CAPITOLO
VI:
SOLITUDINE
/Lotta
interiore/
Mentre
la notte vegliava silenziosa e affascinante su tutte le creature di
Aura che dormivano pacifiche, solo uno a quell’ora tarda era
sveglio.
Aveva
aspettato che tutti prendessero sonno e quando li aveva sentiti
addormentati, si era alzato capendo che anche quella volta non sarebbe
riuscito a prendere sonno.
Ormai
Tsubasa erano da molte notti che non dormiva ma preferiva non farne
parola con nessuno, asfissiare i suoi compagni con un problema tanto
sciocco sarebbe stato peggio, così preferiva tenersi questo
ostacolo per sé.
Tanto
non gli dispiaceva non dormire, in quelle ore notturne poteva osservare
pacificamente il suo adorato mondo riposare visitando come un angelo
custode i sogni di chi voleva. Finché esso splendeva
così lui il suo fisico e la sua salute non ne risentiva...
Facendo
accuratamente attenzione a non fare il minimo rumore, lanciò
un’occhiata ai due compagni di stanza guardandoli dormire
della grossa.
Taro
aveva il sonno leggerissimo e doveva fare attenzione, quindi
accarezzandolo con lo sguardo carico d’affetto e gratitudine
per il sentimento sincero che gli porgeva sempre, sgattaiolò
fuori dalla camera chiudendo la porta finestra del terrazzo.
L’aria
fresca notturna lo investì permettendogli di respirare
meglio a pieni polmoni, quindi ad occhi chiusi aprì le
braccia lasciando che gli odori e le sensazioni fresche gli arrivassero
abbracciandolo dolcemente.
Quello
era il suo mondo.
Il suo
magnifico mondo.
Sarebbe
morto per lui, se solo avesse avuto la certezza che la sua stessa
esistenza fosse un male per esso.
Ma
questa certezza non l’aveva, bensì solo il dubbio.
Un
dubbio che notte dopo notte lo stava rodendo da dentro.
Strani
pensieri vorticavano in lui in quelle notti al posto di dormire.
Pensieri
che non osava esternare per paura di creare un disordine inopportuno.
Erano cose pesanti di cui parlare ed anche complicate che non era
sicuro di saper spiegare bene con parole appropriate.
Aprì
di nuovo gli occhi e fece ricadere le braccia lungo i fianchi
sciogliendo i muscoli tesi, quindi mosse qualche passo verso il
parapetto in metallo e si appoggiò coi gomiti incurvando la
schiena. Gli occhi verdi corsero immediatamente su quel meraviglioso
paesaggio circostante che si apriva innanzi a lui come a voler
allietarlo e tenergli compagnia.
Il
cielo scuro era tempestato da miliardi di stelle di ogni dimensione,
una miriade di costellazioni si sovrapponevano e persino una scia
particolarmente chiara e fitta di polvere di stelle si intravedeva
verso l’orizzonte.
La via
lattea.
Nelle
Terre del Sole si vedeva ogni sera.
La
luna era quasi centrale e particolarmente grande di un oro-rosso
curioso. A seconda del posto da cui la si guardava cambiava
colore… Quando era stato a nord, nelle Terre delle Nevi, a
parte l’aurora boreale che gli aveva tolto il fiato e fatto
piangere dalla commozione (l’aveva vista con gli occhi della
mente molte volte ma mai dal vivo…), la luna era
argento-azzurro. A est, invece, nelle Terre Fiorite la luna che aveva
visto sopra prati sconfinati di fiori di ogni tipo, era stata
d’arcobaleno ed onestamente era quella che gli era piaciuta
di più. Ora gli mancava solo quella delle Terre Desolate, a
ovest, ma era certo che non l’avrebbero mai portato
laggiù perché erano in assoluto le terre
più pericolose ed oscure, infatti la luna si diceva fosse
nera. Erano sempre stati prevalentemente nelle Terre Fiorite
poiché erano le migliori ed effettivamente quelle che
preferiva ma ora aveva voluto cambiare.
Le
Terre del Sole non le aveva mai viste e sapeva che c’erano
deserti sconfinati ma anche mari e spiagge da far girare la testa.
Chiunque andava là in vacanza a godersi il meritato riposo
prendendo il sole.
Erano
luoghi di villeggiatura dove il turismo girava molto soprattutto nei
mesi di vacanza infatti era pieno di alberghi, locali lungo le spiagge
e piazze in festa.
Erano
delle Terre piene di vita nonostante il caldo soffocante che facesse e
oltre al mare più bello di Aura, lì si poteva
assistere ai tramonti più splendidi di tutto il mondo.
Il
sole cominciava a tramontare alle sei del pomeriggio e fino alle otto
il cielo si dipingeva di un rosso fuoco che toglieva il respiro
abbellito ulteriormente da nuvole arancione che creavano disegni
suggestivi. Ma non c’erano parole adatte a descriverlo.
Tsubasa
era orgoglioso di quelle Terre create dai suoi avi ed anche se si
chiedeva perché avessero creato le Terre Desolate, a ovest,
così oscure e pericolose, apprezzava tutto.
I suoi
occhi corsero ai deserti sconfinati che si vedevano da una parte e poi
alle spiagge ed al mare che si estendevano dall’altra,
proprio davanti a piazze, locali e luci piene di vita che, al momento,
riposava lasciando tutt’intorno un silenzio suggestivo.
Quel
mare era così grande e scuro, di notte, che anche se si
specchiavano le stelle illuminandolo un po’,
l’orizzonte si confondeva comunque.
Era
inquietante e capiva che se era sensibile a quella vista, sicuramente
le Terre Desolate sarebbero state deleterie per lui.
Ogni
tanto incuriosito si faceva un viaggio mentale da quelle parti ma
scappava subito vedendo quanto terribili fossero.
Là
viveva la gente della peggiore specie ed il Cerchio mandava in
continuazione truppe a tenere sotto controllo quei confini in modo che
quei criminali della peggiore specie non decidessero di venire nella
civiltà a rovinare tutto.
Quell’equilibrio
era mantenuto perfetto grazie alla collaborazione preziosa di tutti
anche se questi credevano che il merito fosse solo suo,
dell’Auror.
Cosa
faceva lui per quel mondo?
Guardava
ovunque volesse, sentiva qualunque cosa desiderasse… e poi?
Se
sentiva del disordine da qualche parte la comunicava al Cerchio e loro
provvedevano a rimettere tutto a posto.
Tutto
lì.
A lui
pareva di fare troppo poco però non capiva che senza di lui
quell’ordine ed equilibrio non sarebbe stato possibile.
Bastava
pensare a quanto perfetto fosse Aura. Oltre alle Terre principali
collocate nei quattro punti cardinali, centralmente v'erano le Terre
Neutre dove in una specie di vastissima reggia moderna vivevano lui,
sulla Torre più alta, insieme alla Triade e al Cerchio.
Tutt'intorno alla reggia c'erano le case dell'esercito aurale che
alloggiavano con le rispettive famiglie, pronti a partire in qualunque
momento per seguire la volontà del Cerchio. Oltre alle Terre
Neutre poste al centro delle quattro principali, opposta ad essa,
v'erano le Terre di Nessuno, non erano oscure come quelle ad ovest ma
erano completamente disabitate, non c'erano villaggi ma solo boschi e
natura dove unici abitanti erano gli animali di ogni specie che
convivevano pacificamente. In effetti un nome più
appropriato sarebbe stato Terre Selvagge...
Continuando
ad osservare il suo adorato mondo si concesse un breve sguardo dentro
le camere dei suoi compagni di viaggio per vedere se fosse tutto a
posto e rassicurare il suo cuore apprensivo.
Nella
camera di Jun e Kojiro, quest’ultimo dormiva un sonno agitato
rigirandosi in continuazione nel letto mentre l’altro
sembrava non muoversi nemmeno per respirare, quasi.
In
quella di Genzo e Karl i due dormivano abbracciati coperti solo dal
lenzuolo. Stavano molto bene ed erano sereni. Questa visione lo
rincuorò.
Anche
se qualcuno aveva un peso nel cuore erano tutti tranquilli e a posto.
E
allora cos’era quella perenne agitazione che gli veniva da
dentro e che gli contorceva lo stomaco togliendogli tutta quella
felicità che di solito provava nell’osservare la
meraviglia del creato e la serenità delle sue creature?
Persino
Hikaru nella sua frustrazione era profondamente certo della
fedeltà del suo Taro anche se sentiva la lotta che egli
faceva giorno dopo giorno.
Però
lui continuava ad avere qualcosa che non andava.
Cos’era?
Era
così profonda ed intima da non riuscire a leggerla e tirarla
fuori. Non ce la faceva. Si sforzava notte dopo notte, in completa
solitudine, cercando di calmarsi facendosi avvolgere dalla bellezza del
mondo, ma non ci riusciva. Rimaneva tutto dentro, chiuso in
profondità, serrato a chiave.
Cos’era
che lo stava lentamente divorando togliendogli il sonno e
l’appetito?
Che lo
inquietava a quel modo tanto da provocare visioni sulla sua morte alla
Triade?
Quell’ombra
che cercava di uscire da sé stesso?
Un
ombra strana, dalla forma umana ma non uguale alla sua…
La
intravedeva appena ogni volta che la frustrazione per la propria
solitudine lo rattristava. Spesso, ormai.
Che
c'entrasse col simbolo di Aura che stava segretamente formandosi
lentamente all'altezza del suo stomaco, centro dell'energia che ognuno
possedeva? Era strano per lui poiché dalla nascita era stato
l'unico a non possedere il simbolo della propria energia, era stato
grazie a ciò, anche, che l'avevano identificato come
l'Auror. Ora però sembrava che anche questo stesse
cambiando...
Tutto
cambiava...
Vedeva
Taro, l’unico che avrebbe desiderato, che non sarebbe mai
potuto essere suo, che era giusto fosse di Hikaru poiché
un'unica cosa con lui.
Vedeva
l’amore adulto ed indissolubile di Karl e Genzo.
Vedeva
quello strano rapporto pieno di tira e molla e di contraddizioni di
Kojiro e Jun che prima o poi sarebbe diventato ciò per cui
erano nati. Una cosa sola, come le altre due coppie.
Vedeva
tanti altri del Cerchio nelle stesse condizioni, coinvolti dalla
propria metà in un rapporto speciale, sempre in compagnia,
sempre con dei sentimenti speciali ricambiati o che presto o tardi lo
sarebbero stati… vedeva il loro futuro luminoso, la loro
felicità.
Sentiva
quei sentimenti che a lui erano stati preclusi perché una
sua metà non esisteva e non poteva avere quella di un altro.
Non poteva dividerne una.
E
quando quella tristezza lo invadeva appesantendogli le spalle gli
pareva sempre di intravedere quell’ombra accanto a lui ma non
era a sé stante.
Usciva
da lui.
Era un
flash.
Qualcosa
di velocissimo che si staccava da lui, prendeva forma umana accanto a
lui ma che appena tentava di vederlo meglio spariva, tornando dentro di
lui.
Non lo
capiva.
Non
capiva di cosa si trattava e non capiva nemmeno se le visioni che aveva
avuto la Triade fossero giuste oppure deformate da questa specie di
cancro che ora dopo ora lo divorava crescendo a dismisura in lui.
Non
era una lotta da poco, quella.
Era
dentro di lui, spettava a lui soltanto e parlarne con gli altri non
sarebbe servito a nulla, probabilmente non l’avrebbero
nemmeno capito perché nessuno era solo.
Nessuno
era solo come lui.
Nessuno.
Si
chinò ulteriormente sulla ringhiera e prendendosi il viso
fra le mani, nascose la sua espressione sofferente cercando di
trattenere le lacrime e quel nodo che voleva uscire.
Se
avesse alzato gli occhi in quel momento, vicino a lui, avrebbe visto di
nuovo quell’ombra uscire da sé stesso e sparire
subito?
Non
voleva saperlo.
Qualunque
cosa fosse, che venisse da lui o meno, che fosse buona o malvagia, che
l’avesse ucciso davvero o no, non voleva vederla ancora.
Tsubasa
rimase così, con gli occhi chiusi ed il viso nascosto fra le
mani per il resto della notte, fino all’arrivo del giorno e
del sole rosso delle Terre del Sole.
/La
seconda visione/
E nel
sonno di tutti i sei membri della Triade profondamente addormentati,
verso la fine della notte, una nuova visione incontrollata
arrivò a loro senza alcuna meditazione di mezzo.
A
volte succedeva ma non spesso.
Quando
accadeva significava che gli eventi erano cambiati repentinamente ed
improvvisamente e che dovevano assolutamente saperlo.
Ciò
che videro nei sogni, Genzo, Karl, Jun, Kojiro, Taro ed Hikaru fu la
sagoma di una figura distinta.
Con
concentrazione tutti loro riuscirono via via a vederla sempre
più nitidamente.
Era
una persona della stessa loro età.
Della
stessa età dell’Auror.
Nudo.
Fisico
asciutto e forte.
Pelle
abbronzata.
Lineamenti
un po’ esotici.
Biondi
capelli corti e ricci.
Occhi
dorati e affilati, inquietanti, minacciosi quasi.
Accattivanti.
Così
come la sua aura che lo circondava.
Un
energia a loro fin troppo familiare eppure allo stesso tempo opposta.
Colore
dell’oro, certo, ma al tempo stesso negativa.
Negativa
eppure familiare.
No,
non potevano sbagliarsi, per loro era impossibile.
Davvero
impossibile non capire a chi fosse identica.
Quella
era la stessa precisa energia di Tsubasa, l’Auror.
Eppure
mentre quella di Tsubasa era positiva ed equilibrata, quella di questo
individuo fisicamente diverso da lui e sconosciuto, era negativa e
squilibrata.
Come
se fosse l’altra metà dell’Auror.
Cosa
impossibile poiché egli non poteva avere un complementare,
nella storia di Aura nessun Auror l’aveva posseduto o
l’equilibrio si sarebbe sciolto.
O per
lo meno così tutti avevano sempre pensato.
Eppure
lì, nella loro nuova visione, c’era questo ragazzo
dall’aura dorata e l’energia uguale a quella di
Tsubasa solo rivolta al negativo nonostante l’oro che
splendeva in esso.
Cosa
significava?
L’inquietudine
ed il senso d’allarme che tutti e sei provarono fu
pressoché lampante ed illimitato, specie quando al centro
della schiena, all'altezza dello stomaco, un piccolo ma distinto
simbolo splendeva inquietante.
Il
simbolo di Aura.