AMBIENTAZIONE: dall’episodio 4x05. La scena incriminata è quando Tony arriva sulla scena un attimo dopo degli altri e porta il caffè a Gibbs (finalmente senza baffi, tornato quindi quello di un tempo), i due si guardano e si scambiano uno sguardo ed un sorriso particolare che la dice lunga sulla castità dei rispettivi pensieri. E’ per la mia serie di fanfic intitolate ‘Convivenze deleterie’, seguito di ‘Trouble’.
NOTE: bè, sopra ho spiegato bene, mi sa, di cosa si tratta.
Era notte fonda ed ero appena arrivata a casa dopo aver bevuto qualcosa (più di qualcosa effettivamente, lo ammetto) con mia sorella, per ristabilirmi ho dato un occhio a cosa c’era in tv ed ho beccato questa puntata e lo scambio di sguardi fra quei due non mi è affatto sfuggito…
Non ho trovato il midi che volevo, Reckless, ma ho rimpiazzato.
Bè, non mi resta che augurare buona lettura a tutti. Spero la storia piaccia. Baci Akane
DEDICHE: la dedico come sempre a Taila ma anche a Dark Soul, Parsifal e Yukino e tutte le fan della coppia.

COLPA DEI BAFFI

CAPITOLO I:
TEMPO DI CHIARIMENTI

/ Ulysses – Franz Ferdinand /
Quella mattina c'era qualcosa di diverso.
Se ne resero conto subito appena lo videro.
Gibbs aveva tagliato i baffi.
Era bastato quello per capire che giorni sarebbero stati da lì in poi.
Non era stata la convinzione assurda di Tony sui baffi del loro capo, a far pensare che lo ammorbidissero, ma alla fine ci avevano creduto e quando l'avevano visto senza si erano detti che la sua cattiveria era tornata!
Cattivaria intesa come severità, impazienza, poca diplomazia, burberità e via dicendo...
McGee e Ziva erano stati i primi a vederlo dal momento che quella mattina Tony era in ritardo. Avevano capito che era tornato quello di un tempo anche in virtù del fatto che davanti all'assenza del suo primo agente, che tanto aveva fatto per tirargli fuori la sua 'cattiveria', aveva deciso di fare come se non ci fosse mai stato andando laddove erano stati chiamati per un cadavere di un tenente della marina.
Non aveva detto 'avvertitelo che ci raggiunga là', né un altro minimo accenno alla sua esistenza. Aveva detto di prendere il furgone e di muoversi. Loro non avevano potuto contraddirlo, non avevano osato nemmeno chiedergli cosa fare con Tony, si erano detti che si sarebbe arrangiato dal momento che aveva tanto voluto rivederlo senza baffi!
Se la sarebbe vista da solo con lui, così si erano messi al lavoro di buona lena. Ziva a parlare con la signora che aveva trovato il cadavere, McGee con Duky e Gibbs in casa a vededere del corpo e delle possibili tracce sul pavimento.
Come avevano capito dal primo sguardo, Gibbs era davvero tornato quello di un tempo, colui che borbottava seccato ordini a destra e a manca dimostrando di non avere la minima pazienza riguardo a nulla, nemmeno nei confronti di Duky.
Era stato quindi esattamente lì che Tony in tutta calma era arrivato col bicchiere di caffè in mano e appena aveva visto il suo capo dentro aveva subito sorriso contento.
Esatto, proprio così.
Contento.
Era arrivato nel momento in cui Gibbs si era girato verso la porta, quindi gli era andato incontro e si era fermato davanti a lui, poi si erano guardati nello stesso identico modo, ad una distanza piuttosto ravvicinata, con il medesimo sorrisetto malizioso.
Ebbene si.
Quello sguardo e quell'aria traboccavano di evidente malizia ed ironia, come se avessero avuto l'identico pensiero nel modo più uguale possibile.
Furono salvati dal fatto che Duky era alle prese col cadavere, Palmer come al solito con la testa da un altra parte e McGee accucciato a terra per cercare impronte terrorizzato dal ‘despota’. Non avevano notato.
Cosa significavano quegli sguardi significativi e profondamente ironici, con le labbra incurvate a metà in un ghigno divertito e complice?
E perché Tony non era stupito o spaventato dai suoi baffi svaniti?
Perché non sembrava sorpreso del fatto che la sua cattivaria era tornata? In fondo era in ritardo e non aveva avvertito nessuno...
Era come se l'avesse già saputo e ne fosse estremamente soddisfatto e contento... proprio lui che di norma era il centro delle severissime mire del loro capo.
Cos'era quella complicità?
- Sei contento di vedermi, capo? - Disse Tony con faccia tosta senza mutare la sua espressione che diceva tutto e niente.
Un mugugno appena accennato in risposta, quindi Tony gli aveva dato il bicchiere dicendo: - Il tuo caffè... - e Gibbs se l'era preso sorseggiandolo, continuando a guardarlo di sbieco mentre l'ascoltava parlare della vittima. Era così rilassato e sorridente... troppo per essere in ritardo davanti ad un Gibbs senza baffi e quindi impaziente come un tempo!
Nessuno però, per loro fortuna, notò che Tony nonostante fosse arrivato dopo gli altri sapesse il nome della vittima ed avesse fatto i 'compiti' raccogliendo già delle informazioni su di lui, come se le avesse cercate col suo palmare venendo lì. Come poteva sapere di chi si trattava, dove erano e cosa doveva fare?
Nessuno notò questa piccola 'incongruenza' coi fatti conosciuti e loro non ritennero opportuno spiegarli.
Dopo di che aveva mandato McGee all'esterno a controllare il giardino e loro due erano tornati a guardarsi di nuovo con quell'aria maliziosa che raccontava solo a loro due una storia decisamente particolare. Nessun'altro avrebbe mai potuto conoscerla.
Non si capiva a cosa pensassero, non lo si poteva immaginare di cosa erano stati complici.
Nessuno sapeva che lo sguardo di Gibbs oltre a chiedergli silenziosamente se si fosse lavato e cambiato, ricordava in un flash tutto ciò che la notte appena passata era accaduto.
Nessuno sapeva che quello di Tony gli rispondeva affermativamente ringraziandolo della chiamata per avvertirlo di dove doveva raggiungerli e su chi doveva raccogliere informazioni, ricordando anch'egli gli stessi momenti trascorsi solo alcune ore prima.


/Reckless – Papa Roach/
Spinto da fin troppi sentimenti e motivazioni, mi decido finalmente ad andare da lui.
Era casa nostra.
Lo è stato per molto ma ormai è di nuovo solo sua.
Io me ne sono andato non avendo la forza di stare là da solo e quando è tornato... bè, la storia è dolorosa per essere ricordata, dovrò farlo già abbastanza fra poco.
Lui non ha volto parlarmi, chiarire, spiegarmi nulla ma è necessario.
È il minimo.
Me lo deve dopo avermi abbandonato così ed essere tornato come niente fosse.
Non so più cosa gli passi per la testa, non lo capisco come riuscivo prima che se ne andasse.
È di nuovo un mistero e dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare a lui e avvicinarmi, mi sembra di essere vissuto solo in un sogno, in un illusione, come se non fosse successo davvero nulla.
Si spiegherebbe perchè se ne è andato in quel modo ed ora non mi parla più di noi due.
Suono alla porta ma ovviamente non viene ad aprire, è sicuramente giù nel seminterrato a lavorare alla barca, da là non si sente il campanello.
Sospiro alzando le spalle. Tanto già lo sapevo...
Tiro fuori la mia copia delle chievi.
Le ho ancora... le guardo chiedendomi che debba fare con loro, se restituirgliele o tenerle ma rimane un gran punto di domanda, quindi me le rimetto in tasca e apro la porta che non chiude mai.
A colpo sicuro vado verso quella che dà nella cantina e mi affaccio rimanendo lì fermo. Mi affaccio cercandolo con lo sguardo ed eccolo lì.
Lì, chino sulla sua barca che ormai è magicamente a buon punto come in passato non era mai riuscito a portarla.
Cosa gli dico, ora?
- Pensi di star lì a lungo? - Mi toglie lui dall'impaccio del non saper che passo fare, così mi decido e scendo le scale.
Mi sento confuso.
Forse perché anche se io so cosa voglio, ovvero lui, penso che lui non voglia me.
Anzi, credo di esserne sicuro visto cosa ha fatto.
Però io voglio sentirglielo dire.
Me lo deve.
No, non sono più arrabbiato, non credo, non come l'inizio.
Ora forse sarei pronto per accettare la realtà.
Mi fermo alla fine delle scale appoggiandomi al muro accanto, sprofondo le mani nelle tasche dei jeans e l'osservo continuare a trafficare coi suoi attrezzi. Mi dà la schiena ancora un po' ed io posso osservare quella che era la parte del suo corpo che preferivo.
Sorriderei malizioso ma mi uscirebbe uno di malinconia perché è passato ed ora non ho diritto di avere certe preferenze.
Ormai è tutto finito, no?
- Allora? - Mi chiede sentendomi piuttosto silenzioso, cosa anomala per me.
In effetti ha ragione ma che vuoi... questa è una situazione particolare e critica per me ed in fondo sono solo umano.
Mi stringo nelle spalle e cerco qualcosa da dire, qualunque cosa prima che attacchi o mi dia il ben servito. Come gli parlo?
È così difficile per me farlo in privato, noi due soli, qua sotto.
Proprio in questo punto ci siamo messi definitivamente insieme e non è stato troppo tempo fa. Ma forse invece è un infinità.
Mi aveva spinto contro il muro baciandomi furiosamente, abbassandosi e occupandosi del mio inguine.
Dio, che ricordi... che sensazioni... a pensarci torno a provare caldo là sotto così cerco di distrarmi ed evito di gran lunga la lavatrice nell'altro angolo.
Là l'abbiamo fatto quando abbiamo iniziato con la relazione di solo sesso. Col gelato.
E poi sul fondo della sua barca, su quel tavolino, sulle scale, lì per terra... no, troppi posti. Troppi.
Come posso cancellarli tutti in una volta?
Non tornavo qua da troppo tempo ed ora che lo rivedo capisco quanto pieno di noi due sia.
Di tutte le volte che abbiamo fatto l'amore, che ci siamo presi e dati...
Ed ora sempre qua dovrei concludere tutto?
Oh, io non so se sarà così ma visto che mi ha lasciato suppongo di si...
Sentendo che non dico ancora nulla, troppo distratto dal posto in cui mi trovo, dove abbiamo passato la gran parte del nostro tempo, si alza e si gira stizzito guardandomi poco paziente.
Quando ci scambiamo i nostri sguardi, diversi fra loro, il mio smarrito e forse con gli occhi lucidi, viene invaso da un profondo stupore.
Sono i suoi baffi a farmi ricordare che Gibbs non è ancora Gibbs.
È come se con essi i suoi artigli fossero ancora ritirati.
È un idea che non riesco a togliermi.
Vedo il suo viso e c'è qualcosa di troppo, non da lui, e non mi piace.
Cioè mi piace in ogni caso ma non mi piace che non sia lui.
Forse è tutta colpa loro!
Devo toglierglieli!
A questo pensiero insolito mi viene in mente oggi quando Franks mi ha colpito in testa facendomi svenire per potersene andare dove voleva.
È venuto da me e mi ha toccato il viso per assicurarsi che io stessi bene, mi ha guardato le pupille per vedere com'erano, ha avvicinato il viso al mio, mi ha sussurrato così... così... intimo... preoccupato... premuroso... mi ha confuso.
Mi ha confuso così tanto che ho vacillato.
Perché?
Perché è stato così dolce?
Non lo è mai stato nemmeno quando stavamo insieme.
Mi ha chiesto come stavo e si è fatto dire le mie condizioni dal paramedico che mi ha soccorso.
Mi ha catapultato in una realtà che non era la mia e mi ha spiazzato.
Perché si è permesso di essere così premuroso con me?
- Perché oggi ti sei preoccupato a quel modo per me? - Allora mi esce senza che più io mi chieda come iniziare.
Non so dove finirò, se esploderò o che... ma non ce la faccio più.
Ho bisogno di sapere tutto quello che lui ha dentro, che prova per me, che vuole...
Ho bisogno di lui.
Non intendo più farne a meno.
Non ce la faccio.”

Come posso esprimere quel che sento?
Che ho sentito?
Che provo?
Come posso?
Fin'ora non era mai tornato qua.
Sono venuto e lui aveva preso le sue cose.
Non ho pensato a nulla.
Non gli ho detto nulla.
Era normale, del resto, dopo il modo in cui l'avevo lasciato.
Eppure lui una cosa non l'ha mai saputa ed io non gliel'ho mai detta.
Io non l'ho mai lasciato.
Però spiegare quel che mi è successo è qualcosa che potrebbe anche andare oltre alle mie possibilità.
Vorrei saper usare le parole in modo normale, per non ferirlo.
Lui non se lo merita.
Non è giusto.
Sono stato un bastardo con lui.
Me ne rendo conto.
L'ho ferito mortalmente più volte e dopo tutto questo non gli ho ancora detto niente solo perchè non so come spiegarmi. Perchè io quando parlo tendo a ferire. Perchè non so usare certe delicatezze. Non con tutti.
Penso che peggiorerei.
Che ci starebbe peggio.
Che non so come dirglielo.
Come dirgli ciò che ho passato e sto passando.
Ciò che volevo e voglio.
Mi avvicino lentamente a lui davanti a questa domanda. Sembra campata per aria ma io capisco a cosa si riferisce e cosa vuole dire.
La mia espressione si rabbuia e diventa seria.
Scruto i suoi occhi lucidi, sta per piangere e se dico qualcosa come non va detta lo farà davvero ed io non voglio.
Quanto è stato male per colpa mia?
Con che diritto ora io gli dico quel che dovrei?
Non so nemmeno come.
Io non ho mai avuto problemi a dire quel che pensavo, l'ho sempre fatto così come mi veniva ma con lui, ora, non ci riesco più.
Perchè quel che provo per lui è troppo grande e non voglio più ferire chi amo.
Non voglio.
Cerco di trattenere ancora tutto, tutto quello che prima o poi uscirà in un modo o nell'altro.
E cosa posso dirti?
Muovo qualche passo verso di lui rimanendo ancora a debita distanza.
Ora li ricordo tutti i posti in cui abbiamo fatto l'amore.
Ora.
Solo ora.
Dove sei appoggiato adesso è stato quando ci siamo messi insieme. Avevo tutta l'intenzione di violentarti ma poi ho capito cosa volevo davvero.
- Come posso non farlo? - Forse devo mandarlo via.
Se non voglio più ferirlo devo mandarlo via e basta. Lasciarlo nella falsa credenza che io non lo ami più.
Però la ragione va da tutt'altra parte rispetto alla direzione della mia bocca e dei miei gesti.
Le mie parole escono da sole e so che presto farò qualcosa che so è meglio di no.
Ma lo farò comunque.
Prima che parli di nuovo riprendo sussurrando con uno sguardo penetrante che rispecchia il suo.
Adesso siamo uguali.
Smarriti.
Sofferenti.
Confusi.
Mi sono sentito così quando non avevo più la memoria e successivamente quando l'avevo recuperata tutta in un colpo. O per lo meno credevo di averla recuperata tutta in un colpo.
In realtà era inevitabile che qualcosa si perdesse ma poi è tornata.
Solo che è tornata troppo tardi.
Io me ne ero già andato.
L'avevo già lasciato senza sapere di averlo fatto e mentre io pensavo a quello lui passava l'inferno.
So cosa ha provato, quanto è stato male e non ho voluto arroccarmi il diritto di decidere che potevo tornare a riprendermelo quando volevo, secondo i miei comodi.
L'avevo fatto soffrire e la cosa mi faceva impazzire.
Sono tornato e sapevo di non averne diritto, di non poter guardarlo come niente fosse eppure mi sono detto che forse dopo tutto questo tempo lui era risalito, ora stava bene, si era fatto una ragione.
E se così era, come sembrava, non potevo rovinare tutto e rigettarlo nell'inferno.
Perchè stare con me non è certo il Paradiso.
Me ne sono reso conto in quei mesi, quando ho riflettuto su come si dovesse essere sentito mentre stavo per morire, mentre poi avevo perso la memoria e non mi ricordavo di lui, mentre ripresala in apparenza del tutto me ne andavo lasciandolo.
Stare con me è sofferenza e quel che è accaduto ne è la dimostrazione.
Ora, i suoi occhi, il suo sguardo lo sono ed io non posso essere così egoista da prenderlo con me in questo viaggio all'inferno.
Per questo pensavo che soffrire in silenzio da solo fosse la cosa migliore.
Però ora è qua e vuole spiegazioni.
Gliele devo, è giusto.
Ma dopo?
Dopo che gliele avrò date?
Che farò?
Che succederà fra noi?
- Mi hai lasciato. - Ribatte cercando di mettere forza nelle sue parole e mascherare il dolore. È un misto fra l'arrabbiato e il disperato, non sa più nemmeno lui cosa fare e cosa sia giusto.
Bene, allora siamo in due.
- No, non l'ho fatto. - Ma avrei dovuto dire di si ed ora non dovrei avvicinarmi.
Non dovrei.
Come oggi non avrei dovuto toccarti e risentire di nuovo quella sensazione che la tua pelle mi dà sotto le dita.
E tu ora non dovresti guardarmi con quegli occhi.
Non dovresti, dannazione.
- Te ne sei andato senza una parola. Quello è stato il momento in cui mi hai lasciato. Poi sei tornato e non mi hai detto nulla di noi due. Quello è stato il momento in cui hai confermato la tua volontà di non stare più con me! - Riprende senza muovere un solo muscolo, non avendo probabilmente la forza.
Hai ragione, hai ragione e basta, però non è così facile.
Non lo è stato.
Non è tutto qua.
Come te lo spiego?
Come faccio?
Dovrei solo dirti che è così come dici e farti andare, non soffriresti più.
Io non sono fatto per stare con qualcuno, ma da solo.
Però invece muovo un altro passo, lentamente, verso di lui, con le mani lungo i fianchi, serio in viso, gli occhi puntati sui suoi che assorbono il suo dolore e quelle lacrime che trattiene a forza.
- Non potrei mai lasciarti, Tony. Lo dimostra che tu ora sei qui ed io penso che dovrei mandarti via ma invece non ne sono capace. -
Sgrana gli occhi, non capisce. Questo suo azzurro è deleterio per me.
- Perché? - Ecco qua, siamo arrivati al dunque.
La giusta domanda che per mesi si è posto e che finalmente è riuscito a farmi. Un suo diritto di sapere.
Cosa devo dirgli?
Non so come esprimere ciò che ho dentro.
Non lo so perchè penso di essere buono solo a uccidere i criminali.
E non merito il paradiso con te per poi rilasciarti all'inferno quando mi succederà qualcosa di nuovo.
Non intendo rispondere e lui allora scatta.
Scatta come immaginavo facesse.
Esplode, forse non ce la fa più, forse vuole solo riavermi, forse solo sfogarsi o darmi quel che mi merito.
Ma con un espressione rabbiosa annulla la distanza che rimane fra noi, mi prende con forza per il collo della maglia e mi scuote attirandomi vicino al suo viso.
Questo suo bel viso che ho sognato ogni notte, laggiù in Messico.
- RISPONDI! PERCHE' MI HAI MOLLATO COSI'? NON MI MERITAVO UNA SPIEGAZIONE? ED ORA? NEMMENO ORA CHE SEI TORNATO? DIMMI PERCHE' DIAVOLO MI HAI LASCIATO! -
Vederlo arrabbiato è raro ma ora sembra più un animale ferito.
No, non toccarmi così, non avvicinarti così a me o non riuscirò a resistere, a trattenermi ancora.
La ragione grida ciò che io devo fare ma la mia volontà va verso di lui, lui che mi tiene per non farmi andar via, per obbligarmi a rispondere.
Glielo devo.
Glielo devo.
Ma io voglio solo baciarlo...
Dio, non devo...
- JETHRO, PARLA DANNAZIONE! DIMMI QUALCOSA! SIAMO STATI INSIEME! ABBIAMO FATTO L'AMORE UN SACCO DI VOLTE! TI RICORDI COSA CI SIAMO DETTI? -
Grida ancora scuotendomi, completamente sconnesso, unicamente in qualità di mio fidanzato. Anzi.
Ex fidanzato.
E mentre urla la voce si spezza con le lacrime sempre più incombenti.
Certo che lo ricordo.
Come posso dimenticarlo?
Maledizione, come posso?
No, non piangere.
Non dubitare di ciò che provavo e provo.
- E' ALMENO VERO CHE MI AMAVI? O ERA TUTTA UNA CAZZATA? -
E' esattamente a questo punto, con la sua esplosione al culmine, che io non ce la faccio più e faccio altrettanto.
Senza più freni da nessuna parte, lo afferro a mia volta per la maglia e lo spingo con violenza verso il muro dietro di noi, proprio laddove anni fa ci siamo messi insieme dopo aver litigato.
Proprio come ora.
- COME DIAVOLO PUOI DUBITARNE? -
Ma lui non molla e senza abbassare il tono o placare la sua ira continua come un treno troppo ferito per smettere:
- IO?! E COME DIAVOLO HAI POTUTO TU LASCIARMI SE MI AMAVI DAVVERO! -
Dio, non ce la faccio più... adesso basta... adesso basta davvero...
...e con qualcosa che mi bagna le guance metto fine a questo strazio pieno di dolore per entrambi.
Non è possibile soffrire così... non si può... non si può davvero...
Al diavolo tutto, io lo amo e non posso vivere così.”

Faccio appena in tempo a vedere i suoi occhi che si riempiono di lacrime in mezzo alla furia che l'assale, che poi sento improvvise e decise le sue labbra contro le mie.
Cos'è?
Cosa sta succedendo?
Dopo la mia esplosione e la sua questo... questo silenzio... questo sapore... questo tocco... cos'è?
Cosa sono... queste sue labbra che si premono sulle mie... aprendomele con forza... cercando la lingua... trovandola... divorandola... impossessandosi di me...
Cos'è... questo bacio?
E perché questa sensazione che le lacrime che inondano le nostre bocche non sono solo le sue ma anche le mie?
Ho perso completamente coscienza di me, sono fuori dal mio corpo fra il suo ed il muro.
Fuori dalla mia testa.
Fuori da tutto.
Però mentre cerco di capire senza successo non posso far altro che rispondere al bacio, accoglierlo e con disperazione aggrapparmi a lui spostando le mani, circondando il suo collo con le braccia, stringendolo come se non avessi più energie, come se mollandolo io potessi cadere.
Mi tengo a lui abbracciandolo, attirandolo ancora di più a me e rispondo al bacio accogliendolo con foga, desiderio, dolore, disperazione.
Non si può... non si può lottare contro quella che ormai, contro tutto ciò che vuoi, è diventata la tua ragione di vita.
Non si può.
Ed io non voglio.
Perché lo amo e se anche lui mi ama non c'è ragione per non stare insieme.
Nessuna.
Dopo questo lungo bacio a cui non aggiungiamo nulla se non le braccia che ci stringono l'uno all'altro, le sue intorno alla mia schiena, ci separiamo ansimanti senza fiato, ancora viso contro viso, fronte contro fronte, labbra contro labbra.
Occhi negli occhi.
Mi era mancato.
Tutto di lui.
E la follia per la mancanza di ciò che per te ormai è tutto, è insostenibile.
- Mi ami? - Glielo chiedo in un soffio non avendo forze per nulla.
Sa che non glielo chiedo perché ne dubito. Come è possibile dopo tutto questo?
Allora lui allo stesso modo risponde piano:
- …non ho mai smesso... -
- Anche io. - Dio, quanto mi batte il cuore, sembra che sia salito in gola, va come un matto.
Ce l'ho. È qua davanti a me, contro di me, mi tiene, mi stringe, mi vuole, mi ha baciato, non mi ha mandato via, non mi ha rifiutato e contro ogni logica mi sta dicendo che mi ama. Mi ama. Nonostante tutto quello che ha fatto... lui mi ama lo stesso...
non potevo volere che questo...
- Ed ora ti chiedo di spiegarmi cosa ti è successo. Torna da me, non startene là da solo. -
Su queste mie parole lui torna a baciarmi leggero le labbra, quindi interpretandolo come un ‘si’, scivolo con la testa nell'incavo del suo collo nascondendo il viso contro la sua pelle calda.
Questo... questo mi era mancato.
Trattengo il fiato per poi rilassarlo.
Abbiamo tutto il tempo per capirci, parlare, chiarire ogni cosa.
Essere qua con lui è solo l'inizio ed ora non mi resta che ascoltarlo lasciandomi cullare da questa sua insperata ed insolita dolcezza che riserva solo a me e a pochi altri intimi.
Sono felice.
La nebbia sta svanendo.
Non ne potevo più. “


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