva e non sapeva la storia dietro a questi due nomi, non
poteva capire e divertirsi, ma tutti i presenti, o quasi, la sapevano
per cui l’ilarità generale crebbe. Ingrid era il
nome con
cui Filippo l’aveva chiamata la prima volta facendola
infuriare
(lei odia chi le storpia il nome), mentre Qualunquista era
l’unico
insulto per cui uno tutto d’un pezzo come Filippo
s’infastidiva;
così si chiamavano a vicenda in quel modo. Già
… i
due non andavano affatto d’accordo tuttavia in
realtà se
c’era da collaborare lo facevano, quello del litigio era
più
un gioco che altro.
Quando
la serata finì e cominciarono ad andare via un po’
tutti,
Nike tirò un respiro di sollievo realizzando che finalmente
se
ne sarebbe potuta andare anche lei, stava giusto preparandosi quando
udì dire da Luca ed Alyssia che avrebbero finito la serata
altrove. Dire che se ne risentì parecchio è usare
un
eufemismo, così con profonda ira nei confronti del biondo,
senza spiegarsela razionalmente, decise di togliergli il saluto.
Selvatica come un tempo era stata, chiamò Simone con tono
fermo, salutò i genitori e senza dire altro se ne
andò
superando la coppia che tanto le aveva arrecato fastidio. Luca la
vide andarsene con la sua piccola auto, con un Simone agguerrito che
non voleva saperne di separarsi dai cuginetti.
Era
a dir poco senza parole, non l’aveva mai fatto …
gli aveva tolto
il saluto!
Capì
che era veramente arrabbiata e senza spiegarsi il motivo, si disse
fra sé e sé che sarebbe andato da lei per
parlarle e
spiegarsi … si, ma spiegarle cosa? Che dopo aver passato la
sua
vita fino a quel momento ad amarla senza essere ricambiato, si erano
allontanati e capendo di non aver speranza aveva deciso di provare
una nuova strada con una che le somigliava dentro?
Arrivati
a casa Nike cambiò Simone e lo preparò per la
notte con
gesti seccati e nel silenzio più assoluto. Così
il
piccolo aveva lentamente cessato di lamentarsi e si era messo a
fissarla in maniera diretta. Altrettanto diretto poi le aveva detto:
-
Mamma? Non ti piace la fidanzata dello zio? -
Nike
si era fermata improvvisamente lasciandolo con la maglia del pigiama
a metà sulla testa, pur lui agitandosi per tornare a galla
lei
non si mosse, si chiese chi mai fosse Simone … un bambino di
7 anni
oppure un mago dai misteriosi poteri? In realtà non sapeva
di
preciso nemmeno lei se il problema fosse proprio quello. Quando la
testa arancione di Simone riuscì a spuntare dal collo della
maglia, vide il bel volto di sua mamma nel caos che lo fissava ebete,
così continuò candidamente:
-
A me sembra che ti somigli, forse è per questo che non ti
piace. Anche io al tuo posto sarei gelosa. Andrei da lui e gli direi
così: ehi tu! Se ti piaccio così tanto da
prenderti la
mia copia perché non me lo dici semplicemente? Ecco, una
cosa
simile, direi! -
-
M-ma … ma … lei non è uguale a me, ha
i capelli neri … -
Provò
a dire debolmente mentre abbandonava il resto dei vestiti sul
pavimento.
-
No, ma c’è qualcosa che ti assomiglia …
il carattere,
forse? O forse i modi di fare. Mah! E’ come se dentro avete
qualcosa di uguale … .ecco! Siete fatte della stessa pasta! -
Concluse
trionfante il figlio mentre saltellava per la stanza per nulla
stanco. Lei rimase ancora ferma e pensierosa senza zittirlo come
faceva sempre, si rivedeva l’immagine di Alyssa che solo
poche ore
prima aveva avuto davanti. In effetti aveva ragione, l’aveva
detto
in modo complicato ed infantile ma aveva ragione, che fosse questo?
Che Luca in realtà cercasse lei? Per Simone era scontato,
come
lo era il fatto che lei gli piacesse. Sospirò e
l’uragano
dai risolini felici si fiondò di nuovo su di lei facendola
finire a terra:
-
Mamma … voglio un papà come ce l’hanno
Sammy e Jesy! Ma
non un papà qualsiasi, uno che mi piaccia, che io piaccia a
lui e con cui ridere, giocare e divertirmi sempre! -
Lei
finalmente distratta dai suoi ripensamenti eterni, le disse ridendo a
sua volta:
-
Tu vuoi un compagno di giochi, non un papà! -
-
E che cosa fa un papà? -
-
Un papà gioca con te ma anche ti sgrida quando combini i
tuoi
guai, ti impedisce di scappare di casa per esplorare il mondo e ti fa
rigare dritto! -
-
Mica solo queste brutte cose, vero? -
-
No, penso che ti dovrebbe anche coccolare un po’ …
ti vuole bene,
no? Semplicemente ti vuole bene. Che ne dici? Sei sicuro di volerne
uno? -
-
Certo! Così coccola anche te! Zio Marco e zia Astrid non si
coccolano spesso però una volta li ho visti darsi un bacino
per il loro anniversario, era un bacio come quello dei film
… così
ho spiato anche zia Elisa e zio Pippo, loro si scambiano bacini e
coccole più degli altri due, solo in privato,
però;
così mi sono detto che anche tu dovresti avere qualcuno che
fa
quelle cose romantiche così siamo come tutti gli altri e
posso
vantarmi del mio papà, come fa quella chiacchierona di
Sammy!
-
“Senti
chi parla di chiacchiere!” Pensò al volo Nike mentre continuava ad
accarezzare i capelli
arruffati del piccolo che la stringeva, i suoi occhi brillavano
mentre parlava di quelle cose e la bocca dagli angoli birichini
sorrideva contenta. Ogni tanto le faceva questi discorsi ma lei non
lo ascoltava adeguatamente.
Stava
bene con lei, erano un bel duo e se era di cattivo umore solo Simone
riusciva a tirarla su, come quella sera.
-
Non ti basto più? -
Chiese
quindi lei senza stupirsi del ficcanasare di quel bambino troppo
vivace.
-
Certo ma voglio anche un papà … hai visto stasera
che tutti
i miei cugini ne avevano uno? E come poi zio Marco ha giocato con
Sammy per distrarla dai regali della nonna? O quando zio Lory ha
consolato Gabry facendolo anche addormentare? O quando zio Pippo ha
spiegato a Miriam come devono stare le bambine che indossano le
gonne? Io non avevo nessun papà che facesse niente di tutto
questo, nemmeno che mi sgridasse quando ho rotto quei piatti! Hai
dovuto farlo tu anche se di solito lo fanno i papà
… -
Lei
così non rispose e lo abbracciò forte mentre un
nodo le
comprimeva lo stomaco. Che ansia assurda sentiva in quel momento,
probabilmente era quella del figlio. Aveva un desiderio così
grande di avere un padre che l’aveva portato a studiare cosa
facevano quelli degli altri e solo dopo essere stato sicuro che ne
mancava uno anche a lui, gliene aveva parlato così
seriamente.
Aveva
ragione, una persona viene cresciuta da una figura maschile ed una
femminile appunto perché sono diverse come ruoli e modi di
fare ed essere, ognuno ha i propri compiti ma soprattutto il bene che
può dare un genitore non lo possono dare in due.
Perché
i figli hanno tanto bisogno di amore? Un amore così grande?
Perché richiedono tante attenzioni ed energie,
perché
danno molto ma devono avere altrettanto, perché se lo
meritano
e solo con l’adeguata quantità di sentimento
possono
crescere come si deve e diventare le persone per cui sono nate!
Lo
sapeva bene, ora lo sapeva, ma saperlo non semplificava le cose. Non
aveva idea di dove fosse Bryan, il vero padre di Simone, e non voleva
nemmeno saperlo. Non avrebbe mai potuto vivere una vita con uno come
quello che sicuramente non era adatto ad essere padre.
-
Hai ragione, tesoro, ma non è facile trovare una persona
come
dici tu … -
A
questo punto Simone si accese di nuovo tirandosi su sui gomiti e
guardandola allegro con i suoi grandi occhi vispi, disse:
-
Ma noi lo conosciamo uno così! Uno che ci vuole bene, ci
coccola se vogliamo, che mi sgrida se proprio serve, che ci aiuta e
che … fa tutte le cose che fanno i papà! Lo zio
Luca è
così! -
Lì
lei si soffocò con la sua stessa saliva chiedendosi se per
caso quel discorso non fosse un copione di uno scrittore incapace e
poco originale; era banale che lui puntasse a questo, solo lei non
l’aveva capito sin dall’inizio.
Da
quando in qua erano i bambini a scegliere i padri?
Non
ebbe tempo di rifletterci che lui cominciò a stritolarla
iniziando a pregarla:
-
Dai e dai e dai! Non dirmi che non ti piace lo zio, basta che venga a
vivere qui poi noi facciamo come abbiamo sempre fatto, solo che a
badare a me c’è anche lui … dai su, non
ci vuole
nient’altro e se non volete darvi i bacini davanti a me io
vado a
giocare da Sammy o Jesy. Su su su, dì di sì,
chiamalo,
ti prego, chiediglielo! -
Ok,
Simone aveva una visione tutta personale dei padri, non aveva ben
capito come funzionava la cosa e soprattutto che era più
complicato di quanto la mettesse lui. Tuttavia anche se le parole di
quel piccolo tornado erano da interpretare lei lo capiva benissimo e
sapeva che in fondo non aveva proprio torto. Sarebbe bastato che
entrambi lo volessero. Lei? Lei lo voleva? Lui sicuramente no, ormai
stava con quella ragazza … come fare? Si mise da sola mille
barriere per impedirsi di attuare il desiderio di Simone (o di
sé
stessa?) ma poi una vocina nella sua testa cominciò a
ripeterle ferma e convinta, molto severa:
“Tutto
si può fare, basta volerlo! Sei tu che ti metti barriere ed
impedimenti, in realtà tutto si risolve, puoi fare ogni
cosa!”
Rassegnarsi
a quel sentimento che provava per Luca, che aveva il sospetto di
sentire da tempo ma che non aveva mai liberato per la propria
vigliaccheria!
“Dunque
potrei?”
Si
chiese inaspettatamente.
“Lo
voglio? Voglio passare la mia vita con Luca?”
Onestamente
era precipitoso una domanda simile ma lei se l’era fatta
perché
la richiesta di Simone era quella e lei sapeva che aveva ragione. Che
nessun altro uomo avrebbe potuto amarlo (amarli) come faceva lui. Lo
sapeva.
Ma
la paura folle di parlarne e di capire cosa volesse Luca, come la
vedesse e cosa provasse, la gettava nel caos.
-
Mamma, provaci … se vuoi glielo chiedo io allo zio, se vuole
essere
il mio papà. Non ho problemi! -
Lei
fece un risolino forzato per tranquillizzarlo:
-
So bene che tu non te ne fai! -
Poi
ci pensò un attimo e in quell’istante decise.
-
Ci provo … -
L’aveva
appena fatto addormentare e senza l’ombra del sonno
gironzolava per
casa mettendo a posto, si era già preparata per la notte,
indossava quindi una canottiera gigante che le scollava molto sul
seno diventato prosperoso dopo la gravidanza. I capelli sciolti come
sempre li aveva pettinati alla meglio, senza farli diventare crespi
viste le onde che aveva, mentre il viso struccato la rendeva naturale
e nel complesso sembrava quasi nuda rispetto al solito, sempre
coperta il più possibile!
Ripensava
alla serata e poi al discorso con Simone. Quel bambino era fin troppo
sveglio e le aveva tirato fuori a forza delle confessioni e
realizzazioni che mai avrebbe voluto lasciar libere. Cosa provava per
Luca? Ormai era da molto che non era più semplice sentimento
fraterno, prendersi in giro a quel modo era stupido. Era scappata
abbastanza, costringendosi a rimanere sola, respingendo tutti i
ragazzi che la corteggiavano. Certo, quell’unica esperienza
che si
era concessa l’aveva scottata eccome, ma tutti prima o poi
tornano
a vivere. Eppure lei l’aveva sempre saputo che se ci fosse
stato
qualcuno di cui si sarebbe mai potuta fidare quello era Luca. Luca
non in quanto fratello e confidente, Luca in quanto ragazzo.
Si
sentiva ancora confusa ma l’ammissione fatta un po’
forzatamente
con Simone le era servita a capire che ci teneva veramente a lui e
che l’unico uomo che avrebbe voluto accanto a sé,
sarebbe
potuto essere solo Luca, di lui si sarebbe fidato ciecamente perfino
senza vederlo per 50 anni. Era forte ciò che la legava a
lui,
diverso da quello che aveva provato per Bryan, con cui c’era
stata
passione e attrazione.
Con
Luca non avrebbe mai saputo dire cosa sarebbe potuto essere,
però
sapeva che da bambina aveva deciso di rimanere in quella famiglia
principalmente per lui e non per altri.
Fu
in quel momento che sentì bussare lieve alla porta facendole
così fare un notevole salto spaventata, si piazzò
per
abitudine in posizione d’attacco karateka e con occhi
spalancati e
il batticuore si avvicinò cautamente alla porta
d’ingresso,
guardò dal buco chiedendo chi fosse, la voce la
rassicurò
ancor più di ciò che vide: era Luca. Inizialmente
si
sentì sollevata, ma poi si ricordò di tutti i
pensieri
che aveva appena fatto e si tese ancor di più.
-
Che faccio ora? Che gli dico? -
Poi
si fermò e sempre col panico addosso si rispose da sola:
-
Un momento … è lui che è venuto da me,
mica l’ho
chiamato io, significa che deve parlarmi e che io devo solo
ascoltarlo! -
Con
questo pensiero tirò una specie di sospiro. Ce
l’avrebbe
fatta!
Aprì
la porta dopo lunghi minuti senza però riflettere sullo
stato
in cui si trovava, quando l’ebbe davanti entrambi trattennero
il
fiato guardandosi a vicenda. Per Luca che non la vedeva da molto
tempo in tenuta comoda da casa, vederla così era come un
tornare indietro nel tempo, accorgersi quanto la desiderasse,
ricordarsi quanto bella fosse così selvatica.
Notò
l’aria da panico e spaventata che aveva e si chiese se il
tempo non
fosse tornato ancora una volta indietro.
-
Posso entrare? -
Le
chiese lui con voce roca.
-
Eh? Perché? -
Domanda
tipica sua, stava sulla difensiva ed era più forte di lei.
-
Scusa l’ora ma avevo bisogno di parlarti e dovevo farlo ora
… o
non dormivo! -
-
E … e lei? -
Cautamente
dovette chiederlo. Lui trasalì poi rispose:
-
L’ho riportata a casa; non potevo certo portarla qui
… -
Schiettamente
lei reagì:
-
E l’hai portata a casa per venire a parlare con me!? -
-
Si! -
-
Cosa ha detto? -
Nel
dialogo lei cominciò a sciogliersi trovando buffo e anomalo
il
comportamento dell’amico, ora addirittura imbarazzato. Si
grattò
la nuca e rispose vago:
-
Bè, si è arrabbiata … -
-
E lo credo! Se tratti le tue fidanzate così … -
-
Così come? -
-
Anteponendo un’altra a lei! Non dovevate ‘finire la
serata’? -
Lei
tirò fuori la malizia e lui arrossi tossicchiando
così
lo fece entrare ridacchiando, era da molto che non parlavano
rilassati a quel modo. Veramente da troppo tempo. Eppure era come se
l’avessero fatto solo il giorno prima!
-
Ma non sei un’altra! Sei tu! E poi mi premeva di
più
parlarti … -
Si
passò nervoso una mano fra i capelli togliendo
così
l’ordinata riga in parte. Certo avere un uomo così
bello in
casa ed essere così naturali era da invidiare!
-
Io? E chi sono? Tua sorella? Se così fosse perché
arrabbiarsi se vai da lei? Certo … preferire la sorella alla
morosa
… -
Ora
era del tutto in confusione!
-
Infatti abbiamo discusso per questo, lei è gelosa di te e ti
vede non come mia sorella … -
Il
silenzio immediato fu pensante ma lei quella domanda logica doveva
farla.
-
No? E cosa? -
Mentre
dentro di sé sperava che la risposta le facilitasse il
compito, lui cominciò a sudare ed a camminare nervoso, il
fatto di aver avuto rarissime esperienze con le donne incideva
enormemente. Non sapeva trattar con loro!
-
Lei pensa che tu sia … la mia vera ragazza. -
Detto
in maniera poco comprensibile, in fin dei conti non si poteva
pretendere altro da Luca. A lei il cuore perse un battito
comprendendo al volo cosa stava dicendo, il senso di quelle parole.
Solo
sentendole e capendole comprese a sua volta di aver desiderato di
sentirle da molto tempo.
Incerta
e col fiato sospeso disse fine:
-
E tu che dici? -
Senza
sbilanciarsi, anche se forse lui aveva già capito. Forse.
-
Io … non ti ho detto la verità. Io e lei ci siamo
lasciati
dopo una litigata furiosa perché lei mi ha detto brutalmente
che quella che voglio sei tu e … ed io sono …
d’accordo … -
Era
stato molto faticoso dirlo, gli era servito molto coraggio. Del resto
dopo tutto quel tempo passato a vederla e trattarla come una sorella,
dopo l’essersi accorto di amarla e l’aver dovuto
rinunciare a lei
poiché lei se ne andava sempre più, dopo tutte le
distanze e le barriere che si erano posti, dopo tutto, in certi casi,
le cose bisogna sentirsele brutalmente urlare in faccia per
costringersi ad ammetterle.
Luca
non aveva superato un bel niente ed ora arrivato al suo limite,
costretto da una serie di eventi più furiosi di lui, aveva
finito per non controllarsi e dirglielo.
Col
cuore in totale tensione ora si apprestava ad ascoltare la risposta
di lei e sperare con tutto sé stesso che in fondo anche per
lei fosse così. Lei si voltò dandogli le spalle,
non
seppe mai che fece in quei minuti in cui nascose il suo viso, forse
pianse di nascosto, forse arrossì, forse fece qualche
smorfia,
forse cercò di riprendersi dal caos in cui era, ma poi con
voce tremante finalmente disse:
-
Sai … stasera io e Simone abbiamo parlato, lui mi ha fatto
riflettere molto, è un bambino troppo sveglio per aver 7
anni.
Mi ha detto che voleva un padre e mi ha descritto che tipo di padre
voleva per poi concludere che gli saresti piaciuto tu, che ti vedeva
adatto per questo ruolo. Poi mi ha anche detto che secondo lui Alyssa
è uguale a me, nell’animo, come
‘pasta’ e che in lei tu
cercavi me. Ovvio che l’ha detto con altre parole, ma il
senso era
questo.
Mi
ha fatto ammettere una cosa essenziale, io ero gelosa di lei, tutta
la serata lo sono stata senza spiegarmelo … -
Lui
attese un paio di secondi, poi a sua volta dovette fare quella
domanda anche lui senza osare fare un passo per paura di svenire.
-
E te lo sei spiegato? -
Non
osava nemmeno immaginare le risposte, aveva atteso molto, troppo,
inoltre come se non bastasse veniva da un’ora molto difficile
con
la sua ormai ex.
-
Si, ero gelosa perché volevo stare io al tuo fianco.
Così
gli ho promesso che ci avrei provato, ti avrei chiesto se te la
saresti sentita di fare da papà a Simo … -
Dicendo
questo si era voltata con gli occhi lucidi ma fermi, mentre si poteva
scorgere tutto il nervoso che la mangiava da dentro, avrebbe voluto
scappare e nascondersi ma considerando che il suo nascondiglio
preferito era Luca e che ora sarebbe dovuta scappare proprio da lui,
preferì tirare fuori le cosiddette palle e darsi da fare.
Fu
così che lui si decise a fare qualche passo in avanti verso
di
lei catturando i suoi occhi sull’orlo del pianto coi suoi che
lo
erano altrettanto.
Si
disse che era troppo sensibile. Decisamente. Non era da uomini
esserlo ma in quel momento non gliene importava minimamente e poi era
sicuro che a Nike servisse questo.
Era
molto emozionato e non riusciva a domare il proprio stato
d’animo,
sapeva che se avesse parlato si sarebbe tradito e avrebbe pianto come
uno sciocco, tuttavia non gli parve così malvagio lasciarsi
andare. Del resto non sarebbe riuscito a trattenersi, l’aveva
fatto
da troppo, tutta la sua adolescenza.
-
Si … -
Avrebbe
voluto dire altro ma come aveva immaginato le lacrime che gli
uscirono subito glielo impedirono, non volle però peggiorare
la situazione nascondendosi il viso, almeno nel pianto poteva avere
una certa dignità. Lei avrebbe voluto così,
conoscendola … se però non fosse stata occupata a
fare la
stessa cosa!
Fu
lei a prendere l’iniziativa verso quel ragazzo puro e dolce
come un
angelo, così raro non per bellezza ma per animo,
così
non ne facevano spesso.
L’abbracciò
forte e mormorò solo un flebile:
-
Ti voglio bene … -
Senza
poter fraintendere il senso. Nike non l’aveva mai, MAI, detto
a
nessuno.
Sentirlo
poi fra le sue braccia, lasciargli posare la testa sul suo seno
morbido e libero, ricevere e trasmettere il suo calore, le sue
lacrime, capire l’amore che lui le portava, da quanto tempo
avrebbe
voluto farlo, dirsi ‘cieca’ fra sé e
sé, riempirsi
di lui, avere la pelle nuda a contatto col suo corpo vestito, la
stoffa che sembrava sempre più sottile, i cuori che
battevano
in maniera esagerata e i singhiozzi spontanei, innocenza e finalmente
semplicemente amore.
Poi
fu lui ad alzare il capo, prenderle il viso fra le mani e con
desiderio incontrollato ma dolcezza infinita la baciò mentre
i
suoi occhi quasi trasparenti s’imprimevano il suo volto da
gatta
bagnato dalle lacrime, le stesse che salavano il loro bacio tanto
atteso e voluto, a cui avevano rinunciato per una serie di motivi che
ora sembravano solo stupidi.
Averle,
unirle, danzarci, combaciarvi, risucchiarsene e volare con quelle
labbra.
Per
un sipario che si abbassava su due che in fondo era scontato
dovessero unirsi.
A
volte ci vuole qualcuno che dica chiaramente le cose agli altri
altrimenti questi non se ne rendono conto, a volte servono le
cosiddette spinte e non fatti shockanti od esagerati, come quelli che
avevano segnato la sua vita.
A
volte per trovare il proprio posto non si deve andare molto lontano o
aspettarsi la favola.
A
volte il proprio posto è accanto a sé.
A
volte proprio come per loro due.