* Avevo scelto come
sfondo musicale la canzone sotto scritta però non
ho trovato il suo midi così ho ripiegato su altro! *
CHARLIE
E' CHARLIE
/ Stranger in a
strange land – L. Russeau /
Che
non fu facile per Colby reinserirsi nella squadra era facile da
immaginare, suo malgrado si rimboccò le maniche e si diede
da fare, come suo solito, come sempre.
Non
fu quello il reale problema dell’agente dell’FBI.
Ormai
di giorni ne erano passati molti e chi più chi meno lo aveva
riaccettato in squadra.
La
temperatura esterna si manteneva calda e si poteva tranquillamente
girare in abiti estivi. Il sole tendeva a mettere il buon umore a tutti
alzando a dovere gli ormoni di ognuno. Il potere del caldo e
dell’afa… non era cosa anomala che tutti avessero
più voglia di stare con il proprio partner o comunque con
qualcuno.
Era
anormale, invece, il comportamento di uno in particolare.
Un
certo capo squadra dell’FBI che dopo aver apparentemente
sistemato tutto con la persona che gli premeva di più, dopo
che si era addirittura messo con lui superando l’ostacolo
dello scoprirsi gay, accettando tutto ciò che era successo,
si trovava di umore particolarmente strano ed insolito.
Gli
arrivavano ogni tanto questi cambiamenti repentini, da che si chiudeva
e non mostrava minimamente alcun indizio a chi lavorava con lui o gli
stava vicino a che diventava addirittura allegro, cosa unica e rara per
lui!
Però
rimuginava su qualcosa, eccome.
Lo
si vedeva da lontano.
Il
punto, però, era che continuava a fare come era solito dalla
nascita: non parlarne con nessuno, nemmeno con le persone che gli
stavano più vicine.
Fra
queste c’era il suo neo ragazzo.
Anche
quel giorno Don riuscì a concludere a fatica e stancamente
una giornata dura di lavoro, nulla di strano in questo. Ormai sia il
fisico che la mente erano abituati a quel genere di vita, difficilmente
ne risentiva e gran parte del merito era stata di quella chiacchierata
dallo psicologo che l’aveva preso in tempo.
C’erano
ovviamente i casi particolarmente debilitanti e difficili che lo
provavano, ma superava anche quelli con la giusta compagnia
rappresentata dalla famiglia, dagli amici e da Colby.
Non
erano la classica coppia, stavano insieme senza sembrare affatto
fidanzati.
Anzi,
loro stessi, spesso, non sembravano minimamente innamorati.
Chiunque
al loro posto si sarebbe chiesto se non si fossero sbagliati ma loro di
dubbi non ne avevano affatto.
Stava
bene ad entrambi quel tipo di rapporto molto tranquillo e libero, poco
oppressivo e romantico. Quando volevano certe attenzioni
dall’altro se le cercavano in maniera molto diretta senza
perdere tempo, facendo molta attenzione ai luoghi e alle persone, poi
tutto tornava subito alla normalità come fossero solo
semplici colleghi di lavoro.
C’erano
momenti anche in cui stavano soli la sera in casa di uno dei due a
parlare e bere senza scambiarsi alcuna effusione, semplicemente
approfondendo la reciproca conoscenza, come se non si conoscessero
già abbastanza, o rafforzando quel legame interiore ed
intellettuale oltre che fisico e sentimentale.
Non
si erano detti che si amavano, non lo avrebbero fatto facilmente, ma
ammettere che oltre al lavoro contava anche la loro storia tanto che
valeva la pena viverla nel modo che loro reputavano serio, era un
grande passo.
E
forse a turbare segretamente l’animo di Don era proprio
questo.
Stava
bene con Colby, si sentiva un altro, lentamente colmava tutte quelle
mancanze, gli tornava tutto ciò di cui si era privato per
gli altri. Sentiva che era la persona giusta e non si chiedeva se
sarebbe durato per sempre o se lo avrebbe amato. Qualunque cosa fosse
comprendeva sia la ‘chimica’ che il legame
personale. Sentimento, insomma. Ma su che tipo di sentimento non si
sarebbe ancora sbilanciato.
Stesso
discorso per Colby, naturalmente. Solo che lui non aveva nulla che lo
turbava, non più finalmente.
Ne
aveva passate decisamente troppe, proprio come Don aveva sempre
sostenuto.
Il
turbamento di Don era più complesso, quasi come i calcoli
matematici di Charlie.
Lo
era a tal punto da non essere nemmeno completamente chiaro a Don
stesso.
Ecco
perché cercava di nasconderlo, e ci riusciva bene, facendo
finta di avere solo un po’ di stress da lavoro e nulla di
più.
Però
la righetta fra le sopracciglia continua denotava che qualcosa che non
andava c’era e quelli più vicini a lui
l’avevano notato.
-
Don, che ti succede? – Aveva quindi chiesto a bruciapelo
Charlie al fratello trovatisi soli a casa del minore.
-
Perché? – Chiese preso alla sprovvista Don con
aria da felino sull’attenti pronto a scattare al minimo segno
di pericolo. Si fermò con la birra che aveva appena aperto
in mano a mezz’aria, in piedi in cucina.
-
Non so, solo perché non trovavi una bottiglia hai sbattuto
tutti gli sportelli che potevi… e poi era lì
davanti ai tuoi occhi! – Disse con un tono ovvio e come al
solito tendente al saputello ma non fastidioso, indicando
ciò che stringeva.
-
Oh… - Fece solo Don rimanendo di sasso e senza parole,
rendendosi effettivamente conto di aver un tantino esagerato.
Abbassò
la mano con la birra abbandonando l’idea di berla come niente
fosse, osservò ancora per un po’ il fratello con
sguardo leggermente colpevole e smarrito, quindi non sapendo cosa dire
di preciso, decise per una stretta di spalle e per un: - Scusa.
– frettoloso detto a mezza voce. Dopo di ciò non
pensò di aggiungere altro eclissandosi velocemente nel
salotto, sedendosi al divano a guardare la partita e sorseggiare la
birra.
La
sua aria si oscurò ulteriormente.
Charlie
aveva già capito che c’era qualcosa…
“Capirlo
pure io non sarebbe male…”
Pensò
con stizza verso sé stesso.
In
breve fu naturalmente raggiunto dal fratello che si sedette accanto a
lui con la terrina dei pop corn. L’intento era di vedere la
partita insieme, era da molto che non si trovavano da soli, loro padre
era uscito con Milly, nonostante l’evento immancabile in
televisione, e nessun altro amico, sempre stranamente, era potuto
venire a far loro compagnia. Era davvero da un sacco di tempo che una
cosa simile non succedeva.
Specie
perché ultimamente Don non era venuto così spesso
lì senza giustificarsi se non con un vago ‘ho
impegni’.
Tutti
avevano pensato che, chiaramente, questi ‘impegni’
fossero una nuova donna, ma non ci erano andati poi tanto lontani. Non
di una donna si trattava, però sempre di qualcuno speciale.
Colby.
Non
avrebbero mai immaginato che la nuova relazione di Don si chiamasse con
quel nome e se lo avessero saputo sarebbe stato sconvolgente,
probabilmente, proprio per l’apparente marcata
eterosessualità dei due.
Apparente,
appunto!
-
Allora? – Tornò all’attacco Charlie
senza guardarlo, mangiando distrattamente i pop corn e facendo finta di
guardare la partita.
Anche
Don prese una manciata e fece altrettanto finta di guardare la
televisione, ma in realtà pensava a cosa diavolo dirgli.
Certo
che aveva qualcosa, ma non sapeva cosa.
Sapeva
solo che ce l’aveva da quando si era messo con
Colby… forse era normale visto che lo considerava la prima
relazione seria da mettere davanti al lavoro, o per lo meno al suo
pari. Ma forse no.
In
realtà non aveva mai dato così tanto spazio a
nessuno.
Il
punto era che Charlie non era poi la persona più adatta per
quel genere di confidenze e di consigli. Anche se lui stava con Aminta
da un po’ e la loro storia andava a gonfie vele, a dispetto
della fatica che avevano fatto per mettersi insieme!
“Magari
lui qualche dritta me la può dare… non capisce
niente dell’animo umano ma sta comunque con una donna che
ama, mi conosce meglio di molti altri, potrebbe anche essermi
d’aiuto. Anche se non penso proprio… se si
trattasse di qualche calcolo matematico sarebbe il primo a cui mi
rivolgerei, ma per questo… “
Cominciò
a pensare velocemente e titubante Don corrugando ulteriormente la
fronte e le sopracciglia, non era affatto convinto di parlarne con lui
e lo si vedeva da ogni lato lo si guardasse.
Fu
così che intervenne di nuovo il fratello che, senza
guardarlo direttamente in viso, aveva capito il motivo del suo ostinato
mutismo:
-
Anche se il tuo problema non ha a che fare con la matematica non
è detto che non possa esserti utile. – Ogni volta
che parlava con lui in privato si sforzava molto di non parlare in
termini matematici, come si sforzava di non usare un tono troppo
saccente, anche se era il suo naturale e non lo faceva apposta.
Don
sospirò e lo guardò fugacemente di lato, sembrava
interessato alla partita ma si capiva che era una finta e che in
realtà voleva sapere di lui. Non lo guardava solo per
facilitargli il compito. Se pensava che fosse distratto e poco
presente, magari, riusciva ad aprirsi meglio.
Il
maggiore sospirò abbandonando la bottiglia che teneva fra le
dita sul ginocchio, dimenticò anche la partita e i pop corn,
quindi appoggiando la nuca sullo schienale del divano,
all’indietro, si decise a parlare o almeno provarci.
Tanto
erano solo loro due e Charlie era una tomba, non ne avrebbe parlato con
nessun altro. Inoltre non serviva che dicesse proprio tutto.
Da
quando aveva parlato con lo psicologo aveva cominciato ad ammettere che
aprirsi con qualcuno, ogni tanto, poteva essere utile. Ma ogni tanto,
mica sempre!
-
Non so cosa mi succede… pensavo di aver superato lo scoglio
sistemando le cose con Colby, ora in teoria è tutto a posto,
tutto finito, tutti perdonati… però nonostante io
abbia di nuovo stretto i rapporti con lui non mi sento rilassato come
mi aspettavo. Come dovrei. Non sempre per lo meno. È un
malessere che non riesco a localizzare e definire.
C’è e basta. Cerco solo di lasciarlo dentro e non
farlo uscire o pregiudicherebbe il lavoro. –
Charlie
ascoltò con attenzione maniacale tutto, registrando
perfettamente tutte le parole dette da Don, quindi attese qualche
minuto per elaborare ogni informazione ricevuta ed avere una visione
totale ed obiettiva della faccenda. Non che fosse molto chiara, in
effetti. Mancavano degli elementi…
-
Io pensavo si trattasse di un problema sentimentale. Di amore.
– La buttò lì con apparente noncuranza
senza fargliela pesare, continuando a mangiare i pop corn e guardare la
televisione.
Don
nemmeno la guardava più, solo che dal soffitto
passò immediato al profilo accentuato del fratello accanto a
lui che faceva finta di nulla.
Gli
prese quasi un colpo.
Che
Colby ne avesse parlato con lui?
“Se
ne parlerà con qualcuno penso sarà con David, non
certo con lui… “
Pensò
velocemente cercando una reazione contenitiva.
“No,
non può saperlo… sicuramente ha sparato a caso!
Non è da lui sparare a caso e dire cose senza ragionarci,
però come fa a saperlo? Ma intanto… COSA
sa?”
Decidendo
che era il caso di appurarlo, non smise più di fissarlo con
indiscrezione e rialzò la testa dritta. Poi diretto chiese:
-
Perché? – La domanda più ovvia che lo
scopriva di meno. Sulla difensiva. A Charlie non sfuggì.
-
Non vieni più spesso qua dopo il lavoro e poi ci sono quelle
piccole cose di te che denotano un effettivo cambiamento. Direi un
miglioramento repentino che però cerchi di nascondere. Come
una nuova luce che allo stesso tempo è fonte di tormento.
Non per la luce in sé ma per ciò che rappresenta.
– Lì ebbe l’istinto irrefrenabile di
fare uno dei suoi soliti paragoni matematici ma si fermò in
tempo immaginando che poi l’altro si sarebbe subito chiuso a
riccio.
Don
rimase di nuovo sorpreso per l’acutezza del fratello. Del
resto Charlie era Charlie, come faceva a continuare a stupirsi con lui?
“Però
ha ragione… qualcosa comincia a farsi chiaro in me ora.
È per Colby ma non perché sto con lui, forse
è per la conseguenza del nostro rapporto. Istintivamente mi
sono messo a guardare già in là senza
accorgermene ed ho visto qualcosa che non mi piace. Forse senza
rendermene conto penso che lui possa diventare più
importante del mio lavoro e di non riuscire più a farlo bene
o peggio temo di perdere Colby mettendolo io stesso a rischio come fin
ora è sempre successo. Conoscendomi potrebbe essere proprio
questo, solo che l’ammetterlo significa dare alla nostra
relazione già un importanza che per ora non mi sento di
dare, di cui avrei paura. Già così è
abbastanza sconvolgente perché fin qua non sono mai
arrivato. “
Si
perse a pensare fissando di nuovo gli occhi sullo schermo senza notare
nemmeno il prezioso punto mancato. Nemmeno Charlie lo notò
nonostante stesse guardando anche lui.
La
birra, la partita e i pop corn ormai erano dimenticati.
Sentivano
solo la presenza fisica l’uno dell’altro e i loro
stessi pensieri che li distraevano in continuazione.
Poi
un flash gli fece riascoltare le sue parole e si incuriosì
di un altro particolare di cui chiese delucidazioni con la sua aria da
‘che hai detto?’:
-
Quali piccole cose? È così lampante? –
Non si rese conto di aver appena dato conferma che era proprio questo
il punto della situazione e che ancora una volta Charlie ci aveva preso!
Il
moro dai capelli ricci scomposti intorno al viso fece un breve
sorrisino di soddisfazione, quindi si decise a guardarlo diretto in
viso, cosa che fu finalmente ricambiata e per la prima volta nella
serata riuscirono ad osservarsi veramente e da vicino.
-
Bè, si… cioè no… dai, non
penso che gli altri lo abbiano capito. Io parlo per me, per me
è lampante ma perché ti conosco un po’
più degli altri. In questi ultimi anni abbiamo approfondito
molto il nostro rapporto e posso vantarmi almeno di conoscerti meglio
di altri! – Aveva comunque un aria più distesa
mentre cercava di spiegare inizialmente confuso ciò che
pensava e che era la realtà.
Il
loro rapporto era sempre stata una mina vagante, non si erano mai
trovati se non negli ultimi anni, da quando avevano iniziato a
collaborare per i casi dell’FBI. Però quegli anni
erano stati sicuramente più ricchi di tutti gli altri che si
erano persi. Anche se di conoscenza e approfondimento ne avevano ancora
molta da fare, di sicuro.
Quello
sarebbe stato il momento perfetto per farlo.
-
Piccole cose? – Tornò a chiedere inquisitore Don
abituato a fare il federale, era più interessato a
quell’aspetto del discorso. Non gli passava comunque per
l’anticamera del cervello di dirgli di Colby però
voleva capire se lui l’aveva capito!
Charlie
si strinse nelle spalle ma non smise di guardarlo, in realtà
non sapeva di preciso cosa era stato a farglielo capire, ma Don era
allarmato perché se persino lui che era di norma perso nel
suo mondo matematico l’aveva capito, allora gli altri cosa
sapevano?
Però
per Charlie non fu facile parlare della sua sensazione,
poiché di questo si era trattato e nulla di più.
-
I tuoi sbalzi d’umore repentini. Di solito sei sempre brusco
e sbrigativo, ultimamente passi da questo a momenti di beatitudine
totale, completo benessere psicofisico.. Sfoderi una
tranquillità ed una serenità sconcertante. In
quel momento hai una luce diversa negli occhi. Poi quando sparisci
misteriosamente senza farti rintracciare da nessuno e riappari
riappacificato col mondo, come niente fosse. Inoltre il fatto che
lavori di più con Colby per curarti maggiormente di
lui… - Charlie avrebbe continuato se a Don non fosse venuto
spontaneo un colpo al cuore che saltò un paio di battiti,
impallidì visibilmente e cominciò a tossire per
la saliva che gli era andata di traverso insieme al proprio respiro!
Lo
sguardo fu encomiabile e troppo indicatore. Don era troppo istintivo
per mascherare costantemente tutto quel che provava, già
controllarsi a lavoro era faticoso, come poteva riuscirci anche in
privato, la sera, col fratello?
-
Che c’è, ci ho preso? – Chiese Charlie
capendo subito che al nome ‘Colby’ Don aveva avuto
una reazione esagerata. Un campanello risuonò in lui mentre
ancora elaborava il significato di quell’informazione!
Don
si riprese a fatica rendendosi conto che forse non si era reso conto su
cosa ci aveva preso, magari aveva pensato solo che era vero, si era
innamorato… e non di Colby!
Anche
se Charlie…
-
E’ Colby?! - … ecco, appunto, era Charlie!
Probabilmente
si era aiutato alla velocità della luce con qualche
statistica matematica per arrivare all’unica naturale
conclusione, difficile che ci fosse arrivato con l’intuito o
qualche altro sistema normale per qualunque altro essere umano!
Ma
fatto fu che ci arrivò e mentre lo esclamò
esterrefatto era sbiancato anche lui, aveva sgranato gli occhi e per
poco non aveva fatto volare la terrina piena di pop corn.
Realizzarlo
e rimanerne sconvolti fu un tutt’uno, eppure non aveva messo
in dubbio la sua conclusione con quella che ‘no, è
impoasibile… mio fratello con Colby! Mi sarò
sbagliato!’. Non aveva avuto dubbi perché,
semplicemente, il suo cervello gli aveva fatto fare una di quelle
operazioni infallibili!
E
se Charlie si sconvolse, Don si sentì quasi male.
Senza
pensarci su un attimo si alzò di scatto seguendo
l’irrefrenabile bisogno di camminare veloce su e
giù per la stanza, facendo girare la testa
all’altro ancora seduto nel divano senza parole e pensieri.
Cosa strana per lui!
Sembrando
una tigre in gabbia, i suoi pensieri furono così veloci che
nemmeno riuscì a leggerli lui stesso, quindi decise che
effettivamente doveva dire qualcosa anche se non sapeva bene cosa.
Era
proprio la situazione che aveva voluto evitare!
-
E’ strano, vero? –
Charlie
cercò di riprendersi e facendo appello al suo sangue freddo
ed alla sua diplomazia, riprese possesso in fretta delle sue immense
facoltà mentali. Voleva tranquillizzarlo e soprattutto farlo
smettere di correre per casa, ma non era certo una cosa facile. Don
nervoso lo fermava solo una pallottola, probabilmente!
-
Bè, dipende da cosa intende uno per strano…
definisci ‘strano’! –
A
quel punto Don si fermò un attimo perdendo la pazienza
(già, perché, lui ce l’ha di norma?) e
allargando le braccia esasperato rispose brusco:
-
Strano, insolito, non da noi, inaspettato, che non l’avresti
mai detto… come preferisci, Charlie! – Voleva solo
che dicesse sinceramente la sua e il giovane lo sapeva bene. Come
sapeva che glielo doveva, era stato lui a spingerlo a confidarsi, gli
aveva tirato tutto fuori. In effetti aveva fatto tutto da
solo…
-
Bè, onestamente lo è ma perché non
avete mai dato cenni o indizi prima, quando vi stavate…
ehm… innamorando… - Faticò a dire
l’ultima parola, in fondo era umano anche lui,
arrossì addirittura abbassando gli occhi e Don riprese
nervosissimo a camminare su e giù infastidito e turbato. Non
voleva, non voleva assolutamente che si sapesse anche se lui era
Charlie e poteva fidarsi. Lui era fatto così. Più
una cosa era importante, per lui, e più doveva rimanere
segreta. Vuoi per riservatezza, vuoi per gelosia, vuoi per possessione,
vuoi per proteggerla... ma era così.
-
Di cenni o indizi non ne abbiamo avuti nemmeno noi! Non ce ne siamo
resi conto prima di tutto il casino che è scoppiato sul suo
presunto tradimento! – Alla fine tanto valeva aprirsi del
tutto, una volta che era in ballo gli avrebbe anche fatto bene tirare
tutto fuori fino in fondo. Ma gli premeva sapere cosa ne pensava ora
suo fratello.
-
Mah… io non sono un asso in queste cose… mi sono
messo con Aminta dopo un sacco che ci conoscevamo ed anche se tutti
avevano capito che sarebbe finita così, io ho capito che
l’amavo solo quando stavo per perderla. Credo che sia
così per tutti, non lo so… non sono il
più adatto per questi discorsi… - Si morse la
lingua per avergli detto, prima, di parlarne con lui nonostante
pensasse non fosse in grado di aiutarlo.
Don
rallentò un po’ la camminata e di questo Charlie
gliene fu grato. Anche quest’ultimo aveva parlato con un velo
di agitazione nella voce, si trovava molto meglio a discutere di
matematica, decisamente!
-
Però nel tuo caso reprimi i tuoi sentimenti per concentrarti
solo sul lavoro, quindi è normale che non hai mai dato
attenzione a questa cosa che, invece a quanto pare, si stava
verificando comunque in te. Poi l’evento scatenante
è avvenuto e te ne sei reso conto di punto in bianco. Stesso
discorso per Colby che in questo aspetto ti somiglia. – La
spiegò così aiutandosi mentalmente con una
teoria, ovviamente, della sua materia preferita. Ma non gli disse
questo particolare. Finalmente il maggiore si fermò con le
mani ai fianchi, in piedi davanti a lui a qualche metro di sicurezza.
L’espressione nervosa e stralunata era comunque interessata
al discorso. Era così come diceva lui.
Forse
non aveva fatto male a parlarne con lui.
-
Già… - Riuscì a mugugnare solamente.
Ora veniva la parte più difficile. Inghiottì,
respirò a fondo, alzò gli occhi su quelli del
fratello e si fece forza:
-
Cosa ne pensi? Ti fa schifo? – Domanda diretta e da Don.
Charlie tentennò trovandosi per un momento la mente a reset,
suo malgrado con fatica cercò di dire qualcosa non sapendo
bene nemmeno lui cosa.
Si
era concentrato sul calmare suo fratello al punto che si era
dimenticato di pensare lui qualcosa sulla faccenda!
-
Oddio, non è una cosa facile da digerire. Cioè,
ero pronto a sentire una confidenza su te ed un'altra donna, magari
sempre del dipartimento, ma… bè, è
insolito ma penso che bisogni solo abituarsi… - In fondo lui
era una persona eccentrica già di suo senza essere
omosessuale, che frequentava persone altrettanto eccentriche, cosa
poteva essere avere un fratello che stava con un altro uomo?
Lui
era quello che si sarebbe abituato prima di tutti. Prima ancora di Don
stesso, magari.
Però
l’imbarazzo comunque c’era.
-
Non volevo nascondertelo davvero ma mi conosci… su certe
cose sono molto riservato. Una cosa simile, poi… -
Lentamente la mente tornò a restituirgli cose sensate e a
raffreddarlo un pochino. Si era sentito come morire e se avrebbe potuto
sarebbe addirittura scappato, ma la sua natura di agente impavido che
affrontava tutto l’aveva inchiodato a sistemare anche questo.
Quanta
fatica però!
-
Lo so, non preoccuparti di questo… -
Con
incertezza ed imbarazzo continuarono a guardarsi in viso, quindi dopo
alcuni minuti di silenzio Don si sedette di nuovo accanto a lui,
dov’era prima. Questa volta sulla punta del divano con le
mani strette fra loro a tormentarsi e ricurvo a guardare in basso. La
voce bassa e impercettibile.
-
Ci siamo messi insieme, diciamo, qualche giorno dopo che è
stato dimesso dall’ospedale, prima che tornasse a lavoro. Una
notte. Ci siamo chiesti scusa a vicenda e… bè,
non siamo persone che perdono tempo. Sapevamo già cosa
provavamo, quella è stata una conferma. – A
Charlie parve come di vederseli e stranamente non
rabbrividì, gli parve anzi naturale. Cosa che gli
sembrò insolita. – Ecco, ora che sai bene
tutto… capisci anche che non è facile, per me,
capire da cosa è dovuto questo mio strano stato
d’animo non ben definito. – Alla fine tanto valeva
anche chiedergli consiglio su quello, o comunque parlarne.
Non
l’aveva quasi mai fatto, non così intimamente. Non
si era mai scoperto in modo così completo e totale e al
fratello piacque la sensazione che gli diede quel suo confidarsi con
lui.
-
Mah… non so, non sono uno psicologo ma un
matematico… - Esordì così il giovane
stringendosi nelle spalle e distogliendo lo sguardo dalla figura forte
ed in questo momento incerta che gli stava accanto. –
però in quanto tuo fratello io credo che è un
insieme. Il tuo mondo fin ora è sempre stato solo il lavoro,
no? Ora si sta tutto decentrando perché è
arrivato qualcuno che sta diventando più importante rispetto
alle altre relazioni che hai avuto. O almeno immagino sia
così. – Erano dei panni che non era abituato a
ricoprire però era comunque un analisi molto veritiera e
precisa.
Don
si girò lentamente assimilando le sue parole pronunciate con
incertezza e calma allo stesso tempo. Era così.
Era
semplicemente così.
Il
suo mondo non era più il lavoro. Nel suo mondo stava
entrando anche Colby, pian piano (o bruscamente…).
-
E’ come una scossa di terremoto. La terra deve rimettersi a
posto, prima di abituarsi al cambiamento della natura. – Non
era proprio un paragone matematico ma fu comunque molto azzeccato e Don
in quell’istante fu finalmente felice di averne parlato con
lui. Con fatica l’imbarazzo e la confusione di prima stavano
scemando e guardandosi così, ancora, sembrava si vedessero
per la prima volta.
-
Devo solo abituarmi alla novità. –
Ripeté come in trance.
-
Si, dai tempo al tempo. E arrenditi al fatto che non esiste solo il
lavoro. L’ho capito io con Aminta, lo capirai anche
tu… con Colby… - Anche se gli veniva ancora un
pochino difficoltoso parlare di quei due in certi termini. Cosa normale
in fondo.
Don
lasciò un po’ di tempo per pensare di nuovo a
tutto il suo discorso, poi dopo essersi convinto abbastanza, sapendo
che solo vivendo se ne sarebbe convinto completamente, decise di
distendere l’atmosfera e chiudere l’argomento
sicuramente non facile per nessuno dei due.
-
Ehi, grazie… non sapevo che fossi così efficace
anche per questo genere di cose! –
-
Un genio rimane un genio, no? – In entrambi si
sentì dell’ironia distensiva e lo scambio di
battute che chiuse il momento confidenziale, fu condito da due sorrisi
sinceri, anche se un po’ disorientati ancora, e da una decisa
e piena stretta di mano da parte di Don verso Charlie. Cosa che disse e
fece più di mille altre parole ed azioni.
Fu
lì che si sentirono entrambi davvero profondamente felici di
essere fratelli.
FINE