CAPITOLO VII:
COME VOLEVASI DIMOSTRARE
/We're no here -
Mogwai/
- Ma se è davvero quello
che abbiamo supposto si tratterebbe di un disastro senza precedenti.
– Stava dicendo Tony mentre guidava la propria auto
diretto nel posto da loro deciso.
- Già. Però dai
dati che abbiamo raccolto, tirando le somme, non è una cosa
campata per aria! L’hanno detto anche gli scienziati pazzi
che c’erano informazioni e progetti per un numero
spropositato di bombe. I mezzi per farlo ce l’hanno!
– Rispose Colby con la mente completamente rivolta al caso,
estremamente serio e preso.
- Anche da quel che ha trovato Garcia
sembra che tutto combaci. Esattamente due mesi fa hanno fatto quelle
assunzioni e i loro file risultano in qualche modo rovinati.
– Fece eco Morgan gesticolando sbrigativo componendo
anch’egli il puzzle.
- Non abbiamo prove dirette e ci
basiamo su un intuizione che sembra possa combaciare con tutti i dati
che abbiamo, dobbiamo stare attenti quando andremo da loro e far leva
soprattutto su come reagiranno. – Riprese Tony calato
professionalmente nei panni dell’agente federale.
Era strano vederlo così,
dopo tutto non era ancora stato serio da quando lo avevano incontrato,
ma capirono che la situazione lo richiedeva davvero. Lì
videro in lui molto del suo capo e si chiesero se non nascondesse
ancora altre sorprese.
Loro non potevano certo saperlo ma era
vero che l'influenza di quello che era il suo capo e uomo da molti
anni, ormai si vedeva bene.
Non se ne rendeva conto, si limitava a
dire la cosa più sensata che gli passava per la mente senza
accorgersi che era ciò che avrebbe fatto presente Gibbs.
- Ragazzi, non c’era nessuno
nella sede, avevano già tolto tutte le bombe. Significa che
hanno piazzato tutto e che sono pronti. – Fece notare allora
Colby che per gli interrogatori non si dava mai problemi dal momento
che i suoi finivano sempre in inseguimenti!
- E’ oggi. Non
può che essere oggi. – Lo sorresse Morgan
anch’egli convinto del fatto. Il viso sempre più
grave immaginando quanto sarebbe potuto succedere.
- Si, ma se non è come
pensiamo e prendiamo un buco nell’acqua ci ritroviamo ad aver
perso tempo e poi i nostri capi perderanno le nostre teste dopo
avercele staccate! - Tony continuava sorprendentemente a far leva su
questo quesito come se improvvisamente non gli premesse più
impressionare gli altri ma bensì fare le cose come si
dovevano. E non gli era mai successo!
- Stiamo facendo un controllo senza
averli nemmeno informarti. Se è come diciamo noi avremo
subito bisogno di rinforzi mentre se non lo è ne avremo
bisogno lo stesso perché quelle bestie non saranno gentili.
- Fece eco Morgan rendendosi conto che non aveva torto. Lui lo sapeva
bene ma la sua caratteristica principale era proprio
l'individualità alla quale tendeva nei momenti critici.
Teneva così tanto alla sua squadra che preferiva finire lui
da solo nei guai piuttosto che trascinarci anche gli altri che gli
stavano accanto.
Specie Reid che cercava di proteggere
molto più di tutti.
Ovviamente le bestie erano i loro capi
e non si era riferito tanto al suo quanto agli altri due che aveva
subito perfettamente inquadrato!
- Quando uno dei suoi uomini fa di
testa propria senza avvisarlo, Don non lo sopporta. Sia che vada bene
sia che vada male, poi sbrana di brutto chi ha osato tanto.
Prepariamoci in ogni caso al peggio. - Concordò allora Colby
riflettendo sui modi poco ortodossi di condurre la sua squadra. In
effetti, a pensarci, Don lasciava loro sempre poca libertà
considerando che quando agivano di testa loro senza avvertirlo ed
aspettare un suo 'ok', poi spesso e volentieri li riprendeva. E quando
si limitava a riprenderli e basta era anche bene. C'erano volte in cui
relegava il malcapitato a rispondere al telefono per settimane, in
punizione!
Le sue urla di quando si infuriava con
uno dei suoi agenti le sentivano tutti sia nel piano che negli altri.
Non era la persona più comprensiva del mondo e questo
perché non solo pensava che senza di lui il mondo potesse
crollare, ma perchè quando sarebbe successo sarebbe dovuta
essere unicamente colpa sua. Era un modo per sollevare il
più possibile la sua squadra da tutti i pericoli possibili
che facendo quel lavoro potevano incorrere. Certo sapeva che non
avrebbe potuto proteggerli davvero da tutto e per sempre, ma
ciò che era nelle sue possibilità lo faceva.
Ed era bello venir salvato in extremis
da lui il più delle volte... avere la certezza che in
qualunque casino ci si sarebbe cacciato, lui ci sarebbe stato ad
aiutarlo.
Era davvero bello.
Solo per questo Colby si permetteva di
fare spesso di testa sua rischiando consapevolmente grosso, preferendo
piuttosto le sue urla ad un nulla di fatto in un indagine importante.
- Ma io spero che il peggio in cui ci
imbatteremo oggi siano i nostri capi, perché se abbiamo
ragione non dovremmo essere qua solo in tre… dovremmo anzi
agire prima di subito! – Concluse infine Tony indeciso se
chiamare Gibbs o meno. Con la mano già sul cellulare, per
seguire di nuovo una delle sue intuizioni dell’ultimo
istante, notò di essere arrivato a destinazione
così parcheggiando lasciò perdere il telefono
scendendo insieme ai due colleghi che, senza pensarci un attimo, si
erano avviati decisi all’interno dell’aeroporto
internazionale di Washington. (dunque… ci sarà un
aeroporto là, no? NdAka)
- Si, ma per farcela devono essere
davvero bravi, dannazione… con tutti i controlli che ci sono
per ogni aereo! -
- Se sono loro quelli che fanno i
controlli e che sistemano ogni aereo assicurandosi che siano a posto
è più che possibile! –
Stavano commentando fra loro Colby e
Morgan dimentichi, tanto per cambiare, dei vari protocolli, Tony li
seguiva grattandosi nervoso la nuca.
Qualcosa non andava.
Non avrebbero in ogni caso dovuto fare
da soli unicamente per vendicarsi di come erano stati trattati.
Lì per lì era
stato il primo a pensare che se lo meritavano, ma poi al momento del
dunque il non averne parlato con Gibbs non gli piaceva, gli lasciava
addosso un profondo fastidio.
C’erano state molte volte in
cui aveva agito a sua insaputa per seguire il suo istinto, a volte era
andata bene, altre male, ma l’aveva fatto.
Ora era la stessa cosa, anche se non
proprio uguale.
“Dai, è solo un
controllo. Nulla di più. Magari ci sbagliamo e non
è nulla.”
Giunti in prossimità del
punto di collisione, fu lui a fermare gli altri due che ancora
parlavano delle varie possibilità, quindi serio e
concentrato disse come fosse un capo:
- Siamo qua solo per controllare.
Indaghiamo discretamente senza far capire a cosa puntiamo. Una volta
trovato qualcosa chiamiamo gli altri. Devono ancora pensare che tutte
le forze dell'ordine siano impegnate col killer di marine. –
Erano cose ovvie che anche loro sapevano e che non avrebbero certamente
dimenticato, il piano era quello naturalmente, non avrebbe avuto
bisogno di dirlo eppure si sentì di ricordarlo.
Come se il problema potesse essere
loro…
Quando il gruppetto dei geni ottenne
dei risultati non trascurabili chiamò quello dei capi,
anch’essi impegnati in prossimità di una risposta.
Riuniti di nuovo quasi tutti nel
laboratorio di Abby dove coi suoi soliti modi fantasiosi aveva
continuato il suo lavoro adorando al contempo Charlie, lui, Reid e
McGee iniziarono l’esposizione di ciò che avevano
nuovamente scoperto.
Un passo.
Si trovarono tutti ad un passo dal
capire di cosa si trattava, ma un tassello, l’ultimo,
continuava a mancare.
Quello che avevano trovato i tre che
non c’erano all’appello, coloro che di norma erano
sempre i più in sincronia coi criminali.
Finita quella che era sembrata una
lezione di matematica a cui non tutti erano ancora abituati, e che
pochi effettivamente capirono nonostante gli aiuti di Reid e di McGee,
fu Hotch a tirare i fili dal momento che era quello più
calmo e lucido.
Don continuava ad andare su e
giù per la stanza affollata passandosi una mano fra i
capelli e Gibbs, fermo, pensava alla stessa identica cosa.
- Qualcosa ci sfugge. –
Borbottò alla fine senza alzare gli occhi dal pavimento. Gli
altri lo guardarono ma solo suo fratello rispose capendo al volo
ciò che voleva dire:
- E’ vero. Sembra come se
manchi qualcosa. Abbiamo progetti di bombe e di molte cose ma ci manca
quello in cui intendono piazzarle. –
- Deve esserci qualcosa in quel
laboratorio che ci è sfuggito. – Concluse Reid
concorde col suo collega. Avevano raccolto tutto, ma forse qualcosa era
passato inosservato. Doveva essere così.
- I progetti di quel che vogliono
colpire. Quando fai un piano simile studi bene il posto che prendi di
mira. - Li seguì a sua volta McGee perfettamente consapevole
di ciò che mancava.
- Devono essere ancora là.
- Disse allora Don fermando la sua camminata nervosa e scoccando un
occhiata decisiva a Gibbs che ancora non aveva parlato. Non chiedeva
nessun parere e nessun permesso ma gli venne da guardarlo, come avesse
intuito che comunque qualcos’altro non andava oltre a quello
che avevano detto.
Anche lui aveva quella sensazione ma
non riusciva più ad orientarsi in tutto quello che stava
succedendo in fretta.
Una nota fastidiosa che gli ronzava
nella testa e che non lo mollava alimentando quella pressione che
continuava a schiacciarlo di volta in volta.
E proprio come Don aveva immaginato,
fu Gibbs ad arrivarci.
A Gibbs non era sfuggito il punto
nodale della questione.
Si guardò intorno come a
contare tutti i presenti e a cercare il viso di uno nello specifico,
quello che a quel punto con una sua trovata stramba
dell’ultimo momento riusciva a trovare la risposta decisiva
sorprendendo tutti.
Quello che aveva sempre una risorsa
più del diavolo e che riusciva a fare la differenza..
- Dov’è Tony? -
In condizioni normali l’avrebbe chiamato Di Nozzo, ma
lì non ci pensò minimamente a ciò che
era meglio o no.
Gli venne spontaneo per nome.
Tutti si girarono a guardarlo stupiti
dal sentirgli fare quella domanda, quindi di seguito furono
precisamente Reid a chiedere di Morgan e Don di Colby, notando anche le
loro assenze.
Stavano ancora guardandosi
interrogativi, inspiegabilmente stupiti della loro assenza come se
fosse strano, cosa che andando per logica non avrebbe dovuto esserlo,
quando Ziva entrò trapelata e con aria grave disse guardando
diretta Gibbs:
- Capo, c’è un
problema! - E dalla serietà con cui lo disse, tutti capirono
all’istante di cosa si trattava.
Infatti nel medesimo istante, proprio
come se si fossero messi d’accordo, Gibbs, Don e Reid alzando
gli occhi al cielo con espressione tirata ed esasperata, dissero
rispettivamente i nomi di Tony, Colby e Morgan.
- Già… sono
spariti. Non si riescono a rintracciare da nessuna parte. Ho chiamato
poco fa Tony per sapere dove fosse visto che non era qua e mi ha
risposto agitato dicendo di chiamarti che era nei guai. Però
poi è caduta la linea subito e i cellulari di tutti loro,
che penso fossero con lui, sono irrintracciabili! - Spiegò
sbrigativa Ziva preparandosi alle ire funeste del capo.
Gibbs e Don infatti imprecarono allo
stesso modo a denti stretti mandando mentalmente mille accidenti ai
rispettivi agenti, mentre tutti e tre borbottarono di nuovo
sull’arrabbiato andante:
- Sempre lui! - In realtà
avrebbe dovuto dirlo Hotch in quanto capo di Morgan, ma oltre a sapersi
controllare meglio degli altri aveva un coinvolgimento sentimentale
diverso. Hotch di suo non dimostrava comunque mai quel che pensava e
provava, difficilmente si arrabbiava anche se era certamente una
persona molto sbrigativa che non perdeva mai tempo.
Gibbs, dal canto suo, se avrebbe
potuto strozzare Tony l’avrebbe fatto volentieri, piuttosto
che vederselo tornare a pezzi!
Come poteva essere che nel momento
clou di un indagine dannatamente difficile ed allucinante come quella,
lui sparisse senza lasciare tracce, dicendo solo che era nei guai?
E lui cosa doveva fare, ora?
Una magia?
Per chi diavolo lo prendeva?
Doveva per forza fargli perdere anni
di salute in quel modo?
Ma mentre per lui era chiaro il motivo
di quell’esplosione interiore e di quel sentirsi
così esageratamente male, poiché sapeva di amare
Tony, per Don e Reid non fu così facile.
Stare male, sentirsi togliere il
respiro ed il cuore accelerare impazzito e ripetersi di stare calmi
poiché sono agenti molto in gamba abituati a situazioni
simili, dirsi che per loro il rischio non era un problema e se
c’era qualcuno che se la poteva cavare bene anche da soli,
erano proprio loro... eppure sapere razionalmente qualcosa non
significava tenere sotto controllo anche quella valanga di emozioni che
velocissime li avevano colpiti con la potenza di un carro armato.
E non capirono perché stare
così male!
Ami qualcuno senza saperlo e quando
gli succede qualcosa la prima cosa che fai è negare
l'evidenza. Aggrapparti al fatto che chi ti ha dato la notizia si
sbaglia. Poi successivamente, quando capisci che invece è
così, preferisci non pensarci e non parlarne
poiché farlo significherebbe crederci troppo e dover fare i
conti con una serie di altre cose chiamate sentimenti. Coloro che ti
fanno stare così male.
Allora arrivi al punto in cui ti
chiedi perché diavolo stare così male? Sono
persone come altre, se la sono sempre cavata, riusciranno ad aiutarli
anche quella volta...
Ma non è quello il punto, o
no...
Il punto è che ogni volta
è sempre diversa. Stai sempre più male.
Quando succede qualcosa a LUI tu ti
senti sempre peggio fino ad arrivare al limite, al punto massimo in cui
non puoi più far finta di nulla, non puoi più
ignorare che stai da cani e che non è normale sentirsi
così per qualcuno.
Che ci si sente così solo
se ami.
Ed allora te lo dici ma hai paura
anche solo di realizzarlo velocemente.
Se lo fai significa che ora stai per
perdere la persona più importante della tua vita e non vuoi,
non puoi affrontare già quel momento. Non è
possibile scoprire di amare qualcuno e dover già fare i
conti con la sua separazione.
Per cui prima di dirtelo e basta, di
dirti che lo ami, aspetti di riaverlo davanti a te.
E lotti.
Lotti come un matto per riaverlo,
lotti come non hai mai fatto, andando contro ad ogni legge se serve, ma
facendo di tutto per poterglielo dire tu stesso.
Per Don era orgoglio, un caratteraccio
davvero troppo duro con sé stesso e difficile, per Reid
ottusità e chiusura a quello che era un mondo semplice ma
contorto allo stesso tempo.
Per entrambi, però, vivere
i propri sentimenti, era sempre stato un dramma.
Certo la situazione di Don e Colby era
ulteriormente diversa da quella di Morgan e Reid che non avevano ancora
avuto alcun contatto in quel senso. Gli altri due il contatto l'avevano
avuto eccome.
Un contatto molto caldo ed
incontrollato subito dopo che Colby si era ripreso dalla sua quasi
morte ed era tornato in squadra.
La notte in cui si era trovato a dover
scegliere dove andare, se di nuovo nella vecchia squadra oppure
lì dove aveva lavorato sotto copertura per due anni, prima
di andare via dall'ufficio Don gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto
riaverlo nella sua squadra, cosa che aveva creduto di sognare dal
momento che non si sbilanciava mai in quel modo. Poi si era visto
capitare in casa proprio lui in piena notte con una strana espressione
e dicendogli che voleva davvero che tornasse, avevano finito per fare
sesso. Solo quello.
Dopo d'allora non avevano avuto altri
contatti simili se non qualcosa che ci era andato molto vicino
parecchie volte, però non si erano chiariti e lui
semplicemente era tornato in squadra.
Eppure qualcosa da chiarire, ora lo
sapeva anche Don, c'era davvero.
"Non voglio che non torni
più di nuovo. Se mi fa ancora questo scherzo giuro che lo
trovo ovunque sia e in qualunque stato è, lo ammazzo!"
Una sorta di preghiera, probabilmente,
a modo suo.
- L’hanno combinata grossa
questa volta… - Disse Abby dopo aver trovato il segnale dei
loro cellulari staccato proprio come aveva detto Ziva, e aver tentato
un paio di altre tracce a vuoto. Sapeva che non era ora di scherzare e
anche lei era onestamente preoccupata per Tony a cui era
particolarmente affezionata.
Inoltre era certo uno spreco perdere
due belle presenze come Colby e Morgan!
- Su cosa lavoravano? - Chiese Hotch
tornando primo fra tutti a ragionare freddamente. Rendendosi conto che
non ne avevano idea, McGee si inserì seguendo un idea del
momento e spodestando Abby svelto dalla tastiera, si mise a fare una
veloce ricerca sulle chiamate che avevano fatto da lì
all’ultima ora.
- C’è Morgan che
ha chiamato solo il vostro ufficio informatico… - Disse
allora senza sapere se potesse essere utile o meno.
- Richiamalo! - Rispose Hotch
immaginando che Garcia avrebbe potuto avergli dato qualche pista da
seguire.
Nella speranza che fosse proprio
così, un Reid che cominciava a paralizzarsi
all’idea di cosa fosse successo a Morgan, un Don con il
desiderio di spaccare qualcosa e un Gibbs con un fortissimo istinto
omicida verso il proprio uomo, attesero impazienti di scoprire qualcosa
di utile.
“Io lo ammazzo questa
volta… “
Pensarono all’unisono
nuovamente tesi e sempre più nervosi.
Arrivati coi rinforzi dovuti in
aeroporto, dopo aver segnalato il probabile pericolo, ritrovarsi
davanti all'auto di Tony senza nessun'altra loro traccia in tutto
l'enorme e spazioso posto, aveva ingigantito di molto la rabbia e
l'ansia che li divorò facendoli reagire davvero male.
Sbattendo la portiera del veicolo,
dopo aver appurato che dentro non c'era nemmeno un biglietto o un
indizio, Gibbs quasi la ruppe, quindi con forza e ira crescente
colpì il tetto del veicolo con il palmo della mano
accompagnato da un ringhio incomprensibile. Un latrato quasi.
- DOVE DIAVOLO SONO?! -
Gridò invece Don arrivandogli incontro come una furia, con
braccia larghe ed un espressione tempestosa.
Ecco una delle sue famose sfuriate che
però avrebbe dovuto trattenere ancora poiché gli
interessati non erano presenti.
Farla ad un suo pari non avrebbe avuto
certo senso.
I due uomini con eguale furore negli
occhi e nelle espressioni che mettevano paura, si fissarono in cagnesco
senza provare nemmeno un lontano conforto nel trovarsi davanti ad una
propria copia quasi perfetta.
Nessuno dei due era più o
meno arrabbiato dell'altro e l'agitazione che li pervadeva era alla
pari. Lì si guardarono di nuovo e si videro sullo stesso
piano, sentendosi però non molto meglio per quello.
Avere innanzi uno all'altezza della
situazione non aiutava comunque molto.
Fu un attimo breve in cui entrambi
strinsero le labbra esasperati per trattenersi ed un respiro marcato
uscì dalle gole come una sorta di ringhio.
In un attimo intorno a loro ci furono
anche Hotch, Ziva, Reid, Charlie e McGee, mentre tutti gli altri agenti
di rinforzo chiamati setacciavano al millimetro la zona.
Ovviamente degli uomini che erano
venuti a controllare gli altri tre fenomeni nemmeno una traccia.
Misteriosamente spariti.
- Non ci sono. Devono averli scoperti
e portati via di qua! - Disse allora il capo dei profiler freddo,
razionale e deciso.
- Sono tre agenti in gamba, non
possono esserci riusciti come niente fosse! Qualcuno deve aver notato
qualcosa! - Fece Ziva convinta che non potevano semplicemente essersi
volatilizzati. Già l'idea che non se la fossero cavati da
soli come il più delle volte riuscivano a fare, la diceva
lunga su chi li aveva presi.
- Va con McGee a interrogare la gente!
Chiunque, non me ne frega da cosa iniziate! Andate e trovate qualcosa
di utile! - Ordinò subito Gibbs senza perdere altro tempo.
Le mani puntate sui fianchi, la schiena dritta e i muscoli tesi.
Esattamente come Don.
- Io e Reid torniamo alla loro base a
cercare la parte mancante, qualunque cosa che ci aiuti a capire dove
possono essere andati, un magazzino, un secondo ritrovo, qualunque
cosa. - Si inserì subito dopo Hotch scambiandosi uno sguardo
diretto e penetrante con gli altri due capi che ricambiarono senza
muovere un solo muscolo, in un muto assenso.
- Charlie, va con loro. Cerca di fare
qualcosa con... - Ma Don non dovette finire la frase poiché
il fratello aveva capito perfettamente cosa voleva da lui,
così annuì e seguì all'istante gli
altri due agenti già avviati mentre nella sua mente si
formava una domanda riguardo lui e Colby.
Era certo di non aver mai visto Don
così fuori di sé per qualcosa che riguardava il
suo agente... non dopo il casino che aveva fatto mesi prima fingendo di
aver tradito tutti, scoprendosi poi sotto copertura e dalla loro parte.
Quella volta Don si era rivelato
davvero ossessionato da lui fino a che non aveva stupito tutti
fidandosi nonostante tutto di quello che improvvisamente si era
rivelato una spia agli occhi dell'interno Paese, senza sapere se
potesse effettivamente farlo. Solo perchè Colby gli aveva
chiesto aiuto rivelando che avrebbe ormai messo la propria vita solo
nelle sue mani!
Rimasti soli di nuovo, i due agenti
supervisori, sempre con la medesima terribile espressione di morte per
chiunque si sarebbe frapposto sul proprio cammino, cominciarono ad
avviarsi veloci e spediti verso l'interno:
- Qualunque cosa sia successa ormai
avranno avviato il loro progetto. -
- Dobbiamo fermare il disastro. -
- Bloccare tutti i voli e far
atterrare immediatamente quelli già decollati, porre sotto
controllo completo gli aerei, mettere al sicuro la zona... -
- Non abbiamo prove che sia come
diciamo, non ci lasceranno fare una cosa simile... -
- Certo, le prove saranno gli aerei
che esploderanno in volo con tutti i passeggeri a bordo! - A questo
punto un lampo attraversò la mente di Gibbs pronta e
reattiva alla ricerca di qualche intuizione da seguire. Si
fermò all'istante e come se ci vedesse tutto chiaro e
nitido, disse: - Oh merda! - Don si fermò a sua volta e si
girò a guardarlo interrogativo e sempre
più nervoso: - Non li avranno mica messi su uno di quei voli
che esploderanno! - L'idea che potesse essere davvero concretamente
così, fu per loro qualcosa di ben peggiore dell'attentato
stesso.
Quando lì i loro occhi si
fissarono rispecchiando la medesima consapevolezza e paura, paura di
perdere la persona più importante, il tempo si
fermò pugnalandoli nel momento in cui realizzarono la
verità successiva:
- Il volo sarà
già partito! -
- Sempre che sia solo uno e non li
abbiano divisi! Dannazione! Dobbiamo impedire a quelle bombe di
esplodere! - Come se potessero avere una bacchetta magica e fare il
miracolo.
Come se fossero gli eroi di sempre e
bastasse capire come stavano le cose per metterle a posto in un attimo.
Come se avessero i poteri di sistemare
tutto.
- Non abbiamo prove di questo disastro
ma loro non lo sanno e non devono saperlo o non faranno mai quel che
vogliamo! - Sebbene fosse stato Don a dirlo, dimostrando ancora una
volta l'insana intenzione di calpestare nuovamente le regole per
ottenere quel che contava, Gibbs si trovò perfettamente
concorde e senza aggiungere altro corse dentro con l'altro.
Fare in tempo, con qualunque mezzo, in
ogni modo possibile.
Era questo tutto ciò che
premeva ad entrambi.
Solo questo.