CAPITOLO V:
ANCORA NOTTE
/Morte e Vita/
Chiusa la porta Kojiro
buttò pesantemente il proprio borsone sul primo letto che
gli capitò senza nemmeno chiedere educatamente cosa avrebbe
preferito Jun. Non aveva mai avuto quelle attenzioni, perché
cominciare ora?
Si passò le mani sul volto
e poi fra i capelli neri dai riflessi rossi con gesti secchi e decisi
come faceva ogni altra cosa, quindi Jun che con più grazia
si sistemò nel letto accanto, l'osservò dall'alto
in basso decidendo di punzecchiarlo un po' mantenendo i suoi soliti
modi molto educati e saccenti:
- Cosa c'è che non ti
piace, ora? Hai vinto, no? Tsubasa sta con loro, non con noi... -
Il moro allora si girò
verso di lui bruciandolo con una delle sue famose occhiatacce, quindi
rispose bruscamente:
- Non sono affari tuoi! - In effetti
sembrava proprio avere qualcosa che non andava, come sempre!
Il compagno abituato a quelle
rispostacce non vi fece nemmeno caso e aprendo la propria borsa
cominciò a tirare fuori il necessario per lavarsi e per la
notte. Non replicò ma scosse il capo in segno di
disapprovazione, come faceva ogni volta che si rivolgeva al compagno
che, immancabilmente, grugnì già sul piede di
guerra solo per quel minimo gesto consueto:
- Che c'è? -
- Dovrei avere qualcosa? - Rispose
diplomaticamente Jun senza fare una piega, cominciando a sbottonarsi
lentamente la camicia che indossava. Non lo guardava nemmeno
più, infastidendo per questo ancor di più Kojiro
che invece lo fissava sempre più seccato e bruciante.
Perché doveva ignorarlo e trattarlo come se fosse un
mentecatto?
Come se gli fosse inferiore?
Lui non lo era... voleva solo che una
buona volta lo capisse e lo guardasse come uno alla sua altezza. Che lo
considerasse in gamba.
Che lo vedesse davvero!
Ma Jun, in realtà, non
vedeva nessuno.
- Tu HAI qualcosa! Perché
mi guardi come fossi un imbecille? Cosa c'è che non ti va di
me? - La domanda del secolo, quella che, arrivati a quel punto, gli
poneva sempre. Quindi una decina di volte al giorno. E, puntualmente,
non otteneva mai risposta ma solo l'indifferenza più totale
che lo faceva imbestialire ancora di più.
- VUOI RISPONDERMI UNA VOLTA? -
Alzò quindi la voce avvicinandoglisi gesticolando sempre
più nervoso. Jun, di rimando, si limitò a far
scivolare aggraziatamente la camicia dalle braccia facendola adagiare
ordinatamente sul letto dietro di sé rimanendo a torso nudo,
mostrando un torace che non aveva nulla da invidiare a quello di altri
atleti. Dopo di questo gli fece la grazia di posare il suo sguardo
elegante e distante sul suo decisamente presente e vivo. Più
vivo di quello che rappresentava la vita che, a sua volta, sembrava
esattamente il contrario. Successivamente spostò le mani sui
bottoni dei pantaloni che cominciò a slacciare allo stesso
modo degli altri. Aveva una sensualità innata di classe.
Non si rendeva conto di ciò
che provocava negli altri e nella fattispecie in Kojiro che comunque
testardamente preferiva infuriarsi piuttosto che cedere a certe
sensazioni.
Gli occhi neri di quest'ultimo ebbero
un lampo rosso che però fu subito ricacciato indietro.
- Posso fare la doccia per primo? -
Chiese come se nulla fosse, con la sua voce calda e carezzevole che
però non arrivò al cuore di nessuno.
Quando si fece cadere via i pantaloni
rimanendo in boxer attillati color crema, rivelando un fisico
decisamente piacevole da guardare arricchito da un viso delicato e
principesco, il moro sospirò spazientito facendo un passo
indietro, quindi spostò lo sguardo di fuoco via da lui e gli
diede le spalle mettendosi le mani ai fianchi, si prese i lembi della
maglietta attillata e nera e se l'alzò sfilandosela
dall'alto rimanendo a sua volta a torso nudo, mostrando un corpo
più sportivo dell'altro. L'ampia schiena dai muscoli tesi fu
tutto quello che Kojiro gli concesse, poi solo un ringhio d'assenso gli
indicò di andare.
Non fu chiaro e plateale ma lo
sentì poiché ad entrambi arrivava tutto l'uno
dell'altro, sia le cose che infastidivano sia quelle che piacevano ed
eccitavano.
E questo fu uno di quei casi.
Un calore interiore da parte di quello
che non si concedeva nemmeno un momento di libertà e
viceversa.
Kojiro aggrottò le
sopracciglia ma non si voltò sentendolo chiudersi in bagno.
Fra l'apparente indifferenza e il
fastidio per quei suoi atteggiamenti rabbiosi e a suo dire infantili,
aveva chiaramente percepito un calore interiore, uno strano ed
inspiegabile senso d'eccitazione, lo stesso che aveva provato lui
guardandolo spogliarsi in quel modo languido.
A Jun guardare la sua schiena tesa e
larga era piaciuto ma non l'aveva certo dimostrato. Aveva potuto
capirlo solo perché erano complementari.
- Ma che cazzo devo fare con lui? -
Grugnì fra sé e sé seccato, guardando
la porta del bagno chiusa ed udendo l'acqua della doccia aperta.
La testardaggine non era solo una
propria caratteristica, ma anche del compagno che, con ironia, pareva
più morto della morte al contrario di questo che pareva
più vivo della vita.
Chi avrebbe ceduto per primo a questo
strano braccio di ferro di controllo e di finta indifferenza?
Quando Jun uscì dalla
doccia era tutto bagnato e gocciolante avvolto da un accappatoio.
Kojiro che si era a sua volta
già spogliato ed era comodamente seduto sul letto con le
gambe incrociate ad aspettare il suo turno per lavarsi,
spostò gli occhi neri dalla perenne inclinazione selvatica
in quelli del compagno che lo ricambiò. Entrambi pensarono
la stessa cosa, ovvero che così erano pericolosamente
eccitanti.
E si trasmisero la medesima sensazione
a conferma di quello che avevano pensato e provato guardandosi.
Uno lascivamente mezzo steso sul
letto, con indosso solo dei boxer neri attillati che evidenziavano
l'inguine e i fianchi dove le linee naturali dell'addome si
nascondevano ben poco in quel pezzetto minuscolo di stoffa.
L'espressione selvatica su dei lineamenti felini incorniciati dai
capelli neri che gli corpivano il collo solleticandogli le spalle dalla
pelle abbronzata, dove il tatuaggio del simbolo della morte faceva
sfoggio di sé sulla spalla sinistra.
L'altro in piedi, bagnato, i capelli
castano rossi grondanti che gli incorniciavano disordinatamente il viso
dai lineamenti delicati dove nessuna espressione lo attraversava
rendendolo naturalmente ancor più sensuale. Le goccioline
che gli percorrevano la pelle scoperta finendo poi sull'accappatoio che
si apriva scivolando da solo sulla spalla destra scoprendo il tatuaggio
col simbolo della vita che, come tutti, possedeva dalla nascita. Dai
piedi nudi si creavano piccole pozzangherine sul pavimento.
Gli sguardi che si scambiavano
parevano di puro stupore, nonostante quello di Jun fosse molto
più difficile da decifrare piuttosto che quello dell'altro.
Per un momento i loro desideri si
incorciarono e il rumore della televisione sparì nonostante
fosse ancora accesa, mentre il calore che emanava il corpo del ragazzo
bagnato era pari a quello dell'altro ancora asciutto.
Istinti.
Istinti chiaramente sessuali.
Potenti ed incontrollati.
Solo in quell'attimo di scambi in cui
parvero sospendersi e cancellare tutto, venenro investiti dagli istinti
altrui e nonostante il controllo che cercavano di mantenere in
continuazione, fu impossibile ignorare ciò che l'altro
provava e stava sentendo sulla propria pelle che rabbrividiva di
piacere alla sola idea di ciò che si sarebbero voluti fare.
Era così chiaro, in quel momento.
- Puoi... andare... - Disse Jun
facendo una notevole fatica a parlare, stordendo per questo Kojiro
stesso che pensò che non fosse da lui rimanere senza parole.
La voce appena arrocchita.
Non smisero di fissarsi ed il moro dai
riflessi rossi si alzò lentamente senza staccargli gli occhi
di dosso, quindi allo stesso modo del compagno parlò anche
lui muovendosi come in trance, in modo completamente opposto al suo
solito deciso e brusco:
- Perché... non ti sei
vestito là? Ti... ti eri portato il cambio... no? -
A Jun piacque la sua voce in quel
momento, così come a Kojiro era piaciuta quella dell'altro.
Senza rendersene conto, si trovarono
l'uno davanti all'altro a pochi centimetri di distanza, a sfiorarsi coi
corpi sensibili, confusi dai sentimenti e dagli istinti altrui che
sentivano dentro loro stessi, sembravano due persone completamente
diverse dal solito, come se avessero cambiato radicalmente orbita.
- Non... non volevo farti aspettare
troppo... - Si sbilanciò facendogli sapere che era stato un
gesto carino e gentile nei suoi confronti, cosa che di norma non faceva
mai, così Kojiro provò quel famoso fuoco che di
norma sentiva quando stava per uccidere qualcuno. Solo che ora era
diverso. Era più come se non fosse un fuoco assassino ma
rigenerante.
Credette di aver capito male ma si
sarebbe sentito stupido a chiedere di ripetere, così prese
per buono quel che gli era parso di sentire e percepire e semplicemente
seguì il forte desiderio di toccargli una goccia che si
stava per staccare dal mento. Portò il dito proprio su quel
punto e quando gliela toccò prendendola via, il contatto
breve con la sua pelle calda e bagnata per la doccia appena fatta gli
fece volere di più, mentre trasmise dei brividi su tutto il
corpo nudo di Jun che rimase immobile impossibilitato a fare anche solo
un minimo gesto.
In quel momento Kojiro avrebbe potuto
fargli qualunque cosa che non si sarebbe ribellato affatto ed anzi
l'avrebbe assecondato.
Che fosse questo che sperava in
continuazione ma che mascherava col fastidio che gli provocavano tutti
i suoi difetti?
Il signore della morte l'aveva solo
intravisto, questo qualcosa che nascondeva dietro ai suoi rimproveri,
ma sapeva che c'era.
Forse... poteva essere attrazione
verso di lui?
Un desiderio di approfondire il loro
rapporto, di essere baciato e visto come altro piuttosto che un
semplice complemento di sé stesso.
In quel caso Kojiro sarebbe stato
sicuramente disposto a mettere da parte le piccole fisse che lo
rendevano infantile ai suoi occhi., però solo se quello che
veniva da Jun fosse stato amore e non rimprovero o addirittura odio.
Senza aggiungere altro, turbato da
questa realizzazione veloce che il castano stesso udì
perfettamente e non commentò, lo superò
rifugiandosi svelto in bagno.
Ad ogni modo il lavoro che entrambi
avevano da fare su loro stessi sarebbe stato una cosa non da poco.
/Ordine e Caos/
La porta fu aperta con un calcio che
la fece sbattere facendo un gran fracasso, in seguito si vide entrare
una specie di uragano in vesti aurali circondato da un energia dai
mille colori pesanti e focosi che alzavano un vento non indifferente.
Nel giro di un istante, nell'ordinata
stanza ci fu il caos più totale e guardandolo Hikaru si
calmò un po', sapeva che non sarebbe bastato così
poco per trovare un po' di pace, suo malgrado buttò
rumorosamente il borsone ai piedi di quello che decise sarebbe stato il
suo letto, quindi vi si precipitò sopra con un malumore
ancora ben presente e visibile.
Sarebbe stato molto difficile passare
quella notte!
Una volta che lui fu stravaccato sul
materasso ed ebbe appena abbassato la potenza della sua aura che lo
circondava ancora indicando il suo profondo fastidio verso quella
situazione, nella stanza come per incanto arrivò l'ordine
più totale. Il disordine fu un ricordo vago e appena Taro
posò il proprio borsone sul letto che stava nel mezzo fra
gli altri due, la sua energia tornò in sé
lasciando nella camera dell'albergo una perfezione assoluta e pignola.
Come se nessun uragano fosse mai arrivato.
Il terzo a mettere piede nella stanza
fu Tsubasa che si sistemò timidamente nell'ultimo letto,
quello sotto la finestra.
Il ragazzo distratto dalla tenda
aperta, poté guardare l'esterno dall'alto del secondo piano
e quando i suoi occhi verdi si riempirono del paesaggio notturno da
togliere il respiro, gli si illuminarono facendolo circondare di un
alone del suo tipico colore pacifico.
Il suo viso si allargò in
un sorriso entusiasta ed allegro, quindi senza pensarci minimamente
disse quello che gli uscì da dentro osservando la meraviglia
che si presentava al di là del vetro:
- Sarà un viaggio
fantastico! - Peccato che non tutti l'avrebbero pensata
così. Prima che Taro potesse dargli ragione intervenne
Hikaru che, scattando dritto a sedere puntò il suo sguardo
tempestoso sulla schiena dell'Auror che fece finta di non sentire
nessuna lama tagliente:
- Fantastico? Infernale, vorrai dire!
E ti ricordo che non è un viaggio di piacere, non siamo in
visita ad Aura ma stiamo scappando perché qualcuno, tanto
per cambiare, vuole farti la pelle! Oh, ma che te lo dico a fare? A te
non importa un fico secco se ci crei fastidi! Sei così
egocentrico che sei contento di essere al centro dell'attenzione!
Potresti almeno fingere di dispiacerti per noi o di essere preoccupato!
-
Lo scoppio non era il primo a cui
assistevano e Taro nello specifico era abituato, ma gli vennero le
lacrime agli occhi per l'amico che, ancora di schiena, non
dimostrò affatto ciò che con quelle dure parole
stava provando.
- Scusa, hai ragione. - Disse
abbassando appena la testa e incurvando le spalle. L'entusiasmo per la
bella vista sul suo mondo non bastò più per
tirarlo su e non fargli pensare a tutte quelle cose che Hiraku
prontamente gli aveva ricordato. Come se non ci pensasse ogni secondo
della sua vita.
Se solo anche lui avesse avuto un
compagno complementare come loro... perché doveva essere
l'unico Auror?
L'unico a portare un peso simile?
- Hikaru! - Lo ammonì
quindi Taro con voce e sguardo severo.
- Eh!? - Disse sgarbato e seccato il
compagno spostando lo sguardo dai mille colori tempestosi su di lui,
senza il minimo segno di pentimento!
- Scusati subito con lui! Non puoi
sfogare le tue frustrazioni su di lui, non è colpa sua se le
cose stanno così! Sai bene che non è egocentrico
o non lascerebbe a noi il compito di decidere come proteggerlo! - Lo
difese subito con piglio spedito e deciso, come fosse un padre e non un
fidanzato.
- E tu perché lo difendi
sempre? - chiese l'altro alzandosi dal letto e mettendosi davanti a
lui. La sua energia si alzò di nuovo come fosse un vento che
preparava un tornado. Taro era l'unico a non averne paura. Non
abbassò lo sguardo e con un lampo di sicurezza e durezza che
raramente assumeva, rispose dritto ed impettito:
- Perché tu lo attacchi! -
Non gli piaceva parlare di lui in quel modo come se non ci fosse,
Tsubasa c'era eccome ed ascoltava ogni cosa. Ma del resto ascoltava in
continuazione tutto, lui era l'Auror e di conseguenza sapeva sempre
tutto di tutto e di tutti. Come la sua testa non gli esplodesse e la
ragione non scemasse, tutti se lo chiedevano. Anche lui per primo.
Come poteva controllare quel potere
terribile?
Che fosse già impazzito, in
realtà?
- Meno male che lo faccio! Come pensi
che si senta a percepire le stesse mie accuse dalle menti di tutti
quelli che lo circondano e che invece si tengono per loro stessi senza
dirgliele in faccia? Sa benissimo di essere un peso per noi della
Triade ed anche per il Cerchio! Però tutti fanno attenzione
a non dirglielo in faccia, lo trattano con ipocrisia e pensi che non lo
sappia? Che non lo senta? Guarda, caro Taro, che la mia
sincerità gli fa molto meglio di tutta la falsa gentilezza
altrui! Credimi che non sono io a ferirlo di più, anzi!
Chiediglielo se non mi credi! Io vado a lavarmi! - concluse dopo lo
sbotto avuto ad alta voce, agitato e nervoso. L'aria per un momento era
diventata un mulinello intorno a lui e Taro, eppure ad essere tutto
scomposto era solo Hikaru. Il signore dell'Ordine era ancora
perfettamente a posto, senza nemmeno un capello fuori posto.
Dopo di quello l'arrabbiato ragazzo si
girò e prendendo al volo quel che gli sarebbe servito per la
doccia, si infilò in bagno senza chiedere se andava bene
anche agli altri di aspettarlo!
Una volta soli l'ordine
potè tornare di nuovo nella stanza e il silenzio li avvolse.
Taro sospirò stanco e dispiaciuto. Sentiva, in cuor suo, che
non aveva tutti i torti. Lui era l'unico che era sinceramente contento
di stare con Tsubasa?
Forse era così, ecco
perché il loro rapporto era così difficile.
Come sarebbe andata avanti?
Quanto tempo prima che tutti
scoppiassero?
Era come maneggiare una dinamite ad
alto carico esplosivo.
Prima o poi sarebbe esplosa fra le
loro mani.
Potevano solo cercare di limitare i
danni, quando sarebbe successo.
Si girò lentamente verso
Tsubasa ancora di spalle, vide che ormai la sua testa era del tutto
abbassata e che il paesaggio magnifico era dimenticato.
Era mortificato. Stava male. Non gli
serviva leggergli dentro per capirlo e anche volendo non ci sarebbe
riuscito. L'Auror poteva leggere in tutti ma tutti non potevano leggere
in lui.
Nessuno poteva.
Era questo il problema.
Taro, però, riusciva a
capirlo lo stesso.
Aggirò il letto con calma e
titubanza, quindi tirando fuori tutta la sua dolcezza che era davvero
grande, una volta dietro di lui gli posò le mani sulle
spalle, quindi lo girò e senza avere il coraggio di
guardarlo in viso lo strinse a sé. Lo circondò
con le sue braccia non molto esili e con la mano gli fece adagiare il
viso sulla sua spalla, contro il suo collo. Dopo un primo momento di
tensione si sciolse e si lasciò fare aggrappandosi a sua
volta a lui.
Non ci fu altro.
Solo quell'innocente e dolce abbraccio.
Avrebbe voluto dirgli che Hikaru aveva
torto e che non era così come diceva, ma la
verità era che aveva ragione. Anche se non per lui.
- Sarà anche come dice lui,
ma non per me. Per me non sei un peso e non lo sarai mai. Io sono
contento di stare con te e proteggerti. Davvero. Non so quanto questo
possa esserti di conforto ma io ti voglio bene. Sei un amico prezioso e
non voglio perderti. Farò di tutto per aiutarti e
proteggerti. - Anche se chiamarlo 'amico' gli era pesato
incredibilmente.
Si sforzava perfettamente cosciente
del fatto che Hikaru sentiva tutto, di là. Lo sentiva dentro
di sé e anche se poteva fingere di ingannare tutti, sapeva
che era solo una pietosa recita. Hikaru sapeva molto bene come stavano
le cose ma l'amore che provava per lui era così grande e
assoluto che non sarebbe mai riuscito a rinunciare al suo Taro. Nemmeno
per la vita dell'Auror.
Amore egoistico, probabilmente, ma
quello era ciò che Hikaru era capace di provare. A costo di
saperli insieme di nascosto a tradirlo, non l'avrebbe mai lasciato. Mai.
“Ma non mi tradirà
mai, Taro. Andrebbe contro la sua natura. Facendolo morirebbe. Lui
è Ordine e il tradimento non è contemplato
nell'Ordine. Agire da Caos per lui che è Ordine sarebbe
veramente provocare la fine di molte cose. Troppo. Non
cederà mai!”
Pensando questo, sotto la doccia,
Hikaru continuò a lavarsi rabbiosamente con l'acqua che
andava dalla calda alla fredda da sola, come se il suo volere si fosse
espanto anche al getto della doccia che cambiava da sola, spinto dalla
sua energia caotica.
- Conta molto, per me. - Disse quindi
Tsubasa muovendo le labbra contro la pelle che poteva toccare e
annusare. Profumava d'amore.
Una risposta flebile che face
rabbrividire Taro incapace di allontanarlo dal suo abbraccio ma anche
di approfondire e baciarlo.
Un'altra lotta violenta e difficile
stava avvenendo da tempo anche nel signore dell'Ordine.
Scegliere fra l'amore autentico e la
propria natura e di conseguenza anche Aura stessa, non era certo cosa
molto facile.
Anche questa una delle battaglie
più decisive.