Il
solito allenamento pomeridiano mi trova impegnato come al solito a
dirigere da playmaker e da futuro capitano. Ormai stanno arrivando le
vacanze estive e il prossimo anno sarò io
all’ultimo anno a passare di grado, non che
cambierà sostanzialmente qualcosa. Questo anno è
praticamente volato, mi sembra solo ieri che è iniziato il
secondo anno senza Akane. Questo è stato di transito,
abbiamo dovuto riformare quasi del tutto la squadra e lavorarci bene
quelle due nuove reclute che promettevano molto bene. Ho avuto ragione
su di loro, ma sono comunque strani e buffi. Io ed Akane non ci abbiamo
impiegato così tanto a metterci insieme, considerando che ci
siamo incontrati solo il prima superiore e che invece loro si conoscono
da sempre!
Come
al solito mi impegno e do il mio massimo, riverso ogni energia e forza
nel basket, l’idea di fare qualcosa che non sia questo non mi
sfiora nemmeno, sarebbe oltre le mie possibilità. Se smetto
di giocare penso a lui e mi rendo conto che è semplicemente
dura, non voglio.
Ma
mi rendo conto che ormai sono al mio limite, sentirlo al telefono non
basta più, la sua voce si sforza di essere come sempre
mentre la mia è semplicemente malinconica…come lo
ero in quel periodo…dove sono finito in una squadra che non
era il Kouzu, lontano da Akane di mia volontà, a ripensarci
ora mi viene da darmi dell’imbecille! Ora darei non so cosa
per poter stare ancora insieme a lui ed invece…invece siamo
forzatamente divisi. Mi manca.
Lo
ammetto con sincerità.
Mi
sento un altro, come se lentamente regredissi, non ho più
benzina. La
stessa sensazione di allora…ho incontrato Takaynagi e mi
sono accorto che non era la stessa cosa, ma mi illudevo di poter andare
avanti lo stesso…in fondo si trattava di basket, no? Se
Akane mi serviva per fare una buona coppia sul campo, avevo trovato uno
che lo sostituisse…sono stato stronzo a dirgli
così, ma in quel momento volevo ferirlo e scuoterlo, non
sapevo più cosa fare con lui, cosa volesse da me e cosa io,
soprattutto, volessi da lui.
Mi
dava fastidio perché dipendevo da lui, ormai, e non ne
capivo il perché, non lo trovavo sensato!
Passai
un momento di profonda crisi durante il quale misi in discussione ogni
cosa, tutto. Portandomi delle illusioni che mi divoravano
l’animo.
Scacciavo
l’idea del bisogno di Akane in quanto persona, non ne volevo
sapere, mi piaceva e mi aveva ferito dimostrando quel menefreghismo
allucinante nei miei confronti.
Mi
sentivo ferito nei sentimenti che con tanta fatica avevo ammesso di
provare, volevo separarmi da lui e farlo star male, dimostrare che ce
l’avrei fatta da solo come prima di incontrarlo.
Sono
stato solo un grandissimo idiota, io che accusavo lui. A pensarci ora
me ne vergogno e provo un senso di smarrimento che mi riporta a quel
periodo, dove facevo lunghe chiacchierate con Takayanagi e Arada. Mi ci
sono avvicinato molto a lui, eravamo più simili di quel che
sembrava…e dentro avevamo la stessa voragine, lo stesso
buco, per così dire.
Lui
è riuscito a riempirlo andando in quel posto, io invece il
mio l’ho solo peggiorato.
Ricordo
una volta che parlavo con lui di Akane. Disse una cosa del genere:
“è
un tipo strano, impegnativo…porta vie molte energie
perché è una calamita. Non riesci a detestarlo.
“
Detto
da lui mi colpì molto. Io risposi pensieroso:
“Si…è
stancante e insopportabile, si mette sempre in mezzo ma quando serve
veramente non
c’è…detestarlo…mah…non
so…”
Fu
un ragionamento ad alta voce fatto molto lentamente, non ne ero sicuro,
non volevo capire e dirmelo. Stavo male e mi vergognavo anche di
quello. Avevo affrontato qualunque cosa, perché quella
doveva abbattermi? Quel che disse mi diede molto da pensare:
“Tachibana
non va giudicato ma capito. E su tutti tu sei l’unico che
può riuscirci profondamente. Perché è
solo lui che è riuscito e riesce tutt’ora a
cambiarti.”
Sospiro.
Giuro
che mi prenderei a schiaffi ora. Ora che capisco le parole di Arada e
vorrei avere Akane qua con me o essere io con lui, non aver mai
sprecato degli attimi.
Non
ce la faccio.
Ora
ne sono certo, non riesco più a trascinarmi in una promessa
che ci siamo scambiati.
Non
ho più forze, la notte corro perché non riesco a
dormire, perché se dormo ricordo lui e non ce la faccio, non
mangio perché non ho più fame…e
l’unica cosa che faccio è allenarmi di continuo
perché è solo il basket a farmi star bene.
Non
sto più in me fisicamente e mentalmente.
Sono
stanco.
Veramente
stanco.
Adesso
basta.
Akane,
dove sei?
Ho
bisogno di te…
Su
queste considerazioni mi trovo a scivolare giù dopo il salto
a canestro, scivolo, forse non ho messo bene il piede, ma non mi fa
male da nessuna parte, forse il petto, ho il fiatone e sudo
freddo…sensazione familiare. La ricordo.
Quando
esagero in campo perché gioco senza di lui…e
tutto è sulle mie spalle…e non arrivo a
proseguire. La
sua voce mi fa rialzare subito in quei momenti, lui che mi
chiama…ma ora non la sento più, non mi arriva.
Così
mi lascio cadere mentre il buio mi avvolge.
/Per egoismo/
Quando
riapro gli occhi mi rendo conto di aver sognato di nuovo quel periodo
di separazione, dove mi sono sentito in pieno il traditore incompreso e
patetico. Vorrei molte cose col senno di poi, ma vivendo mi ha
insegnato, quello scemo, che si può rimediare sempre appunto
per non avere rimpianti poi. Non posso dire di averne di veri e propri
anche perché se non avessi fatto quel che ho fatto
lì, poi chissà come sarebbero andate le cose,
come saremmo noi. Chissà.
La
stanza in cui mi sveglio è l’infermeria della
palestra, la manager nuova mi chiama per nome…
-
Hiragi…ti sei svegliato…-
Poi
corre di là a chiamare l’allenatrice. Minefuji
arriva con uno sguardo severo e preoccupato insieme, la conosco questa
espressione!
-
Hitonari, da quanto non mangi e non dormi?-
Non
rispondo, giro la testa dall’altra parte sul cuscino e
mantengo un’espressione che so essere vuota, non ho voglia di
niente, vorrei del silenzio, un po’ di
discrezione…e lui.
-
Sei anemico e già prima non eri messo tanto bene. Sei
dimagrito troppo e non so come fai a reggerti in piedi con la pressione
e la temperatura basse che ti ritrovi! Sei un grosso imbecille,
Hitonari!-
Ancora
silenzio. Non voglio queste cose materiali, uno vive anche senza di
queste ma non senza…la sostanza…
Sospira
sconfitta:
-
Cosa hai intenzione di fare? Stare così finchè
non diventi anoressico e devi smettere di giocare? Deludere Tachibana
fino a questo punto?-
Non
penso di stare deludendolo. Sto facendo del mio meglio per la sua
squadra, il suo angolo di paradiso. Se non lo facessi lui cederebbe.
Ma
forse in qualcosa ha ragione, come sempre.
Quanto
posso andare avanti, così?
-
Hitonari, vai da lui, qua noi ce la caveremo…-
Cala
ancora il silenzio ed infine lei non dice altro, se ne Va. Sa la mia
decisione.
Spalanco
gli occhi e finalmente la mia inespressività diventa
qualcosa di stupore che poi muta in emozione…comincio a
crederci di nuovo a questo sopravvivere. Ci
credo un po’ di più, non ho parole, le ho perse
anche se fino ad un attimo fa almeno un po’ ne avevo. Non so,
le ho nascoste così bene che non ho voglia di trovarle e
ritirarle fuori. Ma forse semplicemente non erano mie. Dovrei
crederci e penso di esserci un po’ arrivato mentre la figura
di Akane mi torna alla mente.
Andare
da lui…perché al pensiero torno a respirare?
Le
forze rifluiscono in me solo all’idea di poterlo rivedere.
Siamo vivi entrambi e sullo stesso pianeta.
Nessuno
ha il diritto di ridurci così.
Devo
andare da lui per me, non per lui, non per loro, solo per me, per puro
egoismo, come un tempo, come quando mi ero separato da lui per farcela
da solo…si, per egoismo!
/Per arrivare dove…?/
Il
paesaggio corre veloce davanti ai miei occhi ormai inespressivi, il
rumore del treno ridondante e il movimento fisso pare un cullare poco
romantico. Sa di malinconia, ma forse sono io ad esserlo, persino una
sonora risata mi risulterebbe triste.
Non
ho voglia di altro se non di finire questo viaggio eppure non sono
felice per questo, non ho impazienza di arrivare, ho una
consapevolezza, mi sto autodistruggendo andando da lui, sto cedendo
dimostrando che non valgo poi così tanto, sono stato io a
dirgli di andarsene, qua ci pensavo io e poi sono io che vado da lui
perché non ce la faccio più.
Mi
hanno fatto mangiare a forza cose molto sostanziose e tenuto fuori
dagli allenamenti contro la mia volontà, fra un paio di
giorni iniziano le qualificazioni al campionato, questa volta ce la
dobbiamo fare, mi sono impegnato molto per arrivarci, non posso gettare
via gli sforzi di tutti.
È
per questo che vado da Akane, no?
Per
poter tornare con le forze necessarie a continuare quanto iniziato.
Mi
sto riscoprendo più debole dei primi tempi, prima non mi
legavo a nessuno, nessuno era in grado di buttarmi giù e
farmi pensare: senza di te non vivo! Ora invece una persona
così c’è e questo attesta che sono
debole, insopportabile ai miei occhi, non sono autosufficiente, dunque.
Noto
il vetro che riflette la mia aria inespressiva, non sa di nulla, quando
il treno entra nelle gallerie e le luci interne al vagone illuminano
fiocamente sostituendosi alla luce esterna, mi vedo chiaramente, ho
l’aria di un randagio maltrattato ai limiti di ogni
capacità fisica e mentale.
Devo
controllarmi, riportare la mia forza sotto la mia volontà.
In
realtà ce la farei, basterebbe che la notte non corressi e
me ne rimanessi steso nel letto almeno a riposare, che mi allenassi
solo negli orari regolari e che mangiassi come si deve e fisicamente
parlando avrei tutte le forze necessarie, uno sforzo materiale non mi
costerebbe nulla e non mi ridurrei ad un ombra che attende che il tempo
passi.
Eppure
è per questa umanità che lui stesso mi ha donato,
che ormai reagisco a certe cose in questo modo.
Da
persona debole.
È
colpa sua, certo, come ogni disgrazia che mi è capitata da 2
anni a questa parte!
Non
sono messo veramente così male, sono io che voglio starci,
è la mente che sfugge.
La
verità è che sono io a permettere tutto questo, a
volerlo. So che andrà a mio
vantaggio…però mi sto facendo del male lo stesso.
A mio vantaggio andrà che rivedrò con questa
scusa, Akane. Lo rivedrò, lo toccherò, lo
avrò per me per pochi giorni, forse solo due, quanti me ne
posso permettere. Ma lo avrò…e sospenderemo un
po’ il tempo, ci permetteremo di cedere alle nostre debolezze
mostrando vergogna ancora.
Però
poi mi farò male perché dopo essere tornato in
quell’angolo di paradiso tutto nostro, me ne
separerò di nuovo e sarà ancora più
dura.
Così
io penso.
Sto
viaggiando ma dove sto andando?
In
un posto senza andata ne ritorno, senza destinazione.
E
vorrei potermi sentire leggero…eppure una pesantezza mi
inchioda al terreno.
Dove
penso di arrivare?
Non
lo so, non ho tutte le risposte, non ne ho sempre avute e spesso ho
lasciato a lui il compito di scriverle a modo suo su tutto
ciò che abbiamo vissuto.
È
lui che ha dettato il ritmo della nostra relazione, è sempre
stato così. Ha deciso lui anche adesso quando interromperla
e che la riprenderemo quando lui tornerà a volare.
Aspettarlo…io
penso che sarà lui ad aspettare me…me che torno
di nuovo per l’ennesima volta alla luce, alla vita.
Lui
se ne è andato portandosi via quel qualcosa che mi
illuminava. Sono luce riflessa? Chi è il sole fra noi due?
Io
l’ho sempre visto come la mia luce, perché sono
affogato per un lungo periodo della mia vita in un ombra
soffocante…e quando ci sono tornato di mia
volontà perché ferito da Akane stesso,
lì mi sono reso conto di essere solo.
Ero
infuriato quel giorno quando dovevo affrontare lui e il Kouzu. Erano
venuti per me, lo sapevo ma non mi faceva stare meglio, la mia mente
annebbiata si concentrava ancora sull’egoismo che mi divorava.
Vedevo
un cosa.
Akane
mi aveva ridato la vita, bagnato della sua luce, dato la voglia di
riemergere da me stesso, avevo combattuto l’ombra mia, di mio
padre, di mio fratello, del basket stesso e dei miei sogni mai trovati.
Mi aveva dato dei sentimenti che provavo per lui, mi aveva dato
così tanto che ne ero diventato sempre più
dipendente per i miei canoni di allora…ed invece poi mi
aveva lasciato andare via così, la promessa scambiataci era
svanita, non voleva più stare con me, camminare assieme per
quella via così ripida e difficile ma costeggiata da
fiori…come lui diceva nei suoi paragoni assurdi.
Interpretavo
così, vedevo solo quello.
Quando
lo vidi davanti a me, schierato coi suoi(nostri)compagni di squadra,
con la sua(nostra) divisa, parlava sotto voce con Ymazaki, lessi il
labiale: molli? Gli chiese una cosa simile, e lui non lo
guardò, fissò solo me, mi indicò col
dito e sorridendo disteso disse qualcosa che non compresi, capii solo
‘nostro posto’. In quel momento volevo solo capire
cosa voleva ottenere. Me? Perché?
‘Uno
che gioca per poi dopo mollare a cosa vuole arrivare?’
Pensai
circa così!
Ogni
nostro scontro sentivo tutto annullarsi, le voci e il tifo svanivano, i
compagni, gli incitamenti, lo spazio e il tempo…e mi pareva
di sentire la sua voce e il nostro eterno discorso continuare. Cosa ci
dicevamo? Si
impegnava, copiava le azioni con cui l’avevo sorpassato e le
ripeteva molto bene, proprio contro di me, perché? Era
contraddittorio e non lo capivo più, era questo che mi
mandava in bestia!
E
man mano che il gioco procedeva ero sempre più fuori
controllo.
Perché
giocava? Aveva insistito perché io tornassi sul campo con
lui e poi mi aveva allontanato…e poi alla prima occasione
mollava…e poi preferiva lasciarmi da solo a percorrere una
strada che per me era sofferenza.
Non
mi capiva, mi ero sentito capito veramente solo da lui ed
improvvisamente non era più così.
Per
questo ero così acido e freddo…una freddezza che
grazie alla rabbia sfumò in ira gelida che spazzò
via qualunque insensato gioco di bambini.
Mi
era sembrato così infantile e piccolo, improvvisamente non
lo capivo perché lui non capiva me.
L’idiota…giocava
per che cosa? Perché era venuto a disputare
l’incontro contro di me?
Mi
ero aspettato molto quella volta, ma poi lo vidi e lo
sentii…era infantile, un bambino. Se non vinco smetto.
Contava così poco per lui il basket? Lui che aveva fatto
tanto per avermi come suo compagno?
Che
razza di insegnamenti mi aveva dato allora?
Ipocrita?
Mi
tornarono alla mente tutte le discussioni con mio padre, i suoi
insegnamenti e ciò che lui voleva io diventassi. Ora me ne
rendo conto. In quel breve periodo lontano da Akane stavo diventando
senza accorgermene, proprio come mio padre aveva voluto!
Eravamo
distanti, io mi sentivo in alto in un posto troppo ventilato e freddo,
dove nessuno poteva raggiungermi…dove nessun giocatore col
tempo e ritmo giusti riusciva ad arrivare a me, ma solo una persona che
sarebbe riuscita a cogliere il mio silenzioso grido d’aiuto.
Ero
furioso per tutto questo, lui stava lì ed era
così lontano da me nonostante quello che ci eravamo detti.
Non
mi sentiva…possibile?
Voleva
giocare divertendosi, me lo aveva insegnato, mi aveva fatto illudere di
aver trovato quello che avevo cercato sa sempre, la persona giusta e
poi lui mollava perché se non si può essere
più bambini si scappa e tutto finisce lì.
Delusione,
ero deluso oltre ogni dire e non sapevo come dimostrarlo, come
farglielo capire, cosa fare di quella delusione e di lui davanti a me,
l’avrei preso a pugni se avessi potuto ma mi controllai,
nella rabbia ceca mi controllai.
/Aiutami, non lasciarmi solo/
Sento
ancor ora l’ira di quel momento…ira data da una
grande sofferenza, stavo così male quel giorno, non solo
combattuto, ma proprio dolore interno. Se fossi stato uno che piangeva
avrei mollato la partita e me ne sarei andato da solo a piangere come
uno scemo, ma il bruciore era così insostenibile che mi
aveva lasciato lì a dare una lezione a quel ragazzino su cui
non si poteva contare, che dava tante speranze e motivazioni e poi
mollava.
Il
picco lo ebbi quando in uno scontro contro di lui feci
un’azione molto difficile e nemmeno pensavo a quel che
facevo, veloce, incalzante, senza guardare in faccia nessuno. Glielo
gridai con odio e sofferenza:
‘Sei
così, allora? Tu sei uno fatto così?’
Immaturo,
infantile, instabile, ipocrita, addirittura finto!
‘Pensavo
che con te ce l’avrei potuta fare!’
Arrivai
a dirglielo addirittura, fuori controllo come allora non lo sono mai
stato, bruciavo dentro a tal punto da non capire cosa facevo di
preciso, tutti si stupirono di me e nessuno mi capiva fino in
fondo…nemmeno lui…e non sapevo come farmi capire
perché non ero mai stato bravo in queste cose.
Perché nessuno mi aveva mai capito…ed ora perfino
lui.
Per
tutto quel tempo ero stato solo, poi era arrivato lui, mi aveva
riportato in superficie ed ora mi abbandonava pugnalandomi,
deludendomi, lasciandomi solo ancora…con quanti faceva
così? ‘Fino
a quando hai intenzione di startene lì fermo? Tachibana! La
vuoi fare finita, non vuoi più scendere in
campo…sei ridicolo! Ti farò smettere, ti
farò assolutamente smettere!’
Assolutamente.
Questo
fu il mio grido d’aiuto a lui, se mi sbagliavo quello era il
momento che me lo dimostrasse o non sarei mai tornato da lui, tutto
sarebbe stato perso. Io volevo quel posto che pensavo di aver trovato,
con lui…ma ormai pensavo che nulla fosse come
credevo…e non volevo tornare se lui non mi avrebbe
dimostrato che…che invece qualcosa
c’era…che lui mi voleva veramente per camminare
con me e non lasciarmi mai solo. Questo volevo e anche se lo trattavo
male, chiedevo aiuto in quel modo, non riuscivo a fare in altro modo
perché era una questione delicata…e dentro di me
piangevo e mi disperavo come un bambino imponendomi di essere adulto. ‘Aiutami,
non lasciarmi ancora solo…’ erano queste le vere
parole che io gli gridavo con tutto me stesso, sudato, sfinito, senza
energie eppure incapace di arrestarmi!
Avevo
un gioco freddo, preciso, calcolato ma al tempo stesso veloce,
incalzante, furioso e passionale; nella partita capii qualcosa, lui ci
arrivò a me e al mio grido di aiuto e quando lo sentii
così vicino a me, di nuovo, mentre giocavamo, tornai piano a
respirare.
Pianissimo,
con timore di sbagliarmi di nuovo, di tornare ferito ed invece di
essere io a dare la lezione, la ricevetti, non so come. Penso
però che anche io gli feci capire qualcosa. Il vero motivo
per cui era venuto a cercarmi in quella palestra e a riprendermi.
Soprattutto
come avrebbe dovuto fare.
Quando
capii che lui aveva capito e sentito il mio messaggio, il mio grido
d’aiuto, mi rilassai e pian piano tornai calmo e alla luce,
ma non del tutto.
Vi
tornai del tutto quando anche io compresi che per la rabbia, fino a
quel momento, non avevo saputo vedere quale fosse il mio tesoro, il mio
sogno, la mia ragione, che quando me ne accorsi piansi.
Ero
lì, davanti a lui…un lui amico, veramente, che in
realtà non mi aveva mai lasciato, e lui mi restituiva il mio
tesoro scomparso, sepolto da me e da persone che l’avevano
sporcato.
Dopo
una passione sfuggita al mio controllo, scaturita da un amore
sviscerale per qualcosa che mi aveva fatto sentire vivo da bambino in
quel posto dorato privo di sentimenti, lo vidi lì davanti a
me, stava saltando in contemporanea e toccammo la palla insieme in un
tempo cristallizzato, tutti concentrati su di noi e sulle nostre mani.
Trattenemmo
i respiri ed io lo sentii fortissimo il flusso, lui e i suoi battiti al
mio fianco, non mi aveva mai lasciato o forse si ma mi aveva raggiunto
subito, era tornato da me, mi aveva capito e ridonato quel che mi
serviva.
Il
gioco proseguiva ed io lo vedevo con nuovi occhi, penso fossero quelli
di un innamorato. Capii di amarlo, no? Da quando l’avevo
incontrato avevo imparato molte cose e nella mia assenza avevano fatto
un sacco di miglioramenti…solo per me? Ed io ora cosa avrei
dovuto fare? Akane aveva sentito e raccolto il mio grido di
aiuto…e mi appariva come la luce che a me era sempre
mancata. Lo vidi veramente per la prima volta e quando mi
parlò con calma come lui faceva sempre, io sorrisi.
Sincero…fu una boccata d’aria pura.
‘Dato
che mi piace farò di tutto per non perderlo una volta
conquistato’ me lo dissi chiaramente. Ricevetti
una ragione di vita e mi resi conto che a lui collegata c’era
una persona.
Akane
Tchibana.
Non
ero solo. Non lo ero più.
‘Desidero
tornare a giocare in compagnia di questo amico…ormai non
voglio perderti’ pensai così e piansi per molte
cose, tutte troppo veloci e forti.
Ma
soprattutto piansi perché mi resi conto che Akane non solo
mi piaceva e non mi aveva mai tradito…piansi
perché lo amavo e non volevo assolutamente lasciarlo e farmi
lasciare da lui.
Tornai
vivo come penso mai essere stato dalla nascita.
Ed
ora che ricordo mi tornano i brividi e la pelle d’oca,
perfino a me.
Presi
la mia decisione, sarei tornato al mio posto…con Akane.
Accenno
ad un sorriso che sa d’inquietante su un volto fantasmatico
come il mio!
Sento
gli occhi di alcune persone fissi su di me, alcuni attirati dal mio
aspetto singolare, altre curiose…altre chissà,
che ne so io.
Non
ci faccio semplicemente caso.
Ora
devo cercare di fare tutto bene e controllarmi.
Sto
per vederlo dopo tutto questo tempo di separazione.
Mi
picchierà per questo ed io mi umilierò
perché ammetterò così di non avercela
fatta.
Ma
non mi trasferisco mica, è solo uno o due giorni.
Giusto
per ricaricarmi e riprendermi un po’ di quello che mi diede
quel giorno in cui poi, di sera di nuovo insieme, ci dichiarammo e
‘fidanzammo’!
Il
treno si ferma alla mia fermata e con un borsone leggero in spalla
scendo facendo finta di nulla, respiro l’aria pulita, vorrei
poter dire: sento il suo odore…ma questo non è il
suo posto, il suo posto è a Kouzu. Ci tornerà per
questo.
Quando
giungo all’ospedale mi dicono che è in palestra e
dopo avermi accompagnato mi lasciano solo in silenzio davanti alla
porta. Guardo dentro e l’emozione cresce smisurata perfino in
me, non controllo più nulla ormai anche se il mio volto ha
dimenticato alcune espressioni libere.
Dovrà
guardarmi negli occhi per ottenere qualcosa di più rispetto
ad una semplice occhiata indecifrabile e contenuta quale la mia ora
è.
Non
so, non capisco bene che fa, ma saltellando con una fasciatura
all’altezza del ginocchio, gioca a basket, o qualcosa di
simile, con un altro nella stessa condizione, ha i capelli rossi e sono
rumorosi alla stessa maniera.
Il
consueto mal di testa mi fa pensare:
Ecco
dove sono arrivato…a casa, visto che la mia casa non
è un edificio o una città, tanto meno una scuola,
ma solo una persona.
Dio,
sto bene.
Da
quanto tempo non respiravo?
Non
smettere, Akane.