CAPITOLO VIII:
FURIA OMICIDA
/A
place for my head – Linkin Park/
“Impazzisco di dolore dentro di me mentre
corro con l’auto al dipartimento dove sono Don e quel
bastardo. Fremo. La mia bestialità spinge per liberare la
rabbia che ancora rimane in me, che non ho ancora sfogato davvero, non
del tutto. Dopo quel che ho visto, poi, sento che se non faccio
qualcosa una volta per tutte, esplodo.
Perchè non c'è
dolore più grande del tuo, per me. E quei filmati che ho
visto là dentro erano così inguardabili,
così pieni di quel che tu hai patito. Inquadrature del tuo
viso sofferente, della tua ferita alla schiena, del tuo sangue, di te
che lottavi per vivere.
E nemmeno sfogando questa mia furia
interiore guadagnerò davvero qualcosa, non se non
troverò te, Mac, vivo. Pensavano che bastasse tenerti un
minimo in vita per completare il loro piano. Invece ti hanno
sottovalutato e sei riuscito ad uccidere il secondo complice. Hanno
sbagliato tutto ma ormai per loro è tardi. Lo è
perché arriveremo in tempo. Ce la faremo.
E tu non mollare.
Ovunque tu sia ora non mollare. Non
sarà vana la tua sofferenza, io farò in modo che
non lo sia.
Sto per ritrovarti, per rivederti, non
lasciarmi di nuovo. Lotta. Lotta ancora.
Siamo ad un soffio l’uno
dall’altro.
Vado solo a fare un po’ di
giustizia e poi verrò da te.
Vorrei urlare, mi sembra di avere una
ferita aperta dove il sangue corre a fiumi. Sto impazzendo, devo fare
qualcosa. Non la passerà liscia quel bastardo. Non
può.
C’è del dolore e del
male da ritornare al destinatario centuplicato.
Il dovuto da restituire.
Mentre passo le strade e gli incroci senza
badare ai limiti e ai divieti, passando un sacco di semafori rossi, mi
pare di vedere tutto tranne la strada ed il mondo che diventa una
macchia per la velocità con cui vado. Non
c’è più logica in me (non che ne avessi
mai avuta dall’inizio di questa maledetta storia), ora voglio
solo vendetta, solo questo metto a fuoco nella mia mente. Solo questo
vedo davvero. Niente altro. Ogni cosa brucia ma forse è solo
la mia anima che va in fiamme.
Bastardo maledetto figlio di puttana che
hai cercato di uccidere il mio uomo e ci sei quasi riuscito, ora vuoi
farti passare per pazzo per passarla liscia. Ma tu sei solo un chiodo
maledetto che ora verrà estirpato con le mie mani.
Sarò io a cavarti fuori e a mandarti all’inferno.
Lo giuro.
Perché hai fatto del male a
Mac, non ad uno qualunque. A Mac, capisci?
Ora sarà solo tenuto in vita da
un filo sottile, probabilmente non ce la farà, probabilmente
non farò mai in tempo, tu hai messo la mano sulla sua ferita
facendogli volontariamente del male dicendo che dovevi abbellire le
scene del tuo cazzo di film. Gli hai procurato consapevole altre ferite
mentre legato non poteva far altro se non resistere e soffrire.
Resistere con tutto sé stesso. Gli hai fatto passare
l’Inferno ed ora non basta che io lo faccia passare a te.
Devo spazzare via la feccia dalla faccia della Terra.
E tu sei feccia.
L’odio per te e
l’amore per lui mi guidano in questa corsa folle in auto per
le strade di New York.
Maledetto, ora ti toglierò via.
Non dovevi toccarmi Mac.
Se non fosse stato lui te la saresti
cavata, ma era lui.
Adesso pagherai come è giusto
che sia.
L’ira ingigantisce in me
togliendomi ogni logica e lucidità, non capisco
più nulla e le immagini di quei video mi danno violente
scariche elettriche in tutto il corpo. Tremo di rabbia nel rivedere con
la mente il suo dolore, le torture che ha subito, quanto ha dovuto
patire.
Ora arriverò a strappare via il
chiodo.
Non ce la farai mai, figlio di puttana.
Perché Mac è vivo ed
io ho la prova che mi permette di ucciderti liberamente!
Morirai, pezzo di merda.”
/What
i’ve done – Linkin Park/
Quando Don giunse dove sapeva avrebbe trovato
Rodney assistito dal suo avvocato che aveva impiegato poco a
corrompere, trovò una moltitudine di folla accalcata davanti
all’ingresso del dipartimento da cui il criminale stava
venendo trasferito per andare incontro alla sua sentenza.
Fotografi, giornalisti e curiosi erano tutti
là davanti cercando di immortalare qualcosa che valesse la
pena essere pubblicato, la dichiarazione del secolo, la notizia di come
avrebbe agito l’avvocato, se quell’uomo ignobile ce
l’avrebbe fatta… tutti cercavano di sapere
qualcosa e quando l’avvocato e Rodney scortati da degli
agenti si fermarono davanti alla ressa dei mass media, Don non ne fu
stupito. Si era aspettato di vederlo fermarsi per farsi inquadrare
dalle telecamere e rispondere alle molte domande che gli venivano poste.
Come di rito per lui parlò
l’avvocato mentre l’altro veniva tenuto da un
agente della polizia.
Avvicinandosi sentì le sue parole che
rivelavano la linea di difesa che tutti avevano già supposto.
Follia.
Incapacità di intendere e di volere.
Impossibile da giudicare colpevole.
Quando ebbe la conferma davanti a lui di quel che
Danny gli aveva detto, il sangue gli andò alla testa
rivedendosi quel che aveva fatto a Mac, pensando a quanto aveva patito
e dove potesse essere.
Mac lottava per la vita da qualche parte, da solo,
e quel bastardo pensava di farla franca, di cavarsela con la pazzia.
Finta.
No, non poteva andare così. Non poteva
finire.
Doveva fermarli.
Doveva assolutamente o quando la sentenza sarebbe
stata emessa sarebbe stata la fine.
Una volta battuta e decisa quell’uomo
viscido e immorale sarebbe stato libero di vivere ancora, di fare tutto
ciò che desiderava. Di ammazzare nuovamente.
Libero e famoso.
Libero di finire quel dannato film.
Giocava con la legge. Ci giocava prendendo in giro
tutti.
Non poteva lasciare che così fosse e
sapendo che Danny sarebbe presto arrivato con le prove che
l’avrebbero inchiodato e che senza non poteva ancora
arrestarlo, anche perché non era lui a capo
dell’indagine, sconnesse completamente la sua ragione
buttandosi e agendo senza pensarci su un attimo.
Doveva solo prendere tempo, fermarli in qualche
modo e superando in breve tutti i giornalisti, piazzandosi esattamente
davanti all’avvocato e a Rodney, lo puntò col dito
e deciso più che mai, a voce ben alta e chiara fissandolo
dritto negli occhi senza il minimo timore, col fuoco che divampava in
essi, disse:
- Menti! Sai bene che non è pazzo! Non
esiste che se la cavi così! Quell’uomo
è più sano di tutti noi messi insieme! Ha
architettato tutto sapendo che poi se la sarebbe cavata con la pazzia,
ma lui non è pazzo. E tu che lo sai mi fai ancora
più schifo di lui, visto che lo fai solo per soldi!
Quell’uomo ha tentato di uccidere Mac Taylor, un tenente di
polizia! Non ha fatto una rapina qualunque o qualche altra cazzata! Ha
tentato di uccidere un uomo! – L’avvocato non si
scompose pronto ad un attacco simile ma mentre lui rispondeva
diplomatico e freddo, il giovane dal volto comune sotto accusa
cominciò a mutare lentamente il suo sguardo affilandolo in
una ferocia via via sempre più raggelante e netta. Un odio
puro ed incontaminato attraversò i suoi occhi castani mentre
si puntavano su quelli azzurri e privi di paura di colui che lo
accusava davanti a tutti. Lo conosceva, ci aveva già avuto a
che fare con lui ma l’altro non c’era.
Dov’era?
Se lo chiese con un crescente timore e ansia. La
consapevolezza che se quel tipo agiva con apparentemente nulla in mano,
un motivo fondato c’era e si allarmò sempre
più.
Dov’era l’altro suo compagno?
E soprattutto perché diceva che avevano
‘tentato’ di uccidere Taylor?
Per tutti era davvero morto.
Che avesse trovato davvero qualcosa?
Che cosa?
Non riusciva a vedere il suo complice con la
telecamera e anche questo non gli piaceva.
Mentre loro due parlavano il suo odio
continuò a crescere alimentato dalla paura e dalla
consapevolezza che avevano fatto qualcosa.
Qualcosa che li aveva spinti ad agire, finalmente.
Agire apertamente, alla luce del sole, in quel modo
plateale.
Che tutti i suoi piani fossero andati in fumo?
Non poteva essere.
- Adesso basta con queste congetture! La sentenza
ci aspetta, non intendo passare qua un minuto di più.
Andiamo! – Disse poi l’avvocato rivolto a Rodney
che non aveva staccato un istante lo sguardo da quello di Don,
ricambiato.
Sapeva che gli stava montando dentro un profondo
fastidio, agitazione e rancore e che sarebbe esploso di lì a
poco, ma non poteva mollare.
Era esattamente ciò che voleva.
Farlo esplodere.
Però Danny doveva arrivare o sarebbe
stato tutto inutile.
“Forza, dannazione! Sbrigati!”
Don non lo vide ma fu esattamente quando Danny mise
piede proprio dietro alla folla raccolta intorno a loro, scendendo
dall’auto che aveva frenato pesantemente, che il ragazzo
capì definitivamente come stavano le cose.
Per lui era finita.
Lo capì vedendolo insieme al dischetto
che conosceva molto bene.
Vedendo la sua espressione furente.
Vedendo la seria luce omicida nei suoi occhi
sottili pieni di odio per lui.
Vi leggeva bene, con una chiarezza lampante.
Era lì per vendetta e con la legge dalla
sua o senza, l’avrebbe finito.
Quel tipo sarebbe stata la sua fine e mentre lo
realizzava, Rodney decise di prendere con un ultimo tentativo le cose
nelle sue mani, comprendendo che comunque non ce l’avrebbe
fatta e che stava andando incontro alla sua morte.
Vedere la propria fine senza via
d’uscita, senza altra scelta che andarci incontro, senza
possibilità di scapparne più, ormai, fa tirar
fuori il peggio del peggio da chiunque e gli fa arrivare a compiere
gesti talmente stupidi da essere fra i più insensati ed
inutili.
Inutili ma letali, volendo.
Fu veloce.
Così veloce che ripercorrendo in seguito
l’atto che seguì, non tutti avrebbero mai capito
come ci riuscì e cosa successe di preciso, soprattutto come
mai le sue mani erano libere dalle manette.
Pochi capirono come Rodney ce la fece a quel punto
ad impadronirsi della pistola dell’agente colpendolo a sangue
freddo col calcio dell’arma, facendolo finire stordito a
terra con la tempia sanguinante.
Liberato dal poliziotto immediatamente accanto a
lui ed armato, non perse tempo e afferrò
l’avvocato facendosi scudo con esso.
Non ebbe tempo, modo e lucidità di
parlare.
Del resto dire ‘fermi o lo
uccido’ era più idiota di quel che la disperazione
gli stava facendo fare.
Era così ovvio che avrebbe sparato se
qualcuno avesse tentato qualcosa che il mondo intorno
cominciò ad accelerare come impazzito.
Don estresse svelto l’arma come tanti
altri agenti lì intorno, i giornalisti e i fotografi si
allontanarono agitati ma continuarono tutti a guardare e riprendere
combattuti fra la curiosità di quel che accadeva e la paura
di rimetterci la vita.
Il caos si espanse a macchia d’olio e
Danny senza pensarci, come se non aspettasse altro, con il dischetto in
una mano e la pistola stretta e puntata, tesa e ferma
nell’altra, avanzò cercando di raggiungere
l’amico in mezzo a quel mare di persone che agitate non
sapevano bene dove andare e cosa fare.
Armi ovunque, grida, mormorii, parole, confusione,
incertezza, adrenalina, ritmo crescente, pericolo, battiti. Tutto
girava vorticoso e ogni propria forza dei protagonisti in scena veniva
focalizzata sul criminale che tentava l’ultima salvezza per
sé stesso.
In realtà si trattava solo di portarsi
die™No nel viaggio all’inferno quanta
più gente possibile, giunto a quel punto.
Lo sapevano tutti.
- Fermo, non farlo. Non hai ancora passato il
limite. Puoi farcela senza rovinarti la vita del tutto. Non serve
arrivare a quel punto. Lascialo andare e costituisciti. –
Provò Don senza sapere che Danny era lì e che
fremeva per sparare a quel bastardo fino a ridurlo in poltiglia.
- Avete le prove, no? Ormai è finita.
– Il moro si chiese corrugando la fronte come potesse sapere
delle prove in loro possesso, ma scacciò la domanda
concentrandosi sullo sventare quello che poteva finire in tragedia. Non
voleva che nessuno che non fosse un criminale ci rimettesse la vita.
Voleva far finire tutto. Voleva solo far finire tutto.
Era stufo.
Concentrato più che mai evitò
di sentire il pericolo per la propria vita divorarlo, evitò
di dar retta alla paura normale, evitò abilmente come ormai
era abituato a fare. Non ascoltò nulla di ciò che
lo circondava, il mondo intorno svanì e non ricevette alcuna
percezione. Cercava solo di far arrendere quel ragazzo. Solo quello.
Non contemplava ogni accelerazione corporea e nemmeno la propria morte.
Sperava solo che Danny arrivasse subito, non sapeva
che c’era già!
- E’ finita, allora abbassa
l’arma e costituisciti e basta. Non c’è
più nulla che tu possa fare. Non puoi cavartela, quindi il
meglio che puoi fare per te stesso è arrenderti per uscirne
almeno vivo. – Eppure lasciarlo vivo era davvero
ciò che voleva, a quel punto?
Se lo chiese spaesato senza però esitare
esteriormente. Se fosse dipeso da lui non avrebbe avuto la forza di
rimettergli semplicemente le manette ai polsi.
A quelle parole e allo sguardo omicida di un Danny
sempre più vicino, dietro di Don, gli fece scattare la paura
per la morte.
Capire che stava per andarsene da quel mondo gli
fece paralizzare i sensi e la ragione, non capì
più nulla e rifiutandosi categoricamente di arrendersi in
qualunque modo possibile, disse solo a sé stesso che non
voleva morire. I muscoli si contraevano impazziti, gli arti gli
tremavano, lo stomaco si contorceva dandogli la nausea, la pelle ed il
sudore gelava scendendo lungo la sua schiena ed il suo viso, gli occhi
gli bruciavano. Piangere? Aveva così tanta paura della
morte? Proprio lui che non ci avrebbe pensato due volte ad ammazzare
qualcuno? Che contraddizione….
Dopo di che, buttando a terra violentemente
l’avvocato, spostò la pistola puntandola sulla
gamba di Don e senza pensarci nemmeno, cercando di scacciare tutte
quelle sensazioni terrorizzanti che provava, gli sparò
colpendolo proprio sulla coscia.
/Hands
held high – Linkin Park/
Il tempo si fermò un istante.
Si fermò mentre il dolore lancinante
esplodeva in Don che si piegava su sé stesso lamentandosi ma
cercando di trattenersi e riprendersi. Cercando di risolvere la
situazione, di resistere perché Mac aveva passato di peggio.
Arrivato a quel punto tutti se lo chiesero il
perché.
Perché non arrendersi?
Non sarebbe morto.
Così invece si.
Perché?
Solo Rodney poteva sapere che era stata la paura
concreta di morire. Una paura arrivata con Danny e la sua ira ceca.
L’avevano inchiodato, avevano
probabilmente preso anche il suo complice, avevano ogni prova, Taylor
era vivo e lui aveva perso su ogni fronte.
Era fregato.
Era al capolinea e tutto ciò che gli
premeva, in quell’attimo paralizzante per chiunque, un attimo
pieno di caos e di tutto, era che non voleva morire. Troppo narcisiste
per volerlo.
E sapeva che ad ucciderlo sarebbe stato quel
poliziotto col dischetto appena arrivato. Il compagno del moro che gli
stava parlando cercando di convincerlo.
Colui a cui aveva sparato alla gamba.
Perché?
Ma fu tutto velocissimo ed incomprensibile.
Dopo lo sparo, un botto che risuonò
nella zona e nella testa di tutti i molti presenti, fra le mani di
Rodney si trovò proprio un Don dolorante che con una smorfia
di dolore in viso cercava ancora di non urlare per la pallottola sulla
gamba che sanguinava già copiosa.
La ragione venne spazzata via, la
capacità di pensiero, le sensazioni, le
percezioni… tutto. Tutto svanì in mezzo al dolore
che provava anche se tentava di rimanere lì e non arrendersi.
Arrivò solo la vista, dopo qualche
secondo in cui sapeva che era tenuto ostaggio da quello che in fondo
pazzo lo era davvero.
La vista e nessun altro senso. Tutto il resto
ovattato, non un rumore, non una percezione tattile, nemmeno un odore.
Nulla. Solo la vista appannata.
La vista che gli mostrò Danny davanti a
lui col dischetto in mano, la pistola puntata dritta e ferma davanti a
sé, verso di loro, e una furia omicida negli occhi che gli
paralizzò il dolore, per un istante, facendoglielo
dimenticare.
Era lì per ucciderlo, non solo per
fermarlo.
Ecco cosa aveva visto quel ragazzo che ora lo
teneva reggendolo e stringendo la presa intorno al suo collo per
tenerlo fermo.
La canna fredda era premuta sulla sua tempia.
Una mossa, un solo tentativo e sarebbe finito
nell’aldilà.
Non poteva fare nulla, al di là della
forza che gli usciva col sangue grondante dalla gamba. Era nelle mani
di Danny e in quello sguardo pieno di odio.
Cosa aveva visto in quel dischetto?
Cosa da averlo reso così fuori di
sé ed irragionevole?
Se non fosse arrivato con quello sguardo e quella
chiara voglia di ucciderlo, Rodney non avrebbe mai fatto nulla di tutto
quello.
Però dargli colpa non poteva di certo
visto che probabilmente aveva semplicemente visto le torture di Mac,
l’unica cosa che avrebbe potuto rendere Danny così
furibondo.
- MOLLALO! – Gridò quindi
Danny mentre tutti gli altri puntavano a loro volta la pistola contro
il criminale che non sapeva cosa fare. Erano in un bagno di sudore e
Don soffriva vistosamente per la ferita.
- Nemmeno per sogno. È l’unico
biglietto che ho per uscirne almeno vivo! – Disse allora
agitato e con voce tremante, cercò una rabbia per non
risultare troppo patetico e non far uscire le lacrime, ma non
trovò altro che paura.
Arrivato al capolinea cosa rimaneva?
Desiderio di non morire. Però a togliere
la vita agli altri non provava nemmeno un po’ di senso.
- TI UCCIDO COMUNQUE! LASCIALO! –
Replicò senza abbassare il tono rabbioso, senza riflettere,
come era tipico per lui, che così non lo invogliava molto ad
eseguire i suoi ordini.
- Non puoi o colpisci anche lui! Lo vuoi
sacrificare per la tua vendetta? – Cercò di usare
il cervello ma sapeva che non sarebbe servito. Però sperava.
- NO MESSER, NON PUOI, NON AZZARDARTI!
C’è FLACK LI’! ABBASSA L’ARMA!
– Arrivò improvviso l’ordine del capo
dell’indagine che li aveva già sgridati per
essersi intromessi. Era lì che puntava anche lui
l’arma proprio fra lui e l’altro, ma non aveva
davvero intenzione di sparare, non come ce l’aveva lui.
- HAI FERITO E TORTURATO MAC! COME PUOI PENSARE DI
NON DOVER PAGARE E MORIRE? PERCHE’ DOVRESTI CAVARTELA? LASCIA
DON E ARRENDITI! – Gridò ancora più
fuori di sé Danny, senza muovere un solo passo. Sembrava
come se fosse più la sua anima ad urlare, dando fondo a
tutto ciò che provava. Ed era davvero tanto. Troppo.
Chiunque lo ascoltò, molti in realtà, venne
attraversato da dei brividi.
- MI UCCIDI, NON LO FARO’ MAI!
– Rispose anche lui il castano non capendo più
niente.
- SPARAGLI! FREGATENE DI ME! AMMAZZALO, NON LA
PUO’ PASSARE LISCIA! – Fece allora Don tirando
fuori tutta la voce che aveva in corpo, insieme al dolore che gli
impediva forza e movimenti, rivedendo la sofferenza di Mac nelle parole
di Danny.
- MOLLALO! – Replicò questi in
un ultimo tentativo che andava in crescendo.
- NO! –
- MESSER, ABBASSA L’ARMA! NON POSSIAMO
RISCHIARE! – Ma solo dopo l’ennesime urla da parte
di tutte le parti in cui anche Don alimentava la voglia di Danny di
sparare e sorprendentemente, in una folata di vento che
scostò i loro capelli ed i vestiti, questo
abbassò il braccio come se ascoltasse davvero il suo
superiore.
Davvero gli obbediva?
Davvero eseguiva degli ordini così
diversi dalla sua volontà?
Don credette di essere in un sogno mentre
l’ingenuità disperata e terrorizzata di Rodney gli
fece sperare di avercela fatta a rimanere almeno vivo.
Lo pensò e sospirò.
Il tempo di un sospiro.
Una specie di lampo.
Come un fulmine che attraversa il cielo in quel
momento terso come poche volte lo si poteva ricordare.
Ed insieme all’azzurro sopra le loro
teste che gareggiava con le iridi di Don incredulo, Danny
rialzò veloce la mano e senza esitare un minimo, tirando
tutti i muscoli del corpo e lasciando libera l’esplosione che
l’aveva divorato dall’inizio di tutta quella storia
atroce, premette il grilletto colpendo in modo preciso il gomito che
sporgeva, quindi quando volò la pistola Don poté
liberarsi e scivolare dolorante a terra scostandosi dalla traiettoria
del compagno.
Fu dal pavimento che sentì una serie di
spari che risuonarono di nuovo in tutta la zona. Gli uccelli
cominciarono a volare dagli alberi circostanti e il silenzio divenne
innaturale.
Come se il tempo si fosse fermato ancora mentre
Danny con una rabbia inaudita, rivedendo la morte scampata di Mac e le
torture che aveva dovuto subire, sperando solo che non fosse comunque
morto da solo chissà dove e ferito a quel modo, vuotava
tutto il caricatore sul corpo del giovane che si era precedentemente
accanito contro l’unica persona che aveva rappresentato tutto
per lui, unico giudice in quel momento troppo veloce per permettere a
chiunque altro anche la minima azione.
Mac era stato la sua salvezza, la sua vita, il suo
riscatto.
Tutto.
L’amore laddove non aveva mai creduto di
saperlo provare.
Mac era stato ogni cosa e riprovare in un istante
tutto il dolore, le lacrime, la rabbia, la disperazione per averlo
creduto morto gli aveva fatto decidere per tutti senza il minimo dubbio.
Forse Mac sarebbe morto comunque,
l’avevano comunque torturato, avevano cercato di ucciderlo,
ci erano andati vicino.
Però ognuno doveva assumersi le proprie
responsabilità.
Ognuno doveva pagare per i propri crimini.
L’errore era stato colpirgli proprio Mac.
Con qualcun altro di mezzo sarebbe stato tutto
molto diverso ma solo su quegli spari che sentenziavano finalmente
davvero la fine, nessuno si sentì capace di biasimare Danny.
Nessuno.
Anzi, tutt’altro.
LA verità era che tutti i presenti
coinvolti anche solo di un minimo in quella faccenda terribile, furono
grati a Danny poiché aveva fatto ciò che nessuno
avrebbe avuto il coraggio di fare ma solo il desiderio profondo.
Però a parte il dolore patito ed ogni
motivazione interiore di vendetta, a farlo agire in quel modo fu la
certezza che ogni volta che sparava a qualcuno aveva. Se non avesse
premuto lui il grilletto l’avrebbe fatto
l’avversario davanti.
Vivere o morire.
Infine si trattava sempre unicamente di quello.
Solo di quello.
Il corpo di Rodney cadde a terra privo di vita con
le pallottole che glielo fecero sanguinare.
Poi il tempo riprese a correre lentamente ma sempre
silenzioso.
O forse parve a loro mentre lui e Don si guardavano
come tornando in loro stessi davvero solo in quel momento.
Non potevano capirlo bene però qualunque
cosa stesse succedendo intorno a loro, ora era finita.
La vendetta era stata realizzata.
Ma ora?
Ora che i responsabili di tanta sofferenza non
c’erano più cosa rimaneva?
Solo la speranza di trovare Mac vivo.
Solo la speranza che quella vendetta fosse servita
a qualcosa.
Solo la speranza di poter davvero tornare alla vita
insieme alla persona amata, ancora lontano.
Fu allora che Danny sfinito e privo di forze
fisiche e mentali si inginocchiò a terra davanti a Don e
premendo le mani sulla ferita sanguinante alla gamba,
appoggiò la fronte su quella dell’amico cercando
di respirare e far riprendere al suo cuore i battiti. Chiusero insieme
gli occhi e lasciarono che i loro pensieri andassero nella stessa
naturale direzione insieme a tutti i brividi che li stordivano un
ultima volta.
Senza dover usare la parole o altri gesti.
“E’ finita. Ti prego, fa che Mac
sia vivo…”
Una preghiera per chiunque, magari, li stesse
ascoltando e avesse potere sulla vita dell’uomo che amavano.