* Avevo scelto come  sfondo musicale la canzone sotto scritta però non ho trovato il suo midi così ho ripiegato su altro! *

CHARLIE E' CHARLIE

/ Stranger in a strange land – L. Russeau /
Che non fu facile per Colby reinserirsi nella squadra era facile da immaginare, suo malgrado si rimboccò le maniche e si diede da fare, come suo solito, come sempre.
Non fu quello il reale problema dell’agente dell’FBI.
Ormai di giorni ne erano passati molti e chi più chi meno lo aveva riaccettato in squadra.
La temperatura esterna si manteneva calda e si poteva tranquillamente girare in abiti estivi. Il sole tendeva a mettere il buon umore a tutti alzando a dovere gli ormoni di ognuno. Il potere del caldo e dell’afa… non era cosa anomala che tutti avessero più voglia di stare con il proprio partner o comunque con qualcuno.
Era anormale, invece, il comportamento di uno in particolare.
Un certo capo squadra dell’FBI che dopo aver apparentemente sistemato tutto con la persona che gli premeva di più, dopo che si era addirittura messo con lui superando l’ostacolo dello scoprirsi gay, accettando tutto ciò che era successo, si trovava di umore particolarmente strano ed insolito.
Gli arrivavano ogni tanto questi cambiamenti repentini, da che si chiudeva e non mostrava minimamente alcun indizio a chi lavorava con lui o gli stava vicino a che diventava addirittura allegro, cosa unica e rara per lui!
Però rimuginava su qualcosa, eccome.
Lo si vedeva da lontano.
Il punto, però, era che continuava a fare come era solito dalla nascita: non parlarne con nessuno, nemmeno con le persone che gli stavano più vicine.
Fra queste c’era il suo neo ragazzo.
Anche quel giorno Don riuscì a concludere a fatica e stancamente una giornata dura di lavoro, nulla di strano in questo. Ormai sia il fisico che la mente erano abituati a quel genere di vita, difficilmente ne risentiva e gran parte del merito era stata di quella chiacchierata dallo psicologo che l’aveva preso in tempo.
C’erano ovviamente i casi particolarmente debilitanti e difficili che lo provavano, ma superava anche quelli con la giusta compagnia rappresentata dalla famiglia, dagli amici e da Colby.
Non erano la classica coppia, stavano insieme senza sembrare affatto fidanzati.
Anzi, loro stessi, spesso, non sembravano minimamente innamorati.
Chiunque al loro posto si sarebbe chiesto se non si fossero sbagliati ma loro di dubbi non ne avevano affatto.
Stava bene ad entrambi quel tipo di rapporto molto tranquillo e libero, poco oppressivo e romantico. Quando volevano certe attenzioni dall’altro se le cercavano in maniera molto diretta senza perdere tempo, facendo molta attenzione ai luoghi e alle persone, poi tutto tornava subito alla normalità come fossero solo semplici colleghi di lavoro.
C’erano momenti anche in cui stavano soli la sera in casa di uno dei due a parlare e bere senza scambiarsi alcuna effusione, semplicemente approfondendo la reciproca conoscenza, come se non si conoscessero già abbastanza, o rafforzando quel legame interiore ed intellettuale oltre che fisico e sentimentale.
Non si erano detti che si amavano, non lo avrebbero fatto facilmente, ma ammettere che oltre al lavoro contava anche la loro storia tanto che valeva la pena viverla nel modo che loro reputavano serio, era un grande passo.
E forse a turbare segretamente l’animo di Don era proprio questo.
Stava bene con Colby, si sentiva un altro, lentamente colmava tutte quelle mancanze, gli tornava tutto ciò di cui si era privato per gli altri. Sentiva che era la persona giusta e non si chiedeva se sarebbe durato per sempre o se lo avrebbe amato. Qualunque cosa fosse comprendeva sia la ‘chimica’ che il legame personale. Sentimento, insomma. Ma su che tipo di sentimento non si sarebbe ancora sbilanciato.
Stesso discorso per Colby, naturalmente. Solo che lui non aveva nulla che lo turbava, non più finalmente.
Ne aveva passate decisamente troppe, proprio come Don aveva sempre sostenuto.
Il turbamento di Don era più complesso, quasi come i calcoli matematici di Charlie.
Lo era a tal punto da non essere nemmeno completamente chiaro a Don stesso.
Ecco perché cercava di nasconderlo, e ci riusciva bene, facendo finta di avere solo un po’ di stress da lavoro e nulla di più.
Però la righetta fra le sopracciglia continua denotava che qualcosa che non andava c’era e quelli più vicini a lui l’avevano notato.
- Don, che ti succede? – Aveva quindi chiesto a bruciapelo Charlie al fratello trovatisi soli a casa del minore.
- Perché? – Chiese preso alla sprovvista Don con aria da felino sull’attenti pronto a scattare al minimo segno di pericolo. Si fermò con la birra che aveva appena aperto in mano a mezz’aria, in piedi in cucina.
- Non so, solo perché non trovavi una bottiglia hai sbattuto tutti gli sportelli che potevi… e poi era lì davanti ai tuoi occhi! – Disse con un tono ovvio e come al solito tendente al saputello ma non fastidioso, indicando ciò che stringeva.
- Oh… - Fece solo Don rimanendo di sasso e senza parole, rendendosi effettivamente conto di aver un tantino esagerato.
Abbassò la mano con la birra abbandonando l’idea di berla come niente fosse, osservò ancora per un po’ il fratello con sguardo leggermente colpevole e smarrito, quindi non sapendo cosa dire di preciso, decise per una stretta di spalle e per un: - Scusa. – frettoloso detto a mezza voce. Dopo di ciò non pensò di aggiungere altro eclissandosi velocemente nel salotto, sedendosi al divano a guardare la partita e sorseggiare la birra.
La sua aria si oscurò ulteriormente.
Charlie aveva già capito che c’era qualcosa…
Capirlo pure io non sarebbe male…”
Pensò con stizza verso sé stesso.
In breve fu naturalmente raggiunto dal fratello che si sedette accanto a lui con la terrina dei pop corn. L’intento era di vedere la partita insieme, era da molto che non si trovavano da soli, loro padre era uscito con Milly, nonostante l’evento immancabile in televisione, e nessun altro amico, sempre stranamente, era potuto venire a far loro compagnia. Era davvero da un sacco di tempo che una cosa simile non succedeva.
Specie perché ultimamente Don non era venuto così spesso lì senza giustificarsi se non con un vago ‘ho impegni’.
Tutti avevano pensato che, chiaramente, questi ‘impegni’ fossero una nuova donna, ma non ci erano andati poi tanto lontani. Non di una donna si trattava, però sempre di qualcuno speciale.
Colby.
Non avrebbero mai immaginato che la nuova relazione di Don si chiamasse con quel nome e se lo avessero saputo sarebbe stato sconvolgente, probabilmente, proprio per l’apparente marcata eterosessualità dei due.
Apparente, appunto!
- Allora? – Tornò all’attacco Charlie senza guardarlo, mangiando distrattamente i pop corn e facendo finta di guardare la partita.
Anche Don prese una manciata e fece altrettanto finta di guardare la televisione, ma in realtà pensava a cosa diavolo dirgli.
Certo che aveva qualcosa, ma non sapeva cosa.
Sapeva solo che ce l’aveva da quando si era messo con Colby… forse era normale visto che lo considerava la prima relazione seria da mettere davanti al lavoro, o per lo meno al suo pari. Ma forse no.
In realtà non aveva mai dato così tanto spazio a nessuno.
Il punto era che Charlie non era poi la persona più adatta per quel genere di confidenze e di consigli. Anche se lui stava con Aminta da un po’ e la loro storia andava a gonfie vele, a dispetto della fatica che avevano fatto per mettersi insieme!
Magari lui qualche dritta me la può dare… non capisce niente dell’animo umano ma sta comunque con una donna che ama, mi conosce meglio di molti altri, potrebbe anche essermi d’aiuto. Anche se non penso proprio… se si trattasse di qualche calcolo matematico sarebbe il primo a cui mi rivolgerei, ma per questo… “
Cominciò a pensare velocemente e titubante Don corrugando ulteriormente la fronte e le sopracciglia, non era affatto convinto di parlarne con lui e lo si vedeva da ogni lato lo si guardasse.
Fu così che intervenne di nuovo il fratello che, senza guardarlo direttamente in viso, aveva capito il motivo del suo ostinato mutismo:
- Anche se il tuo problema non ha a che fare con la matematica non è detto che non possa esserti utile. – Ogni volta che parlava con lui in privato si sforzava molto di non parlare in termini matematici, come si sforzava di non usare un tono troppo saccente, anche se era il suo naturale e non lo faceva apposta.
Don sospirò e lo guardò fugacemente di lato, sembrava interessato alla partita ma si capiva che era una finta e che in realtà voleva sapere di lui. Non lo guardava solo per facilitargli il compito. Se pensava che fosse distratto e poco presente, magari, riusciva ad aprirsi meglio.
Il maggiore sospirò abbandonando la bottiglia che teneva fra le dita sul ginocchio, dimenticò anche la partita e i pop corn, quindi appoggiando la nuca sullo schienale del divano, all’indietro, si decise a parlare o almeno provarci.
Tanto erano solo loro due e Charlie era una tomba, non ne avrebbe parlato con nessun altro. Inoltre non serviva che dicesse proprio tutto.
Da quando aveva parlato con lo psicologo aveva cominciato ad ammettere che aprirsi con qualcuno, ogni tanto, poteva essere utile. Ma ogni tanto, mica sempre!
- Non so cosa mi succede… pensavo di aver superato lo scoglio sistemando le cose con Colby, ora in teoria è tutto a posto, tutto finito, tutti perdonati… però nonostante io abbia di nuovo stretto i rapporti con lui non mi sento rilassato come mi aspettavo. Come dovrei. Non sempre per lo meno. È un malessere che non riesco a localizzare e definire. C’è e basta. Cerco solo di lasciarlo dentro e non farlo uscire o pregiudicherebbe il lavoro. –
Charlie ascoltò con attenzione maniacale tutto, registrando perfettamente tutte le parole dette da Don, quindi attese qualche minuto per elaborare ogni informazione ricevuta ed avere una visione totale ed obiettiva della faccenda. Non che fosse molto chiara, in effetti. Mancavano degli elementi…
- Io pensavo si trattasse di un problema sentimentale. Di amore. – La buttò lì con apparente noncuranza senza fargliela pesare, continuando a mangiare i pop corn e guardare la televisione.
Don nemmeno la guardava più, solo che dal soffitto passò immediato al profilo accentuato del fratello accanto a lui che faceva finta di nulla.
Gli prese quasi un colpo.
Che Colby ne avesse parlato con lui?
Se ne parlerà con qualcuno penso sarà con David, non certo con lui… “
Pensò velocemente cercando una reazione contenitiva.
No, non può saperlo… sicuramente ha sparato a caso! Non è da lui sparare a caso e dire cose senza ragionarci, però come fa a saperlo? Ma intanto… COSA sa?”
Decidendo che era il caso di appurarlo, non smise più di fissarlo con indiscrezione e rialzò la testa dritta. Poi diretto chiese:
- Perché? – La domanda più ovvia che lo scopriva di meno. Sulla difensiva. A Charlie non sfuggì.
- Non vieni più spesso qua dopo il lavoro e poi ci sono quelle piccole cose di te che denotano un effettivo cambiamento. Direi un miglioramento repentino che però cerchi di nascondere. Come una nuova luce che allo stesso tempo è fonte di tormento. Non per la luce in sé ma per ciò che rappresenta. – Lì ebbe l’istinto irrefrenabile di fare uno dei suoi soliti paragoni matematici ma si fermò in tempo immaginando che poi l’altro si sarebbe subito chiuso a riccio.
Don rimase di nuovo sorpreso per l’acutezza del fratello. Del resto Charlie era Charlie, come faceva a continuare a stupirsi con lui?
Però ha ragione… qualcosa comincia a farsi chiaro in me ora. È per Colby ma non perché sto con lui, forse è per la conseguenza del nostro rapporto. Istintivamente mi sono messo a guardare già in là senza accorgermene ed ho visto qualcosa che non mi piace. Forse senza rendermene conto penso che lui possa diventare più importante del mio lavoro e di non riuscire più a farlo bene o peggio temo di perdere Colby mettendolo io stesso a rischio come fin ora è sempre successo. Conoscendomi potrebbe essere proprio questo, solo che l’ammetterlo significa dare alla nostra relazione già un importanza che per ora non mi sento di dare, di cui avrei paura. Già così è abbastanza sconvolgente perché fin qua non sono mai arrivato. “
Si perse a pensare fissando di nuovo gli occhi sullo schermo senza notare nemmeno il prezioso punto mancato. Nemmeno Charlie lo notò nonostante stesse guardando anche lui.
La birra, la partita e i pop corn ormai erano dimenticati.
Sentivano solo la presenza fisica l’uno dell’altro e i loro stessi pensieri che li distraevano in continuazione.
Poi un flash gli fece riascoltare le sue parole e si incuriosì di un altro particolare di cui chiese delucidazioni con la sua aria da ‘che hai detto?’:
- Quali piccole cose? È così lampante? – Non si rese conto di aver appena dato conferma che era proprio questo il punto della situazione e che ancora una volta Charlie ci aveva preso!
Il moro dai capelli ricci scomposti intorno al viso fece un breve sorrisino di soddisfazione, quindi si decise a guardarlo diretto in viso, cosa che fu finalmente ricambiata e per la prima volta nella serata riuscirono ad osservarsi veramente e da vicino.
- Bè, si… cioè no… dai, non penso che gli altri lo abbiano capito. Io parlo per me, per me è lampante ma perché ti conosco un po’ più degli altri. In questi ultimi anni abbiamo approfondito molto il nostro rapporto e posso vantarmi almeno di conoscerti meglio di altri! – Aveva comunque un aria più distesa mentre cercava di spiegare inizialmente confuso ciò che pensava e che era la realtà.
Il loro rapporto era sempre stata una mina vagante, non si erano mai trovati se non negli ultimi anni, da quando avevano iniziato a collaborare per i casi dell’FBI. Però quegli anni erano stati sicuramente più ricchi di tutti gli altri che si erano persi. Anche se di conoscenza e approfondimento ne avevano ancora molta da fare, di sicuro.
Quello sarebbe stato il momento perfetto per farlo.
- Piccole cose? – Tornò a chiedere inquisitore Don abituato a fare il federale, era più interessato a quell’aspetto del discorso. Non gli passava comunque per l’anticamera del cervello di dirgli di Colby però voleva capire se lui l’aveva capito!
Charlie si strinse nelle spalle ma non smise di guardarlo, in realtà non sapeva di preciso cosa era stato a farglielo capire, ma Don era allarmato perché se persino lui che era di norma perso nel suo mondo matematico l’aveva capito, allora gli altri cosa sapevano?
Però per Charlie non fu facile parlare della sua sensazione, poiché di questo si era trattato e nulla di più.
- I tuoi sbalzi d’umore repentini. Di solito sei sempre brusco e sbrigativo, ultimamente passi da questo a momenti di beatitudine totale, completo benessere psicofisico.. Sfoderi una tranquillità ed una serenità sconcertante. In quel momento hai una luce diversa negli occhi. Poi quando sparisci misteriosamente senza farti rintracciare da nessuno e riappari riappacificato col mondo, come niente fosse. Inoltre il fatto che lavori di più con Colby per curarti maggiormente di lui… - Charlie avrebbe continuato se a Don non fosse venuto spontaneo un colpo al cuore che saltò un paio di battiti, impallidì visibilmente e cominciò a tossire per la saliva che gli era andata di traverso insieme al proprio respiro!
Lo sguardo fu encomiabile e troppo indicatore. Don era troppo istintivo per mascherare costantemente tutto quel che provava, già controllarsi a lavoro era faticoso, come poteva riuscirci anche in privato, la sera, col fratello?
- Che c’è, ci ho preso? – Chiese Charlie capendo subito che al nome ‘Colby’ Don aveva avuto una reazione esagerata. Un campanello risuonò in lui mentre ancora elaborava il significato di quell’informazione!
Don si riprese a fatica rendendosi conto che forse non si era reso conto su cosa ci aveva preso, magari aveva pensato solo che era vero, si era innamorato… e non di Colby!
Anche se Charlie…
- E’ Colby?! - … ecco, appunto, era Charlie!
Probabilmente si era aiutato alla velocità della luce con qualche statistica matematica per arrivare all’unica naturale conclusione, difficile che ci fosse arrivato con l’intuito o qualche altro sistema normale per qualunque altro essere umano!
Ma fatto fu che ci arrivò e mentre lo esclamò esterrefatto era sbiancato anche lui, aveva sgranato gli occhi e per poco non aveva fatto volare la terrina piena di pop corn.
Realizzarlo e rimanerne sconvolti fu un tutt’uno, eppure non aveva messo in dubbio la sua conclusione con quella che ‘no, è impoasibile… mio fratello con Colby! Mi sarò sbagliato!’. Non aveva avuto dubbi perché, semplicemente, il suo cervello gli aveva fatto fare una di quelle operazioni infallibili!
E se Charlie si sconvolse, Don si sentì quasi male.
Senza pensarci su un attimo si alzò di scatto seguendo l’irrefrenabile bisogno di camminare veloce su e giù per la stanza, facendo girare la testa all’altro ancora seduto nel divano senza parole e pensieri. Cosa strana per lui!
Sembrando una tigre in gabbia, i suoi pensieri furono così veloci che nemmeno riuscì a leggerli lui stesso, quindi decise che effettivamente doveva dire qualcosa anche se non sapeva bene cosa.
Era proprio la situazione che aveva voluto evitare!
- E’ strano, vero? –
Charlie cercò di riprendersi e facendo appello al suo sangue freddo ed alla sua diplomazia, riprese possesso in fretta delle sue immense facoltà mentali. Voleva tranquillizzarlo e soprattutto farlo smettere di correre per casa, ma non era certo una cosa facile. Don nervoso lo fermava solo una pallottola, probabilmente!
- Bè, dipende da cosa intende uno per strano… definisci ‘strano’! –
A quel punto Don si fermò un attimo perdendo la pazienza (già, perché, lui ce l’ha di norma?) e allargando le braccia esasperato rispose brusco:
- Strano, insolito, non da noi, inaspettato, che non l’avresti mai detto… come preferisci, Charlie! – Voleva solo che dicesse sinceramente la sua e il giovane lo sapeva bene. Come sapeva che glielo doveva, era stato lui a spingerlo a confidarsi, gli aveva tirato tutto fuori. In effetti aveva fatto tutto da solo…
- Bè, onestamente lo è ma perché non avete mai dato cenni o indizi prima, quando vi stavate… ehm… innamorando… - Faticò a dire l’ultima parola, in fondo era umano anche lui, arrossì addirittura abbassando gli occhi e Don riprese nervosissimo a camminare su e giù infastidito e turbato. Non voleva, non voleva assolutamente che si sapesse anche se lui era Charlie e poteva fidarsi. Lui era fatto così. Più una cosa era importante, per lui, e più doveva rimanere segreta. Vuoi per riservatezza, vuoi per gelosia, vuoi per possessione, vuoi per proteggerla... ma era così.
- Di cenni o indizi non ne abbiamo avuti nemmeno noi! Non ce ne siamo resi conto prima di tutto il casino che è scoppiato sul suo presunto tradimento! – Alla fine tanto valeva aprirsi del tutto, una volta che era in ballo gli avrebbe anche fatto bene tirare tutto fuori fino in fondo. Ma gli premeva sapere cosa ne pensava ora suo fratello.
- Mah… io non sono un asso in queste cose… mi sono messo con Aminta dopo un sacco che ci conoscevamo ed anche se tutti avevano capito che sarebbe finita così, io ho capito che l’amavo solo quando stavo per perderla. Credo che sia così per tutti, non lo so… non sono il più adatto per questi discorsi… - Si morse la lingua per avergli detto, prima, di parlarne con lui nonostante pensasse non fosse in grado di aiutarlo.
Don rallentò un po’ la camminata e di questo Charlie gliene fu grato. Anche quest’ultimo aveva parlato con un velo di agitazione nella voce, si trovava molto meglio a discutere di matematica, decisamente!
- Però nel tuo caso reprimi i tuoi sentimenti per concentrarti solo sul lavoro, quindi è normale che non hai mai dato attenzione a questa cosa che, invece a quanto pare, si stava verificando comunque in te. Poi l’evento scatenante è avvenuto e te ne sei reso conto di punto in bianco. Stesso discorso per Colby che in questo aspetto ti somiglia. – La spiegò così aiutandosi mentalmente con una teoria, ovviamente, della sua materia preferita. Ma non gli disse questo particolare. Finalmente il maggiore si fermò con le mani ai fianchi, in piedi davanti a lui a qualche metro di sicurezza. L’espressione nervosa e stralunata era comunque interessata al discorso. Era così come diceva lui.
Forse non aveva fatto male a parlarne con lui.
- Già… - Riuscì a mugugnare solamente. Ora veniva la parte più difficile. Inghiottì, respirò a fondo, alzò gli occhi su quelli del fratello e si fece forza:
- Cosa ne pensi? Ti fa schifo? – Domanda diretta e da Don. Charlie tentennò trovandosi per un momento la mente a reset, suo malgrado con fatica cercò di dire qualcosa non sapendo bene nemmeno lui cosa.
Si era concentrato sul calmare suo fratello al punto che si era dimenticato di pensare lui qualcosa sulla faccenda!
- Oddio, non è una cosa facile da digerire. Cioè, ero pronto a sentire una confidenza su te ed un'altra donna, magari sempre del dipartimento, ma… bè, è insolito ma penso che bisogni solo abituarsi… - In fondo lui era una persona eccentrica già di suo senza essere omosessuale, che frequentava persone altrettanto eccentriche, cosa poteva essere avere un fratello che stava con un altro uomo?
Lui era quello che si sarebbe abituato prima di tutti. Prima ancora di Don stesso, magari.
Però l’imbarazzo comunque c’era.
- Non volevo nascondertelo davvero ma mi conosci… su certe cose sono molto riservato. Una cosa simile, poi… - Lentamente la mente tornò a restituirgli cose sensate e a raffreddarlo un pochino. Si era sentito come morire e se avrebbe potuto sarebbe addirittura scappato, ma la sua natura di agente impavido che affrontava tutto l’aveva inchiodato a sistemare anche questo.
Quanta fatica però!
- Lo so, non preoccuparti di questo… -
Con incertezza ed imbarazzo continuarono a guardarsi in viso, quindi dopo alcuni minuti di silenzio Don si sedette di nuovo accanto a lui, dov’era prima. Questa volta sulla punta del divano con le mani strette fra loro a tormentarsi e ricurvo a guardare in basso. La voce bassa e impercettibile.
- Ci siamo messi insieme, diciamo, qualche giorno dopo che è stato dimesso dall’ospedale, prima che tornasse a lavoro. Una notte. Ci siamo chiesti scusa a vicenda e… bè, non siamo persone che perdono tempo. Sapevamo già cosa provavamo, quella è stata una conferma. – A Charlie parve come di vederseli e stranamente non rabbrividì, gli parve anzi naturale. Cosa che gli sembrò insolita. – Ecco, ora che sai bene tutto… capisci anche che non è facile, per me, capire da cosa è dovuto questo mio strano stato d’animo non ben definito. – Alla fine tanto valeva anche chiedergli consiglio su quello, o comunque parlarne.
Non l’aveva quasi mai fatto, non così intimamente. Non si era mai scoperto in modo così completo e totale e al fratello piacque la sensazione che gli diede quel suo confidarsi con lui.
- Mah… non so, non sono uno psicologo ma un matematico… - Esordì così il giovane stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo dalla figura forte ed in questo momento incerta che gli stava accanto. – però in quanto tuo fratello io credo che è un insieme. Il tuo mondo fin ora è sempre stato solo il lavoro, no? Ora si sta tutto decentrando perché è arrivato qualcuno che sta diventando più importante rispetto alle altre relazioni che hai avuto. O almeno immagino sia così. – Erano dei panni che non era abituato a ricoprire però era comunque un analisi molto veritiera e precisa.
Don si girò lentamente assimilando le sue parole pronunciate con incertezza e calma allo stesso tempo. Era così.
Era semplicemente così.
Il suo mondo non era più il lavoro. Nel suo mondo stava entrando anche Colby, pian piano (o bruscamente…).
- E’ come una scossa di terremoto. La terra deve rimettersi a posto, prima di abituarsi al cambiamento della natura. – Non era proprio un paragone matematico ma fu comunque molto azzeccato e Don in quell’istante fu finalmente felice di averne parlato con lui. Con fatica l’imbarazzo e la confusione di prima stavano scemando e guardandosi così, ancora, sembrava si vedessero per la prima volta.
- Devo solo abituarmi alla novità. – Ripeté come in trance.
- Si, dai tempo al tempo. E arrenditi al fatto che non esiste solo il lavoro. L’ho capito io con Aminta, lo capirai anche tu… con Colby… - Anche se gli veniva ancora un pochino difficoltoso parlare di quei due in certi termini. Cosa normale in fondo.
Don lasciò un po’ di tempo per pensare di nuovo a tutto il suo discorso, poi dopo essersi convinto abbastanza, sapendo che solo vivendo se ne sarebbe convinto completamente, decise di distendere l’atmosfera e chiudere l’argomento sicuramente non facile per nessuno dei due.
- Ehi, grazie… non sapevo che fossi così efficace anche per questo genere di cose! –
- Un genio rimane un genio, no? – In entrambi si sentì dell’ironia distensiva e lo scambio di battute che chiuse il momento confidenziale, fu condito da due sorrisi sinceri, anche se un po’ disorientati ancora, e da una decisa e piena stretta di mano da parte di Don verso Charlie. Cosa che disse e fece più di mille altre parole ed azioni.
Fu lì che si sentirono entrambi davvero profondamente felici di essere fratelli.

FINE