NOTE: era da molto che pensavo a
questa storia della storia, diciamo. È un prequel che volevo
fare da tanto ed ora finalmente l'ho fatta. Sono proprio contenta e se
devo essere onesta non è nemmeno poi tanto malaccio. Sono
abbastanza soddisfatta anche se è vero che si può
sempre fare meglio! Qua i protagonisti sono Michael, il fratello Edward
e la sorella Hannah, ma il mio bell'angelo ovviamente è
più protagonista degli altri... questa piccola serie verte
interamente intorno a lui quindi cosa vi aspettate? Del resto quando mi
innamoro di un personaggio lo risalto in tutti i modi! Bè,
questa è la storia di come Michael è diventato
quello che poi è, la partenza di tutto. È una
storia piuttosto malinconica. È per la ML Chaininadnroses,
la tematica original. Il tema era 'come foglie nel vento' e questa
è la mia storia.
Devo specificare che ho fatto un
piccolo cambiamento rispetto ad ‘Angelo’. Ad essere
morto non è solo il padre ma anche la madre. Buona lettura a
tutti. Baci Akane
DEDICHE: a Parsifal e a tutti
quelli che amano questo personaggio almeno quanto me.
RINGRAZIAMENTI: a tutti quelli che
leggeranno e commenteranno.
COME FOGLIE NEL VENTO
Nel periodo in cui tutto
iniziò, per Michael, l'autunno era appena arrivato col suo
vento fresco a staccare le foglie dai rami degli alberi. Tutte foglie
rinsecchite che ormai non avevano più linfa per rimanere
vive attaccate laddove avevano avuto vita.
Guardando quel turbinio della
natura volare nel vento che andava dal forte al leggero, Michael, suo
fratello e sua sorella si sentivano proprio così.
Come foglie nel vento che staccate
dalla propria 'casa' erano destinati senza scelta a viaggiare nell'aria
che non rivelava nulla sulla loro destinazione.
Sapevano solo che un giorno
sarebbero riuscite a posarsi di nuovo sulla terra e a trovare il
meritato riposo per poi tornare a vivere.
La loro situazione era analoga e
pensando che la stagione rispecchiasse i loro animi, realizzarono che
dopo l'autunno ci sarebbe stato l'inverno, qualcosa di peggiore
rispetto alla stagione che stavano vivendo.
Quando i loro genitori morirono in
un tragico incidente e furono affidati ai nonni in un altro quartiere,
uno povero e poco raccomandabile, a loro parve di cadere in un sonno
pesante e di vivere costantemente in un incubo. La sensazione di non
riuscire a svegliarsi era sempre più crescente e sembrava
non avessero scelta che lasciarsi vivere così, subendo la
crudeltà che la vita aveva riservato per loro.
Ognuno reagì a modo
proprio. La sorella più piccola, Hannah, non faceva che
piangere dalla mattina alla sera nella sua fragilità
innocente e pura. Non avrebbe mai compreso come mai mamma e
papà avevano dovuto andarsene così presto,
lasciandoli soli. Tutto quel che riusciva a fare era versare lacrime e
sperare che fosse tutto davvero un sogno. Aveva iniziato a mangiare
sempre meno e la notte riusciva a dormire unicamente abbracciata
stretta al fratello maggiore.
Edward era il fratello minore e
lui reagì chiudendosi completamente in sé stesso,
diventando aggressivo e facendo spesso la cosa più stupida
di tutte, cacciandosi regolarmente nei guai, attaccando briga con
chiunque e accettando le cattive compagnie. Si era allontanato
repentinamente dagli altri due chiudendosi al di là di un
muro, senza possibilità apparente di ritorno. Lui ormai era
solo e nessuno poteva capirlo. Gli altri cercavano di consolarsi e
tornare a vivere come prima, ma come potevano? Questo era
ciò che pensava senza rendersi conto che quello a non capire
per primo qualcuno, era proprio lui.
Michael era il maggiore, al tempo
aveva 16 anni e mezzo e non si poteva certo dire che era abbastanza
grande per affrontare una situazione così difficile come
fosse già un uomo.
Però non
trovò il tempo di disperarsi e reagire a modo suo. Fu troppo
occupato a sostenere Hannah e a stare dietro a Edward che ogni istante
ne combinava una sempre peggio della precedente. E si che aveva 12
anni. Poteva anche sforzarsi di giudicare con un po' di senso quel che
faceva! Si diceva questo il biondo dai capelli corti che sfioravano
appena il collo coprendo parte della fronte.
Michael era la colonna di quella
che ormai era la famiglia e sapeva che non poteva crollare altrimenti
gli altri due si sarebbero persi e i suoi genitori avrebbero pianto da
lassù.
Facendosi forza come sua sorella e
suo fratello non riuscivano a fare, andava avanti a testa alta
sforzandosi di fare quel che c'era da fare senza mollare, senza
piangersi addosso, senza guardare le proprie sfortune ed i propri
bisogni.
Mentre loro due dicevano che non
ce l'avrebbero mai fatta e che stavano troppo male, lui diceva che
anche se era difficile ed impossibile, bisognava farcela, non avevano
scelta, e caricandosi sulle spalle il dolore di tutti procedeva con una
maturità superiore ai suoi anni. Se non ci fosse stato lui a
fare da padre e da madre, la piccola Hannah a soli 8 anni non ce
l'avrebbe fatta a risollevarsi e oltre a piangere e mangiare poco,
probabilmente, si sarebbe davvero lasciata morire.
E lentamente arrivò al
punto da dipendere completamente da lui, non faceva nulla senza il
fratello e la mattina apriva gli occhi solo perché a
chiamarla era Michael che, a sua volta, ormai la sentiva come una
figlia. Se non ci fosse stata forse anche la sua ragione di vita
drasticamente dimezzata non sarebbe più stata sufficiente a
farlo andare avanti.
Quando capitava di doversi
separare per la scuola per lei era dura, davvero dura. Si obbligava a
farsi forza e andare bene nelle materie per non dare pensiero al
fratello e così poco a poco riprese colore e vita.
Però il sorriso risplendette solo dopo molto ma molto tempo.
Con Edward le cose erano molto
più difficili. Sembrava odiarlo e gli rinfacciava ogni
istante con astio che lui non era il padre e che non doveva comportarsi
come se lo fosse. Gli diceva che ormai era solo e che nessuno aveva
diritto di dirgli cosa fare, che ormai poteva fare quello che voleva.
Gli diceva anche altre cose molto brutte e dure per cui Michael non se
la prendeva, consapevole che quello era solo il suo dolore per la
perdita. Però ne soffriva senza assolutamente dimostrarlo,
tenendosi tutto dentro, ignorandolo e dando attenzione ad altro che non
fosse sé stesso.
I nonni non riuscivano a fare
nulla per loro e addolorati in prima persona per la scomparsa della
figlia e del genero, cercavano di provvedere con difficoltà
al sostentamento dei nipoti. Non era facile e quando Hannah finalmente
riprese a mangiare regolarmente, fu Michael che cominciò a
diminuire i propri pasti per non pesare troppo sui nonni che a momenti
nemmeno parlavano.
Edward sembrava non preoccuparsene
affatto e spesso nemmeno tornava a casa costringendo il maggiore ad
uscire a cercarlo.
Ci si dice che è
difficile, che è impossibile, che non si potrà
mai fare nulla però poi c'è sempre qualcuno che
si rimbocca le maniche, mette da parte sé stesso e pensa a
chi ama dandosi da fare, facendo quello che si deve, quello che serve,
quello che non si può ma è indispensabile. E si
fa.
Si va avanti.
Si riesce laddove molti non
arrivano.
La si spunta, si acquistano nuove
capacità, nuove doti e si cambia, si cambia radicalmente per
adattarsi alla nuova vita ed al vento che continua a trasportarti senza
pietà per quel cielo immenso, su un paesaggio sconosciuto.
All'inizio Michael non sapeva fare
nulla di quello che poi, dopo qualche tempo, fu in grado di fare.
Non era nessuno, era visto male,
come un ragazzetto viziato di città che si credeva
chissà chi per la vita felice avuta fino a quel momento.
Solo uno che finalmente aveva ricevuto quel che si era meritato e il
fatto che non si amalgamasse ai ragazzi di strada del quartiere
pericoloso come aveva fatto il fratello, bruciava a tutti. Sembrava che
non volesse sporcarsi abbassandosi a stare con loro. Come se si
ostinasse a considerarsi migliore.
Questa era l'impressione che diede
alle bande che giravano per quelle vie malfamate.
Bande con cui l'incosciente Edward
girovagava finché non veniva mal menato per puro
divertimento o perché rispondeva male alle provocazioni che
riceveva.
Faceva ancora l'errore di
considerarsi l'unico a stare davvero male. Credeva che nessuno potesse
ancora capirlo e di conseguenza trattava chi lo circondava come se
fossero più fortunati di lui o peggio come degli sciocchi.
Sciocchi magari lo erano davvero
ma certamente lui non era meglio.
Al tempo non lo era per nulla e
lontano da suo fratello anni luce, non capiva come potessero anche solo
avere lo stesso sangue.
Michael se poteva evitava di
uscire dopo una certa ora e si aggirava per quelle vie il meno
possibile, pensando che per salvarsi l'unica fosse mescolarsi a quella
gente il meno possibile.
In realtà solo dopo
capì quale sarebbe stata la migliore strategia di
sopravvivenza.
Grazie a Edward, in un certo senso.
Non lo fece per piacere
né per scelta, si trovò obbligato dal proprio
amore per Hannah ed Edward. Se voleva continuare a proteggerli c'era
una sola cosa da fare e quando una sera il fratello minore non
tornò con l'intenzione di scappare seriamente di casa una
volta per tutte, dopo l'ennesima litigata con lui, lo capì.
- Cosa fai con quel coltellino? -
Chiese Hannah guardando il maggiore mettersi in tasca un serramanico
con espressione seria, concentrata e contrariata allo stesso tempo.
Tremava e lo stomaco gli si contorceva. Probabilmente non aveva mai
avuto così tanta paura. Non era uno sciocco sprovveduto,
sapeva bene cosa sarebbe successo se sarebbe uscito di casa con quella
di recuperare quello scapestrato. Recuperarlo una volta per tutte.
Sapere cosa era da fare e farlo
come sempre non andavano d'accordo. Li separava sempre il 'saperlo
fare'.
Eppure se vuoi farcela ti dai da
fare e lo fai, in un modo o nell'altro. All'inizio viene male, ci
rimetti di sicuro, ma la volta dopo sicuramente andrà un po'
meglio e così quella successiva finché non
acquisterai l'abilità giusta. Però se non inizi
da qualche parte sei finito e lui non poteva permettersi quel lusso.
Dipendeva dalla posta in gioco e
la sua era alta, troppo per non far nulla e farsi mangiare dalla paura.
Quando spostò gli occhi
giovani e terrorizzati, l'azzurro delle sue iridi colpì
quelle uguali della sorella che impallidì quanto lui capendo
cosa voleva fare.
Lì in quel momento
senza parlare si ricordarono delle foglie che avevano visto volare
quando si erano trasferiti in quel quartiere. Si ricordarono di come si
erano sentiti simili ad esse mentre volavano nel vento.
Per quanto sarebbero volati senza
prendere in mano la loro vita?
Per quanto si sarebbero lasciati
fare?
Era ora di smetterla e prendere le
cose nelle proprie mani.
Non sarebbe stato un secondo,
sarebbe stata lunga e difficile ma provando e riprovando prima o poi ci
sarebbero riusciti.
Doveva farlo.
Michael inghiottì a
vuoto, sospirò a fondo, tirò su la testa
spostando il ciuffo biondo dagli occhi risoluti ed impauriti al tempo
stesso e tirando ogni muscolo di sé stesso e del suo corpo,
allargò le braccia verso la sorella che aveva iniziato a
tremare al suo posto. Come se ora lei si fosse presa parte della sua
paura permettendogli di stare fermo.
- Ho bisogno che tieni tu le mie
paure, per stanotte, o non potrò salvare né
Edward né te. Puoi fare questo per me? -
La dolcezza e la
gravità con cui lo disse le fece credere fermamente e
ciecamente di poterlo fare e allargando per la prima volta dopo mesi,
le labbra in un sorriso sincero e pieno di luce, si fiondò
fra le sue braccia stringendolo a sua volta, sprofondando il visetto
tondo pieno di lentiggini sul petto del fratello. Sentì il
cuore battergli all'impazzata e strinse forte la sua presa di bambina,
trasmettendogli tutto il suo amore.
Aveva una gran paura di non
rivederlo ma era consapevole che lui doveva fare la cosa giusta ed
anche se era proprio quella da cui sarebbero entrambi scappati
volentieri, l'amore per quella persona là fuori in pericolo
superò ogni cosa.
In quello scambio di calore
reciproco si sentirono come un tempo, come se ad abbracciarli fossero i
loro genitori e con una nuova forza e coraggio nel cuore, si staccarono.
Lui la prese per le spalle e
abbassandosi appena per guardarla meglio in viso, con aria risoluta e
sicura, come se dicesse la cosa più vera di questo mondo,
disse:
- Torno presto con lui, tu
aspettaci qua. Mi raccomando. E voglio quel tuo sorriso di prima. - Il
regalo migliore che gli potesse fare.
Era vero. Sarebbe stato
così. L'aveva detto lui e lui non diceva mai bugie. Quando
erano morti mamma e papà le aveva detto che ce l'avrebbero
fatta anche se lei ed Edward avevano sostenuto il contrario, ora era
proprio così. Ora lei non piangeva più tutto il
giorno, riusciva a dormire la notte e a mangiare tutti i pasti regolari.
Ora toccava a Edward.
Ma a Michael?
A Michael quando sarebbe toccato?
Quando la piccola tornò
con coraggio a sorridergli e annuì con la testa, lui la
lasciò, si raddrizzò di nuovo e stringendo i
pugni smise del tutto di tremare, quindi la luce dei suoi occhi chiari
rivelò che la paura era magicamente sparita davvero, come se
Hannah fosse riuscita seriamente a prendergliela tutta.
Sembrava andasse a fare qualcosa
che faceva tutti i giorni, come se ne fosse veramente capace.
Eppure non era così...
Ma lui uscì di casa
senza dire altro se non un 'ciao' che la sorella pregò di
non ascoltare per l'ultima volta.
La paura c'era eccome, nel cuore
di quel quasi diciassettenne, ma era contrastato dall'amore per
ciò che i suoi genitori gli avevano lasciato e affidato.
C'erano cose che bisognava fare, a
costo di contrastare la forza incredibile del vento nonostante la
debolezza delle foglie staccate dai rami.
Quando giunse davanti al gruppetto
in cui sapeva avrebbe trovato il fratello, si rese conto di non aver
mai fatto a pugni. Tutto ciò che sapeva era fare sport, in
quelli riusciva bene. Specie il basket. Sapeva di avere dei buoni
riflessi, di essere veloce e di essere agile.
Tutto ciò che sapeva
fare era quello e chiedendosi come si tirava un pugno, sperò
in cuor suo di riuscirci usando l'istinto!
- Edward? - Chiese con voce ferma.
“Come mi è
uscita? A me sembra di star tremando come una foglia...”
Si chiese cercando un umorismo che
lo salvasse dal collasso emotivo e quindi fisico!
Quando il cerchio di ragazzi si
allargò rivelando il viso selvatico ed aggressivo del
fratello, i suoi occhi si incupirono ulteriormente e con durezza e
veleno nella voce fece un passo in avanti e sbottò senza la
minima esitazione:
- Vattene! -
- No. - Rispose determinato
continuando a stringere i pugni.
- Io non torno a casa, mi sono
stufato di te e Hannah che giocate a fare la famiglia felice! Non
vedete come stanno le cose? Io non faccio parte di voi, non ho nulla a
che fare con voi. Vattene e lasciami perdere! - Si prese la briga di
spiegarsi almeno un minimo sperando di convincerlo ad andarsene. Non
voleva assolutamente continuare a vivere con loro. Gli ricordavano
così tanto i genitori... era una tortura averli
lì davanti tutti i giorni. Come si poteva dimenticarli se
sua sorella somigliava a sua madre e suo fratello a suo padre?
I due continuarono a guardarsi a
qualche metro l'uno dall'altro, seri in viso, uno concentrato e deciso
mentre l'altro aggressivo e selvatico. Quanto erano diversi... non si
somigliavano in nulla, a partire dai diversi modi di porsi, di fare, di
parlare, di guardare gli altri e di reagire al dolore.
Solo allora notarono quanto uno
fosse simile ad un angelo, e non solo per l'aspetto, mentre l'altro ad
un demone.
Uno pieno di amore, uno pieno di
odio.
- Vuoi una mano? - Chiese uno del
gruppo al moro dai capelli scompigliati che ricadevano mossi sulla
fronte.
In realtà voleva una
scusa per mettere le sue mani su quella meravigliosa creatura delicata
così diversa da quell'Inferno in cui erano.
- No. Vattene, Michael! -
Replicò pronto l'altro muovendo un passo indietro come ad
intendere che se non avesse seguito la sua volontà avrebbe
permesso ai suoi nuovi amici di intervenire.
Gli altri lo capirono e
cominciarono a muoversi intorno al biondo che non si mosse di un solo
passo.
Dentro un turbine di emozioni gli
gridavano di andarsene, che non era pane per i suoi denti, che ci
avrebbe rimesso e che non poteva fare nulla eppure dall'altra parte non
solo la testardaggine ma anche i sentimenti verso il fratello gli
impedivano di mollarlo lì. Per nulla al mondo l'avrebbero
lasciato perdere o non si sarebbe mai perdonato. Se l'avesse fatto non
avrebbe più superato la morte dei genitori. Mai
più.
- No. Non me ne andrò
senza di te. Edward, tu sei nostro fratello, noi ti vogliamo bene. Io
darei la vita per te. Non voglio lasciarti solo o non avrò
più la forza di svegliarmi la mattina! - Si stava scoprendo
come non aveva mai fatto in vita sua, specie con lui. Vinceva la paura
che già non dimostrava più in superficie e dando
un impressione di sé di chi è molto sicuro e
addirittura supponente, scavava dentro sé stesso per trovare
le giuste parole per convincerlo e fargli capire come stavano le cose.
Ma era difficile... non gli aveva
mai detto che... stava lentamente morendo dentro, sopprimendo il
proprio dolore.
- MA NON FARMI RIDERE! SENZA DI ME
HAI UN PENSIERO IN MENO! E POI SE MI VUOI A CASA SOLO PER LA TUA
COSCIENZA, ALLORA QUESTO è UN MOTIVO IN PIU' PER ANDARTENE!
LASCIAMI QUA E NON ROMPERE! IO VOGLIO CHIUDERE CON TUTTI VOI! -
Cominciò a gridare
Edward tornando ad avvicinarsi al ragazzo più grande che
ancora non muoveva un muscolo, come fosse di pietra. Quasi non
respirava.
Diceva delle cose e ne dimostrava
altre. Era solo un ipocrita. Non stava davvero male come diceva o
avrebbe fatto qualcosa per esternare il suo dolore. A lui non gli
importava nulla di nessuno, in realtà. Solo della propria
coscienza!
Così la vedeva il
ragazzino.
- Hai ragione, non lo faccio solo
per me o per te ma principalmente per i nostri genitori. Cosa pensi,
che sarebbero felici di vederci separati così? - La risposta
che gli diede era ancora contenuta e altera. Si stava indurendo in
reazione al terrore per i ragazzi intorno che lo circondavano con la
feroce intenzione di picchiarlo di lì a poco e per
l'angoscia di non convincere il fratello a tornare con lui, di non
arrivargli al cuore.
Per la paura di perderlo davvero.
- MA STA ZITTO! COME OSI PARLARE
DI LORO PROPRIO TU CHE NON HAI VERSATO UNA LACRIMA? CHE TUTTO QUELLO
CHE HAI FATTO E' CERCARE DI SOSTITUIRLI?! COME SE SI POTESSERO DAVVERO
SOSTITUIRE! NON SEI NEMMENO STATO MALE PER LA LORO MORTE ED ORA TU MI
VORRESTI PER LORO? NON TE NE FREGA NIENTE DI MAMMA E PAPA', VATTENE A
FARE IL PADRE CON HANNAH CHE NON CHIEDE ALTRO! IO NON VOGLIO PIU'
VEDERVI! NON VOGLIO PIU' VEDERE... - Edwuard era esploso ancor di
più, se possibile, e pieno di dolore si rese conto che le
lacrime gli stavano premendo per uscire traditrici. Se avrebbe pianto
avrebbe fatto una figura da stupido davanti a quelli che voleva
conquistare, a quelli che sentiva più uguali a lui di quanto
non lo fosse il fratello. Si rese anche conto che stava per dire che
non voleva più vedere la mamma in Hannah e il padre in lui,
in Michael. Ma pur di dirlo si morse la lingua ricacciando a forze le
lacrime indietro. Non voleva, non voleva assolutamente dirgli quanto
stesse male solo guardando le loro somiglianze con chi amava e non
c'era più. Gli sarebbe sembrato di non essere all'altezza di
tutti loro che lo guardavano e lo circondavano.
Però il guizzo negli
occhi azzurri che divennero più grigi che altro, non lo
notò in tempo e pensando solo a non lasciarsi andare troppo,
non capì le pugnalate che aveva appena dato al fratello.
Michael fermo davanti a lui
tirò tutti i muscoli del corpo e tremando di nuovo ma non
per la paura e nemmeno per la rabbia ma solo per il dolore,
cominciò a pregare di venir davvero picchiato.
Si chiese perché non lo
stavano aggredendo come minacciavano di fare, cosa aspettavano?
Aveva bisogno di uno sfogo fisico.
In quel momento sentì così forte il bisogno di
provare dolore fisico che si sentì male. Lo stomaco si
chiuse, il cuore esplose nel suo petto, il respiro sfuggì
dal suo controllo e con due lame di ghiaccio che parvero
incredibilmente feroci, imponendosi di non rispondere e serrando deciso
la bella bocca carnosa e ben disegnata simile a quella di una donna,
divenne colui che in un futuro non molto prossimo sarebbe stato
conosciuto come l'Angelo della Strada.
Quindi imprevedibile ed
irriconoscibile, senza fare nessuna smorfia di rabbia o di dolore,
mantenendo la durezza e la supponenza autoritaria che non avrebbe
più perso di lì in poi, alzò il pugno
vicino al viso e girandosi verso uno della banda accanto a lui che
aspettava il momento propizio per attaccare, lo afferrò per
la giacca in jeans e svelto come il vento che trasporta le foglie
dell'autunno, lo colpì in pieno viso dandogli dolore ma
trasmettendolo anche a sé stesso per l'inesperienza nel
tirare pugni. Gli fecero male le nocche e il polso stesso ma lo
ignorò lasciando tutti di sasso, Edward per primo.
Chi era quello?
Se lo chiese rimanendo immobile a
guardare cadere a terra il suo amico col sangue che gli usciva dal
naso, lo sentì lamentarsi per il dolore. Poi come se fosse a
metà fra il sogno e la realtà, senza capire se
fosse sveglio o se stesse dormendo, vide gli altri reagire
immediatamente colpendolo a loro volta, all'inizio Michael pieno di
quella forza e quella ferocia che non gli aveva mai visto addosso, una
ferocia glaciale e aggraziata simile a quella di un antico re esperto o
un angelo punitore, schivò facilmente i colpi e
riuscì a colpirne altri due con dei pugni dove continuava a
metterci tutta la sua forza, facendosi guidare unicamente dal suo
istinto. Un istinto dove l'animo gridava di dolore piangendo e
impazzendo per la sofferenza repressa che improvvisamente usciva tutta
in una volta esplodendo. In seguito incassò dei colpi anche
lui senza però fermarsi, senza sentire nessun male fisico.
Quando si liberò per un
istante da loro si avventò su uno e lo fece con una forza
tale che gli altri non riuscirono a fermarlo, sulle prime.
Cominciò a picchiarlo
di continuo, veloce, sempre più veloce, come se
lì fra le mani avesse il colpevole della morte dei genitori.
Le parole di Edward gli
risuonavano nella mente e nessuna forza al mondo sarebbe riuscita a
farlo smettere, in quel momento.
Dava giù e dava
giù risentendo le accusa del fratello.
Non stava male?
Non gliene fregava nulla dei
genitori?
Voleva sostituirli?
Non aveva mai pianto?
Mai mostrato nessuna reazione?
Nessun dolore?
E perché?
Perché non l'aveva mai
fatto?
Per loro?
Per i genitori morti?
Per chi?
Per cosa?
Davvero solo per essere il loro
sostegno?
O la verità era che, in
realtà, l'aveva fatto solo per sé stesso?
Edward lo capì mentre
lo vedeva pestare a quel modo quel ragazzo riducendolo in una maschera
di sangue, sangue che ormai era sulle sue nocche che non avevano mai
fatto una cosa del genere.
Possibile che in due non
riuscissero a fermarlo?
“Si è sempre
trattenuto perché se si fosse lasciato andare sarebbe stato
devastante per tutti. Come sta facendo ora. Il suo dolore è
una bomba atomica... “
E lì, di gelido o
supponente, non c'era davvero nulla. Solo un demone coperto di fuoco e
di dolore, nonché di rabbia.
- NON SOFFRO? NON PROVO NULLA? NON
VI CAPISCO? NON ME NE FREGA NIENTE? - Cominciò finalmente a
gridare Michael furibondo mentre la furia ingigantiva in lui e nel suo
bellissimo viso. A quella reazione gli altri due che cercavano di
rialzarlo si allontanarono impauriti ed inebetiti loro stessi. Ma chi
era quel tipo? Si chiesero. Quindi con una morsa sconvolgente allo
stomaco l'ascoltarono e lo videro smettere di picchiare il loro
compagno ormai privo di sensi, rimanere in ginocchio a terra a
cavalcioni su di lui e piegato in due coi pugni ancora stretti e rossi
di sangue, con una smorfia deformante in viso continuò: - E
QUESTO ALLORA COS'E'? - Dopo di questo, senza nemmeno prendere fiato,
liberò un urlo che si udì in tutto il quartiere e
spaventò chiunque l'ascoltasse. Un urlo straziante e
spezzato che fece rabbrividire tutti i presenti che indietreggiarono.
Un lungo urlo che non trovò pace nemmeno nelle lacrime che
uscirono dai suoi occhi. Le prime lacrime da quando erano morti i
genitori, da quando la loro tragedia era iniziata, da quando aveva
visto Hannah lasciarsi sempre più andare e poi era riuscito
a risollevarla, da quando aveva visto Edward allontanarsi con quella di
auto distruggersi. Le prime lacrime che uscirono rigando le sue guance
dove qualche livido lo arrossava e lo gonfiava, finendo sulla bocca
aperta dove l'angolo spaccato per un pugno ricevuto sanguinava sul
mento.
Lacrime e urla che ripetute in
continuazione crescevano mentre addirittura respirava per poter mettere
più foga e aria nel suo sfogo che non riusciva a far cessare
e non gli dava tregua.
E lì per lì,
mentre anche Edward piangeva paralizzato e shockato dal dolore esploso
del fratello, non seppe se tutto quello fu bene o male. Forse se non
l'avrebbe obbligato a quel modo e se lo sarebbe tenuto ancora dentro
sarebbe davvero morto a lungo andare. Forse, in fin dei conti, quella
era stata la cosa migliore.
Però quanto male...
Era vero che per la rinascita
bisognava prima passare per la morte?
“Ed ora come lo fermo?
Andrà avanti all'infinito... non smette più...
così collasserà... cosa cazzo faccio?” Pensò Edward scosso
mentre vedeva i suoi 'amici' darsi alla macchia impauriti da
quell'angelo impazzito dalla rabbia e dal dolore. Piangeva turbato
colto in pieno dalla sofferenza di Michael, tremava provando come un
ondata tutto ciò che l'altro sentiva.
E sapeva che se non avesse fatto
subito qualcosa sarebbe finita male, in qualche modo.
“Svegliati, Edward! E' ora
che fai tu qualcosa per lui! Datti una mossa! Fallo! Agisci! Fermalo!
Raccogli le sue lacrime e il suo dolore. Fallo! E' lì, ti
sta aspettando, lui è qua per te, è per te che si
è aperto così. È per te! Fermalo!
Raccoglilo!”
Cominciò a ripetersi
svelto nella mente come una tiritera. Mentre se lo diceva turbinante,
la sicurezza e la determinazione aumentavano e scosso da ciò
che vedeva e sentiva, specie dalle lacrime del fratello più
che dalle sue urla, si inginocchiò davanti a lui e di
slancio lo abbracciò forte, lo strinse con quanta
più decisione possedeva e lo circondò con le
braccia sottili coprendogli il capo dove i capelli sudati e spettinati
gli ricoprivano il viso, quindi glielo nascose contro il proprio
piccolo petto dove il cuore batteva impazzito e i respiri erano
così affannati da dargli l'impressione di aver appena corso
per tutta la città come un matto.
Chiuse gli occhi e lo tenne contro
di sé capendo chi, in tutta quella storia, aveva sbagliato
davvero e quanto ceco fosse stato.
Capendo anche che davvero non gli
doveva solo la vita ma anche l'anima ·†che nulla,
in tutta la sua esistenza, sarebbe mai bastato a ripagarlo in nessun
modo.
Sbagliando ancora una volta
poiché il suo amore sarebbe stato più che
sufficiente.
Un amore che da lì in
poi gli avrebbe dato la forza e il coraggio di diventare colui che,
sempre in quel famoso futuro prossimo, sarebbe diventato l'Angelo di
quelle strade.
Una persona sicura, forte,
determinata, ammirata, rispettata e temuta da tutti. Il punto di
riferimento di molti nonché la loro stessa salvezza.
Dopo quell'abbraccio e lo 'scusa'
sussurrato all'orecchio di Michael, questi smise di gridare lasciando
spazio solo alle lacrime calde che stravolgevano il suo viso disperato.
Le sue mani si aggrappavano a sua volta alla schiena di Edward e senza
più la forza di fare altro se non abbandonarsi contro il
fratello ritrovato, poté sentire chiaro ciò che
disse dopo. Qualcosa che lo fece rinascere definitivamente donandogli
tutto ciò che in quei mesi aveva perso.
- Ti voglio bene. Grazie di non
avermi davvero lasciato perdere. Ora andrà tutto bene. Ti
aiuterò io. -
Le esatte parole, le ultime, che
lui aveva rivolto ad Edward e ad Hannah alla morte dei genitori.
Il sorriso che nonostante tutto
riuscì debole ad affiorare sulle sue labbra spaccate, il
moro lo sentì e lo imitò anche senza vederlo.
Ora, quei tre, non erano
più le foglie ma il vento stesso.
FINE