CAPITOLO XIV:
LA VERA GRANDEZZA

will andry
 
Alcune cose saranno sempre più forti del tempo e della distanza, più profonde del linguaggio e delle abitudini: seguire i propri sogni e imparare a essere sé stessi, condividendo con gli altri la magia di quella scoperta.’

Il silenzio che seguì fu interrotto solo dai singhiozzi dei due ragazzi.
Non piangevano da molto, sicuramente non l’avevano mai fatto così, con tanta disperazione, sofferenza, bisogno nel cuore… ma soprattutto mai abbracciati, mai insieme.
Mai si erano scoperti l’uno nei confronti dell’altro fino a quel punto.
Un senso di pura liberazione per William ed Andrew, liberazione e benessere, mentre le lacrime scendevano dai loro occhi chiusi stretti, bagnavano le guance e le rispettive spalle altrui su cui erano appoggiati.
Inginocchiati in un lurido pavimento in legno scricchiolante, incuranti di potersi sporcare o di stare abbracciando uno pulito oppure uno sporco, in mezzo a ragazzi che non si conoscevano fino a quel punto, fino a dire: so cosa gli si agita dentro, avrei le cose giuste da dire che potrebbero aiutarlo. In fondo Charlotte e Drew si stavano sentendo dei perfetti estranei.
Era vero che lui aveva seguito l’amico per dargli una mano, una motivazione pura e semplice, senza nient’altro dietro, però non avrebbe mai pensato di assistere ad una scena simile e di sentirsi solo un conoscente per William, non ci rimase male ma capì solamente che era vero… che tutti, lui per primo, avevano innalzato quel ragazzo supremo, troppo perfetto per stare in mezzo agli altri. L’aveva lasciato solo perché erano ‘solamente’ amici poco più che comuni e il moro per primo l’ammetteva e si incolpava di non aver mai voluto insistere per approfondire quel rapporto.
Lei, Charlotte, aveva avuto un primo impatto di puro odio con William, ricambiato, e pur stando con lui per un periodo più o meno illimitato per cause di forza maggiore aveva sì cominciato a scoprirlo e un po’ a rivalutarlo, ma solo in minima parte, era lontana dall’apprezzamento totale, o lo era stata fino a quel giorno. Anzi, fino a quei ultimi giorni.
Quando faceva il bagno in piscina e lo scopriva sempre più spesso a fissarla in quel modo assorto e magnetico, con fra le braccia quel gatto soriano bianco che gli si addiceva così bene; ma anche quando si trovavano quasi sempre loro due a cena da soli perché ognuno ormai era un estraneo in quel palazzo; quando lo spiava mentre si allenava a suonare qualche strumento musicale oppure si dedicava a qualche altra attività, sempre con quelle sue espressioni serie e assorte, scolpite su del marmo, talvolta addirittura ghiaccio, da un artista che amava creare la perfezione e gli angeli.
Si era lentamente resa conto che era uno dei più bei ragazzi che avesse mai visto, che superava perfino il genere di bellezza che lei aveva sempre preferito: quella da strada, da antagonista, da gatto randagio, un po’ come la sua. Si sorprese a preferire lui a qualunque altro ragazzo, a rispondersi alla domanda: chi è il più bello che tu abbia mai visto?, con un semplice e disarmante nonché pericoloso: William!
Si era soprattutto resa conto che c’erano dei lati di lui che non poteva immaginare, che era così misterioso da essere terribilmente interessante ed affascinante, pur avendo i suoi chiari difetti come lo snobismo che a suo parere c’era eccome… eppure sapeva che di lui c’erano così tante cose nascoste che impulsivamente avrebbe voluto conoscere tutto.
Si era sentita shockata quando poi aveva sentito l’istinto di dargli una mano nell’impresa di aiutare suo fratello, che le importava a lei di quel pazzo di un rossino? Aveva detto che sarebbe stata utile, in effetti sarebbe potuto essere vero se però a lei fosse importato qualcosa di Andrew.
La verità la sapeva, aveva visto William in uno stato di agitazione momentanea che l’aveva incuriosita e spinta dal fatto che sicuramente standogli appresso avrebbe visto qualcosa di nuovo di lui, l’aveva seguito.
Quando poi si erano presi per mano in quella frazione di secondo, o quando avevano finto di essere fidanzati, erano stati tutti momenti disinvolti in cui lei stessa ci aveva creduto, per rendersi però conto che invece no, non era ancora vero. Già… non era ANCORA vero!
Sapeva però che prima o poi lo sarebbe stato.
Lo sentiva ed in un certo senso aspettava quasi intrepida l’arrivo di ciò.
Tuttavia la botta finale per lei era arrivata quando l’aveva visto uscire di sé, arrabbiarsi in quel modo e poi piangere dimenticandosi di lei disprezzata e mal sopportata, del luogo, del suo ruolo, di ogni cosa… dimenticandosi di tutto si era snudato in quel modo e ogni tassello oscuro era andato a posto.
L’aveva visto.
Aveva capito.
Ecco cos’era che cominciava ad attirarla: lui era la persona più tenebrosa ed inquietante che avesse mai incontrato, bellezza esteriore a parte.
L’aveva disprezzato per molti motivi ma poi in quel momento non era più riuscita a trovarne nemmeno uno. La disperazione che aveva tirato fuori l’avevano quasi ammazzata e lei era una tipa piuttosto forte ed impassibile su certe scene.
Quel puzzle completo che rispondeva al nome di William l’aveva shockata più di ogni altra cosa perché mai nella sua vita si era sentita così attratta da una persona, da un ragazzo.
Mai.
Ecco cosa aveva capito e visto.
La persona che aveva cercato per tutta la vita e che non trovandola l’aveva fatta trasformare in quella caparbia e selvatica principessina!
Lo voglio… o mio Dio, era questo, allora, che non mi tornava… lui mi piace… cioè, è tutto qua!
Lui mi piace.
William mi piace.
Ho sempre cercato una persona per me che mi calmasse un po’ interiormente e quando l’ho incontrato ho pensato fosse l’esatto opposto di quello che mi ero immaginata. Con lui mi è uscito in più occasioni il peggio di me, poi ho capito che sbagliavo tutto, che quella persona era William. Porco mondo, ora che cosa dovrei fare?
Vorrei solo abbracciarlo… questo maledetto…”
Pensò questo fra sé e sé la castana passandosi nervosa le mani fra i capelli, sentendole poi sudate se le strofinò sui vestiti.
Rimase così in silenzio a sentire i loro singhiozzi mentre realizzava che William le piaceva ripetendoselo ad oltranza non più in sé.
Il colpo di grazia lo ebbe quando i due fratelli si staccarono ed il biondo ebbe la grande idea di voltare il viso proprio verso di lei, non casualmente senza guardare un punto fisso ma per guardare proprio lei, Charlotte, ancore lì inebetita che fissava magnetizzata il bel principe piangente.
Quando si scambiarono quello sguardo in quel momento specifico e particolare, lei lo vide così scompigliato e sconvolto, gli occhi lucidi e arrossati, il volto bagnato e rigato di calde lacrime che scendevano ancora, i capelli scesi sulla fronti che gli si spettinavano sopra umidi ed una sconvolgente bellezza di angelo disperato, caduto e smarrito.
Fu per lei una delle più belle visioni che le erano mai capitate ed arrossì di colpo in modo incontrollato. Quel che voleva fare non seppe nemmeno lei come fece a non farlo: voleva abbracciarlo forte, solo questo, fargli adagiare quel volto sconvolto e sofferente sul suo petto morbido ed accogliente e tenerlo lì, cullarlo, stare con lui.
Non riuscì a staccare gli occhi dai suoi azzurri troppo limpidi e arrivando a pensare di poter leggerle nel pensiero distolse lo sguardo per prima, girandosi di scatto e andando veloce verso la porta.
William interpretò il gesto come una sorta di fastidio per cui senza pensarci su, in quel momento non riusciva più a farlo in effetti, si alzò a sua volta non volendo che nessuno fraintendesse le sue parole; le andò dietro e quando lei aprì la porta d’ingresso si sentì afferrare per il polso e nello stesso momento dovette bloccarsi non per Will ma per chi aveva davanti.
C’erano due ragazzi identici fra loro, solo uno dei due era appoggiato all’altro ed era molto più magro e pallido, l’aria proprio malata.
Erano mori con una bandana sul capo, abiti scuri larghi da ragazzi di strada ed un espressione a dir poco lugubre e di natura arrabbiata.
- Ops… -
Mormorò istintivamente lei dimenticandosi un secondo la mano del biondo che stringeva il suo polso, dietro di tutti Andrew si era alzato e tirando il collo senza capire, li vide e cercando di prevenire una seconda guerra interna alzò le braccia sventolandole per farsi vedere dal conosciuto ragazzo.
- Hey, Ilyr, ci sono… è tutto a posto, questi li conosco io… -
Ilyr li fissò comunque malamente e poco socievole, per nulla gentile, poi grugnì un:
- Che cazzo vogliono? Questa è casa mia, non un locale, tanto meno un albergo… -
In condizioni ottimali il principe maggiore avrebbe risposto una cosa tipo:
Se questa la chiami casa…’
Ma non era in tali condizioni e si limitò ad affiancare Charlotte asciugandosi veloce il volto, non ebbe un gran risultato visto che si vedeva ugualmente che aveva pianto, faceva lo stesso impressione.
- Mi scuso a nome di tutti. È colpa mia. Sono William, suo fratello… loro sono nostri amici, Charlotte e Drew… siamo venuti a riprendere Andrew e a togliere il disturbo. Spero che non ti abbia arrecato alcun fastidio e che non sia stato invadente, ti ringrazio per averlo accolto ed aiutato per questo periodo. -
In effetti erano passati alcuni giorni e i due erano sempre rimasti insieme, era naturale pensare che ormai fossero diventati amici e che Ilyr avesse voluto aiutarlo.
Costui rimase profondamente colpito per molti motivi.
Qualcuno era venuto a cercare e riprendersi Andrew, inoltre quel ragazzo, il fratello maggiore del rosso, aveva un linguaggio quasi incomprensibile e nonostante il chiaro stato d’animo in cui era aveva ripreso subito il controllo di sé. Era una sorta di angelo in mezzo ai diavoli e c’era da chiedersi chi avesse compiuto il sacrilegio di farlo star male fino a farlo piangere; colpiva anche perché si capiva che raramente perdeva il controllo di sé ma l’aveva appena fatto e metteva curiosità per questo. Soprattutto lasciava un istinto di accettazione, o meglio come respingere tale persona così adulta, matura che sapeva chiaramente stare al suo posto e prendersi le proprie e le altrui responsabilità?
Lui sapeva apprezzare queste persone ma non ne incontrava quasi mai.
Aveva subito capito che William era un tipo così.
Uno nobile nell’animo.
Questo non è solo fortunato, di più… è nato nel posto in cui doveva nascere. Non succede praticamente mai!”
Ebbe il tempo di pensare questo, poi sbattendo le palpebre più volte si decise a rispondere e tornare in sé.
Borbottò un brusco e sempre poco gentile:
- Va bene, non me ne importa… era ora che qualcuno se lo riprendesse! Ha fatto tutto da solo, si è stabilito qua senza chiedermi il permesso. -
Detto ciò fece qualche passo avanti per entrare, i due si fecero da parte e lo lasciarono entrare sorpresi e un po’ incuriositi dal trovarsi una persona simile davanti che aveva avuto a che fare con niente meno che un viziato principe egocentrico!
William e Charlotte si tenevano ancora in una sorta di mano, o meglio lui le teneva il polso per non farla scappare, dimenticando di essere rimasti così in un attimo sentirono entrambi un bruciore sul punto di contatto e abbassando lo sguardo si accorsero di essere ancora allacciati. Arrossirono di nuovo e si separarono, lui la guardò subito d’istinto per vedere se tornava a scappare e lei non riuscì a non ricambiare. Se ne pentì subito e rimediò con una ironica linguaccia e un dito medio per cercare di riprendere il controllo di sé.
- Volevi andartene? Sei arrabbiata? -
Glielo chiese a bruciapelo ignorando il suo comportamento grezzo, lei sbuffò e girò la testa dall’altra parte, poi mugugnò:
- No, testone… volevo prendere un po’ d’aria. Mi sentivo di troppo… -
Lui le rispose in fretta, sicuro di quanto stava dicendo:
- Non lo eri, non lo sei più ormai… -
Si sospese rendendosi poi conto dell’ambiguità di quella frase e si affrettò a spiegare:
- Cioè nel senso che tu avevi detto di voler dare il tuo contributo ma non l’hai ancora fatto, stiamo aspettando, eh? –
Aveva trattenuto il fiato in questo breve scambio di battute con lei e lei aveva fatto altrettanto.
Si resero conto anche di essere terribilmente imbarazzati ed infastiditi entrambi della situazione; sentendosi un po’ scurrilmente parlando degli idioti, decisero di lasciar perdersi a vicenda per dedicarsi agli altri.
Mentre loro erano stati impegnati in quei sussurri scambiati, Ilyr aveva portato il gemello Kohja in casa e l’aveva adagiato su una specie di poltrona rotta, di quelle rimediate nell’immondizia e riadattate.
- Non dire stupidaggini… sei stato tu a dirmi di restare per provare cosa significava una vita come la tua che io sembravo preferire. Adesso non far credere a tutti che ho fatto le cose da solo! -
L’aveva detto Andrew con un tono molto ironico e scherzoso, Drew li aveva osservati e sentendoli scambiare quelle battute capì al volo che qualunque cosa fosse successo erano diventati una sorta di amici, si chiese come potesse essere accaduto e mentre si perdeva in sue considerazioni vide Ilyr che fra una rispostaccia e l’altra parlava col gemello in linguaggio muto.
Spalancò i bei occhi verde-dorato che in alcuni momenti sapevano essere azzurri, si avvicinò e senza attendere che finissero disse:
- Oh, io lo conosco… -
Per poi partire con un discorso fatto di gesti. Ilyr lo fissò stupito non pensando che fra i nobili potessero conoscere un linguaggio simile, non lo respinse anche se ebbe di natura quell’impulso: Kohja aveva preso a discorrere con lui molto disinvolto e col sorriso sulle labbra secche l’aveva accettato, quindi non poteva certo fare altro che accettarlo a sua volta.
Anche se con le solite riserve, insomma, chi lo conosceva questo Drew?
Andrew in cuor suo dopo lo scossone e l’intontimento aveva faticato a riprendere il controllo di sé ma la prima cosa che aveva realizzato era stata che Ilyr aveva accettato non solo Charlotte e Drew, anche se con qualche riserva evidente, ma soprattutto William.
Era convinto del contrario, conoscendolo…
Il ragazzo di strada dopo un po’ decise di lasciare che i due facessero amicizia, anche se era sempre poco convinto, era iper protettivo nei confronti del fratello e lanciando un’occhiata furtiva ad Andrew lo sorprese a fissarlo.
In un attimo capì la situazione, all’inizio gli era sfuggita perché era stato preso in mezzo dall’idea di prendere tutti a calci e cacciarli oppure adottare un approccio più normale, poi però aveva notato l’espressione un po’ persa e sconvolta non solo di William, che era subito tornato freddo e cosciente, ma anche di Andrew e aveva ripetuto fra sé e sé le parole del biondo:
‘…per riportarlo indietro…’
Lo capì e se lo ripeté ancora: quel rossino fastidioso e capriccioso alla ricerca della sua strada che a fatica era riuscito a comprendere e addirittura apprezzare rivalutando gran parte della sua visione delle persone e della vita, stava per tornarsene via, l’avrebbe lasciato solo.
L’impulso fu quello di prenderlo a pugni e cacciarlo per evitare scene strappalacrime di addii o simili, la seconda di fare altrettanto perché dopo aver promesso grandi cose d’amicizia e aiuti, alla fine se ne andava abbandonandolo, la terza però lo trattenne a fatica perché capì che pestandolo non sarebbe più tornato, avrebbe pensato male e frainteso, si sarebbe sentito ancora più obbligato nei suoi confronti. Per cui andò non poco in confusione ma con la sua mente contorta decise un approccio generico:
- Così te ne vai finalmente… torneremo a respirare. Specie lui, gli toglievi aria preziosa ai polmoni! -
Aveva detto leggero e sempre col tono un po’ aggressivo.
Andrew non si fece più sorprendere, aveva imparato a conoscerlo quel tanto che bastava per non fraintenderlo più, per cui sorrise un po’ rilassato ed un po’ tirato:
- Farai festa… -
Era un ‘si’ e dentro di sé Ilyr provò del definitivo fastidio.
Le persone non potevano entrare prepotenti nella sua vita, far di tutto per farsi accettare ed una volta che ci riuscivano uscirne in quel modo, lo mandava in bestia quel comportamento. Per questo odiava la gente e non voleva amici o rapporti.
Peccato che a volte non si possono evitare, a volte si fanno incontri speciali che superano la comprensione e la volontà umana e rivoluzionano la vita e non puoi far altro che accettarli così come sono arrivati…
Fra loro due era stata una cosa reciproca, dalla burrasca a qualcosa di piacevole e ancora indefinito, ma dipendente l’uno dall’altro.
Però entrambi sapevano che era giusto così, lo sapevano… Andrew doveva tornare a casa, per ora doveva. Con suo fratello. Ricucire quel rapporto, sistemare delle cose, prendere le sue definitive decisioni e finalmente cominciare a vivere. Come, sarebbe dipeso da lui dopo essere tornato con William.
In quel momento era giusto così.
Certo Ilyr lo invidiava ma non avrebbe mai detto, ammesso o accettato altro.
Mai.
Orgoglioso oltre la norma.
Ad interromperli fu Drew che liquidò tutti così:
- Ma siete in mano a macellai! Venite da chi vi dico io, ho i giusti contatti, vi aiuteranno subito. Essendo amici miei poi sarà tutto gratis! -
Fecero un po’ fatica a capire di cosa parlasse, ma in un secondo momento il moro spiegò che Kohja, quei due ormai erano amiconi, gli aveva spiegato la sua malattia e invece di rattristarsi per l’inevitabile morte prossima del giovane, si era infervorato sicuro con una soluzione in mano sapendo che lui poteva aiutarli, che non c’era motivo di pensare alla morte, che certa gente non può passare tutta la vita nel suo personale inferno.
Indovinare la reazione di Ilyr per Andrew fu facilissimo ormai, il loro rapporto aveva dell’incredibile visto dal di fuori!
Aveva ovviamente rifiutato: il solito orgoglioso che non voleva pietà, facilitazioni, cose gratis e via discorrendo, ma poi a convincerlo fu una frase detta da William al punto giusto, una delle sue che come si soleva dire, tagliavano le gambe:
- Non importa avere, l'importante è dare e quando dai con il cuore dal tuo cuore ricevi quell'emozione che ti consente di dire "ho ricevuto anch'io"! Devi accettare per questo il suo aiuto. Non angustiarti perché ora non hai nulla da dare. A te sembra così, lascia decidere a Drew se riceverà o no, facendo quello che fa. È sciocco rifiutare una cosa simile, non la conosco bene la vostra storia ma so che quando si è in situazioni come la sua non ci si può permettere di dire di no, non per disperazione ma per amore suo… e come ho detto per poter ricevere, che è importante. L’ho imparato pochi minuti fa… -
Così dicendo guardò il fratello che si era inebetito a guardarlo, stessa cosa fecero in effetti anche gli altri. In pochi attimi William era riuscito a sorprendere non poche persone, lui era un tipo così.
A Ilyr, davanti a questo, non era rimasto che accettare a modo suo:
- Si bé… si può vedere… ricambierò comunque, non è un favore, eh? -
Non si sarebbe potuto pretendere più di così…
Uscendo Charlotte sperò che quella certa persona non avesse notato il suo repentino cambiamento, anche se era rimasta poi in silenzio musona più di sempre ad arrossire ad ogni sguardo suo. Questa fu una speranza vana visto che scendendo le scale questa stessa ‘causa’ gli sussurrò tornato in sé del tutto:
- Noi due dobbiamo parlare, Charlotte… -
Su questo si concluse quella giornata, quegli incontri e quelle nuove amicizie, o come si potevano chiamare senza offendere il sempre offeso Ilyr!
William ed Andrew rimasero svegli tutta la notte a parlare da fratelli, per la prima volta nella loro vita.