CONTRO LE PROPRIE FORZE
Giungi ad un punto in cui non arrivi.
Non arrivi più a fare la cosa
giusta.
La ragione ti dice cosa dovresti fare, gli
sbagli che devi evitare. Ti dà un quadro completo della
situazione e tu puoi valutare ogni errore.
Ma la verità poi è
una ed unica.
Sei lì e ti rendi conto che hai
impiegato già tutte le tue forze a fare quella stramaledetta
cosa giusta e che ora ti manca solo una cosa.
Una.
Arrenderti a ciò che desideri
veramente.
Superare le tue paure.
Sei lì, dunque, davanti al tuo
bel bivio e speri di non soccombere.
La ragione ti grida cosa è
giusto tu faccia in virtù di ciò che ti spaventa
ma l’istinto ed ogni altra parte recondita di te, invece,
dice di fare tutt’altro.
Lasciarsi andare.
Spesso la cosa più naturale
eppure complicata al tempo stesso.
Allora su quel bivio ti chiedi.
Vale davvero la pena scappare da
ciò che desideri con tutto te stesso?
Vale davvero la pena stare da cani per
evitare di affrontare le tue mancanze e le tue debolezze?
Le tue paura?
Lì Alex si trovò a
farsi quella domanda senza trovare l’ombra di una risposta.
Nulla di logico per lo meno.
CAPITOLO
I:
L’ESTATE
DELLA SCOPERTA
/When love takes over
– Kelly Rowland & David Guetta/
Quella
musica nella testa non era da lei.
Era
molto commerciale, una di quelle che si ballano nei locali e che
ascoltano per lo più le ragazzine.
Mentre
si avviava coi suoi amici e parenti dai cugini di un grado ormai troppo
lontano per essere considerati ancora tali, si rese conto che stava per
vedere Alex ed allora capì.
Quella
canzone era probabilmente una di quelle che piacevano a lui, ecco
spiegato perché se la canticchiava con una certa verve.
Affibbiava
inconsciamente un genere o una canzone ad ognuno che conosceva e vista
la sua vasta cultura musicale ci riusciva bene con chiunque.
Quando
stava per vedere qualcuno di particolare finiva per cantarsi una
canzone nella testa senza accorgersene.
“Ma
magari nemmeno c’è, l’anno scorso era ad
Oxford a lavorare. O almeno credo lavorasse… mah.. penso che
ora non ci sia. Del resto non è che ci vado solo per lui;
sto qua solo un paio di settimane all’anno, in estate,
è normale che vengo a trovare la sua famiglia visto che
siamo molto amici e che posso vederli solo in questa occasione.
Suo
padre, poi, è come il mio secondo papà!
Mi
è dispiaciuto molto, però, non vederlo
l’anno scorso. Chissà se poi è tornato
o se si è stabilito definitivamente in
Inghilterra… Spero che sia qua almeno questi giorni, poi
quando me ne torno a Udine può far quello che vuole. Del
resto se dal Friuli vengo fino in Sicilia solo per stare coi miei
parenti e amici, è naturale che vada a trovarli e speri di
vederli.
Con
Alex, che abbiamo la stessa età, ci conosciamo da quando
siamo nati e vedendoci ogni estate siamo ormai molto amici. Se non
c’è non è la stessa cosa, per me,
l’estate!”
Così
pensando, sempre con quella canzone ritmata da ballare che le faceva
addirittura muovere le dita a tempo, giunse finalmente davanti al
cancello di quella che era il covo di un numero impressionante di
famiglie, tutte imparentate fra loro e alla lontana con lei.
Una
volta con Alex aveva fatto il conto dei gradi ed erano arrivati a
cinque.
Loro
due erano esattamente cugini di quinto grado ma erano rimasti male nel
sapere che ci si considerava così solo fino al quarto
grado…
Si
erano sempre sentiti cugini diretti!
Quanti
guai che avevano combinato insieme da piccoli in quei pochi giorni che
si vedevano… quanti danni… quanti
dispetti… ripensandoci si metteva a ridere ogni volta.
Erano
ormai ventidue gli anni che si conoscevano, non erano pochi!
E poi
contava la qualità del tempo che stavano assieme. E il loro
era sempre stato ottimo.
Quando
aprì il cancello entrando per prima, annunciando a gran voce
il suo arrivo, da tutti quelli nei paraggi che la videro insieme agli
altri si levò un’ovazione di gruppo, in seguito fu
il caos!
Mille
abbracci, baci e guance si intrecciarono con le sue per non parlare dei
saluti, delle voci concitate e allegre che le dicevano mille parole al
secondo con quel solito accento siciliano che lei adorava.
Le
erano mancati.
Con
loro era sempre così, come se fosse una figlia che abitava
lontano per lavoro e tornava solo in estate a trovarli.
Si
trovava ogni volta a suo agio.
Quando
si trovò finalmente seduta insieme a quel gran numero di
persone che parlavano incrementando ancora la confusione, si rese conto
che all’appello era mancato solo uno… Alex.
Sentì
immediata la delusione colpirla dentro come un pugno sgradevole, mentre
i suoi occhi verde chiaro correvano su tutti i presenti. Niente.
Possibile
non ci fosse nemmeno quell’anno?
Stava
giusto per chiedere dove fosse quando una voce familiare alle sue
spalle, proprio dal cancello, la raggiunse.
Allegra,
calda e dall’accento siciliano più flemmatico che
avesse mai sentito.
Nemmeno
il tempo di voltarsi, alzarsi per salutarlo o di provare sollievo e
gioia, che se lo ritrovò comodamente seduto sulle gambe con
le sue braccia sfacciatamente intorno al collo.
-
Ciao! Da quanto tempo, cugina! Sei arrivata! –
E lo
adorava sentirlo parlare… di norma tutti gli altri parlavano
velocissimi urlando senza rendersene conto, lui parlava piano, lento,
senza gridare o mangiarsi le parole. Con una calma invidiabile!
-
Ciao! Eh si, sono arrivata ieri… allora quest’anno
ci sei! –
Fece
lei circondando del tutto a suo agio la sua schiena con il proprio
braccio, tenendolo seduto su di sé con la solita
familiarità.
-
Perché, l’anno scorso dov’ero?
– Chiese lui osservando interrogativo la ragazza dai capelli
biondi che si inanellavano lungo la schiena. Nello scrutarsi
vicendevole dei loro occhi si resero entrambi conto che si erano
mancati.
E che
sia il verde chiaro di lei che il castano cioccolato di lui erano
belli.
- A
Oxford! Io sono venuta e tu non c’eri! Non ti ricordi?
– Sapeva bene che era svampito e che non la stava prendendo
in giro… infatti l’espressione mutò
subito mentre la mente tornava a funzionare a dovere e si illuminava:
-
Ah… vero è… mi… non mi
ricordavo mica più! – Il moro dal cesto incolto di
ricciolini piccoli e ingarbugliati che gli incorniciava il viso buffo,
fece la sua tipica espressione di chi cadeva dalle nuvole e mentre lei
rideva di gusto sapendo che non si sarebbe certo offeso per sciocchezze
simili, gli altri li guardavano sorridenti, contenti che finalmente i
due inseparabili amici si erano ritrovati dopo ben due anni di
lontananza!
Erano
tutti abituati ai loro modi, a quell’affettuoso rapporto
pieno di scherzi e complicità.
In
pochissimo si misero a parlare fitto fitto, sempre con lui seduto su di
lei. Fra risa e umorismo avevano cominciato a tirar fuori tutta la loro
vita del tempo in cui non si erano visti, senza però
trascurare una radiografia completa l’uno
dell’altra.
Lei,
Denise, era una ventiduenne dai capelli biondo scuro lunghi fino a
metà schiena che si ondulavano moltissimo nelle lunghezze,
occhi verde chiaro quasi dorati sotto il sole, bocca carnosa, pelle
chiarissima e pallida da far spavento in mezzo a tutti loro scuri,
curve al punto giusto secondo i suoi gusti.
Ebbene
si, a lui piacevano quelle prosperose, con abbondanti curve sul seno e
sui fianchi, se poi c’era anche un po’ di pancia
morbida e comoda, gli andava pure bene.
Denise
non era una bellezza classica ma di anno in anno, maturando, stava
diventando sempre più degna di attenzione fisicamente
parlando.
E
comunque rispecchiava i suoi personali gusti e quello era
ciò che contava!
Lui,
Alex, aveva i capelli neri dai piccoli ricci incolti e selvaggi che gli
incorniciavano il volto, non molto corti. Un po’ di pizzetto
a triangolo appena sotto la bocca, sopracciglia folte e squadrate,
occhi penetranti e scherzosi allo stesso tempo color cioccolata, pelle
abbronzata, bel fisico atletico ed in forma. Nell’insieme
risultava buffo come aspetto. Non era brutto, però aveva una
bellezza sua, certamente sul mediterraneo andante al contrario
dell’altra che era del nord; anche lui non il classico pezzo
di ragazzo che tutti si giravano a guardare sbavandoci dietro.
Interessante, affascinante, particolare… attirava
l’attenzione anche senza far nulla e bisognava considerare
che lui, comunque, senza far nulla non ci stava mai!
Il suo
punto forte era che ci sapeva fare con gli altri, chiunque fossero.
E le
ragazze lo adoravano con quel suo piglio esuberante e carismatico,
sfacciato e scherzoso.
Lei al
contrario finiva per allontanare i ragazzi, specie se le piacevano
poiché questi non capendo mai cosa pensava e voleva,
preferivano scappare senza rischiare visto che si intuiva benissimo la
sua indole sull’aggressivo andante.
Eppure
non lo era sempre, dipendeva dalle persone.
Anche
se era vero che non si riusciva a capire mai ciò che le
passava per la testa… del resto era capace di cambiare umore
da un momento all’altro solo a seconda di chi parlava con
lei.
In
mezzo ai raggi X completi, finirono per parlare esclusivamente loro di
tutto ciò che al momento facevano, studi e lavori vari,
discorsi naturalmente conditi da risa, battute e dispetti infantili.
In
effetti quando stavano insieme tutti si rendevano conto che in
realtà non erano mai cresciuti davvero!
-
Allora, come hai fatto senza di me tutto questo tempo? –
Chiese lei sfacciata sfoderando la sua alta considerazione di
sé. Certo, scherzava, ma non si sottovalutava. Era piuttosto
sicura di sé e questo piaceva ad Alex che, ridacchiando
divertito, rispose pizzicandola sulla spalla:
- Sono
sopravvissuto benissimo, grazie! –
- Mi
sa di no visto che sei tornato da Oxford! –
-
Bè, che c’entra… sono comunque tornato
qua, mica son venuto su da te! –
- Ah
grazie, eh? Non farti scrupoli nel dirmi che te ne sbatti della
sottoscritta! –
- Eh
tesoro mio… la verità è dura da
scoprire ma prima o poi bisogna scontrarcisi! – Facendo la
finta offesa lei gli morse la mano vicino al suo viso ma lui
limitandosi a picchiarla amichevolmente per staccarsi i denti di dosso,
rimase lì col braccio intorno al suo collo.
Dopo
diversi minuti di risate Denise tornò a chiedergli semi
seria:
-
Allora che fai ora, debosciato? Hai finito di fare il torseon?
– Alla parola dialettica ‘torseon’ lui
fece una faccia strana, come se avesse appena sentito
dell’arabo e, per quel che ne sapeva lui, poteva benissimo
esserlo.
- Che?
– Ovviamente lei lo derise senza il minimo problema, quindi
rispose con faccia superiore:
-
E’ friulano! Significa il vagabondo. –
-
Già, da torseon a vagabondo mi devi spiegare come ci si
arriva, perché sembra più una parolaccia!
– Si lamentò lui criticando una lingua che non era
la sua. D’altro canto faceva solo finta di non apprezzare il
suo accento del nord poiché in realtà gli piaceva
molto quel modo cantilenante e chiuso di parlare.
-
Perché, da minchia a cazzo come ci si arriva? Me lo spieghi?
Sembra più il gusto di un gelato! – Ovviamente
aveva parlato con quella punta di permalosità che era ben
viva in lei, come al solito senza attivare il cervello. Non si faceva
problemi a parlare in certi modi e lui le stava dietro come niente
fosse. Con una luce maliziosa nello sguardo, rispose con faccia tosta:
-
Bè, potrebbe essere, volendo… in effetti per
certi aspetti sembra pure un gelato. Specie se consideri
l’uso! – Al che una normale si sarebbe
scandalizzata e arrossendo l’avrebbe spintonato, ma lei
apprezzò la battuta e ridendo, tanto per cambiare,
alimentò l’insana idea che gli era venuta dandogli
corda:
- A
pensarci hai ragione! Alcuni associano la parola
‘gelato’ proprio a ‘quello’
piuttosto che al cibo! –
- Mi
hai beccato! – Ammise l'altro sempre scherzando trovandosi
per un bel po’ di minuti piegati in due divertiti fino alle
lacrime.
Si
erano mancati ed anche tanto.
Tutte
quelle cazzate, quei discorsi senza senso e poco convenzionali.
Si
erano mancati in ogni loro forma e solo dopo due anni di distanza
potevano capirlo.
Capire
anche una cosa che prima non avevano mai considerato.
Quel
contatto così naturale e amichevole sprigionava in loro
qualcosa in più rispetto all’ultima volta che si
erano visti.
Qualcosa
di inaspettato visto che erano arrivati a considerarsi quasi fratello e
sorella nonostante il poco tempo che stavano assieme.
-
Allora studi… - Fece poi Denise asciugandosi una lacrima,
smettendo di singhiozzare e cercando di fare la seria.
- Si,
tento l’esame alla facoltà di dietologia (si
chiama così? NdAkane). Sto studiando come un folle sperando
di riuscire ad entrare… -
-
Allora verrò ad aiutarti, dai… ti tengo su i
quiz! – Disse lei convinta che fosse una buona idea. A questo
però non notò il velocissimo sguardo di Alex che
scendeva al decoltè che da quella posizione ravvicinata
poteva vedere.
Anche
lei però… si metteva quelle canottierine scollate
e strette con un seno simile… come poteva pretendere che lui
non lo notasse?
-
No… è meglio di no… almeno non quando
studio! – Con questa frase la bionda pensò
intendesse una cosa diversa dalla realtà!
-
Perché ti distraggo… - E in effetti era
così, si disse lui, ma non nel senso che aveva capito lei!
“Certo
che mi distrai… mi distrai perché sei maturata
decisamente troppo bene! E fra il corpo e tu che mi coinvolgi sempre in
qualunque cosa vuoi, finirei per stare con te, dire sciocchezze e
guardare le tue tette! Altro che studiare!”
Non
era certo tipo da mentire a sé stesso, tanto meno era un
ottuso. Capiva al volo cosa voleva e cosa provava e non perdeva tempo a
nasconderlo se non aveva un buon motivo. Spesso anche se quel famoso
buon motivo c’era lui non lo nascondeva lo stesso!
- Non
vedo nemmeno la mia ragazza per questo motivo! – Aggiunse poi
come ultima stoccata. Non ci aveva riflettuto. L’aveva detta
e basta.
Ma
così come lei non aveva notato lo sguardo sul suo seno, lui
non aveva notato quello colpito e affondato.
Assurdamente
ed inspiegabilmente affondato.
“Ed
ora? Non mi è mai importato delle sue ragazze di
turno… cioè, non l’ho mai visto sotto
questo aspetto. Perché ora mi importa così che
abbia la morosa? Non dovrebbe farmi né caldo né
freddo, invece ora mi dà alquanto fastidio! Porca
merda!”
Ma
come d’abitudine, riuscì a controllare
perfettamente il suo stato d’animo senza fargli capire
assolutamente nulla di quel che aveva pensato e provato.
Resse
il suo sguardo senza problemi e sorridendo scherzosa, disse:
-
Allora non posso più vederti? –
- No,
che c’entra… mica studio sempre… quando
vieni faccio una pausa! – Si affrettò lui a dire
contrariato dal fatto di non vederla più. Lo
dimostrò senza alcuna esitazione e lei capendo che ci teneva
a vederla ancora lo stesso, si sentì subito meglio.
Scacciò nell’immediato la sensazione di fastidio e
delusione che le era caduta addosso e riprese a parlare allegramente e
demenzialmente con lui come al solito.
Come
con pochi eletti, in effetti, faceva.
Mentre
per lui era normale vederlo in quelle vesti da buffone, per lei no.
Dipendeva con chi era ed erano pochi quelli con cui si sentiva
così bene.
Proprio
pochi.
-
Quindi vieni spesso a trovarmi, miraccomando! – Concluse
quella sera prima che, a notte fonda, la ragazza se ne andasse.
Denise
non era tipa da ignorare certe scoperte, specie se si presentavano
così evidenti; però era tipa da nasconderle ed
anche molto bene.
Tutto
l’opposto di Alex a cui non importava di mascherare certi
impulsi, qualunque natura avessero; sia che lui fosse fidanzato o meno.
Questo,
però, era solo l’inizio.
/Rise up – Yves La
rock/
Come
riesce a volare il tempo quando stai bene e sei felice…
Alex e
Denise se ne resero conto quell’estate in particolare.
Si
videro molto, quasi tutti i giorni o al mare o a casa di uno dei due.
Quando
una volta lei aveva conosciuto la ragazza di Alex, questa aveva
esclamato: “Ah, la famosa Denise!”. Lì
per lì non aveva capito com’è che fosse
famosa e la sua beata ingenuità, od ottusità, le
impedì di realizzare quanto di più ovvio
c’era.
QUALCUNO
aveva parlato un po’ troppo di lei. Ora bisognava capire se
in bene o in male. Anzi.
Se la
ragazza l’aveva recepita bene o male.
Solo
qualche anno dopo Denise l’avrebbe capito ed allora avrebbe
ricordato quel loro incontro e quella sua affermazione strana.
Ma la
loro fortuna era che Anna, la morosa di Alex, non viveva con loro e
lavorando in una città ad un’oretta di strada non
poteva stare lì molto. In estate, poi, ancora di meno.
Così
Alex e Denise si erano pacificamente trovati molti pomeriggi o serate
insieme senza terzi incomodi ed avevano avuto ampiamente modo di
approfondire ulteriormente la loro amicizia già profonda e
solida!
Quel
che avevano scoperto e che avevano coltivato, in realtà,
stando tanto insieme, era stato un altro genere di rapporto che prima
di quel momento non avevano avuto.
Attrazione.
Fisica
ma non solo.
Era un
attrazione che abbracciava ogni aspetto possibile.
L’unico
freno era la consapevolezza, di lei, che lui era impegnato. E detestava
fare la parte dell’amante.
Era
troppo corretta.
Al
contrario di lui che aveva addirittura finito per raccontarle alcune
delle sue scappatelle facendole capire che tipo fosse: senza amore si
va con chi si vuole. È quando c’è di
mezzo il cuore che ci si consacra ad una sola persona.
E lo
stesso discorso valeva per il tradimento.
Col
cuore non si poteva fare, solo col corpo.
Codici
maschili tutti strani che però Denise conosceva bene avendo
più amici uomini.
Non
era tipa da giudicare, criticare o rimanere impressionata.
Aveva
riso su tutti quei racconti e teorie ascoltando anche con un certo
interesse fino a che non aveva espresso le sue preferenze in fatto di
donne.
Formosette,
con seno, fianchi e fondoschiena ben accentuati.
Così
col secondo treno si era resa conto che lei rientrava perfettamente
nella categoria delle sue preferenze!
Del
resto aveva potuto constatarlo anche quando una volta, ridendo e
scherzando, lui le aveva tirato la scollatura del top che lasciava
già di per sé poco all’immaginazione ed
era riuscito a vederle il suo seno trattenuto a stento da un reggiseno
nero in pizzo che le stava non bene, di più.
Quella
volta Alex non aveva poi capito se avesse fatto bene o no a guardarla
dal momento che le era piaciuto così tanto da aver ancora
più voglia di lei…
Si era
detto di dover fare attenzione a certi gesti istintivi che avevano sia
i pro che i contro.
Come
ogni cosa.
Eppure
spesso e volentieri si era dimenticato, nei suoi pensieri, che la sua
ragazza era Anna e non Denise. Troppo spesso.
Sebbene
prima di quell’anno i due avevano sempre scherzato in maniera
normale, da quella volta avevano iniziato a farlo con molta malizia e
un tocco di ‘maniaco’ da parte di entrambi
destinato ad un crescendo sempre più difficile da domare.
Quell’ultima
notte se ne resero conto.
Che i
giochi stavano per sconfinare in qualcosa di molto più
pericoloso ed ingestibile.
Siccome
il giorno dopo se ne sarebbe andata tornando di nuovo a Udine,
quell’ultima notte aveva voluto andare in spiaggia, come
spesso aveva fatto in quei giorni, per fare l’ultimo bagno a
mezzanotte.
Siccome
l’intenzione era abbastanza anormale visto che si trovava a
Settembre e che non era più caldo per fare cose simili,
l’aveva scritto per messaggio ad Alex con quella di farlo
ridere un po’.
Poi,
con un intuizione dell’ultimo momento, gli aveva anche detto
di scendere a salutarla l’ultima volta, se gli andava.
Per
tutto il tempo che era rimasta lì con sua cugina, una
ragazza di 7 anni meno di lei per di più poco sveglia sotto
certi aspetti ma molto di compagnia ed attaccata alla bionda, aveva
avuto l’idea fissa di vederlo davvero comparire da un momento
all’altro nella spiaggia notturna.
Quella
volta c’era un venticello fresco non da poco ma il cielo era
limpido e stellato. Era bello stare lì di sera, a Desy
piaceva molto. Il mare sembrava ancora più grande
poiché nero come il cielo, all’orizzonte si
ricongiungeva con esso diventando un tutt’uno.
Era
uno spettacolo suggestivo e rilassante.
Stavano
lì ore, lei e sua cugina quando non c’era qualcun
altro, e parlavano guardando distese le stelle. Ne trovavano spesso
cadenti. Quelle scie dorate che attraversavano velocissimo il blu scuro
erano semplicemente meravigliose.
Ebbene
arrivarono davvero a farsi il bagno nonostante non fosse più
stagione, certo non per farlo a quelle ore!
Mezzanotte
in punto.
Via i
vestiti, coi costumi addosso si erano immerse per tre minuti esatti, il
tempo massimo che avevano resistito.
L’acqua
in sé non era fredda, anzi, ma il venticello che
c’era fuori aveva fatto rizzare subito tutti i peli dei
corpi, così anche con l’ansia di non vedere dove
fossero immerse, uscirono presto eccitate, contente ed infreddolite!
Si
avvolsero immediatamente negli asciugamani armeggiando in modo buffo e
strategico per togliersi i costumi bagnati e rimettersi i caldi vestiti
lunghi.
Appena
conclusa del tutto la complicata operazione e tirato un respiro di
sollievo, una voce alle loro spalle che si avvicinava fece venire un
colpo a tutte e due.
Eleonora
si rilassò subito vedendo che si trattava di Alex mentre
Denise venne presa da un inspiegabile e terribile senso
d’agitazione che la fece tremare violentemente per un lungo
minuto.
Tremarono
parti che non sapeva nemmeno di avere.
Poi
quando lui si fermò davanti a loro, quel tremore
svanì insieme a quel nervosismo galattico che non aveva mai
avuto in sua presenza.
Ed
anche il freddo se ne andò arrivando a provare addirittura
caldo.
Fece
cadere l’asciugamano dalle spalle e rimase solo con la maglia
leggera a maniche lunghe ed i pantaloni dello stesso tipo.
-
Pensavi che non venissi? – Chiese lui notando il suo stupore
nell’osservarlo insistentemente.
-
Onestamente si! – Anche se quella fu una bugia
poiché aveva avuto la sensazione di vederlo per tutto il
tempo.
- Il
bagno l'hai fatto? – Fece allora guardando lo zaino, i
capelli raccolti ancora asciutti e l’asciugamano a terra.
Sperando quasi che non l’avesse ancora fatto per poterla
vedere in costume un ultima volta prima di un altro anno.
Lei
con un ampio sorriso radioso rispose orgogliosa:
-
Certo! –
- Ma
asciutta sei! – esclamò lui avvicinandosi per
vederla meglio. C’erano solo le luci dei lampioni dalla
strada che li illuminavano in penombra, ma si vedevano abbastanza.
- Non
l’ho mica fatto vestita! Non mi sono bagnata i capelli e poi
mi sono asciugata subito! – Spiegò Denise sempre
felice di aver fatto l’ultima pazzia dell’estate
che si era prefissata ancor prima di scendere in Sicilia.
- Non
ti credo! – Aggiunse lui provocandola. Più che
altro sperava scherzasse… era arrivato tardi? Era venuto
lì con la principale intenzione di vederla mezza nuda,
riempirsi gli occhi delle sue forme in evidenza un ultima volta. Poi un
anno intero sarebbe stato così lungo…
-
Guarda che ho tolto il costume, se vuoi te lo mostro che è
bagnato! – Disse lei prontamente senza immaginare minimamente
da cosa derivasse tutta quella fissazione… perché
non crederle? Se aveva detto che l’aveva fatto,
l’aveva fatto!
Così
dicendo tirò fuori la prima parte del costume a due pezzi
che le venne in mano dallo zaino e spuntò proprio il
reggiseno rosso. Lui lo toccò con una certa soddisfazione e
mentre sentiva che era bagnato e pensava che stava toccando un
indumento particolare per una ragazza, realizzò anche la
parte più importante.
Molto
importante.
-
Allora non hai nulla sotto! – Lo disse quasi urlando e al
suo: - No! – si illuminò come un bambino davanti
al lecca lecca più invitante della storia!
E per
un attimo fu questo lei per lui.
Il
lecca lecca più succoso che avesse mai visto.
Nella
sua mente ogni altro pensiero venne cancellato all’istante e
solo uno prevalse: che quello fosse un regalo, un segno chiaro dal
cielo che non poteva lasciarsi sfuggire. Si accettavano certi doni che
arrivavano così chiari e limpidi!
Così
non ci pensò due volte e avvicinandosi ulteriormente le
afferrò la maglia cercando di alzarla. Certo, il sorriso
sulle labbra e quell’aria da schiaffi, classico buffone,
indicavano che scherzava o così potevano pensare gli altri.
Ma di
nuovo, ridendo e scherzando, se lei non l’avesse tenuta
già a forza lui gliel’avrebbe alzata davvero del
tutto guardandole il seno libero dal costume!
Una
strana fame incontrollata gli era scoppiata dentro e l’idea
fissa di saziarsi gli impediva di ragionare.
Non
era serio, violento o che… sembrava davvero tutto un grande
scherzo, come sempre lui faceva tutto.
Eppure
quella volta non era così e solo loro due lo sapevano.
Al che
con malizia, facendo finta di lottare ancora con lei per la maglia,
Alex si rivolse ad Eleonora lì presente che guardava la
scena divertita senza muovere un dito, pensando che stessero come al
solito giocando.
- Ehi,
Ele, va a farti un giro un attimo! – E lo disse con una sola
limpida e chiara intenzione.
Ora,
una persona normale e sveglia vedendo il loro affiatamento e il tipo di
rapporto che in quell’estate avevano sviluppato, se ne
sarebbe andata davvero a farsi due passi o magari sarebbe tornata a
casa, lì vicino.
Peccato
che lei evidentemente non lo era.
Forse
troppo giovane, troppo ingenua, troppo ottusa, troppo
appiccicosa… troppo non si sa bene che.. ma non se ne
andò e dicendo decisa ‘no’, rimase
lì a fissarli insistente senza la minima intenzione di
lasciar loro un po’ di intimità!
“Porca
puttana, vattene!” Pensarono infatti insieme nel
medesimo modo i due ancora presi l'un l'altra.
La
scarsa luce non permise di capire che genere di luce albergasse negli
occhi altrui, ma non se li staccarono di dosso per tutta la sera,
nemmeno quando a malincuore, contrariati ed infastiditi mollarono le
mani smettendo di giocare a spogliarsi e a resistere.
Il
cuore però non aveva smesso di battere all’altezza
della gola e l’eccitazione non li aveva abbandonati potendo
ormai solo immaginare cosa sarebbe successo se fossero davvero rimasti
soli.
Un
qualcosa che quella notte, a letto, entrambi avrebbero sognato.
Avrebbero
sognato che Eleonora se ne sarebbe andata, che lei avrebbe mollato la
maglia e lui avrebbe potuto infilare la mano sotto arrivando al suo
seno generoso e freddo per il bagno appena fatto.
Avrebbero
sognato di trovarsi giù sulla sabbia a baciarsi
assaggiandosi poi vicendevolmente, trovando salata la pelle di lei e
profumata quella di lui.
Avrebbero
sognato di riuscire a toccarsi anche più profondamente fino
a sentirsi come mai avevano osato fino a quel momento.
E
svegliandosi eccitati fino all’inverosimile avrebbero
rimpianto per anni il non essere riusciti a rimanere soli, quella sera,
e il non aver potuto far altro che parlare, fare i buffoni ancora per
un po’ e poi salutarsi ripromettendosi di rivedersi
l’anno successivo.
Un
anno che sarebbe parso infinito e che avrebbe potuto portare molti,
forse troppi cambiamenti.
O
forse solo nuove certezze.