CAPITOLO XIII:
LE COSE CHE NON DICI

will andry

'Le cose che non dici non le saprà mai nessuno, né chi non le deve sapere né chi invece dovrebbe saperle perché potresti aiutarlo. O lui potrebbe aiutare te. Prendere una decisione su cosa dire e non dire è difficile, uno sbaglio su ciò che dici o non dici potrebbe significare sofferenza non solo per te stesso. '

Tutti si sarebbe aspettato di vedere Andrew quel giorno di nuova vita, tutti ma non suo fratello William vestito in quel modo così poco principesco.
Eppure all'uscio di quello che con coraggio si poteva chiamare appartamento, stavano loro tre: William, l'amico Drew e Charlotte, l'aspirante fidanzata. Sbatté gli occhi più volte sbalordito ed indeciso su cosa avrebbe dovuto e potuto fare. La prima che gli venne in mente fu una parola detta fra i denti:
- Vattene! -
Solo quella, non diretta a tutti, solo a lui, al centro del suo malessere. Anche se si poteva imputare unicamente a lui la colpa? Veramente?
Sarebbe stato facile comunque dire che la famiglia era rea di averlo trascurato e di non essere stata capace di ascoltare la crisi di un adolescente, troppo facile. Come altrettanto lo sarebbe stato per William prendersi ogni responsabilità, far così sciogliere il ribelle bisognoso di abbracci sinceri e riportarlo a casa.
Semplice ma non giusto.
Ora c'erano parole più profonde e vere da dire, che avrebbero fatto male all'inizio ma che ormai dovevano essere pronunciate poiché taciute a lungo.
- No! -
Una sillaba col tono fermo di un adulto. Andrew lo guardò come se lo stesse vedendo per la prima volta. Aveva davanti un estraneo adulto e coscienzioso, come un genitore. Non se ne sarebbe andato senza di lui, perché? Non gliene era mai importato veramente di lui dalla morte della madre, perché adesso era venuto in quel quartiere, travestito da gente comune, cercandolo e trovandolo?
Non capiva cosa volesse suo fratello e per mascherare questo stordimento si voltò dandogli le spalle: non l'aveva mai capito quel ragazzo ed ora meno delle altre volte.
Ora gli avrebbe sicuramente chiesto perché era scappato e perché non voleva tornare!
- Smettila di scappare come un miserabile! -
Il fatto che non avesse indovinato lo infastidì perché si sentiva sempre più estraneo a quello che invece avrebbe dovuto conoscere perfettamente. In realtà non sapeva nulla di William... e dire che era scappato perché era lui che non si sentiva capito!
Scoprire all'improvviso e in maniera così semplice che invece era il contrario e che la colpa della propria sofferenza sarebbe potuta essere sua, lo stava come ammazzando dentro.
Però su una cosa era sicuro: William non avrebbe mai usato un linguaggio inappropriato, scaldandosi e infuriandosi, dicendo parolacce e imprecazioni. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco e si sarebbe scottato, perché una volta di più stava per scoprire tutto in una volta chi era veramente quella persona che aveva davanti.
Andrew si voltò di scatto già bruciante per quelle verità che gli stavano premendo da dentro, che lo auto colpevolizzavano!
- Tu cosa vuoi capirne di me? Non mi hai mai visto veramente, tu come tutti gli altri mi avete sempre visto inferiore al grandissimo e perfetto primogenito della famiglia reale!
Dopo il funerale della mamma siamo stati come due estranei. Ora non hai il diritto di parlarmi così e dare a me del vigliacco solo perché cerco la mia vita, una vita in un posto che mi soddisfi e che io possa sentire miei.
Non mi hai nemmeno chiesto perché me ne sono andato, dai per certo che lo sai, che quello che tu pensi sia giusto.
Tu devi smetterla di crederti il migliore e di sapere sempre ogni cosa! Devi smetterla, hai capito? Lasciami in pace, non voglio saperne nulla di te, di nostro padre e di quella schifosa famiglia del cavolo! -
Dopo la prima sfuriata, la vista che l'aveva offuscato durante l'alzata di voce gli tornò ridandogli fuoco sul mondo circostante e sulle persone che l'ascoltavano, fu solo lì, dopo aver quasi gridato, che lo vide. Vide William e i suoi occhi azzurro gelo che come due sottili lame quasi bianche lo penetravano e rabbrividì.
- Sei solo un immaturo viziato che fa la vittima e si auto compatisce perché nessuno lo fa per lui!
Sei una vergogna per qualsiasi fratello, non solo per me!
Fai la prima donna per farti notare, per far pietà agli altri, per avere il tuo momento di visibilità, per farti trovare da un padre che non abbiamo mai avuto, ti illudi che ti daranno i meriti che desideri ma nessuno ti regala niente.
Se volevi così tanto essere alla mia altezza, essere adulato da tutti, ricevere riconoscimenti, allora dovevi darti da fare per essere il migliore. Sei tu che hai voluto arrivare a questo punto, lo desideravi con tutto te stesso e speravi che un giorno avresti avuto abbastanza coraggio per andartene via! Aspettavi trepidante il mio arrivo, vero? Nei tuoi piani io avrei dovuto chiederti fraterno perché te ne sei andato, ti avrei pregato per farti tornare, ti avrei consolato e sostenuto e dopo un grande abbraccio di ritrovamento ti avrei ricondotto a palazzo, ma non sto facendo tutto questo ed ora ti arrabbi perché non ti assecondo nei tuoi desideri.
Lo vedi come sei immaturo e viziato? Fino a che punto lo sei? Tu vuoi dei posti che non sono tuoi e pensi che ti spettino e che tu possa averli senza però conquistarli e meritarteli.
Non ti dai da fare per star bene!
Il tuo problema è che sei solo un insensato qualunque che però vorrebbe essere il migliore così com'è! -
Dure parole, un lungo discorso tagliente ed estremamente freddo, nemmeno quando aveva affrontato i giornalisti per difendere il padre e il nome della madre, era stato così. Aveva detto tutto quello che pensava di Andrew dopo anni di sua attenta osservazione, aveva dato così un'analisi perfetta del ragazzo davanti a sé che lo fissava sempre più esterrefatto, la bocca aperta e sguardo impietrito, non ci credeva che potesse dirgli quelle cose. Pensava questo di lui?
Perché gli bruciava sapere che lui pensava questo?
Forse perché sapeva che era vero? Perché lui stesso ci si sentiva tale? O magari perché era William a pensarlo?
La persona che più di tutti dentro di sé aveva sempre stimato e sperato che lo considerasse e l'aiutasse nel suo cammino.
Non aveva parole, non avrebbe saputo cosa dire e sperò che Charlotte o Drew intervenissero, ma così non fu, entrambi sbalorditi dal discorso del principe rimasero in disparte. Erano venuti convinti che avrebbero potuto aiutare Andrew a ragionare e tornare indietro, tuttavia avevano notato che era una questione fra fratelli. William se la cavava alla grande anche se forse il rosso non sarebbe mai tornato a casa!
Dopo un attimo di boccheggi il fratello minore si decise a parlare, sperò che la voce gli uscisse ferma e naturale ma il risultato fu solo qualcosa che si stava spezzando e rompendo. Le lacrime gli premevano e il tono tremante non l'aiutò.
- Io... non pensavo avessi questa opinione di me. Quando hai potuto trovare il tempo per analizzarmi così a fondo?
Può essere tutto giusto ma hai trascurato una cosa, sai? Io mi sento solo. E non solo mi ci sento.
Io lo sono!
Sono solo!
Sono diverso da tutti voi, da te. Tu sei comunque pieno di gente che ti ben considera, hai amici che non ti fanno sentire solo, hai la nonna che ti idolatra, un padre che non ti vede come un figlio ma almeno ti vede come il suo erede ed è già qualcosa... io... io invece no, sono solo, non ho niente di tutto questo e di qualcos'altro. Io sono solo... -
Come se il limite delle persone potesse essere visibile e sbordare, l'anima potesse trasformarsi in vento e i sentimenti in fuoco e fondendosi generare una tempesta.
Lui e Andrew due punti distanti, nello spazio circostante colori freddi che si mescolavano, sciogliendosi in diversi modi, senza creare disegni definiti e ad ogni risposta, ogni discorso avvenuto con quei sentimenti carichi di rabbia, disperazione e lacrime, quelle che stavano per uscire al più piccolo, una linea si tendeva andando da punto a punto, frastagliata, zigzagata, come se fossero scariche elettriche. Poi si ritiravano e poi tornavano. Ora la decisiva, la più grossa, violenta ed esplosiva che investì il punto più piccolo paralizzandolo, i colori dello spazio circostante divennero improvvisamente caldi.
William sbatté la mano sul tavolo davanti a lui e guardando il fratello con occhi non più gelidi ma di fiamme, gridò come forse mai in vita sua aveva fatto, paralizzando tutti i presenti che si spaventarono indietreggiando, bloccando anche il pianto dell'altro innanzi a sé che voleva sfogare.
- Zitto zitto zitto!
Tu ti senti solo?! Tu?! Ed io? Io cos’è che sono?
Adulato da tutti? visto come un erede? Ben considerato dal mondo?
Tu sei solo ed io no?!
Cavolo, Andrew! Io sento sempre freddo qua dentro e da quando la mamma se ne è andata cerco anche io il modo migliore per non sentire quello che invece sento!
Sai cosa sento? Sai cosa desidero? Te lo sei chiesto?
Che la mamma non fosse mai morta, che nostro padre non fosse così estremamente imbecille!
Che tu parlassi con me per ogni problema e dubbio, parlare io con te per provare ad unire le nostre paure ed andare avanti.
Desidero non sentire queste urla negli orecchi che crescono e crescono!
Urla di qualcuno che chiede aiuto e si amplificano… chi è che chiede aiuto? C'è qualcuno che si è perso e non trova una via d’uscita, sai chi è questo?
Sono io!
Io che faccio il mio dovere!
Sono nato qua, questa è la mia vita e non posso rinascere altrove, l’accetto e la vivo ma cosa significa?
Che sono cosciente di me stesso.
Io però continuo a sentirmi solo lassù in quella torre di cristallo altissima. Sono solo e tutti mi gridano cosa fare, io faccio perché lassù non posso fare altro, perché la mamma mi chiederebbe quello, forse, e perché come te sono cresciuto senza una madre ed un padre, perché ho delle cose da fare e gente che mi lascia lassù da solo credendomi troppo grande e perfetto!
Tu ti senti solo… ed io? Io chi sono? Io cosa dovrei fare?
E metto a tacere le mie paure per non pesare su nessuno… siamo solo degli imbecilli che si affannano per non morire dentro... anno dopo anno le nostre paure esistono e sono sempre quelle... cosa abbiamo imparato?
Abbiamo imparato ad odiarci!
Vorrei... – Qua la voce gli si spezzò e smettendo di urlare divenne un sussurro dove il nodo gli venne fuori: - Vorrei che almeno tu fossi qui... lo vorrei veramente... ma tu preferisci piangerti addosso senza di me... -
Sul finale la voce di William si incrinò e il furore scemò lasciando posto a qualcosa di agghiacciante.
Lacrime scendevano dai suoi occhi. Lacrime vive.
Si inginocchiò a terra nascondendo il viso fra le braccia, appoggiato al tavolo mentre tutti intorno a loro non sapevano cosa fare, dire, pensare. In realtà era vero, Drew stesso si sentì un estraneo in quel momento. Non erano affari loro, non erano ferite che nessun amico potesse curare e rimarginare. Solo un fratello, solo uno che aveva passato la stessa cosa almeno in parte, poteva aiutarlo.
Solo Andrew.
Fu come un ferma immagine, nessuno si mosse e nemmeno respirò, concentrati su quella figura totalmente diversa da quella che conoscevano che ora piangeva.
Finalmente Andrew che era come stato colpito come da un pugno nello stomaco, si riprese e a fatica si mosse andando fino a lui, si inginocchiò come l’altro e con mani tremanti, con un fluire di sentimenti di vergogna per sé stesso e dolore per lui, l'abbracciò di lato dapprima timido e titubante, poi sempre più forte e concreto.
Forza, sempre più forza, alternando tutte le emozioni che emergevano da quel contatto.
- Scusa... hai ragione... sono un vigliacco... -
Anche William aveva passato le sue stesse cose, solo che al contrario suo aveva accettato ed era andato avanti per non dar pensiero all'amata madre ora morta, perché ormai indietro non si tornava, perché l'unica cosa che potesse fare era fare al meglio quello che la sua vita gli aveva dato. Bella o brutta che fosse. E le aveva fatte tutte da solo perché lui non aveva mai voluto saperne, era stato innalzato da tutti e avevano lasciato che in solitudine affrontasse ogni cosa.
Anche lui aveva sofferenze, fantasmi, paure…
Eppure era diventato quel principe che tutti avrebbero voluto.
Fu sull'abbraccio ricambiato che anche Andrew si sciolse e pianse insieme al fratello, perché si sentivano finalmente tali, con gli stessi vissuti, gli stessi timori, la stessa solitudine.
Niente più egocentrico egoismo.
Un abbraccio disperato di due persone semplici che avevano vissuto un dramma e non avevano avuto il modo di superarlo come avrebbero voluto. Che con silenzi e distanze avevano sofferto come ogni persona al loro posto avrebbe sofferto.
- Non lasciarmi più solo... questa è la vita che abbiamo, viviamola e basta. Lei avrebbe voluto questo. -
Le cose che non dici non le saprà mai nessuno, né chi non le deve sapere né chi invece dovrebbe saperle perché potresti aiutarlo. O lui potrebbe aiutare te. Prendere una decisione su cosa dire e non dire è difficile, uno sbaglio su ciò che dici o non dici potrebbe significare sofferenza non solo per te stesso.
Bisogna avvicinare i cuori, ascoltarsi ma soprattutto parlare unendo le rispettive paure.
Ora i due punti non erano più distanti ma un tutt'uno.