INTRAPPOLATO NELLA RETE
/Black Rebel Motorcycle
Club - Rifles /
“Sai una cosa, Gibbs?
Sono finito in
una rete terribile, una di quelle reti contorte ed intricate,
impossibili da distruggere con un semplice taglio… ma me ne sono reso
conto troppo tardi.
Posso dire che
non avevo nessuna intenzione di arrivare a questo punto, peccato che
questo non diminuisca la gravità di ciò che ho fatto.
Ho sbagliato su
tutta la linea ed è una verità innegabile, se tu fossi diverso tenterei
di spiegarmi, ma io ti amo anche perché sei così irremovibile, rigido,
duro ed assoluto.
So
perfettamente quale sarà la tua reazione, so cosa mi dirai, so cosa
succederà e nonostante questo mi faccia venir voglia di tirarmi
indietro, so che non posso.
Lo so proprio
perché ti amo.
Non posso
cancellare ciò che ho fatto, non posso rimediare in alcun modo, però
l’onestà è tutto ciò che mi rimane e a questo punto, anche se mi costa
tantissimo, devo farlo.
Devo.
Forse questa è
l’unica cosa giusta che farò in tutta questa maledetta storia.
Questa rete
ormai mi ha immobilizzato e non c’è verso di uscirne fuori senza ferire
nessuno e se proprio devo dirtelo, lo farò a modo tuo anche se mentre
ti seguo a casa non posso fare a meno di rivedermi in questa maledetta
storia.
Quando prima è
venuto fuori il viso di quell’uomo legato alla Granuille, mi è venuto
un colpo. Mi sono bloccato di botto e per un momento una strana canzone
mi suonava in testa.
Non riuscivo ad
identificarla, sono certo che non è fra le mie preferite, ma il
concetto mi deve essere rimasto.
La frase si
ripeteva all’infinito.
Tutto ciò che
fai torna indietro.
Il viso di
quell’uomo, conosciuto poi come Kort della CIA, mi ha schiaffeggiato
brutalmente facendomi aprire gli occhi.
La mia enorme
rete di menzogne cominciava a crollare.
Quello era solo
l’inizio ma io sapevo bene cos’altro c’era pronto a cadere giù, lo
sapevo benissimo eccome…
Dopo che tutta
la storia della Granuille è venuta fuori, sono venuto a tastare il
terreno con te, ti ho seguito in bagno e pieno di imbarazzo ho provato
a scusarmi per averti nascosto tutto.
Ero in una
situazione sempre più brutta e per un unico semplice fatto.
Ho cercato di
scusarmi con te e non con gli altri della squadra non perché sei il mio
capo, bensì perché stiamo insieme.
Quando ho visto
il tuo sguardo pericolosamente controllato così come ogni tuo gesto e
parola, ho capito che quella calma era solo apparente e che dentro di
te c’era una di quelle delusioni pronte a colpirti brutalmente.
Esagerato,
vero?
Normalmente
tenere nascosto al tuo uomo che per mesi hai fatto missioni segrete per
il Direttore, non rappresenta motivo particolarmente grave di disfatta,
ma normalmente non si tiene nascosto al proprio uomo che la missione
principale è fingersi il fidanzato di una ragazza collegata con un noto
trafficante d’armi.
Potrebbe andare
bene se lo condividi con lui dall’inizio, non se glielo nascondi giorno
dopo giorno sperando che un miracolo ti tiri fuori da questa terribile
situazione.
Ma sai una
cosa, Gibbs?
Te lo avrei
detto se avessi avuto più coraggio, invece ora sono qua a doverlo fare
a modo tuo perché è giusto che sia così. Se lo facessi a modo mio,
però, ti direi che quando te ne sei andato dopo che hai rischiati di
morire e hai dimenticato anche me, l’unica cosa che mi ha impedito di
non mollare tutto ed andarmene lontano, è stata Jenny.
Ti direi anche
che quella sera ero andato da lei per rassegnare le mie dimissioni e
che poi abbiamo passato tutta la notte svegli nel suo studio a parlare
di te.
Te in tutte le
salse, tutti i modi in cui si possa parlare di una persona.
Come ti avevamo
conosciuto, i tuoi insegnamenti, i tuoi modi di fare, le tue regole,
gli episodi particolari legati a te. Abbiamo parlato così tanto di te
che alla fine ci siamo trovati davvero sulla stessa barca.
È stato unendo
il nostro dolore causato da te, che ce l’ho fatta il giorno dopo a
tornare in ufficio, sedermi alla tua scrivania e prendere il tuo posto.
Ho guidato la
squadra grazie a quella donna forte ed incredibile che ha continuato a
starmi vicino, non mi ha mai mollato, mi ha consigliato, mi ha
sostenuto, mi ha dato fiducia ed in cambio mi ha chiesto aiuto a
prendere l’ossessione della sua vita, il suo nemico primario, colui che
la tormentava da anni.
Non si è mai
aperta a me ma ho imparato a conoscerla abbastanza da capire quanto
fosse importante quell’uomo per lei.
Con tutto
quello che ha fatto per me ho voluto fare qualcosa io per lei.
Jeanne è stato
comunque solo un tentativo di dimenticarti.
Accettare di
impersonare il suo fidanzato per poter magari arrivare al padre era una
piccola vendetta verso di te, te che mi avevi lasciato senza nemmeno
una parola, senza spiegazioni, come se non fossimo nemmeno mai stati
insieme.
Lo ammetto, era
partita anche per questo, ma poi le cose sono cambiate. Oh, se sono
cambiate, dannazione.
Tu sei tornato,
ci siamo chiariti, ci siamo rimessi insieme, io mi sono ripromesso di
interrompere le missioni per evitare di rompere di nuovo quella tregua
appena raggiunta dopo le sofferenze…
Cosa è successo?
Poteva andare
bene… bastava andare da Jenny e dirle che non avrei più visto Jeanne.
Semplicemente.
Invece a quello
sguardo diretto e disarmante sono solo riuscito a pregare di mantenere
il segreto.
Mi sono
ripromesso di parlartene subito ma sono riuscito solo a non trasferirmi
di nuovo da te, come prima che te ne andassi.
Tutto qua quel
che ho fatto.
L’inizio del
gran casino.
Avrei dovuto
dirlo a Jenny e non ce l’ho fatta, a te e non ho fatto neanche quello
ed intanto il tempo è passato così, con quel fantasma fra noi che non
riuscivi ad identificare ma che ci divorava.
Come potevo
tirarmi indietro con Jeanne? Se non ho mollato lo dovevo a Jenny ma tu…
tu sei l’uomo che ho sempre amato.
Mi ripetevo in
continuazione che fingevo solo di stare con un’altra donna e che in
verità non c’era nulla, che era solo lavoro e che tutti i baci ed il
sesso non erano mai veri ma solo cattiveria per arrivare alla
Granuille, ma non mi sentivo meglio e mi sono intrappolato in quella
maledettissima rete di bugie e menzogne.
Quando me ne
sono accorto ho capito che era troppo tardi, non potevo rimediare.
Sono stati i
tuoi occhi in bagno a farmelo capire, quando te ne sei andato cercando
con tutto te stesso di trattenerti e non esplodere.
Ti ho fatto
male, vero?
Dopo tutto
quello che abbiamo patito per tornare insieme ho permesso che qualcosa
ci logorasse di nuovo.
È stata solo
colpa mia.
L’ho tradito.
L’ho tradito e
basta. Non importa quale sia il motivo.
I fatti dicono
che l’ho tradito ed il peggio è che lui ora sa solo una parte di ciò
che gli ho nascosto.
Sa solo che sto
aiutando Jenny a catturare la Granuille.
Non sa che
oltre alle missioni nelle quali ho incontrato Kort, c’era quella di
stare con Jeanne.
Non lo sa ma è
ora che glielo dica.
È ora che lo
faccia o non potrò più guardarlo, baciarlo, fare l’amore con lui.
Non potrò
continuare ad andare e venire in casa sua come niente fosse.
Sono il suo
uomo e lo amo, lo sto pugnalando ed il minimo è che ne sia pienamente
consapevole.
A questo punto
si merita la verità, anche se a suo tempo è stato lui a pugnalarmi
lasciandomi a quel modo. È successo, ci siamo chiariti, mi ha chiesto
scusa, l’ho perdonato, abbiamo ricominciato… ed in quel filo sottile da
equilibristi abbiamo camminato barcollanti cercando di non cadere di
nuovo, sperando che non si spezzasse più.
Ma ora sto per
romperlo io stesso.
È solo colpa
mia.
Non volevo ma
basterebbe dire che se tu non mi avessi lasciato non saremmo mai
arrivati a questo? Se non ti fossi dimenticato di me, se fossi rimasto
al mio fianco, se… se tutto fosse andato diversamente…
Vorrei solo
poter cambiare ogni cosa, lo vorrei davvero ma, porco cane, non posso
ed ora almeno le mie responsabilità le affronterò da uomo, cosa che non
mi sento più da quando lo inganno in questo modo.
So che mi
perdonerai solo una volta nella tomba, ma ti prego, non dubitare che ti
amo.
Ti prego.
Dopo quello che
abbiamo passato non puoi.”
“E’ diverso da
quando sono tornato e ci siamo rimessi insieme. Da quella volta ho
capito che le cose non sarebbero mai potute tornare come prima, ma
onestamente mi sono scoperto a sperare come un idiota che dopo tutto mi
potessi sbagliare, che non fosse così come mi sembrava anche se in
realtà ne ero sicuro.
Si diventa
proprio stupidi quando si ama.
Non capivo che
diavolo fosse, sapevo solo che c’era qualcosa che non mi diceva, non
riuscivo proprio ad inquadrare di che si trattasse, ma poi quando ho
visto la nuova intimità che aveva con Jen ho cominciato a pensare che
c’entrasse lei. Dopo di questo il mio maledetto istinto ha lavorato
incessantemente come un matto senza mai darmi tregua.
Una volta che
il tarlo mi si insinua nella testa, non se ne va più e scava fino a
creare dei solchi improponibili.
Tony mi
nascondeva qualcosa che non aveva il coraggio di dirmi, qualcosa in cui
c’entrava lei. Qualcosa di talmente importante da trasmettermi il suo
disagio mentre facevamo l’amore e da tacermelo.
Se fossi un
idiota avrei fatto finta di nulla illudendomi di sbagliarmi, ma vado
fiero di non esserlo e non ho iniziato certo allora.
Sparivano per
ore senza dire nulla a fare delle misteriose riunioni, non mi è mai
stato riferito niente e se fosse stato lavoro, in quanto capo di Tony
mi sarebbe stato riferito.
Lui la chiamava
con intimità e dolcezza, come se fosse… come se fosse davvero successo
qualcosa.
Io sono geloso
e possessivo, è risaputo, ma non mi invento le cose.
Specie quando
entro in lui e lo sento quasi spaventato, o quando lo bacio e non
riesco ad averlo davvero presente.
Davvero, avrei
preferito essere un idiota ma non essendolo ho cominciato a pensare a
cosa diavolo potesse essere, ho cercato di dare forma da solo a tutti i
tasselli mancanti e quando ho composto il mosaico non mi è piaciuto ciò
che ho visto.
Ho provato a
non crederci, ci ho provato con tutto me stesso ma dannazione, con Ziva
che mi tormentava preoccupata pensando che Tony avesse di nuovo la
peste polmonare, come diavolo potevo fare finta che tutto andasse bene?
Trattenermi
cercando di convincere Ziva che Tony aveva delle altre buone
motivazioni per nascondere qualcosa alla squadra, non mi ha aiutato per
niente. Sono andato contro me stesso.
Volevo non
crederci ed invece lei mi dava conferma che era lampante. Certo lei era
andata subito alla probabilità peggiore, ma io che stavo con lui sapevo
bene che non era malato.
È stata dura ma
quando le ho fatto chiaramente capire che evidentemente aveva un’altra
donna, bè, lì è stato terribile. Come se lo ammettessi per prima cosa a
me stesso, cosa che non avevo fatto veramente.
Contenere le
mie emozioni, i miei turbamenti, il mio nervoso, il mio dolore ogni
volta che era chiaro che Tony aveva quel misterioso segreto, è stato
sempre più difficile, la tortura peggiore.
Non so dire
come apparissi dall’esterno, se le mie espressioni fossero lo specchio
del logorio che mi portavo dentro, se la pesantezza che mi schiacciava
era evidente, ma mi sono trovato così, come un imbecille, a sperare che
si decidesse a darmi il colpo di grazia.
Un perfetto
idiota che quando ama non riesce più a fare ciò che è giusto.
Avrei dovuto
obbligarlo a parlarmi come faccio sempre, avrei dovuto spingerlo a
dirmi tutto subito ma la consapevolezza di aver sbagliato io per primo
ed averlo ferito, mi ha bloccato.
Sono stato io a
lasciarlo dopo che ho perso e ritrovato la memoria. L’ho lasciato senza
sapere che in realtà non avevo ricordato tutto e che mi mancavano dei
pezzi importanti e vitali, delle parti di me rimaste con lui.
Avevo
dimenticato che stavamo insieme.
Come ho potuto?
Non me lo
perdonerò mai nonostante lui ci sia riuscito. Non so come ha fatto,
davvero… io al suo posto non ci sarei mai riuscito. Non sarei tornato
con lui se mi avesse fatto ciò che gli ho fatto io.
Però mi ha
perdonato e mi ha accettato di nuovo.
Quell’equilibrio
così labile mi aveva riportato al nostro paradiso perduto e dopo
l’inferno che avevamo passato entrambi, ho voluto lasciare che il tempo
ci permettesse di abituarci, che tutto si ristabilisse, che noi stessi
ci sistemassimo.
Però non è
tornato a vivere con me.
Quando ho visto
che dopo settimane ancora non si decideva e che invece era strano, bè,
ho avuto la certezza che le cose non sarebbero mai più tornate come
prima.
Illuso, mi sono
detto.
Come ho potuto
credere di poter rimettere le cose a posto?
Quando qualcosa
si spezza, anche se si aggiusta, la rottura rimane.
Per ogni azione
c’è una reazione ed io mi sono sempre preso le mie responsabilità.
Ammetto che in
tutta questa maledetta storia la colpa è anche mia, ma non sono io ad
aver nascosto qualcosa di certamente importante alla persona che amo.
Quando è venuta
fuori la storia della Granuille, oggi, ho avuto la conferma dei miei
sospetti.
È così.
Qualcosa me
l’ha nascosta eccome, ma non si trattano solo di quelle missioni per
conto di Jen. Non è solo quello che mi ha detto.
C’è dell’altro,
ne sono certo.
Quando mi ha
seguito in bagno per scusarsi e capire quanto grave fosse quel che
aveva fatto, ho capito che sondava il terreno perché dietro c’era ben
di più.
Un ‘di più’ che
sta per crollarmi addosso.
Questa
sensazione mi tormenta ed è sempre più incombente.
Siamo arrivati
al punto.
Il nostro
paradiso ci sta sfuggendo di nuovo di mano.
Lo so.
Me lo sento.
Me lo sento
come mi sento molte altre cose che poi si realizzano, cose che non
vorrei riuscire ad intuire così bene, ma non posso farne a meno ed ora
che siamo finalmente a casa e che mi dirigo diretto nel seminterrato a
lavorare alla barca per scaricarmi, sento il nervoso salire alle stelle.
Devo aspettare.
Devo stare
buono.
Devo
trattenermi ancora, lasciargli tempo per esprimersi come meglio crede o
non lo farà di nuovo ed io non posso andare avanti così.
Non ce la farò
a lungo.
Questo suo
nascondermi qualcosa che so importante mi sta uccidendo.
So cosa mi dirà.
So che c’è di
mezzo un’altra donna e forse proprio Jen stessa.
Lo so bene.
Ma saperlo non
mi fa stare meglio per niente.
Vorrei che
l’esplosione non mi avesse risparmiato.
Mi verso da
bere il solito bourbon che però non tocco ancora e poco dopo che mi
sono messo a lavorare alla barca, Tony scende silenzioso, è così solo
quando deve fare una qualche confessione o ha qualcosa che non va.
Lo percepisco
sebbene non faccia nulla per farsi notare.
Mite si
appoggia al muro al solito posto, dove tante volte abbiamo litigato e
poi fatto pace.
Quello è il
posto giusto.
Respiro.
Devo ricordarmi
di respirare.
Faccio finta di
niente, continuo senza lasciar trapelare nulla da fuori.
È così, no?
Non gli arriva
niente di me, so bene di essere impenetrabile quando voglio, ma lui
dopo un paio di minuti passati ad osservarmi con aria colpevole, con
altrettanto sentimento nella voce, mi chiama in un sussurro.
- Dobbiamo
parlare. -
E’ ora. Ci
siamo.
Con ironia
marcata gli rispondo: - Dici? - che è più un ‘quando ti pare’.
Mi dimostro
apertamente seccato e so che questo non gli facilita il compito, ma
cosa pretende, ora?
Mi fermo e mi
alzo, quindi prendo il bicchiere di alcolico che mi ero preparato e lo
sorseggio con una lentezza che non ho mai avuto.
Lo fisso
penetrante, mi imprimo ogni parte di sé dentro.
Il suo viso
serio e colpevole, mortificato, in difficoltà, i suoi lineamenti che mi
sono sempre piaciuti e che piacciono a molti, la bellezza di cui è
padrone non è mai stata solo esteriore, però in pochi possono
innamorarsi di quella interiore poiché la nasconde con tutto sé stesso.
A me no, però.
A me l’ha
sempre mostrata.
I suoi occhi
azzurri ora sono profondamente velati di un dispiacere che non vorrei
vedere, specchi di quanto mi sta per far male ora.
Sospira, si fa
forza e mi guarda diretto.
Mi piace per
questo.
Sembra un
idiota ma ha le palle. Fa solo finta, a volte, di non averle, ma le ha
e quando serve le tira fuori. Non ho mai avuto dubbi.
Allora cos’è
che non ha funzionato, ora? Perché sei arrivato a questo punto?
- Non volevo
nasconderti le missioni per Jenny. - Esordisce male chiamandola
‘Jenny’, ma non muovo un muscolo. Rimango profondamente concentrato su
di lui e sulle sue parole. - Non ti ho ancora detto di quella
principale. È iniziato tutto quando tu non c’eri. - Lo sta per dire ed
io non voglio nemmeno sentirlo ma non ci si può tirare indietro. Non si
può. Ed allora colpisci, dannazione. - Gibbs, mi sto fingendo il
fidanzato della figlia della Granuille. - E potrebbe anche dire
qualcos’altro. Come può lasciare a me, ora, il compito di continuare?
Di reagire di
già?
Io che ora sono
di pietra e che non arrivo nemmeno a pensare qualcosa di sensato e
utile.
Cosa devo fare?
Cosa devo dire?
Stringo
convulsamente il bicchiere in mano, non muovo un muscolo. Aspetto.
Cosa?
Un miracolo?
Qualcosa in cui
ormai non credo più?
Siamo ancora
qua e devo fare quel dannato qualcosa.
Mi guarda pieno
di colpa negli occhi.
- Cosa ti
sembra che sia, questo? - La frase mi esce a stento e cela una
pericolosa rabbia pronta ad esplodere. Solo apparente calma. Profonda
follia.
Caos totale.
Pietra.
Respira ancora,
fa fatica quanto lo faccio io. Non si muove da là ed io non gli vado
davanti altrimenti lo disferei, si fa di nuovo forza e risponde con un
altro filo di voce, si sta assumendo finalmente le sue responsabilità.
- Un
tradimento. Possono esserci tutte le attenuanti del mondo, è solo
lavoro, una missione, qualcosa di falso, non vero. Però è così. Un
tradimento. Non volevo arrivare a questo punto ma non sono riuscito a
prendere le cose nelle mie mani prima. -
Parla così
perché sa che io la penso così.
Per lui ci
sarebbero delle valide giustificazioni, mille parole con cui spiegarsi,
ma sa che mi darebbero solo fastidio. Sa cosa dire per placarmi almeno
un po’, per mitigare per quanto possibile la mia reazione che cerco di
trattenere a tutti i costi.
Se non mi
avvicino forse non seguo questo tremendo istinto di mettergli
violentemente le mani addosso.
Se mi tengo
lontano forse ci riesco.
Così mi impongo
di rimanere così di pietra, di tirare tutti i muscoli del mio corpo, di
far diventare le nocche bianche intorno al bicchiere di bourbon, di non
respirare quasi per nulla.
Mi impongo, ma
quando mi rendo conto di dover aprire bocca e parlare, l’idea mi fa
rivoltare lo stomaco e la mia mente si rifiuta di mandarmi fuori delle
frasi sensate. Nemmeno sillabe. Nulla.
Il vuoto più
assoluto in me mentre la rabbia sta per esplodere.
Un’ondata sale
a dismisura mentre mi rendo conto che è esattamente quello che pensavo.
Un tradimento,
anche se non con chi pensavo.
Tony mi ha
tradito.
Tony mi ha
tradito, ingannato, raggirato e ci è riuscito solo perché lo amo,
altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta.
Quando queste
parole come litanie si ripetono all’infinito associate al mio dannato
dover dire qualcosa che non viene, quel caos mi divora di nuovo e senza
controllarmi più per un momento, un solo momento, scaglio forte il
bicchiere ancora pieno contro il muro distante da lui.
Avrei voluto
tirarglielo addosso, riempirlo di pugni, spedirlo all’ospedale.
Vorrei ma sono
qua ed i nervi non si placano.
L’odore forte
d’alcool si spande subito nell’aria mentre per terra si spargono i
vetri rotti.
Continuo a
fissarlo con l‘inferno dentro.
Solo questo la
mia coscienza mi rimanda di reale: i suoi occhi che fissano ancora i
miei. Occhi pieni di una colpa che non andrà mai via dal suo viso,
proprio come sono fatti i miei che sentono quella per averlo lasciato
mesi fa.
Io l’ho
lasciato a quel modo sbagliando e lui mi ha perdonato. Io posso fare lo
stesso?
Questa domanda
rimane senza risposta mentre i muscoli del mio corpo rimangono tesi
come ogni altra parte di me.
Stringo i pugni
lungo i fianchi, devo trattenermi ancora perché vorrei solo colpire
lui.
Lui che mi sta
facendo questo.
Lui che mi ha
tradito.
La persona che
amo è stato con un’altra ed è diventato reale nel momento in cui non è
riuscito a dirmelo.
Se me lo avesse
detto subito sarebbe stato diverso, ma così lo pone come un tradimento.
Un tradimento
che non so se riuscirò mai a perdonare.
L’idea di
doverlo fare mi fa impazzire, ma anche quella di lasciarlo, di stare
senza di lui, di averlo dovuto condividere con un’altra, di non averlo
più per me.
Ho perso il mio
paradiso perché non sono in grado di perdonare.
Dipende da me,
lo so, ma anche se è lavoro non ce la faccio.
Non ci riesco.
Mi ha tradito e
credo che riuscirò solo a ripetermelo all’infinito.
Dannazione.
- Mi dispiace.
Perdonami. - Le sue ultime parole sono quelle che non dimenticherò mai.
La
consapevolezza di ciò che ci aspetta ora si rispecchia di nuovo nei
suoi occhi chiari, belli eppure cupi.
La pietra
ancora in me.
Non dico nulla.
Non fiato nemmeno.
Quando se ne va
non ho ancora mosso un muscolo e onestamente non so quanto sto così.
Non ne ho idea.
So solo che
devo fare qualcosa ma non ce la faccio.
Qualunque cosa
mi risulta impossibile.
Sono ancorato
in questo posto, impietrito, solo.
Solo.
Se ne è andato.
È finito tutto.
Mi ha ferito.
Mi ha tradito e
forse se me lo dico ancora riuscirò a fare un dannatissimo qualcosa,
magari.
Qualcosa,
qualcosa, QUALCOSA!
Provo a
spostare gli occhi dal posto che ha lasciato vuoto, li giro sulla
stanza.
I vetri del
bicchiere per terra, il liquido che macchia l’angolo, la barca, gli
attrezzi, il solito disordine, un sacco di posti in cui abbiamo fatto
l’amore mille volte, dove siamo anche riusciti ad addormentarci, dove…
dove non staremo più…
E vivere ancora?
Come?
E muovermi?
Perché?
Non voglio, non
voglio, NON VOGLIO E BASTA!
Si è preso
tutto, tutto, non voglio andare avanti, non voglio continuare, non
voglio muovermi e nemmeno pensare.
Domani andare a
lavoro e vederlo davanti a me, sapere che cerca di arrivare al padre di
una ragazza di cui si finge innamorato, con cui va a letto, che cerca
di tenersi stretta. È lei che si tiene con sé, non io.
No, non voglio,
non voglio assolutamente rivederlo e nemmeno ricominciare senza di lui.
Sono pronto a stare qua per sempre, non me ne frega.
Quando torno a
guardare il posto in cui fino ad un momento fa era, la visione di noi
due che ci mettiamo insieme dopo un doloroso litigio furioso,
piangendo, mi pugnala crudelmente.
Non ci sarà più
niente di tutto quello.
Niente.
NIENTE!
È a questo
punto che senza pensarci un istante afferro la bottiglia di bourbon dal
tavolino accanto a me e la scaglio contro il muro, esattamente nel
punto in cui era lui un attimo fa.
Là si rompe in
mille pezzi, il liquido ambrato schizza ovunque spandendo di nuovo
quell’odore, ora più forte di prima.
Tutto si riduce
ad uno schifo esattamente come sono io ora, però questo scatto d’ira
violento non basta. Nulla basta.
Nulla basterà
mai.
Nulla.
Perché non c’è
un modo per non stare male davanti a questo.
Tony mi ha
tradito.
È finita.
Finita…
Dio… sto male.”
FINE