CAPITOLO VIII:
FURIA OMICIDA

/A place for my head – Linkin Park/
Impazzisco di dolore dentro di me mentre corro con l’auto al dipartimento dove sono Don e quel bastardo. Fremo. La mia bestialità spinge per liberare la rabbia che ancora rimane in me, che non ho ancora sfogato davvero, non del tutto. Dopo quel che ho visto, poi, sento che se non faccio qualcosa una volta per tutte, esplodo.
Perchè non c'è dolore più grande del tuo, per me. E quei filmati che ho visto là dentro erano così inguardabili, così pieni di quel che tu hai patito. Inquadrature del tuo viso sofferente, della tua ferita alla schiena, del tuo sangue, di te che lottavi per vivere.
E nemmeno sfogando questa mia furia interiore guadagnerò davvero qualcosa, non se non troverò te, Mac, vivo. Pensavano che bastasse tenerti un minimo in vita per completare il loro piano. Invece ti hanno sottovalutato e sei riuscito ad uccidere il secondo complice. Hanno sbagliato tutto ma ormai per loro è tardi. Lo è perché arriveremo in tempo. Ce la faremo.
E tu non mollare.
Ovunque tu sia ora non mollare. Non sarà vana la tua sofferenza, io farò in modo che non lo sia.
Sto per ritrovarti, per rivederti, non lasciarmi di nuovo. Lotta. Lotta ancora.
Siamo ad un soffio l’uno dall’altro.
Vado solo a fare un po’ di giustizia e poi verrò da te.
Vorrei urlare, mi sembra di avere una ferita aperta dove il sangue corre a fiumi. Sto impazzendo, devo fare qualcosa. Non la passerà liscia quel bastardo. Non può.
C’è del dolore e del male da ritornare al destinatario centuplicato.
Il dovuto da restituire.
Mentre passo le strade e gli incroci senza badare ai limiti e ai divieti, passando un sacco di semafori rossi, mi pare di vedere tutto tranne la strada ed il mondo che diventa una macchia per la velocità con cui vado. Non c’è più logica in me (non che ne avessi mai avuta dall’inizio di questa maledetta storia), ora voglio solo vendetta, solo questo metto a fuoco nella mia mente. Solo questo vedo davvero. Niente altro. Ogni cosa brucia ma forse è solo la mia anima che va in fiamme.
Bastardo maledetto figlio di puttana che hai cercato di uccidere il mio uomo e ci sei quasi riuscito, ora vuoi farti passare per pazzo per passarla liscia. Ma tu sei solo un chiodo maledetto che ora verrà estirpato con le mie mani. Sarò io a cavarti fuori e a mandarti all’inferno. Lo giuro.
Perché hai fatto del male a Mac, non ad uno qualunque. A Mac, capisci?
Ora sarà solo tenuto in vita da un filo sottile, probabilmente non ce la farà, probabilmente non farò mai in tempo, tu hai messo la mano sulla sua ferita facendogli volontariamente del male dicendo che dovevi abbellire le scene del tuo cazzo di film. Gli hai procurato consapevole altre ferite mentre legato non poteva far altro se non resistere e soffrire. Resistere con tutto sé stesso. Gli hai fatto passare l’Inferno ed ora non basta che io lo faccia passare a te. Devo spazzare via la feccia dalla faccia della Terra.
E tu sei feccia.
L’odio per te e l’amore per lui mi guidano in questa corsa folle in auto per le strade di New York.
Maledetto, ora ti toglierò via.
Non dovevi toccarmi Mac.
Se non fosse stato lui te la saresti cavata, ma era lui.
Adesso pagherai come è giusto che sia.
L’ira ingigantisce in me togliendomi ogni logica e lucidità, non capisco più nulla e le immagini di quei video mi danno violente scariche elettriche in tutto il corpo. Tremo di rabbia nel rivedere con la mente il suo dolore, le torture che ha subito, quanto ha dovuto patire.
Ora arriverò a strappare via il chiodo.
Non ce la farai mai, figlio di puttana.
Perché Mac è vivo ed io ho la prova che mi permette di ucciderti liberamente!
Morirai, pezzo di merda.”

/What i’ve done – Linkin Park/
Quando Don giunse dove sapeva avrebbe trovato Rodney assistito dal suo avvocato che aveva impiegato poco a corrompere, trovò una moltitudine di folla accalcata davanti all’ingresso del dipartimento da cui il criminale stava venendo trasferito per andare incontro alla sua sentenza.
Fotografi, giornalisti e curiosi erano tutti là davanti cercando di immortalare qualcosa che valesse la pena essere pubblicato, la dichiarazione del secolo, la notizia di come avrebbe agito l’avvocato, se quell’uomo ignobile ce l’avrebbe fatta… tutti cercavano di sapere qualcosa e quando l’avvocato e Rodney scortati da degli agenti si fermarono davanti alla ressa dei mass media, Don non ne fu stupito. Si era aspettato di vederlo fermarsi per farsi inquadrare dalle telecamere e rispondere alle molte domande che gli venivano poste.
Come di rito per lui parlò l’avvocato mentre l’altro veniva tenuto da un agente della polizia.
Avvicinandosi sentì le sue parole che rivelavano la linea di difesa che tutti avevano già supposto.
Follia.
Incapacità di intendere e di volere.
Impossibile da giudicare colpevole.
Quando ebbe la conferma davanti a lui di quel che Danny gli aveva detto, il sangue gli andò alla testa rivedendosi quel che aveva fatto a Mac, pensando a quanto aveva patito e dove potesse essere.
Mac lottava per la vita da qualche parte, da solo, e quel bastardo pensava di farla franca, di cavarsela con la pazzia. Finta.
No, non poteva andare così. Non poteva finire.
Doveva fermarli.
Doveva assolutamente o quando la sentenza sarebbe stata emessa sarebbe stata la fine.
Una volta battuta e decisa quell’uomo viscido e immorale sarebbe stato libero di vivere ancora, di fare tutto ciò che desiderava. Di ammazzare nuovamente.
Libero e famoso.
Libero di finire quel dannato film.
Giocava con la legge. Ci giocava prendendo in giro tutti.
Non poteva lasciare che così fosse e sapendo che Danny sarebbe presto arrivato con le prove che l’avrebbero inchiodato e che senza non poteva ancora arrestarlo, anche perché non era lui a capo dell’indagine, sconnesse completamente la sua ragione buttandosi e agendo senza pensarci su un attimo.
Doveva solo prendere tempo, fermarli in qualche modo e superando in breve tutti i giornalisti, piazzandosi esattamente davanti all’avvocato e a Rodney, lo puntò col dito e deciso più che mai, a voce ben alta e chiara fissandolo dritto negli occhi senza il minimo timore, col fuoco che divampava in essi, disse:
- Menti! Sai bene che non è pazzo! Non esiste che se la cavi così! Quell’uomo è più sano di tutti noi messi insieme! Ha architettato tutto sapendo che poi se la sarebbe cavata con la pazzia, ma lui non è pazzo. E tu che lo sai mi fai ancora più schifo di lui, visto che lo fai solo per soldi! Quell’uomo ha tentato di uccidere Mac Taylor, un tenente di polizia! Non ha fatto una rapina qualunque o qualche altra cazzata! Ha tentato di uccidere un uomo! – L’avvocato non si scompose pronto ad un attacco simile ma mentre lui rispondeva diplomatico e freddo, il giovane dal volto comune sotto accusa cominciò a mutare lentamente il suo sguardo affilandolo in una ferocia via via sempre più raggelante e netta. Un odio puro ed incontaminato attraversò i suoi occhi castani mentre si puntavano su quelli azzurri e privi di paura di colui che lo accusava davanti a tutti. Lo conosceva, ci aveva già avuto a che fare con lui ma l’altro non c’era.
Dov’era?
Se lo chiese con un crescente timore e ansia. La consapevolezza che se quel tipo agiva con apparentemente nulla in mano, un motivo fondato c’era e si allarmò sempre più.
Dov’era l’altro suo compagno?
E soprattutto perché diceva che avevano ‘tentato’ di uccidere Taylor?
Per tutti era davvero morto.
Che avesse trovato davvero qualcosa?
Che cosa?
Non riusciva a vedere il suo complice con la telecamera e anche questo non gli piaceva.
Mentre loro due parlavano il suo odio continuò a crescere alimentato dalla paura e dalla consapevolezza che avevano fatto qualcosa.
Qualcosa che li aveva spinti ad agire, finalmente.
Agire apertamente, alla luce del sole, in quel modo plateale.
Che tutti i suoi piani fossero andati in fumo?
Non poteva essere.
- Adesso basta con queste congetture! La sentenza ci aspetta, non intendo passare qua un minuto di più. Andiamo! – Disse poi l’avvocato rivolto a Rodney che non aveva staccato un istante lo sguardo da quello di Don, ricambiato.
Sapeva che gli stava montando dentro un profondo fastidio, agitazione e rancore e che sarebbe esploso di lì a poco, ma non poteva mollare.
Era esattamente ciò che voleva.
Farlo esplodere.
Però Danny doveva arrivare o sarebbe stato tutto inutile.
Forza, dannazione! Sbrigati!”
Don non lo vide ma fu esattamente quando Danny mise piede proprio dietro alla folla raccolta intorno a loro, scendendo dall’auto che aveva frenato pesantemente, che il ragazzo capì definitivamente come stavano le cose.
Per lui era finita.
Lo capì vedendolo insieme al dischetto che conosceva molto bene.
Vedendo la sua espressione furente.
Vedendo la seria luce omicida nei suoi occhi sottili pieni di odio per lui.
Vi leggeva bene, con una chiarezza lampante.
Era lì per vendetta e con la legge dalla sua o senza, l’avrebbe finito.
Quel tipo sarebbe stata la sua fine e mentre lo realizzava, Rodney decise di prendere con un ultimo tentativo le cose nelle sue mani, comprendendo che comunque non ce l’avrebbe fatta e che stava andando incontro alla sua morte.
Vedere la propria fine senza via d’uscita, senza altra scelta che andarci incontro, senza possibilità di scapparne più, ormai, fa tirar fuori il peggio del peggio da chiunque e gli fa arrivare a compiere gesti talmente stupidi da essere fra i più insensati ed inutili.
Inutili ma letali, volendo.
Fu veloce.
Così veloce che ripercorrendo in seguito l’atto che seguì, non tutti avrebbero mai capito come ci riuscì e cosa successe di preciso, soprattutto come mai le sue mani erano libere dalle manette.
Pochi capirono come Rodney ce la fece a quel punto ad impadronirsi della pistola dell’agente colpendolo a sangue freddo col calcio dell’arma, facendolo finire stordito a terra con la tempia sanguinante.
Liberato dal poliziotto immediatamente accanto a lui ed armato, non perse tempo e afferrò l’avvocato facendosi scudo con esso.
Non ebbe tempo, modo e lucidità di parlare.
Del resto dire ‘fermi o lo uccido’ era più idiota di quel che la disperazione gli stava facendo fare.
Era così ovvio che avrebbe sparato se qualcuno avesse tentato qualcosa che il mondo intorno cominciò ad accelerare come impazzito.
Don estresse svelto l’arma come tanti altri agenti lì intorno, i giornalisti e i fotografi si allontanarono agitati ma continuarono tutti a guardare e riprendere combattuti fra la curiosità di quel che accadeva e la paura di rimetterci la vita.
Il caos si espanse a macchia d’olio e Danny senza pensarci, come se non aspettasse altro, con il dischetto in una mano e la pistola stretta e puntata, tesa e ferma nell’altra, avanzò cercando di raggiungere l’amico in mezzo a quel mare di persone che agitate non sapevano bene dove andare e cosa fare.
Armi ovunque, grida, mormorii, parole, confusione, incertezza, adrenalina, ritmo crescente, pericolo, battiti. Tutto girava vorticoso e ogni propria forza dei protagonisti in scena veniva focalizzata sul criminale che tentava l’ultima salvezza per sé stesso.
In realtà si trattava solo di portarsi die™No nel viaggio all’inferno quanta più gente possibile, giunto a quel punto.
Lo sapevano tutti.
- Fermo, non farlo. Non hai ancora passato il limite. Puoi farcela senza rovinarti la vita del tutto. Non serve arrivare a quel punto. Lascialo andare e costituisciti. – Provò Don senza sapere che Danny era lì e che fremeva per sparare a quel bastardo fino a ridurlo in poltiglia.
- Avete le prove, no? Ormai è finita. – Il moro si chiese corrugando la fronte come potesse sapere delle prove in loro possesso, ma scacciò la domanda concentrandosi sullo sventare quello che poteva finire in tragedia. Non voleva che nessuno che non fosse un criminale ci rimettesse la vita. Voleva far finire tutto. Voleva solo far finire tutto.
Era stufo.
Concentrato più che mai evitò di sentire il pericolo per la propria vita divorarlo, evitò di dar retta alla paura normale, evitò abilmente come ormai era abituato a fare. Non ascoltò nulla di ciò che lo circondava, il mondo intorno svanì e non ricevette alcuna percezione. Cercava solo di far arrendere quel ragazzo. Solo quello. Non contemplava ogni accelerazione corporea e nemmeno la propria morte.
Sperava solo che Danny arrivasse subito, non sapeva che c’era già!
- E’ finita, allora abbassa l’arma e costituisciti e basta. Non c’è più nulla che tu possa fare. Non puoi cavartela, quindi il meglio che puoi fare per te stesso è arrenderti per uscirne almeno vivo. – Eppure lasciarlo vivo era davvero ciò che voleva, a quel punto?
Se lo chiese spaesato senza però esitare esteriormente. Se fosse dipeso da lui non avrebbe avuto la forza di rimettergli semplicemente le manette ai polsi.
A quelle parole e allo sguardo omicida di un Danny sempre più vicino, dietro di Don, gli fece scattare la paura per la morte.
Capire che stava per andarsene da quel mondo gli fece paralizzare i sensi e la ragione, non capì più nulla e rifiutandosi categoricamente di arrendersi in qualunque modo possibile, disse solo a sé stesso che non voleva morire. I muscoli si contraevano impazziti, gli arti gli tremavano, lo stomaco si contorceva dandogli la nausea, la pelle ed il sudore gelava scendendo lungo la sua schiena ed il suo viso, gli occhi gli bruciavano. Piangere? Aveva così tanta paura della morte? Proprio lui che non ci avrebbe pensato due volte ad ammazzare qualcuno? Che contraddizione….
Dopo di che, buttando a terra violentemente l’avvocato, spostò la pistola puntandola sulla gamba di Don e senza pensarci nemmeno, cercando di scacciare tutte quelle sensazioni terrorizzanti che provava, gli sparò colpendolo proprio sulla coscia.

/Hands held high – Linkin Park/
Il tempo si fermò un istante.
Si fermò mentre il dolore lancinante esplodeva in Don che si piegava su sé stesso lamentandosi ma cercando di trattenersi e riprendersi. Cercando di risolvere la situazione, di resistere perché Mac aveva passato di peggio.
Arrivato a quel punto tutti se lo chiesero il perché.
Perché non arrendersi?
Non sarebbe morto.
Così invece si.
Perché?
Solo Rodney poteva sapere che era stata la paura concreta di morire. Una paura arrivata con Danny e la sua ira ceca.
L’avevano inchiodato, avevano probabilmente preso anche il suo complice, avevano ogni prova, Taylor era vivo e lui aveva perso su ogni fronte.
Era fregato.
Era al capolinea e tutto ciò che gli premeva, in quell’attimo paralizzante per chiunque, un attimo pieno di caos e di tutto, era che non voleva morire. Troppo narcisiste per volerlo.
E sapeva che ad ucciderlo sarebbe stato quel poliziotto col dischetto appena arrivato. Il compagno del moro che gli stava parlando cercando di convincerlo.
Colui a cui aveva sparato alla gamba.
Perché?
Ma fu tutto velocissimo ed incomprensibile.
Dopo lo sparo, un botto che risuonò nella zona e nella testa di tutti i molti presenti, fra le mani di Rodney si trovò proprio un Don dolorante che con una smorfia di dolore in viso cercava ancora di non urlare per la pallottola sulla gamba che sanguinava già copiosa.
La ragione venne spazzata via, la capacità di pensiero, le sensazioni, le percezioni… tutto. Tutto svanì in mezzo al dolore che provava anche se tentava di rimanere lì e non arrendersi.
Arrivò solo la vista, dopo qualche secondo in cui sapeva che era tenuto ostaggio da quello che in fondo pazzo lo era davvero.
La vista e nessun altro senso. Tutto il resto ovattato, non un rumore, non una percezione tattile, nemmeno un odore. Nulla. Solo la vista appannata.
La vista che gli mostrò Danny davanti a lui col dischetto in mano, la pistola puntata dritta e ferma davanti a sé, verso di loro, e una furia omicida negli occhi che gli paralizzò il dolore, per un istante, facendoglielo dimenticare.
Era lì per ucciderlo, non solo per fermarlo.
Ecco cosa aveva visto quel ragazzo che ora lo teneva reggendolo e stringendo la presa intorno al suo collo per tenerlo fermo.
La canna fredda era premuta sulla sua tempia.
Una mossa, un solo tentativo e sarebbe finito nell’aldilà.
Non poteva fare nulla, al di là della forza che gli usciva col sangue grondante dalla gamba. Era nelle mani di Danny e in quello sguardo pieno di odio.
Cosa aveva visto in quel dischetto?
Cosa da averlo reso così fuori di sé ed irragionevole?
Se non fosse arrivato con quello sguardo e quella chiara voglia di ucciderlo, Rodney non avrebbe mai fatto nulla di tutto quello.
Però dargli colpa non poteva di certo visto che probabilmente aveva semplicemente visto le torture di Mac, l’unica cosa che avrebbe potuto rendere Danny così furibondo.
- MOLLALO! – Gridò quindi Danny mentre tutti gli altri puntavano a loro volta la pistola contro il criminale che non sapeva cosa fare. Erano in un bagno di sudore e Don soffriva vistosamente per la ferita.
- Nemmeno per sogno. È l’unico biglietto che ho per uscirne almeno vivo! – Disse allora agitato e con voce tremante, cercò una rabbia per non risultare troppo patetico e non far uscire le lacrime, ma non trovò altro che paura.
Arrivato al capolinea cosa rimaneva?
Desiderio di non morire. Però a togliere la vita agli altri non provava nemmeno un po’ di senso.
- TI UCCIDO COMUNQUE! LASCIALO! – Replicò senza abbassare il tono rabbioso, senza riflettere, come era tipico per lui, che così non lo invogliava molto ad eseguire i suoi ordini.
- Non puoi o colpisci anche lui! Lo vuoi sacrificare per la tua vendetta? – Cercò di usare il cervello ma sapeva che non sarebbe servito. Però sperava.
- NO MESSER, NON PUOI, NON AZZARDARTI! C’è FLACK LI’! ABBASSA L’ARMA! – Arrivò improvviso l’ordine del capo dell’indagine che li aveva già sgridati per essersi intromessi. Era lì che puntava anche lui l’arma proprio fra lui e l’altro, ma non aveva davvero intenzione di sparare, non come ce l’aveva lui.
- HAI FERITO E TORTURATO MAC! COME PUOI PENSARE DI NON DOVER PAGARE E MORIRE? PERCHE’ DOVRESTI CAVARTELA? LASCIA DON E ARRENDITI! – Gridò ancora più fuori di sé Danny, senza muovere un solo passo. Sembrava come se fosse più la sua anima ad urlare, dando fondo a tutto ciò che provava. Ed era davvero tanto. Troppo. Chiunque lo ascoltò, molti in realtà, venne attraversato da dei brividi.
- MI UCCIDI, NON LO FARO’ MAI! – Rispose anche lui il castano non capendo più niente.
- SPARAGLI! FREGATENE DI ME! AMMAZZALO, NON LA PUO’ PASSARE LISCIA! – Fece allora Don tirando fuori tutta la voce che aveva in corpo, insieme al dolore che gli impediva forza e movimenti, rivedendo la sofferenza di Mac nelle parole di Danny.
- MOLLALO! – Replicò questi in un ultimo tentativo che andava in crescendo.
- NO! –
- MESSER, ABBASSA L’ARMA! NON POSSIAMO RISCHIARE! – Ma solo dopo l’ennesime urla da parte di tutte le parti in cui anche Don alimentava la voglia di Danny di sparare e sorprendentemente, in una folata di vento che scostò i loro capelli ed i vestiti, questo abbassò il braccio come se ascoltasse davvero il suo superiore.
Davvero gli obbediva?
Davvero eseguiva degli ordini così diversi dalla sua volontà?
Don credette di essere in un sogno mentre l’ingenuità disperata e terrorizzata di Rodney gli fece sperare di avercela fatta a rimanere almeno vivo.
Lo pensò e sospirò.
Il tempo di un sospiro.
Una specie di lampo.
Come un fulmine che attraversa il cielo in quel momento terso come poche volte lo si poteva ricordare.
Ed insieme all’azzurro sopra le loro teste che gareggiava con le iridi di Don incredulo, Danny rialzò veloce la mano e senza esitare un minimo, tirando tutti i muscoli del corpo e lasciando libera l’esplosione che l’aveva divorato dall’inizio di tutta quella storia atroce, premette il grilletto colpendo in modo preciso il gomito che sporgeva, quindi quando volò la pistola Don poté liberarsi e scivolare dolorante a terra scostandosi dalla traiettoria del compagno.
Fu dal pavimento che sentì una serie di spari che risuonarono di nuovo in tutta la zona. Gli uccelli cominciarono a volare dagli alberi circostanti e il silenzio divenne innaturale.
Come se il tempo si fosse fermato ancora mentre Danny con una rabbia inaudita, rivedendo la morte scampata di Mac e le torture che aveva dovuto subire, sperando solo che non fosse comunque morto da solo chissà dove e ferito a quel modo, vuotava tutto il caricatore sul corpo del giovane che si era precedentemente accanito contro l’unica persona che aveva rappresentato tutto per lui, unico giudice in quel momento troppo veloce per permettere a chiunque altro anche la minima azione.
Mac era stato la sua salvezza, la sua vita, il suo riscatto.
Tutto.
L’amore laddove non aveva mai creduto di saperlo provare.
Mac era stato ogni cosa e riprovare in un istante tutto il dolore, le lacrime, la rabbia, la disperazione per averlo creduto morto gli aveva fatto decidere per tutti senza il minimo dubbio.
Forse Mac sarebbe morto comunque, l’avevano comunque torturato, avevano cercato di ucciderlo, ci erano andati vicino.
Però ognuno doveva assumersi le proprie responsabilità.
Ognuno doveva pagare per i propri crimini.
L’errore era stato colpirgli proprio Mac.
Con qualcun altro di mezzo sarebbe stato tutto molto diverso ma solo su quegli spari che sentenziavano finalmente davvero la fine, nessuno si sentì capace di biasimare Danny.
Nessuno.
Anzi, tutt’altro.
LA verità era che tutti i presenti coinvolti anche solo di un minimo in quella faccenda terribile, furono grati a Danny poiché aveva fatto ciò che nessuno avrebbe avuto il coraggio di fare ma solo il desiderio profondo.
Però a parte il dolore patito ed ogni motivazione interiore di vendetta, a farlo agire in quel modo fu la certezza che ogni volta che sparava a qualcuno aveva. Se non avesse premuto lui il grilletto l’avrebbe fatto l’avversario davanti.
Vivere o morire.
Infine si trattava sempre unicamente di quello.
Solo di quello.
Il corpo di Rodney cadde a terra privo di vita con le pallottole che glielo fecero sanguinare.
Poi il tempo riprese a correre lentamente ma sempre silenzioso.
O forse parve a loro mentre lui e Don si guardavano come tornando in loro stessi davvero solo in quel momento.
Non potevano capirlo bene però qualunque cosa stesse succedendo intorno a loro, ora era finita.
La vendetta era stata realizzata.
Ma ora?
Ora che i responsabili di tanta sofferenza non c’erano più cosa rimaneva?
Solo la speranza di trovare Mac vivo.
Solo la speranza che quella vendetta fosse servita a qualcosa.
Solo la speranza di poter davvero tornare alla vita insieme alla persona amata, ancora lontano.
Fu allora che Danny sfinito e privo di forze fisiche e mentali si inginocchiò a terra davanti a Don e premendo le mani sulla ferita sanguinante alla gamba, appoggiò la fronte su quella dell’amico cercando di respirare e far riprendere al suo cuore i battiti. Chiusero insieme gli occhi e lasciarono che i loro pensieri andassero nella stessa naturale direzione insieme a tutti i brividi che li stordivano un ultima volta.
Senza dover usare la parole o altri gesti.
E’ finita. Ti prego, fa che Mac sia vivo…”
Una preghiera per chiunque, magari, li stesse ascoltando e avesse potere sulla vita dell’uomo che amavano.