CAPITOLO
XVI:
LUOGHI D’APPARTENENZA
'Era
giusto credere che non si poteva scegliere dove nascere e che a
qualcuno capitava nel luogo appropriato ed altri no, ma era
altrettanto giusto capire che qualunque tipo di vita si vivesse e
come, importante era non farla da soli, saper chiedere aiuto, trovare
qualcuno con cui camminare per i propri sentieri, facili o difficili
che siano.'
Occhi
negli occhi. Charlotte non aveva più paura di quel chiaro
principe perfetto e superiore a tutti per grazia ricevuta alla
nascita, non aveva più paura dei propri sentimenti per lui.
Si
era data della stupida già abbastanza. Le bruciava per una
volta aver fatto quel che i suoi genitori con la puzza sotto il naso
le avevano imposto, le aveva dato un fastidio immenso dover cedere e
ammettere che per una volta avevano fatto qualcosa di buono. Anzi, si
era seriamente preoccupata per sé stessa pensando di star
diventando come loro, visti i gusti simili. Come poter innamorarsi di
uno come William? Per lei era inaudito eppure stando a contatto con
lui aveva forzatamente imparato a conoscerlo, quindi era stato ovvio
innamorarsene. Ci aveva impiegato un po’ ad ammetterlo, ma
ormai
era pronta ad affrontare la situazione e le conseguenze dei propri
sconsiderati sentimenti!
Si
era
scoperta ed adesso ce l’aveva davanti. Come si sentiva dopo
averlo
detto? Meglio, decisamente meglio. Il classico peso che si
toglieva…
William la viveva diversamente. Per lui era difficile
fare il passo successivo a quello di Charlotte, poiché lui
ancora non aveva ammesso nulla a sé stesso se non una sana
curiosità verso una creatura così diversa e
strana come
lei. Dal di fuori il suo viso sembrava scolpito nel ghiaccio, come al
solito, una statua bellissima che difficilmente si sarebbe sciolta a
vista d’occhio. Sarebbe tuttavia bastato toccarlo per
rendersi
conto che la temperatura interna saliva alle stelle. Aveva un
controllo su sé stesso che aveva dell’incredibile.
Analizzava. Non poteva far altro, in un attimo, che analizzare la
situazione, Charlotte, il loro rapporto e, cosa ancor più
difficile per lui, i propri sentimenti. Dopo quel ballo così
audace, chissà se avrebbe trovato il coraggio di affrontare
tutto quello a cui era obbligato. Non era uno che si tirava indietro
davanti a niente, aveva avuto una storia seria, Kate, e tuttavia non
aveva mai pensato che sarebbe stata quella giusta. Si era messo con
lei solo perché era perfetta, era giusta per un principe.
Tutto lì. Nient’altro. Ma ora che le avevano
imposto la
conoscenza di una nobile come Charlotte con l’intenzione di
doverla
sposare, bè, quello era tutt’altra cosa. Kate era
cancellata
e sepolta e forse poteva anche ammetterlo… se quella ragazza
fosse
stata più folle come quella con cui aveva a che fare ora, le
cose sarebbero andate diversamente.
La guardò ricordando i
momenti passati con lei, tutto ciò che aveva pensato sempre
su
di lei e le idee che gli erano saltate in mente in diverse
occasioni…
quando l’osservava fare il bagno in piscina o vestirsi a modo
suo
per uscire fra la gente comune, ma anche quando proprio quella sera,
l’aveva vista elegante e a dir poco bellissima. Aveva un bel
viso e
si curava ma come diceva lei, aveva quel senso di selvatico e grezzo
che contrastava con la sua bellezza ed i momenti in cui si comportava
da principessa. Su una cosa era sempre stato d’accordo: era
una
splendida ragazza e pur sapendolo non si conciava all’ultima
moda,
non si atteggiava e questo le faceva acquistare punti. Era stato
più
volte attratto da lei. Fisicamente attratto. Tanto da dover cambiare
stanza nel momento in cui questa attrazione saliva in lui. Nessuna
donna era mai riuscita a provocare in lui reazioni simili eppure
l’aveva detestata in più occasioni, spesso aveva
sperato che
se ne andasse, erano però stati solo momenti.
Analizzare
tutto quello, in così poco tempo, era difficile.
Aveva
carattere, ne aveva da vendere, nessuno le avrebbe mai messo i piedi
in testa, sapeva infrangere le regole ma anche stare al suo posto.
Conosceva i limiti, quelli da superare e quelli da non superare. Era
forte dentro, l’unica in grado di tenergli testa. Forse gli
serviva
una così, una in grado di tenergli testa.
Non era facile
ammetterlo per lui così chiuso, isolato, severo con
sé
stesso e con gli altri. Aveva chiuso il suo cuore in cima a quella
torre e non l’aveva liberato con altri che non fosse suo
fratello,
quel giorno. Arrivare a lui era un impresa ma l’idea che lei
ci
fosse riuscita l’aveva sfiorato per poi appendersi addosso
senza
più mollarlo.
Era questo?
Charlotte era arrivata a lui?
Al vero lui?
- Così sei venuta allo scoperto… -
Disse
lui dopo quella breve e veloce analisi. Aveva un tono indecifrabile
come anche il suo sguardo, lei era ancora molto tesa, non abituata a
dichiararsi a persone simili, nonché infastidita dalla
soggezione che , riusciva a metterle quella creatura che sembrava
scesa dal cielo.
Arricciò il naso e rispose:
- Si! -
-
Posso chiederti da quanto l’hai capito? -
- Posso chiederti che
te ne importa? -
- Puoi semplicemente rispondere? -
Lei
rimaneva sulla difensiva mentre lui sempre calmo ma senza alcuna
inclinazione. Charlotte sbuffò spazientita,
guardò in
basso e si grattò la nuca sciogliendo una ciocca della sua
acconciatura. Avrebbe voluto strofinarsi il viso ma quel trucco
fastidioso le impediva di farlo. Non si sarebbe più messa
niente in faccia!
- Dunque… da quando siamo andati a prendere
Andrew… -
Un solo istante di silenzio, il ricordo di quel giorno
per lui molto duro, infine una specie di mezzo sorriso:
- Lo
immaginavo. –
Avrebbe voluto aggiungere che era stato proprio
dopo quella volta che lei era diventata strana ed aveva cominciato ad
evitarlo. Invece chiese solamente serafico:
- E come mai mi hai
evitato, invece di parlarmene subito? -
Lei iniziò ad
alterarsi e guardandolo di nuovo dritta negli occhi, questa volta
seccata, disse:
- Certo, lo venivo a dire proprio a te! Non hai
idea di quanto abbia impiegato ad accettarlo… come potevo
dirtelo
subito? A te?! La causa di tutti i miei problemi, di tutte le mie
paranoie, e bada che non ne ho mai avute prima in vita mia, di tutte
le mie notti insonni!
Ci
pensavo e ripensavo e guardandoti l’unica cosa che mi
spingevi
implicitamente a fare era allontanarmi da te!
Andiamo,
William, uno che è interessato a te e vuole avere un
rapporto,
una relazione, di qualunque sia la natura, tu lo istighi a scappare e
non ad avvicinarti! Sei freddo, scostante, saccente, snob, superiore
al mondo, chiuso come un guscio, guardi tutti dall’alto in
basso,
li giudichi e non avvicini nessuno. Sei sempre lì da solo ad
adempiere ai tuoi doveri… e sembra che ti ci trovi proprio
bene, in
quei doveri!
Sei
la
creatura più lontana di tutte. Allontani e respingi ed anche
se so il perché lo fai, questo non significa che tu avessi
voglia di instaurare qualcosa con me. Non sono una kamikaze, non mi
butto su qualcuno che mostra chiaramente segni di insofferenza verso
di me; se mi fai pensare che non mi vuoi intorno e vuoi stare solo,
allora ti accontento e preferisco tenermi per me i miei problemi. Ti
è tutto chiaro ora, o vuoi un disegno illustrativo? -
Dopo
tutto quello sfogo agitato e gesticolante, tutto quello che
uscì
dalle labbra dritte e ben disegnate di William fu solo un laconico:
-
Cristallino! -
Aveva detto cose dure e dirette, nel perfetto stile
di Charlotte che tanto l’aveva attirato, lei era
così.
Teneva e poi scoppiava, ma quando lo faceva era pericoloso starle nei
paraggi, tuttavia si era contenuta. Non aveva alzato le mani, si era
aspettato anche uno schiaffo.
Probabilmente fu questo a farle
maggiormente male e ad ingigantire il suo nervoso e la sua rabbia:
-
Ecco! Lo vedi come fai? Dimmi se ho fatto bene a parlartene!
Sono
queste le reazioni che allontanano, anche se sei così, a
meno
che tu non voglia stare solo per tutta la vita, devi cercare di
modificarti, sforzarti almeno… non puoi essere sempre
così!
William,
dì qualcosa, reagisci, dannazione!
Dimmi
cosa pensi di me, se ho torto o ragione, spiegati! -
Inizialmente
cadde nel panico poiché in fase completamente auto critica
trovava che ogni cosa uscisse dalle sue labbra fosse tutta
verità,
non avrebbe mai potuto ribattere per cui l’unica cosa che
riuscì
a dirle fu solo un semplice:
- Hai ragione… -
Al culmine
della rabbia Charlotte si trovò ad urlare prendendolo per i
lembi della camicia che indossava:
- Ma questo non mi aiuta! Mi
hai messo allo scoperto ed ora ne paghi le conseguenze! Devi
parlare…
parlare veramente… esprimiti, porca merda! -
Sentì
quell’imprecazione fuori luogo ma non era proprio riuscita a
trattenerla così l’aveva sparata. Lui non la
notò e
non la rimproverò come faceva normalmente. I suoi occhi
azzurri, ora, erano assenti, vagavano dritti davanti a sé in
quelli più blu di lei furenti, ma non vedevano nulla,
cercavano nella propria mente qualcosa da dire senza saper come
farlo. Avrebbe voluto parlare ma non l’aveva mai fatto
veramente
per sé stesso, non sapeva come si faceva, cosa avrebbe
dovuto
o potuto dire, c’era come un blocco nella sua gola che gli
impediva
di scoprirsi e lasciarsi andare. L’aveva fatto una volta
davanti ad
Andrew, non ci era più riuscito e l’idea di
rifarlo lo
gettava in quel pozzo chiamato panico. Non sapeva proprio come
reagire a tutta quell’ira giusta di Charlotte. Cosa dirle?
Cosa gli
chiedeva di fare? Di gettare la sua maschera, buttare giù il
muro, scendere dalla torre che si era costruito. Farlo in quel
momento solo per lei. Una volta per sempre.
Da solo non ci sarebbe
riuscito. Non da solo.
E rivisse tutta la sua vita, il momento di
massima sofferenza per la madre, l’allontanamento da suo
fratello,
le spalle di suo padre, le umiliazioni derivate dagli sbagli che
sempre quell’uomo faceva uno dopo l’altro, i
compiti che ormai
adempiva al posto di chi di dovere, essere cresciuto troppo in
fretta, solo i doveri da nobile, doveri stupidi ed inutili che non
servivano per vivere, parole mai dette, solitudine sempre
più
forte… e l’unico spiraglio di luce, in tutto
quello, era stato il
ritrovamento di suo fratello pochi giorni prima. L’unica cosa.
Ora
doveva valutarsi, accettarsi e cambiarsi per affidarsi a qualcuno
senza sapere se ne sarebbe stato all’altezza… se
sarebbe finito
tutto in successo o avrebbe sofferto ancora.
Cambiare e
aprirsi.
Non ce l’avrebbe fatta.
Era maturato aiutando i suoi
familiari sempre nei guai nonostante la sua giovane età ed
ora
che si trattava di lui non sapeva come fare, non aveva mai pensato di
avere dei problemi, era sempre andato avanti pensando a quei famosi
doveri, senza chiedersi, come aveva fatto Andrew, se per lui c'era
dell'altro nel mondo o se era tutto lì. Si era detto che era
nato lì e stop, gli bastava. Non aveva cercato altri luoghi
d'appartenenza e finché non era arrivato nessuno a
rivoluzionargli l'esistenza, tutto era andato per il meglio. Ora,
però, qualcosa era cambiato, quella famosa rivoluzione era
arrivata e rispondeva al nome di Charlotte e lui era caduto nel
caos.
Caos.
Lei continuò a scuoterlo per ottenere delle
reazioni, la mandava su tutte le furie quella sua calma neutrale, poi
l'aveva visto. Una breve luce negli occhi che subito aveva chiuso
stretti, con un gesto secco delle mani l'aveva staccata da
sé
e di nuovo lì, davanti a lei, si era richiuso ancor di
più
proteggendosi il volto con le mani, senza piangere, solo per non
farsi vedere, solo per tenere per sé le sue reazioni, i suoi
dolori, i suoi dubbi, i suoi limiti.
Solo
per non farsi vedere umano e fragile.
Lei
si
era fermata come in un blocca immagine e l'aveva fissato
esterrefatta.
"Mio
Dio, che ho fatto? Ho ottenuto l'effetto opposto... e ora che
faccio?"
Si disse
solo questo senza avere altro da dire a voce se non un tremante:
-
Will... -
"Allora
sbagliavo... il passo che va dall'esprimere i propri problemi ad
affrontarli è così lungo? Credevo che dopo quello
scoppio con Andrew sarebbe andato tutto meglio, sarebbe riuscito ad
aiutarsi e cambiare per non star più così male...
invece no.
Così
finisce per impazzire. Ccosa posso fare io?"
Veramente
non seppe che fare ma forse fu ispirata quella parola che
uscì
con un filo di voce dalle labbra di William. Forse fu ispirata da
qualcuno a cui il ragazzo stava a cuore e l'aveva sempre accompagnato
col proprio spirito per non lasciarlo mai solo. Era ispirata
perchè
lui non l'avrebbe mai detto. Mai. Ma suggerito da qualcuno di materno
e dolce si. Ecco perchè lo sussurrò:
- Aiutami...
-
Facendogli anche aggiungere successivamente:
- Da solo non ci
riesco... -
Questo fu come un pugno nello stomaco per lei che
rimase sotto shock a sentire quelle parole uscire proprio da lui. Lo
guardò un lungo istante realizzando che tutti, nessuno
escluso, avevano sempre sbagliato tutto.
Quel che fece
successivamente fu spegnere i propri ragionamenti di fuoco e fiamme e
avvolgerlo istintivamente in un abbraccio che inizialmente a William
parve molto materno. Smise di respirare aprendo gli occhi per
assicurarsi che fosse Charlotte ad abbracciarlo e non sua mamma. A
trarlo in inganno furono molte cose, il profumo, l'alte9898zza, il modo
in cui veniva avvolto… e anche la sensazione, la stessa che
provava
da piccolo quando lei
lo consolava. Sperò un attimo che fosse tornato indietro il
tempo ma quando vide proprio Charlotte, improvvisamente
cambiò
il profumo che aveva sentito e con esso tutte le altre sensazioni
rendendosi conto che era solo la ragazza a stringerlo e non sua
madre. Tornò quindi a respirare e senza bisogno di piangere
ricambiò quasi arrendendosi a lei e ai suoi stessi
sentimenti,
capendo che non era da solo a dovercela assolutamente fare in quella
vita che gli era capitata.
Era giusto credere che non si poteva
scegliere dove nascere e che a qualcuno capitava nel luogo
appropriato ed altri no, ma era altrettanto giusto capire che
qualunque tipo di vita si vivesse e come, importante era non farla da
soli, saper chiedere aiuto e trovare qualcuno con cui camminare per i
propri sentieri, facili o difficili che siano.
- Ci sono...
-
Rispose lei rendendosi conto fino a che punto arrivava il
sentimento per lui. Veramente non avrebbe mai pensato che la
situazione si sarebbe risolta in quel modo, ma ugualmente le
sembrò
tutto giusto e adatto. Si disse che ognuno aveva ormai scelto le
proprie vie da percorrere e dopo l'annuncio che Kohia, il gemello
malato di Ilyr, sarebbe stato operato nella clinica di famiglia di
Drew e quindi accolto in casa dallo stesso per il periodo di
convalescenza, tutti in cuor loro avevano saputo che Andrew aveva
scelto la sua, di strada. Aveva capito a quale luogo appartenere e
approfittando della partenza per la 'vacanza' di Ilyr, gli si era
aggregato per il suo giro intorno al mondo, sempre per seguire la sua
vita.
Già, lo pensarono insieme... ormai mancavano solo
loro due a scegliere ed ora che avevano deciso di provare a camminare
insieme seguendo i loro doveri nel modo in cui ritenevano
rispettivamente giusto, tutto era andato a posto.
Ora tutti i
frammenti di quel puzzle che prima erano messi in disordine, erano
ben sistemati al proprio posto e si poteva cominciare a costruire il
successivo.
Anche se in effetti, bisognava dirlo, ormai erano
facilitati visto che non erano più tanti individui che
vivevano in solitudine, bensì tanti frammenti uniti che
collaboravano vicendevolmente. Così vivere sarebbe stato
decisamente meglio.
Qualunque fossero poi le scelte.