CAPITOLO
IV:
NELLA
NUOVA VITA
/Rise
up – Yves Larock/
-
Porca miseria, era meglio pranzare a casa nostra… era
più ordinata nonostante il trasloco in atto! –
Esclamò
schietto Kyo appena messo piede in casa di Yuki.
Effettivamente
non gli si poteva dar torto ma il proprietario non si
infastidì per nulla ed anzi sfoderando un sorriso
apparentemente gentile, in realtà solo inquietante, rispose
come niente fosse:
- Se
vuoi puoi andarci… - Lo sguardo seccato che l’uomo
dai capelli arancioni gli scoccò fu contrariato e
parlò da solo, ma volle dar voce ai pensieri fin troppo
chiari mettendo le mani ai fianchi:
- Ehi,
sei stato tu ad invitarci! –
- E
allora ti ricordo che tu sei l’ospite… non va bene
criticare la casa di chi vi ospita gentilmente! – Se Kyo era
diretto perché non riusciva a tenersi un pensiero per
sé, Yuki era uguale in quel verso, specie col cugino.
Ormai
non avevano più problemi l’uno con
l’altro, era vero, ma i caratteri che possedevano non erano
fra i più facili, nonostante fossero maturati e cambiati
molto.
- Su,
ragazzi… va più che bene
così… è un grande onore per noi
mangiare qua… -
Si
inserì Toru con una mano sul marito e l’altra
sull’amico che si guardavano in cagnesco.
La
tregua era durata anche troppo, si trovò a pensare la donna
che paziente e sorridente metteva pace come ai vecchi tempi.
Eppure
era diverso.
Lo
capì subito mentre ci si trovò in mezzo.
Era
diverso da allora.
Adesso
c’era un atmosfera serena e rilassata.
Era
solo un gioco, uno scherzo… allegria pura.
E le
piacque davvero essere tornata.
-
Kazuma, Kyoko, Katsuya… aiutate a preparare la tavola!
– Disse quindi rivolta ai figli già spariti.
- Ma
dove sono quei tre? –
A
quello anche Yuki si accorse dell’assenza del proprio figlio,
quindi dimenticando presto il finto battibecco divertente con Kyo,
disse immaginando dove potessero essere già scappati:
-
Manca anche Hiroyuki… saranno in camera sua…
vorrà mostrargliela… -
- Si,
immagino come sia… - Esordì dunque Kyo scuotendo
la testa scontento come se rimproverasse il disordine cosmico che
regnava in quel ragazzo. Lo si poteva capire solo
guardandolo… l’antagonista puro
dell’ordine in ogni sua forma.
-
Anche per questo vanno d’accordissimo, quei tre! Si
somigliano più di quel che sembri! – Si
inserì nuovamente Toru congiungendo le mani sotto il mento e
accentuando il proprio sorriso radioso e felice. Aveva ragione, sotto
quel punto di vista. Lo capirono anche gli altri due che la guardarono
alzando un sopracciglio scettici.
Essere
felici che tre calamità disordinate come quelle si unissero
una volta per tutte, non era forse un tantino incosciente?
-
Siamo proprio stati fortunati a finire vicino a voi, Yuki…
se lo organizzavamo non ci veniva meglio! – La gioia
aumentava di attimo in attimo, mentre pensava all’estrema
fortuna che avevano avuto, sentendo in sé una sensazione
addirittura migliore rispetto a quella dei bei vecchi tempi, di quando
abitavano tutti insieme.
Le
cose belle non potevano tornare, era vero.
Ma
migliorare magari si.
Quando
però non sentì nessun assenso in risposta,
aprì gli occhi guardandoli mortificata:
-
Voi… non la pensate così? – A quella
spontaneità tipica sua che a Yuki era mancata molto, i due
si ripresero dalle espressioni stupite sorridendo a loro volta
accarezzandola con sguardi straordinariamente simili nella loro
maturità, felicità e gentilezza.
Quasi
contemplassero un fiore raro.
Non si
imbarazzarono di aver fatto la medesima tenera espressione, ormai
avevano superato quella fase.
Non ci
fecero nemmeno caso, quindi risposero:
-
Certo che si. – Insieme, senza pensare che ciò
comportava ammettere di essere felici di vivere di nuovo vicini.
Toru
però lo notò e seppur se lo tenne per
sé, la luce del sole all’esterno, confronto a
quella che emanò lei, fu nulla!
-
Andiamo, Machi vorrà salutarvi. – Disse poi Yuki
scostandosi elegantemente una ciocca di capelli chiari dalla fronte.
Pur lui fosse un uomo adulto, la sua bellezza aggraziata come anche i
suoi modi di fare, non erano mai mutati nel tempo. Solo cresciuti.
Al
‘sì’ entusiasta di Toru, il padrone di
casa condusse i due ospiti fra il campo di battaglia, simile ad un mare
di marciume.
Il
pranzo procedette più che bene, allegro e sereno.
Ma
quando dalla porta entrò la calamità naturale che
rispondeva al nome di Hideo accompagnato dall’altra
calamità naturale di suo padre, Yuki non potè
fare a meno di alzare gli occhi al cielo rendendosi conto che ora, la
sua pace, era appena definitivamente terminata.
-
Kakeru… Hideo… - Salutò con un cenno
rassegnato della mano, distogliendo subito lo sguardo dal cognato e dal
nipote.
Un
unico essere, quasi, se non altro per il carattere.
Entrambi
persone allegre ed espansive. Fin troppo. Casiniste però era
il termine che Yuki affibbiava sempre loro.
Kakeru
era il fratello di sua moglie Machi che di natura poco espansiva non
capiva come fare per impedire a quell’uragano invadente di
capitargli sempre in casa senza avviso. Sapeva che la porta era sempre
aperta e veniva ogni attimo libero.
Possibile
che non capisse il termine ‘privacy’?
Il
figlio di quindici anni era fisicamente diverso dal padre,
probabilmente più simile alla madre. Capelli piuttosto
corti, castani e appena mossi, occhi verdi, espressione sveglia,
piuttosto basso e magrolino. Del resto bastava che dal padre avesse
preso il carattere.
Quando
Kakeru e Hideo videro gli ospiti non pensarono minimamente di poter
essere di troppo e non si scusarono nemmeno poiché la loro
filosofia era di non pentirsi mai di ciò che si fa. O
qualcosa di simile.
Fu
l’uomo più grande a riconoscerli, naturalmente, e
illuminarsi immediatamente senza dar tempo a nessuno di spiegargli la
situazione.
- Oh,
ma guarda chi si vede! – Cominciò esuberante
andando loro incontro, cominciando a salutarli con vigorose strette di
mano, abbracci, baci e pacche sulle spalle. – Kyo,
Toru… e la loro allegra famiglia, immagino… che
splendidi figli! In tutti questi anni non abbiamo mai avuto modo di
rivederci ma non siete cambiati poi molto… specie tu, Kyo!
– Il diretto interessato, infastidito da tutti quei saluti,
si chiese se fosse un complimento o cosa, nell’incertezza lo
guardò male comunque evitando persino l’ombra di
un sorriso.
-
Ciao, Kakeru… sono felice anche io di trovarti
così in forma e rivederti dopo tutto questo
tempo… - Toru invece fece anche la parte del marito
rispondendo con un gran sorriso, dimostrandosi davvero contenta di
rivederlo.
Mentre
loro si infilarono in un discorso d’aggiornamento che non
ebbe proprio fine, a discapito dei poco interessati Yuki, Kyo e Machi,
i figli presero in mano le rispettive redini presentandosi da soli.
Fu
Hiroyuki, preda dell’abbraccio asfissiante
dell’amico Hideo, a parlare con voce strozzata.
-
Ragazzi, vi presento Hideo, mio cugino (da parte della mamma) e
migliore amico. Loro sono Kazuma, Kyoko e Katsuya, altri miei amici e
cugini, anche se di un grado lontano. Da parte di papà. Si
sono trasferiti qui ieri sera. Saranno i miei nuovi vicini! –
A quelle parole il piccolo uragano loro coetaneo, si staccò
scoccando loro un occhiata interessata e stupita molto spontanea:
-
Davvero? Dai! Allora da adesso vivi fra me e loro! Tu pensa, i casi
della vita! –
Hideo
stravedeva per Hiroyuki, avevano la stessa età ed erano
cresciuti insieme, più che cugini si consideravano fratelli
ed erano inseparabili.
Quando
i nuovi conoscenti si scambiarono sguardi, strette di mano e saluti,
una nota stonò immediatamente dentro Kazuma che da quando
aveva visto Hideo stritolare in quel modo sfacciato Hiroyuki, aveva
chiaramente sentito un fastidio crescergli all’istante come
una vampata.
Vedendo
sua sorella così entusiasta di fare la sua conoscenza, quasi
si guardassero in uno specchio per i caratteri simili, si impose di
controllarsi, cosa che tendeva a non far mai.
Era
una bella giornata, aveva rivisto Hiroyuki che era il suo nuovo vicino
di casa ed erano addirittura andati a mangiare da lui.
Non
doveva assolutamente rovinare tutto solo perché a pelle quel
suo migliore amico non gli piaceva.
Perché,
poi?
Solo
perché si strizzava a quel modo quello che per lui era
comunque solo un amico che non vedeva da un po’, per di
più?
“Non
fare l’imbecille, razza di idiota che non sei altro. Sono
come fratelli. È una persona a posto o non sarebbe
così amica sua. Smettila di provare questo istinto omicida!
Non ha fatto nulla, ancora! Esiste e basta!”
Cominciò
quindi a ripetersi mentalmente mentre lui e sua sorella parlavano a
macchinetta facendo a gara a chi diceva più cose!
Hiroyuki
sorrideva contento che quei due andassero già
così d’accordo mentre Katsuya, invece che
partecipare alla nuova conoscenza come normalmente avrebbe fatto, si
limitò a guardare il fratello maggiore.
Ebbene,
il particolare del suo estraniarsi non gli sfuggì, come se
l’avesse colto ancor prima che Kazuma stesso potesse
rendersene conto.
Del
resto a Kastuya, seppur più piccolo di lui di tre anni, non
sfuggiva mai nulla.
Osservando
sveglio ed indecifrabile il fratello che cercava di domare smorfie e
istinti vari, gli si avvicinò mettendogli poco dopo una mano
sulla spalla. Come lo fece la calma tornò miracolosamente
nell’animo tempestoso del ragazzo che, spostando gli occhi di
quel colore insolito sui suoi di cioccolata, lo guardò
stupito.
Avrebbe
voluto chiedergli come aveva fatto a capire che aveva qualcosa che non
andava, ma appena formulò quella domanda nella sua mente si
diede dello stupido.
Lui
era Katsuya, era normale che cogliesse ogni dettaglio prima di chiunque
altro.
Ed era
fortunato ad averlo accanto, poiché era davvero uno dei
pochi, se non forse l’unico, a riuscire a calmarlo quando
cominciava ad innervosirsi in quel modo.
Specie
se non ne capiva lui stesso il motivo.
Al suo
sorriso di coraggio, Kazuma sospirò e annuì
appena con la testa, quindi tornò a spostare lo sguardo su
colui che gli interessava davvero.
Hiroyuki
era probabilmente uno dei più bei ragazzi che conoscesse e
quell’aria disordinata gli donava facendolo quasi impazzire,
come se si sintonizzasse ulteriormente con lui.
Il
colore dei capelli, poi, così chiaro ed argentato sotto la
luna, così come le sue iridi spesso indecifrabili,
attiravano immancabilmente. Come se non bastasse aveva un modo di
vestire che rispecchiava completamente i suoi gusti: così
trasandato e sgualcito...
Somigliava
moltissimo a suo padre, Yuki, e c’era da dire che non aveva
nulla da invidiare a nessuna ragazza, oltre che ragazzo.
Aveva
modi di fare eleganti di natura eppure era l’essere
più disordinato che conoscesse.
Lo
conosceva da molto anche se si erano visti poco, tutto sommato.
Gli
era piaciuto da sempre ed erano andati d’accordo come fossero
un tutt’uno.
Si
sentiva molto vicino a lui anche se erano diversi.
E quei
suoi lati che esternava solo in particolari momenti?
Quando
da gentile e riservato diventava esuberante ed allegro?
Oppure
quando si arrabbiava diventando non solo cattivissimo ma davvero
pericoloso finendo per spaccare ogni cosa?
Hiroyuki
aveva in sé un mondo davvero ampio, strano, misterioso ed
affascinante che non conosceva interamente ma aveva solo intravisto.
Per
questo gli era piaciuto subito instaurando con lui un gran bel
rapporto.
Vederlo
così poco gli era sempre dispiaciuto ma ora che erano finiti
così vicini una gioia incontaminata l’aveva
invaso.
Eppure
ora con l’entrata in scena di questo amico così
stretto che se l’abbracciava come fosse una bambola, non gli
piaceva la situazione.
Quella
nota era stata impossibile da ignorare, eppure solo dopo qualche tempo
sarebbe riuscito a dargli il nome appropriato.
Gelosia.
Lì
per lì si limitò a non partecipare attivamente ai
discorsi, lasciandoli fare agli altri.
In
quel momento l’influenza selvatica del padre si
sentì in una maniera impressionante.
Intanto,
nella stessa via, qualche casa più in là, il
trasloco dell'altra famiglia arrivata lì la sera precedente,
era altrettanto sospeso per la pausa del pranzo.
Anche
loro avevano avuto la fortuna di essere stati aiutati ed invitati dai
nuovi vicini che, con loro grande sorpresa, avevano scoperto essere
niente meno che il senpai di Kyo, Kazuma Senjor, e l'insolita consorte,
Saki Hanajima.
Si
erano trasferiti da poco anche loro in quell'abitazione in vista
dell'arrivo dei nuovi proprietari del dojo dove avevano vissuto fino a
prima.
Seduti
ancora tutti intorno al tavolo, la gioia di Arisa era ancora estrema
anche se non paragonabile al momento in cui aveva appreso la fantastica
notizia vedendo l'altra sua migliore amica nella casa accanto.
Quando
Kazuma aveva visto anche loro due i suoi occhi avevano mostrato aperto
stupore specie per Kureno che, con un sorriso contenuto ma gentile,
l'aveva salutato guardandosi con consapevolezza.
Era
stato un lungo momento passato a fissarsi in quella maniera
indecifrabile poiché si erano persi a pensare a tutto
ciò che la presenza lì di Kureno significasse.
Fino
ad ora, per tutti quegli anni, Kazuma era stato certo che non l'avrebbe
più rivisto nella loro città ed invece in un
attimo imprevisto era stato completamente smentito.
“Chissà
cosa faranno gli altri quando lo rivedranno... per lui sarà
molto più difficile che per tutti gli altri. “
Pensò
cosciente di tutto ciò che era successo in passato e di come
sarebbe stato.
Poi ad
interrompere quello scambio di sguardi sorpreso e assorto erano
arrivate le due donne, Saki ed Arisa che, vedendosi si erano subito
abbracciate. Le urla della bionda erano rieccheggiate in tutto il
quartiere insieme alle lacrime di gioia. Anche Saki che non sorrideva
molto, aveva espresso la sua felicità con un gran sorriso.
Dire
però che non se l'era espettato sarebbe stata una bugia
visto che, in realtà, l'aveva percepito chiaramente poco
prima il loro arrivo.
Kurogane
stesso glielo aveva annunciato avvertendola che qualcuno a loro caro
sarebbe tornato a momenti.
Lei
era dotata e tutti lo sapevano, ma lui era qualcosa di impressionante.
Del
resto era figlio suo e di Kazuma, una persona altrettanto empatica.
Al
momento riuniti intorno al tavolo erano i quattro adulti, due delle
quali ormai parlavano fitto fitto fra di loro, specie Arisa, e i tre
figli.
Eiji,
Tokiko e Kurogane.
I tre
si erano visti in più di un occasione. Fra tutti Saki e
Kazuma erano sempre stati quelli che erano andati a trovare Arisa e
Toru più degli altri. Kazuma in fondo era il padre adottivo
di Kyo ed era normale che nonostante la lontanaza si vedessero tanto.
Kurogane
quindi aveva finito per diventare piuttosto amico dei rispettivi figli.
Il
ragazzo aveva quattordici anni appena compiuti ed era la copia dello
zio, il fratello di Saki, Megumi.
I due
infatti andavano particolarmente d'accordo...
Era
piuttosto magro, aveva i capelli neri molto mossi, lunghi fin sotto le
spalle e legati in una coda bassa, la frangia spettinata ed ingestibile
sulla fronte, gli occhi grandi, inespressivi e nerissimi. Aveva dei
lineamenti spettrali e sembrava incapace di espressioni umane e gentili
anche se riusciva a stupire ugualmente. il suo carattere era docile,
educato e a modo.
Non
era né tetro, né cupo.
In
effetti aveva molti lati anche del padre tanto che era molto
più maturo di uno della sua età.
Non
era molto socievole, faceva fatica ad amalgamarsi con gli altri, del
resto con le capacità psichiche che si ritrovava e l'aria
così anormale spiccava comunque nonostante la sua
bontà d'animo.
Parlava
poco ed era la pigrizia fatta persona ad eccezione delle arti marziali.
Essendo
figlio di uno che le insegnava era normale che le praticasse anche lui
e che fosse piuttosto bravo.
Aveva
capacità davvero molto forti, addirittura superiori a quelle
della madre.
Percepiva
i pensieri e i sentimenti altrui, sapeva utilizzare perfettamente le
onde psichiche non solo per ferire ma anche per provocare sollievo
negli altri, scagliare maledizioni e protezioni ed, inoltre, tramite i
sogni riusciva a vedere il futuro più o meno prossimo.
I doni
positivi glieli aveva insegnati il padre mentre quelli negativi erano
stati innati in lui.
Volendo
aiutarlo gli aveva anche isegnato il modo di sfogare quell'energia che
aveva dentro con le arti marziali e le meditazioni.
A
quattordici anni, in effetti, sembrava un diciassettenne.
Anche
il linguaggio era quello di uno più grande.
Lui
aveva pochi amici ma quei pochi erano buoni e si fidavano ciecamente di
lui.
Fra
quelli c'erano Eiji, Tokiko, i figli di Kyo e Toru, Hiroyuki ed altri
membri della famiglia Soma che frequentavano da sempre il dojo del
padre come suoi allievi.
La sua
migliore amica era Chiaki, figlia di Hatori e Mayuko, sua coetanea.
-
Allora, andiamo a trovare Kacchan e gli altri? Saranno sicuramente da
Hirochan... -
Il
loro interesse, naturalmente, era rivolto ai loro amici, non certo agli
adulti.
A
quella domanda di Tokiko la madre si girò di scatto con gli
occhi più severi che avesse mai visto, una mutazione da
gioia pura a severità inaudita!
- Non
azzardatevi! Fra poco torniamo al lavoro... se andate là non
tornate più! - Del resto li conosceva bene... specie i
gemelli e Tokiko, le tre calamità della natura!
- Ma
uffa, mamma... solo un pochino... - Cominciò a piagnucolare
la bionda con molti ciuffi corti per aria, tutta stravaccata malamente
nella sedia accanto aglialtri due ragazzi composti ed elegantemente
seduti.
- No,
no e no! Li conosci quei due diavoli, no? Fareste solo guai e tanti
saluti al trascloco! -
La
piccola continuò a lamentarsi a lungo davanti alle ripetute
negazioni della madre, ma al sorriso divertito ma contenuto di
Kurogane, Tokiko si fermò con sommo sollievo di Arisa che
riprese a parlare fitto con l'amica, ignorando di nuovo quella peste di
figlia che aveva.
-
Siete proprio uguali... - Disse allora come se si riferisse ad un sogno
che aveva fatto su di loro.
- Eh?
- chiese allora lei interessata, dimenticando subito l'offesa ricevuta:
- Tu e
tua madre... vi sogno spesso e siete proprio identiche come modi di
fare... ti sei anche tinta i capelli per somigliarle di più,
vero? - In effetti Tokiko sapeva delle capacità fuori dal
comune di Kurogane, ma sentirlo parlare così rivelando
quello che nessuno al di fuori della famiglia sapeva, ovvero che lei
fosse castana ma si tingesse di biondo per somigliare alla madre, la
fece rimanere a bocca aperta.
-
Complimenti! - Esclamò allora schietta, ancora stupita.
-
Cosa? -
- Per
averci azzeccato! Sei meglio di una sfera di cristallo! Sono contenta
di essere tua amica! - Lo disse con spontaneità senza
malizia alcuna e il giovane ne fu contento. Da quel giorno avrebbe
acquistato delle preziose amicizie, ormai ne era certo.
-
Eiji, lo sai che sei l'unico a non praticare arti marziali fra tutti
noi Soma di questa generazione? - Disse quindi il moro cambiando
discorso repentinamente, con aria seria ed inespressiva rivolta
all'altro ragazzo che ascoltava divertito i loro discorsi. Fu preso un
po' alla sprovvista ma aveva capito che non si trattava di un
rimprovero.
- Non
ti si può nascondere nulla, eh? -
Fece
allora sorridendo ammirato. Ovviamente nessuno gli aveva detto che Eiji
non praticava arti marziali, l'aveva saputo tramite i suoi mezzi.
E
mentre loro proseguivano nei loro discorsi conoscendosi via via sempre
meglio, imitando le rispettive madri immerse nel loro mondo, anche i
padri erano finti un po' in disparte a parlare per quanto Kureno lo
facesse.
Non
era proprio silenzioso ma comunque poco loquace.
Era
una cosa che Kazuma aveva voluto chiedergli dal primo momento in cui
l'aveva visto lì.
-
Kureno... posso chiederti, se non sono indicreto, come mai tu sia
tornato? -
Era
stata la domanda più naturale e lui se l'era aspettata dal
primo incrocio di sguardi.
Chiuse
gli occhi, prese un respiro profondo, poi cercando con attenzione le
parole dentro di sé le disse posando di nuovo i suoi occhi
castano rossi come i suoi capelli, su quelli scuri dell'altro serio e
paziente:
- E'
giusto che sistemi i miei fantasmi. Voglio poter stare bene ovunque. E
poi... - Fece poi lanciando un occhiata piena d'amore alla moglie che
allegra continuava a parlare con la sua amica: - non potevo separarla
ancora dal suo mondo. Non era giusto. Toru e Kyo dovevano trasferirsi
per il tuo dojo e Arisa mi ha detto che non aveva intenzione di
staccarsi da lei. A me sembrava una buona idea tornare a casa... -
Fu un
discorso profondo che toccò con semplicità ma
verità tutti i punti salienti della questione.
A
sentirla così sembrava la cosa più semplice e
ovvia eppure conoscendo la sua storia come poteva essere
così?
Ma
quell'espressione così serena e tranquilla come poteva
nascondere angoscia e paura?
Sembrava
davvero che andasse tutto bene.
E
allora perchè no?
Perchè
non credergli?
Kazuma
lo capì guardando a fondo i suoi occhi di quel bel colore
caldo, caldo come il suo sguardo e la sua espressione non
più malinconica e triste come un tempo.
Ora
era vivo, perchè aver paura di qualcosa?
Il
sorriso compiaciuto di risposta che gli donò dimostro un
perfetto accordo con la sua decisione.
Le
cose erano davvero cambiate per tutti... in meglio...