CAPITOLO II:
NELL’UTERO
/A
pain that I’m used to – Depeche mode/
Arrivare fino al castello
nell’Utero dell’Inferno, non era stato difficile
per lui.
In condizioni ottimali gli
sarebbe sembrato di essere in vacanza, tipo una gita turistica
estremamente divertente con molte tappe in diversi parchi divertimenti.
Più simile ad una
meteora infuocata che ad altro, non aveva perso tempo negli strati
superiori ed era andato dritto in quelli più bassi
consapevole di dove fosse chi gli interessava.
Consapevole soprattutto del
fatto che più andava in basso, più pericoloso era.
Specie per lui, un arcangelo
tutto solo.
L’unica grande colpa
delle creature degli inferi che si erano imbattute in lui sentendolo
odorare di angelico, era stata quella di non conoscerlo in modo
adeguato. La fama del feroce arcangelo rosso Mikael, il re delle
fiamme, era nota ovunque nei Cieli, ma purtroppo non tutti conoscevano
le sue sembianze nemmeno per sentito dire.
Questi ultimi erano
probabilmente i più inetti o forse i più
sfortunati.
Fatto fu che per capire quale
fosse il percorso preso da Mikael, bastava vedere i cadaveri che si era
lasciato alle spalle… una scia raccapricciante sanguinolenta
di resti mostruosi.
L’aria in
quell’area dell’Inferno era irrespirabile, tutta
un'altra cosa rispetto al Paradiso, ma non era per questo che il rosso
angelo si teneva le labbra e il naso coperti dalla stessa ampia stoffa
nera che l’avvolgeva simile ad un mantello. Quando cambiava
zona lo faceva sempre, si copriva molto lasciando scoperti di
sé solo gli occhi. Nascondeva la sua spada nel proprio
corpo, i capelli rossi e il drago tatuato sul viso e sul petto.
Certo quello non bastava a farlo
passare inosservato… la sua aura potente superiore a quella
di un angelo comune la notavano tutti e trovandosi niente meno che
all’Inferno circondato da demoni e mostri che anelavano a
carne come la sua, più questa apparteneva ad una creatura
potente e pura, più la desideravano.
Disposti a qualunque cosa lo
attaccavano accecati dalla fame che il suo odore stimolava.
Per un angelo più
sprovveduto sarebbe stato un autentico suicidio, ma per lui che in
alcuni momenti sembrava peggiore dei demoni stessi, era stata quasi una
passeggiata.
Il suo pessimo umore,
però, non gli aveva permesso di godersi quei fantastici
passatempi che dai tempi del Salvatore non aveva
più…
Il suo sguardo cupo
fissò intensamente l’imponente e minacciosa ombra
a qualche miglia da lui. Il castello del re degli inferi era ormai
vicino.
Mikael non ci era mai stato
laggiù e non aveva mai visto dove dimorasse suo fratello,
però da arcangelo addetto alla guerra, si era preso la briga
di sapere perfettamente quale fosse la struttura dell’Inferno
qualora decidessero di andare a stanarlo.
Cosa che a lui non sarebbe
dispiaciuto, quand’era ai suoi tempi migliori!
In realtà non aveva
nulla di preciso in mente, non stava facendo quel viaggio con un
pensiero fisso specifico se non quello di arrivare a suo fratello.
Prima di allora era stato
convinto di essere nulla per lui, invece durante l’ultima
grande guerra aveva scoperto che non era così, che Lucifero
aveva dovuto fingere di essere indifferente per impedirgli di seguirlo,
ma ora che era il vero principe della luce era diventato il suo nemico,
ovvero una persona degna di nota.
Queste sue parole erano
equivalse ad un ‘ti ho sempre voluto bene, in
realtà, ed ho agito in quel modo per farmi odiare e per
proteggerti perché non volevo che affondassi insieme a me,
ma ora che sei diventato forte e sei cresciuto non posso più
proteggerti e decidere io per te.’
Per Mikael questo era stato un
ti voglio bene che l’aveva commosso e spinto a chiamarlo
‘fratello’ fra le lacrime. Il sorriso con cui
l’aveva ricambiato era stata la conferma dei suoi sentimenti
e si era sentito rinascere. Come se un enorme peso venisse spazzato
via.
Aveva lentamente ripercorso
tutti i momenti di quando erano piccoli, di quando Lucifero si era
distaccato tanto da lui lasciandolo solo a credere di non essere
nemmeno considerato, delle volte che aveva pensato si vergognasse di
lui... e poi giungere all’unica verità estirpando
quei momenti terribili di follia che l’aveva invaso quando
era stato abbandonato e tradito… aveva finalmente capito
cosa significava la parola pace.
Ma la sua pace era stata
raggiunta solo con suo fratello.
Raphael gli aveva voltato le
spalle, l’aveva tradito, in un certo senso.
E un'altra nuvola aveva oscurato
la sua felicità momentanea.
Non era giunto davanti al
castello di Lucifero con uno scopo particolare, aveva solo pensato che
era ora di decidere da solo cosa voleva fare e con chi voleva stare.
Raphael aveva scelto Barbiel,
non era sveglio e non c’era più per lui.
Lucifero c’era e non
l’aveva mai odiato, gli aveva sempre voluto bene.
Ora era grande per scegliere da
sé le proprie parti.
E non voleva stare con nessun
Paradiso e con nessun Inferno, tanto meno con nessuna Terra.
Lui voleva solo stare con suo
fratello, il suo gemello, l’altra sua parte, colui che aveva
ritrovato dopo anni di silenzi e di finto odio. Niente di
più.
Quando davanti al nero cancello
che si stagliava alto innanzi a sé, egli si
fermò, guardò il giardino al di là di
esso e poi l’enorme struttura al centro.
Naturalmente per essere la
dimora del re delle tenebre era in pieno stile gotico, proprio come se
l’era immaginato.
Eppure si vedeva che era stato
ricostruito da poco…
Alzò gli occhi verde
chiaro, tutto ciò che si vedeva di lui, quindi senza troppe
cerimonie pose la mano avvolta da un guanto nero senza dita sulla
serratura, alzò la temperatura fino a scioglierla, quindi
aprì il cancello.
Non era da lui essere
così poco teatrale e casinista, normalmente avrebbe sfondato
tutto gridando e facendo un baccano infernale!
Concentrandosi capì
quante creature ci fossero lì dentro e dove, quindi senza
perdere tempo si avviò deciso pronto ad abbattere qualunque
ficcanaso si fosse frapposto sul suo cammino.
Era certo di dover fare
un’altra strage, lì dentro di gente ragionevole
non ce n’era nemmeno a cercarla col lanternino!
Ma forse si
sbagliava… almeno una, magari, ci poteva stare…
L’odore che gli venne
alle narici attraverso la stoffa superò di gran lunga il
tanfo di quell’aria atroce a cui ormai era abituato, quindi
senza dipingersi il suo solito ghigno sulle labbra rimase serio e
concentrato, era strano vederlo così, faceva quasi
impressione…
Di nuovo alzò la mano
davanti a sé come se fosse pronto ad afferrare qualcosa non
ancora visibile e senza nemmeno mettersi in posizione
d’attacco o di difesa, attese.
- Arriva il
cagnolino… - Mormorò fra sé e
sé distinguendo il mostro disgustoso ed informe che gli
veniva incontro. Un qualche animale demoniaco certamente potente, per
essere a guardia del giardino…
Il ringhio fu tutto
ciò che si poté distinguere dal verso strano che
faceva.
La bava, però, gli
fece capire che gradiva il proprio odore.
- Non sarò il tuo
pasto… - Gli disse quindi con voce rauca fissandolo dritto
negli occhi senza il minimo problema, non se ne schifò
nemmeno e la creatura parve stupirsi di questo.
Si fermò un attimo
davanti a lui, lo sovrastava in altezza ed in stazza in un modo
impressionante, ma questo sembrava non turbare minimamente Mikael che,
ancora col braccio teso in avanti e la mano aperta pronta ad afferrare,
o lanciare, lo fissava come faceva con un morto.
- Avanti, non ho tempo da
perdere… o vai a cuccia o la facciamo finita subito! - A
queste parole si rese conto di essere disposto a risparmiarlo nel caso
in cui non l’avesse attaccato. Cosa che aveva fatto con tutte
le altre creature incontrate fino a quel momento (peccato che nessuno
aveva capito come risparmiarsi la vita…). Un tempo avrebbe
fatto fuoco e fiamme in qualunque caso, anche con quelli più
pacifici…
Era proprio cambiato.
Si chiamava maturità?
Se lo chiese quasi sconvolto, ma
non fece ugualmente una piega poiché il
‘cucciolotto’ fece la sua mossa e come
tentò di mangiarselo, Mikael sferrò una sfera
infuocata che uscì dal palmo della sua mano.
Arrivò in un lampo dritta nelle fauci aperte del mostro che
si fermò stranito rendendosi conto che qualcosa non andava.
Si mise a tossire fumo e distratto il necessario non poté
vedere la grande lama rossa prima che gli tagliò la testa di
netto.
Con la sua grande spada
scarlatta stretta in mano, l’angelo atterrò
dall’altra parte mentre egli piombava giù privo di
vita.
Il telo nero che
l’avvolgeva ricadde addosso a lui continuando a coprirlo e
prima di ogni cosa se lo sistemò di nuovo sul viso rimasto
scoperto per un istante.
- Troppo facile. –
Borbottò facendo sparire nuovamente la spada in corpo per
non dare troppo nell’occhio.
Riprese ad avanzare con passo
deciso verso il castello e finalmente raggiunto entrò.
Nell’immediato non
trovò nessuno ad accoglierlo nonostante dentro ci fossero un
numero non trascurato di demoni anche piuttosto forti, probabilmente i
sette satana, suo malgrado alzando le spalle decise di seguire la
traccia che sentiva di Lucifero, l’unica che gli interessava.
Non aveva idea di come fosse
fatto quel posto, né di dove stessero i tranelli, convinto
però che ce ne fossero.
Sarebbe stato più
facile gridare a gran voce il nome di Lucifero aspettando che fosse lui
a venire.
“Ma
saprà che sono qui, figurati se non lo sa… mi
avrà sentito… perché non viene a
vedere che voglio? Ha sempre questa maledetta mania di fare il
prezioso!”
Pensò infastidito
quello che pareva solo un ragazzo e che in realtà era
decisamente più grande di quanto non apparisse.
Percorsi però diversi
corridoi, si rese conto di star scorrendo sempre lo stesso perimetro.
“Eccolo qua
uno dei trucchi… prevedibile… basta abbattere
qualche muro, da qualche parte si arriverà!”
Si disse allora alzando di nuovo
la mano verso una porta alla sua destra.
Non ci pensava minimamente a
bussare o a non farsi notare, non più ormai…
Con l’ennesima palla
di fuoco distrusse la porta e parte della parete che la circondava.
Quando il fumo si diradò entrò senza il minimo
problema.
“Chiederò
di essere condotto da lui, faccio prima!”
Scorse svelto gli occhi
nell’ampia stanza in cui era capitato e non dovette aspettare
molto. Immediatamente una sfera oscura si liberò da un punto
imprecisato e tentò di colpirlo, ovviamente la
schivò con agilità e pronto a ricambiare
aguzzò la vista cercandone la fonte.
- Chi diavolo sei tu? - La
domanda venne da una figura a pochi metri da lui, era nella penombra ma
quando parlò cominciò a muoversi facendosi
vedere.
La sua pelle era molto pallida,
i capelli lunghissimi e castano rossi legati in una coda bassa che si
stava sciogliendo, vestito di nero con una maglia aderente che lasciava
scoperta una striscia di addome, con pantaloni corti e lunghi stivali
che arrivavano a metà coscia, simile a quelli che portava
sempre lui.
Se si voleva cercare una
corrispondenza fra costui ed una creatura del Paradiso, era proprio con
Mikael.
Ad eccezione
dell’altezza, naturalmente!
Questo demone era molto alto.
I suoi occhi altrettanto verde
chiaro, si posarono in quelli simili suoi che lo fissavano cupi.
Fece una smorfia a sentire il
suo odore e all’istante capì di chi si poteva
trattare:
- Ma sei un angelo… e
non uno di poco conto… sei uno dei pezzi grossi rimasti,
vero? –
Eppure non lo riconobbe come il
fratello del suo signore.
- E tu chi saresti? –
Non che gli interessasse, ma era ormai certo di trovarsi davanti ad uno
dei sette satana, voleva solo la conferma. Giusto per sapere quanta
forza avrebbe sprecato per ucciderlo.
- Io sono Astaroth, uno dei
sette satana. Rappresento l’ira se vuoi saperlo… -
Non capì perché si sentì di dirlo, non
era nel suo carattere esprimersi e spiegare così, anzi, ma
lo fece e infastidito da sé stesso capì che
qualcosa non andava.
In quella creatura
c’era qualcosa di familiare…
“Forse
l’ho incontrato quando sono andato con Lucifero in
Paradiso…”
In quell’occasione si
erano appena incrociati ma non si erano né guardati
né affrontati.
- Non mi dici il nome di chi sto
per uccidere? – Gli chiese sentendo che qualcosa non andava e
non per il fatto che un angelo molto forte fosse nell’Utero.
- Non ti interessa…
voglio vedere Lucifero. Portami da lui! – Disse con arroganza
tipica sua.
- Non funziona così
quaggiù, piccoletto… - Le solite classiche parole
da non dire. Per lo meno un tempo. Ora solo un lampo di minaccia
attraversò i suoi occhi assottigliati e pericolosi.
- Te lo chiedo un ultima volta.
Portami da lui. – Replicò basso ed incisivo. Non
sperava davvero lo facesse. Gli era venuta un insana e familiare voglia
di sfogare un po’ della sua rabbia.
Quello era il satana
dell’ira, no?
Chi meglio di lui per calmarlo?
- Come hai fatto ad entrare
senza farti sentire da Kyrsha? – Gli chiese ignorando la sua
richiesta che non avrebbe mai accontentato. Si rese poi conto che oltre
a lui c’erano altri sette livelli da superare prima di
arrivare incolumi nell’Utero e poi lì al castello
del signore delle tenebre…
E quel tipo sembrava intatto ed
incolume.
Che sapesse teletrasportarsi
direttamente dal Paradiso a lì?
Non era possibile.
C’era una serie di impedimenti che non lo permetteva a
nessuno.
Allora aveva affrontato tutte le
bestie demoniache seminate per l’Inferno?
A parte il leggendario angelo
organico Alexiel che giaceva ancora addormentata nel Paradiso, pochi
potevano riuscirci.
Però la fama di un
certo folle arcangelo rosso capo delle potestà, il
responsabile delle guerre, quello che controllava il confine e
massacrava tutti i demoni che tentavano di superarlo, era giunta fino a
lui.
Che fosse quel tipo?
- Chi, Fufi? Certo che mi ha
sentito, ma ci ho messo un attimo a metterlo a cuccia… senza
testa! – Lì però gli venne fuori un
ghignetto divertito nascosto dalla stoffa che ancora stava su
metà del suo viso.
In fondo all’Inferno
c’era più vita e divertimento di quanto non si
fosse aspettato… forse il suo posto era davvero
lì sotto, dopo tutto.
- Ma si può sapere
chi sei? – Ma a questa domanda di Astaroth che ormai pensava
di aver capito di chi si trattava, Mikael impaziente rispose con una
sfera infuocata che fu schivata. A non riuscire ad evitare,
però, fu il fascio di fuoco successivo che lo
investì facendolo finire violentemente contro la parete che
crepò tremando.
Nel giro di poco tutto il
castello sarebbe venuto a vedere che stava succedendo.
- Se non vuoi dirmelo non fa
nulla… ti ucciderò senza saperlo! –
Rispose allora attaccandolo a
sua volta con un lampo oscuro che Mikael riuscì ad evitare
saltando all’indietro come facesse un’acrobatica
capriola. Questo gli fece sciogliere parzialmente il mantello intorno a
sé e quando richiamò la sua grande spada rossa di
fuoco dal proprio corpo, questa si materializzò nelle sue
mani. Atterrando non era ancora del tutto libero ma non
lasciò tempo, scattarono entrambi in avanti velocissimi.
Astaroth lanciandogli continue sfere d’energia oscura, Mikael
tagliandole e deviandole con la lama, veloce più che mai.
Nella corsa che fecero per incontrarsi e scontrarsi il telo ormai era
quasi del tutto scivolato via, rimaneva impigliato solo intorno alla
testa. Astaroth l’osservava interessato ma con forza
deleteria affrontò lui e la sua spada come ne avesse tante
al posto delle affilate e lunghe unghie simili a lame.
Venendo poi ferito di striscio
sul viso e successivamente sul petto, il demone afferrò
quella stoffa nera che ancora lo copriva in viso e tirò.
Fu allora che lo riconobbe per i
suoi capelli e quel tatuaggio che avevano fatto il giro
dell’intero Aldilà.
Si fermò stupito non
credendo di potersi trovare davvero davanti ad un vero arcangelo.
Quando era salito su in Paradiso durante l’ultima grande
guerra non aveva avuto il piacere di affrontarne nemmeno uno, ma ora
che uno era lì nella sua stanza, si chiese esterrefatto e
curioso come mai:
- Ma che ci fai tu qua?
– Chiese. In risposta una sfera di fuoco gli
bruciò il petto con l’unico risultato di ridurgli
in cenere la maglia!
Prima che Mikael potesse
affondare la lama come faceva di consueto per concludere i suoi
combattimenti, un turbine di falene nere li avvolse entrambi facendoli
finire entrambi dalla parte opposta dell’altro, a terra. Come
una specie di folata di vento.
Sapeva che non poteva essere ma
prima di ragionare razionalmente, il rosso si voltò di
scatto credendo di vedere Raphael.
Ma non lo vide.
Al suo posto una specie di
pagliaccio con la faccia tutta dipinta di bianco e la bocca e gli occhi
neri. I capelli rossi spettinati intorno al viso ed un buffo cappello a
cilindro in testa.
I suoi occhi scuri lo guardarono
increduli ed interrogativi.
- Mikael, arcangelo rosso del
fuoco, capo delle potestà nonché fratello gemello
di sua maestà Lucifero… cosa ci fate voi
quaggiù? –
Se c’era uno che
avrebbe giurato di non vedere mai lì sotto, quello sarebbe
stato senza dubbio lui.
Udendo le ultime parole,
Astaroth credette di aver capito male e con espressione incredula si
avvicinò a quello che avrebbe dovuto considerare collega e
che invece non vedeva di buon occhio:
- Chi hai detto che
è? – Sapeva che l’arcangelo del fuoco
aveva i capelli rossi e un tatuaggio di drago blu sul viso, ma non che
egli fosse il fratello, per di più gemello, del loro
signore. Come poteva essere?
L’altro rispose con
aria di scherno:
- Lui è il fratello
del nostro re, come fai a non saperlo? –
Sottolineò la sua mancanza ma l’altro non la colse
per nulla, troppo stupito da ciò che aveva appena compreso.
Quindi si voltò immediatamente verso l’angelo con
un aria cupa in viso, e scrutandolo a fondo di nuovo disse marcando la
sua incredulità:
- Ma dove ci somiglia a lui?
Gemello, poi… - Poi guardò anche i suoi vestiti
dark in pelle lucida, reti, borchie e catene, e alzando un sopracciglio
scettico aggiunse: - ... bè, non è che come
angelo è più credibile... sembra più
un demone, in effetti! -
Ricevette uno sguardo fulminante
da Mikael che si avvicinò impettito stringendo la sua spada,
lo guardò in cagnesco ma non rispose, non era lì
per fare conversazione, tanto meno per spiegare i misteri che si
celavano intorno ai due principi della luce e delle tenebre.
- Tu non capisci proprio mai
quando è ora di fermarsi, vero? – Disse Belial
sempre come se lo stesse canzonando. Sembrava così poco
serio, quel tale… l'arcangelo allora ringhiò:
- E tu chi diavolo sei?
– A quella domanda il pagliaccio tornò a posare il
suo sguardo inquietante e strano su di lui e un sorriso beffardo si
sforzò di apparire nonostante il reale stato
d’animo in subbuglio per la sua apparsa lì. Belial
era tipo che non mostrava mai i suoi veri sentimenti e nemmeno lo
stupore, sia pure per poco.
Con un breve inchino di sarcasmo
si presentò togliendosi il cappello mentre Astaroth provava
un insano istinto di farlo a pezzi:
- Io sono il Cappellaio Matto!
– L’altro si sentì indispettito e
nonostante la sua scarsa altezza si avvicinò ulteriormente a
lui pronto a squartarlo, quindi serio più che mai, chiese:
- Se vuoi sapere che ci faccio
qua dimmi chi diavolo sei davvero! –
Allora decise di accontentarlo,
curioso di sapere come mai fosse lì.
- Io sono Belial, uno dei sette
satana, umile servitore di sua maestà Lucifero. –
Eccolo, sapeva che lui era
quello giusto.
- Portami da mio fratello.
–
Mormorò Mikael tetro
incupendosi repentinamente, come se il precedente scontro non fosse
nemmeno avvenuto e nessuno l’avesse infastidito in modo
particolare.
Improvvisamente non sembrava
più contro di loro.
Il sorriso strano di quella
specie di pagliaccio fu quanto di più indecifrabile, ma
sentendolo dire enigmatico:
- Prego, mi segua. –
non trovò altro da fare che seguirlo davvero, ma sempre con
la spada in mano.
Astaroth li guardò
andarsene perplesso, chiedendosi cosa sarebbe successo di lì
in poi. Se aspettarsi una vittoria schiacciante dei demoni con
l’unione di un arcangelo a loro, oppure la fine di tutto!
Nonostante avrebbe voluto
saperlo, rendendosi conto che quel tipo aveva portato una ventata di
novità in quella noia deprimente, non li seguì.
Mikael, invece, camminando
dietro a Belial serio e col cuore che cominciava a battergli
martellante come un matto, non sapeva se l’avrebbe davvero
condotto da lui, né cosa gli passasse per la testa, ma tutto
ciò che voleva era vedere Lucifero.
Solo quello.
“Mi chiedo
perché sia qua… “ Si
domandava intanto il demone senza uno scopo specifico se non quello di
accontentare l’angelo.
Del resto erano questioni di
famiglia… nessuno poteva intromettersi.