CAPITOLO II:
COME UN TEMPO
/I belong to you –
Lenny Kravitz/
“Così
tenendomelo fra le mie braccia, contro il mio corpo che grida vendetta
invocando più di questo, lo circondo a pieno premendomelo
addosso. Non mi muovo, il respiro irregolare lentamente si placa come
anche i miei battiti. Sono esploso, ogni parte di me è
esplosa, ma ora posso tornare alla vita.
Piano.
Con
calma.
E
mentre ci torno, sussurrando a fior di labbra, mormoro ciò
che è giusto esca.
Tutto
il mio smarrimento di quando ho perso la memoria e poi recuperata. La
confusione. Il dolore. L’oppressione. Lo shock. Era presto.
Troppo
presto per andarmene dall’ospedale, tornare a capofitto nel
caso che mi aveva quasi tolto la vita, affrontare quella
realtà sconvolgente che mi aveva rivoltato lo stomaco.
Troppo presto per credere di aver recuperato tutto e poter decidere
lucidamente ciò che volevo.
Ero
solo a metà e se solo mi fossi fermato l’avrei
capito che qualcosa mi mancava, una parte essenziale di me.
Tu.
Però
come al mio solito ho voluto fare di testa mia, agire
d’istinto pensando di sapere già tutto quel che mi
servisse.
Ho
voluto fare solo un disastro, in fondo.
Non
avevo ricordato tutto e sapevo di essermi lasciato per strada la parte
relativa ai miei sentimenti, alla mia nuova vita, perché lo
shock che avevo subito mi aveva fatto credere di essere ancora con
Shannon e ricordare la mia vita sentimentale dopo di lei significava
far morire una parte di me in cui mi ero appena immerso completamente.
Perché
la mente è un mistero e qualunque spiegazione io possa dare
è questo che è successo.
Quando
poi con calma, in Messico, lontano da tutto e tutti mi sono tornati i
ricordi che ancora mancavano, ho ricordato di te.
Te che
eri stato con me.
Te che
ti amavo.
Te che
ti avevo lasciato così senza una spiegazione.
Ed ho
capito cosa ti avevo fatto senza accorgermene, senza volerlo, quanto
stavi male…
Mi sono
sentito morire quando giorno dopo giorno è tornato tutto.
Però
ho creduto fosse tardi e quando ti ho risentito e rivisto mesi dopo mi
sono semplicemente detto che sembravi esserti ripreso e che non avevo
il diritto di rigettarti nel dolore.
Però
vedendoti qua, stasera, mi sono reso conto di quanto ancora una volta
io abbia sbagliato.
Del
resto gli errori in amore li faccio sempre tutti!
Non ho
potuto lasciarti in quello stato e quando ti sei tolto del tutto la tua
maschera ho fatto solo quel che mi sono sentito profondamente di fare.
Ti ho
ripreso perché non volevo ti perdessi per causa mia. Non
volevo te ne andassi da me.
Non
volevo stare più senza di te.
Non
voglio che succeda più.
Ti
chiederei di perdonarmi ma non ne sono capace, tanto lo so che tu mi
senti.
Mi
senti, ormai, vero?
Separo
il viso dal suo smettendo di parlargli sommessamente
all’orecchio, continuando a stringerlo a me, quindi come
fosse la cosa più delicata l’osservo da vicino. Lo
scruto attentamente assorbendo tutti i suoi particolari, le varie
inclinazioni del suo viso ed aspetto solo che sia lui a parlare, ora.
Così
ricambia il mio sguardo in maniera altrettanto intensa e finalmente,
dopo un lungo momento di silenzio, si decide ed apre bocca.
Però un istante prima che lo faccia mi trovo a domandarmi se
i suoi occhi guardino davvero la mia bocca. Anzi. Per la precisione i
miei baffi.
E se
questa luce che lo attraversa si possa definire oppure se sia una
missione impossibile!
- Io lo
so di chi è la colpa se non sei più te
stesso… - Sembra serio e la cosa mi sorprende viste le sue
parole. Cosa significa?
Normalmente
capisco dove vuole andare a parare ma è anche vero che
riesce sempre a stupirmi in un modo o nell’altro!
Alzo un
sopracciglio in segno interrogativo, quindi con fare enigmatico ed
esperto si stacca da me, con mia contrarietà, e prendendomi
per mano comincia a tirarmi deciso verso le scale. Sembra tornato in
fretta.
Deve
aver digerito per bene tutto quel che gli ho detto, come se non avesse
avuto problemi a comprendere.
Dice
che sono io quello che non fa capire nulla di ciò che mi
passa per la testa ma lui non è tanto meglio.
A volte
servirebbe uno di quegli aggeggi che guardano dentro le cose!
Che
diavolo ha in testa quando fa certe cose?
-
Vieni, te lo dimostro! – Dice sicuro conducendomi quindi nel
bagno del piano di sopra.
Bè,
la mia casa la conosce ad occhi chiusi, naturalmente, e come se non se
ne fosse mai andato, mi fa fermare davanti al lavandino, apre
l’armadietto dietro allo specchio e armeggia con i miei
accessori per radermi la barba.
Ma che
diavolo vuole fare?
Io gli
parlo di me di una cosa seria e lui pensa alla barba?
E
sembra convinto!
- Ma
che diavolo fai? – Allora gli chiedo accigliato e sul burbero
andante. Lui si ferma e mi guarda dapprima come se fosse ovvio, poi
sfoderando un’espressione di pazienza nei miei confronti.
L’istinto di picchiarlo ce l’ho di già,
questo mi fa capire che le cose sono tornate a posto prima di quel che
pensassi ma ciò non mi consola. A volte mi dà
proprio sui nervi!
Non
può valutare meglio i momenti?
- Ti
sembrerà strano e poco serio ma in realtà ha un
senso. Almeno nella mia testa. – Alzo scettico anche
l’altro sopracciglio e spazientito gli faccio capire di
spiegarsi in fretta e sarà meglio per lui che sia
convincente! – E’ colpa dei baffi! – Ora
le mani mi prudono.
-
Questo non spiega nulla! – Cosa diavolo centrano i miei
baffi?
Lui non
si dà per vinto ed ancora sicuro di sé e di
quella diavoleria a cui sta pensando, riprende la carica davvero
convinto di quel che dice:
- Hai
perso la memoria e l’hai parzialmente recuperata, non sei
stato te stesso fino ad ora. Anche da quando sei tornato ed hai ripreso
il tuo posto eri così morbido e poco cattivo…
poco te stesso… e guardandoti lo si capiva già
dall’aspetto. Il tuo viso ha qualcosa di troppo. Con questi
baffi non sei tu. Il tuo atteggiamento, quel che hai fatto o non fatto,
come ti sei comportato… ogni cosa di te lo ha dimostrato.
Ora però noi siamo tornati insieme, ci siamo chiariti. Tutto
è tornato come prima. Anche tu. E quindi da questa faccia
bisogna togliere quello che è in più, che non
è da te. I baffi! –
Di
primo impatto sembra una cazzata astronomica.
Ho
l’istinto di seguire il primo istinto e prenderlo a
scappellotti. Che razza di discorso è?
Io gli
parlo di cose serie aprendomi come non ho mai fatto e lui mi prende in
giro?
Si
perché inizialmente mi sento così, preso in giro.
Però
poi quando la mia mano sta per alzarsi ed infrangersi con la sua nuca,
vedo che i suoi occhi non si sono abbassati e che non ha ironia nello
sguardo. Non ha l’aria da irrecuperabile.
Pensa
davvero quel che ha detto ed è una cosa seria. Per lui lo
è.
Così
ripercorro mentalmente il suo discorso, cosa che mi costa, ma comprendo
cosa voleva dire.
Mi ci
vuole un buon controllo per riuscirci ma ce la faccio, così
lascio ricadere la mano lungo il fianco e piegando la testa di lato
lascio libera una luce strana.
Ha
ragione in fondo.
Prima
non eravamo noi stessi, nulla era al suo posto, come doveva essere.
Ora si.
Ora
è tutto a posto.
Ora
stiamo di nuovo insieme.
Ora
siamo di nuovo noi stessi e non c’è ragione per
non esserlo del tutto, fino in fondo.
Allora
sospiro spazientito con aria di finta malsopportazione, lui sa che
è una posa e non mi dispiace, quindi lo lascio fare.
È
solo app(&a comincia ad armeggiare col mio viso che capisco
quanto a mio vantaggio questa situazione si possa rigirare.
E
mentre sento quanto è piacevole sentire le sue mani sul mio
volto e vedere il suo concentrato e lontanamente ironico, le mie labbra
si piegano in un sorriso che d’enigmatico ha poco.
Questo
perché sto guardando tutto quel che sta per succedere.
Risentire
le sue dita che mi toccano solleticandomi involontariamente, mi
dà una serie di scariche elettriche che avevo dimenticato
quanto uniche fossero solo perché vengono da lui.
Non si
può dire cosa abbia di speciale però ce
l’ha e probabilmente nemmeno lui sa cosa abbia io
però ce l’ho.
E
stiamo insieme.
Di
nuovo.
Ed io
lo voglio.
Come
non ho mai smesso di volerlo.
Penso
proprio che appena smetterà di occuparsi dei miei baffi mi
occuperò io di lui. A modo mio.”
“Ce
l’ho fatta!
Dio,
che sensazione appagante che provo ora mentre glieli sto tirando via!
Erano
davvero di troppo!
Gibbs
coi baffi non era Gibbs!
Ha
fatto un sacco di cose non da lui, coi baffi.
Coi
baffi non si ricordava di me. Anche se tecnicamente parlando la memoria
l’ha persa prima che gli crescessero ma non fa nulla.
Coi
baffi ha fatto un gran bel casino e per una volta è lui che
l’ha fatto, non io!
Quanto
ci godo al pensiero!
Mentre
mi occupo del suo viso che comunque non ha mai perso il suo fascino, mi
attraversano diverse scariche elettriche.
È
estremamente piacevole occuparmi di lui.
Non
l’ho mai fatto e quando stava male non ho avuto il coraggio
di venire a vederlo per una serie di motivi che mi fa male ricordare.
Però
ora è tutto finito e possiamo occuparci di noi.
Farlo
con lui mi appaga come non pensavo e allo stesso tempo mi accende
già certi desideri che forse sono precoci visto quel che
abbiamo passato, però… però il flash
su come finiremo di qui a poco è troppo chiaro e al pensiero
un sorrisetto malizioso si forma sulla mia bocca, proprio come a lui.
Allora
non sono il solo a pensarlo!
Una
volta che finisco e che il suo viso è del tutto libero,
accentuo il sorriso di soddisfazione e soffermo le mani sul mio
capolavoro, passandovi sopra i pollici. È estremamente
piacevole sentire quanto è liscio e morbido, ora.
Lui si
lascia toccare senza smettere di guardarmi. Mi scruta, gli piace. Gli
piaccio.
- Ora
va meglio! – Sussurro contento. Ma forse il tono che uso
è troppo basso e carezzevole, sembra più un
invito a…
- Non
vuoi testare meglio? – Mormora con un tono decisamente
più suadente del mio. Ecco, questa si che è una
proposta indecente e con gli occhi che mi brillano come non mai, non mi
lascio ripetere l’invito, quindi sostituisco immediatamente
le dita con le labbra che passo leggere appena sopra le sue, dove prima
erano quei fastidiosi baffi.
-
Mmm… - Mugolo apprezzando il contatto. È liscio
al punto giusto e sulla pelle sensibile della bocca è
fantastico.
È
caldo ed ora anche umido, visto che senza pensarci oltre lo lecco
languidamente.
- Ti
ricordavi come ero bravo con certe cose? – sussurro
ritirandomi appena per poter parlare senza staccarmi: - Forse la tua
memoria è ancora arrugginita… - Continuo
malizioso.
-
Mmm… aiutami a ricordare… - Risponde nel medesimo
modo facendo finta di leccarmi a sua volta alla ricerca della mia
lingua, senza farlo davvero. La piega delle nostre labbra non si
spegne, specie quando le mie mani si infilano in fretta sotto
l’elastico dei suoi pantaloni e dei suoi slip a toccare,
trattenendo il fiato, la sua parte intima.
Forse
era da troppo che non l’accarezzavo là
sotto… e forse sono stato troppo precipitoso…
forse dovevo prepararmi meglio… ma è
così piacevole…
Socchiudo
gli occhi mentre gli vado incontro con la lingua e poggiando la bocca
sulla sua, le apriamo insieme iniziando un bacio erotico che ricorda
una spirale.
Le
nostre lingue si intrecciano e lottano frenetiche accendendosi sempre
più alimentate dai nostri tocchi che ricordano quel che
facevamo un tempo e che abbiamo solo sospeso.
Che ora
abbiamo ripreso.
Che
stiamo rifacendo nostro.
Siamo
ancora in piedi ma mi sembra di essere sospeso nel nulla o addirittura
già steso.
Mentre
mi muovo non so cosa faccio, so solo che è estremamente
piacevole e incredibilmente fantastico.
Quando
anche le sue mani mi slacciano i jeans infilandosi sotto i miei
pantaloni, raggiunge il mio sesso e comincia a muoversi esperto e
sempre più in fretta, togliendomi ogni remora che ancora mi
rimane.
Ben
presto mi catapulta altrove e mi trovo aggrappato a lui a gemere contro
la sua bocca, a spingere il bacino contro la sua mano e a volerne di
più.
Lui
capisce quanto mi stia mandando già fuori di testa ma
è colpa di tutta questa astinenza, dei litigi, del non
esserci parlati così tanto.
Ed ora
che ci stiamo prendendo e dando così, non ci si
può trattenere.
Quando
sente che sto già per venire si interrompe smettendo di
baciarmi. Apriamo febbrili gli occhi e carichi di desiderio ci
guardiamo capendoci, allora si gira dando le spalle al lavandino e allo
specchio, si appoggia lì e mi prende le mani infilandole di
nuovo sotto gli indumenti, facendo sì che gli liberi il suo
sesso. A questo non ragiono e ormai ho smesso di farlo da un
po’.
Completamente
eccitato mi abbasso capendo che mi sta chiedendo di occuparmi di lui
come si deve, così siccome lui è il mio capo non
posso certo rifiutargli certi ordini.
Con
piacere e malizia glielo prendo fra le dita ed inizio ad assaggiarlo
con la lingua. Successivamente prendo confidenza tanto da venir
catapultato a mesi fa, quando lo facevamo in continuazione in tutti i
modi ed era difficile riuscire a starci lontano.
È
come se non fosse mai finito nulla.
Come se
non avessimo mai smesso.
E
lambendo completamente il suo piacere lo sento gemere sommessamente e
immergere le dita fra i miei capelli, cosa che mi accende ulteriormente
dandomi l’imput per aumentare il ritmo e non fermarmi ancora.
Occupandomi
di lui mi occupo di me stesso liberando a mia volta la mia parte
intima, ogni cosa va in crescendo e so che se non trovo la forza di
controllarmi ora, saremmo capaci di raggiungere l’orgasmo
subito. Ora.
E ci
dimentichiamo che siamo in un bagno, che non siamo comodi, che abbiamo
appena litigato e fatto pace, che abbiamo passato un inferno separati.
Lo
dimentichiamo prendendoci, dandoci e avendoci qua, così, in
piedi, senza rifletterci, senza trattenerci, senza pensarci.
Volendolo
e basta.
Avendone
bisogno.
Però
non si può resistere troppo in certe condizioni ed io non
sono bravo a controllarmi quando sto per esplodere.
Tento
di evitare di farlo ma se sono lì, poi ci finisco dentro.
E lui
mi alimenta pericolosamente.
Eppure
penso che anche per Gibbs sia difficile farlo come si deve dopo tutto
questo tempo.
Penso
che anche lui non ce la faccia già più e che non
veda l’ora di prendermi.
Però
siamo in perfetta sincronia ancora, anche se era da tanto che non ci
prendevamo a questo modo.
Allora
semplicemente mi stacca deciso dal suo inguine, mi alza e riprende a
baciarmi divorandomi la bocca, io faccio altrettanto viaggiando
frenetico sul resto del suo corpo, sentendo quanto è caldo e
forte allo stesso tempo, quanto ogni parte che conosco a memoria, sia
ancora lì come l’avevo lasciata. Forse qualche
cicatrice in più ma comunque è tutto qui. Ad
eccitarmi come tutte le altre volte.
Lottando
eroticamente con le lingue per un po’, succhiandocele a
vicenda come in una specie di gara, sente il desiderio aumentare,
gridare che in realtà è da troppo che non fa
l’amore con me e che non può aspettare un posto
più comodo, tanto meno giocare con me.
Diventa
per entrambi una specie di bisogno impellente di unirci, fonderci e
entrarci in profondità. Riprendendoci di nuovo per capire
che tutto quel dolore è valso a qualcosa. Così
dopo questo lungo bacio che cresce d’intensità, mi
gestisce ancora come meglio preferisce ed io lo lascio fare
completamente alla sua mercede. Allora inverte in fretta le posizioni e
senza preoccuparci del resto dei vestiti, del luogo o della posizione
poco comoda, mi fa appoggiare al lavandino, mi piega in avanti e
aderendosi completamente a me, petto contro schiena, mi lecca
l’orecchio succhiandomi il lobo. Scende ancora mentre le sue
dita si occupano della mia apertura e mi preparano pensando che dopo
tutto questo tempo possa essere più dura. Non avendo idea di
quanto io sia eccitato.
Lo
senti quanto fremo e pulso sotto di te?
Quanto
sono accaldato?
Quanto
ti desidero e basta?
Ti
prego, prendimi, vieni, non ce la faccio più.
Fallo e
basta.
Sto
impazzendo e forse lo sono già ma la causa sei tu e mi va
bene.
Solo
sbrigati, ti prego.
Ti amo
e non resisto.”
“Averlo
così fremente ed eccitato contro di me, sentire come si
lascia fare qualunque cosa, come desidera solo che io lo prenda
completamente.
Avere
palpabile il suo corpo che chiama a gran voce un unione negata da tempo.
Da
troppo.
Non si
resiste.
Non ci
si controlla più.
Si cede
alla follia di queste sensazioni acute e intossicanti.
Mi era
mancato e lo volevo da troppo tempo.
Adesso
basta.
E
lasciando una scia umida con le mie labbra e la mia lingua sul suo
collo, mi separo il necessario e scivolo lentamente in lui.
Pensavo
di fare più fatica, di sentirlo tendersi di più,
di aver passato più tempo separato dal suo corpo
però sembra nulla.
Sembra
ieri che l’abbiamo fatto l’ultima volta ma allo
stesso tempo sento quanta astinenza abbiamo fatto. Troppa.
Una
sensazione totalmente contrastante che mi manda in caos non facendomi
capire più niente.
Chiudo
gli occhi e getto la testa all’indietro sentendolo avvolgermi
nell’intimo in questo modo totalizzante, deciso, forte,
traumatizzante.
E la
mente parte per conto suo ma in modo diverso da quando non avevo
più la memoria.
In modo
diverso da quando volevo sbattere la testa contro il muro
perché avevo lasciato Tony e non me ne ero reso conto ed
ormai era tardi.
Però
posso dire solo una cosa mentre esco e rientro e comincio a muovermi in
lui tenendolo per i fianchi, gestendolo a mio piacimento fino a
togliermi il fiato e a farmi bruciare istantaneamente ovunque.
Lo amo
ed ora come ora non posso vivere senza.
È
una debolezza grave, per me, però non ne posso fare a meno
di lui, di possederlo, di prenderlo, di darmi, di averlo, di fare
l’amore in questo modo, di snudarmi solo qua, solo
così, solo per lui.
E penso
che se mi tradisse arriverei a vendicarmi ma non a dimenticarlo e
lasciarlo.
Però
ora è qua, contro di me, che geme, mi chiama, impazzisce di
piacere, mi accoglie e mi spinge lontano.
Lontano
insieme a lui.
Dove
non siamo più qua.
Dove il
qua non ha spazio o tempo.
Dove
non c’è stato nessun passato e nessun futuro.
Solo un
presente.
Noi.
E
andando di più, sempre di più, corro e salgo in
cima senza rallentare un attimo, non capendo esattamente più
nulla in un esplosione che coinvolge di istante in istante ogni cosa di
me.
Caldo.
Un
ondata di caldo.
Elettricità.
Di
più.
Ne
voglio di più.
Più
forte.
Più
veloce.
Con lui.
Fino a
che non raggiungo l’apice insieme a Tony tremando e
scuotendomi profondamente con violente scosse.
Non si
può dire cosa si può arrivare a fare,
né quando, né come, né dove.
Si
può solo arrendersi al presente e a ciò che si
prova smettendo di fare inutili battaglie contro noi stessi.
Mi
accascio su di lui che a stento si regge, io lo cingo da dietro e lo
tengo a mia volta, appoggio la testa sulla sua spalla, viso contro
viso.
Prima
di tornare in noi questo.
Questo
indefinito momento perfetto in cui non capisci ancora bene molto, ma
sai solo una cosa mentre stai unicamente bene, fuso con lui.
Lo ami
e non ti importa nulla di nient’altro.
Ed ora,
di nuovo, le parole fra noi non servono più.”
/Ulysses
– Franz Ferdinand/
Dopo quella
prima volta d’amore insieme, andarono in camera e rimasero
insieme a proseguire il ‘discorso’ dei loro corpi
che non si staccarono nemmeno un istante, non si fermarono, non
cessarono di pulsare, eccitarsi, tremare, fondersi, unirsi in altri
orgasmi, tutti quelli mancati in quei mesi di lontananza.
L’uno
contro l’altro per le ore rimanenti fino al mattino, senza
dormire. Ascoltandosi.
Quando le luci
del sole erano già crudelmente alte e il lavoro li
chiamò, Tony con rammarico e spinto poco gentilmente da
Gibbs, si decise ad andare a casa da solo a lavarsi e cambiarsi mentre
l’altro lo precedette all’NCIS. Alla telefonata per
la nuova vittima della marina, senza dare mezza spiegazione e più
brusco che mai, si prese una Ziva e un McGee resi conto del suo
‘ritorno alle origini’ anche dai baffi mancanti
oltre che dai modi spazientiti e per aver ignorato l’assenza
di Tony.
Mentre li
spedì a recuperare il furgone e a fare il pieno, Gibbs lo
chiamò avvisandolo di cosa dovesse fare e dove andare,
dicendogli ovviamente di portargli anche il caffè. Come hai
vecchi tempi.
Non si era reso
conto che davvero col taglio dei baffi lui stesso era tornato come un
tempo: severo, impaziente, burbero… bè, insomma,
Gibbs!
Per questo
l’unico contento del suo ‘ritorno alle
origini’ era stato Tony, per nulla sorpreso del cambiamento e
dei baffi spariti, anzi, profondamente e incoscientemente contento di
quello che era di nuovo il suo uomo!
Finalmente la
ruota tornava a girare.
FINE