CAPITOLO VIII:
SULL’ORLO
/ Presa di coscienza /
- Dobbiamo spostarci
ancora un po’, siamo troppo vicini al confine. - Disse Genzo agli
altri, riunitisi tutti per la colazione nella parte della ristorazione
dell’albergo.
Gli altri con
le teste da tutt’altra parte annuirono vaghi senza averlo ascoltato
davvero, perfino Kojiro non si oppose per il suo solito principio che
Genzo non era il capo e non poteva decidere per tutti. Il suo pensiero
era completamente rivolto alle parole che gli aveva detto Jun una volta
rimasti soli ed ora i suoi occhi rossi erano puntati su Tsubasa più
penetranti che mai, quasi che lo stesse per uccidere. Cercava di capire
come potesse essere così egoista da distruggere ogni cosa per la sua
sola felicità. Si chiese cosa gli passasse per la testa per creare un
suo complementare e sovvertire così tutte le leggi naturali di Aura. Si
domandò, infine, se era proprio così oppure se i loro timori erano
stupidi ed infondati.
Non pose molta
attenzione all’ultimo quesito, dopo tutto le ipotesi di Jun
tendenzialmente si avveravano sempre e non gli passò molto per la testa
che potesse sbagliarsi. La sua fiducia nel proprio compagno era tale da
essere incredibile e nemmeno se ne rendeva conto.
Un calcio da
sotto il tavolo lo ridestò dalla sua contemplazione truce che a breve
anche l’interessato avrebbe notato, se già non l’aveva fatto. Kojiro si
scosse e spostando malamente lo sguardo verso l’impudente, capì che a
darglielo era stato Jun che al momento beveva il suo thé con eleganza
ed indifferenza apparente.
“Smettila di fissarlo così! Vuoi
che ti scopra?” Gli disse con la mente, anche col
pensiero la sua voce che gli rimbombava nella mente appariva calma e
saccente, cosa che gli dava sui nervi.
“Non darmi calci e nemmeno
ordini!” Sbottò telepaticamente Kojiro mettendo il broncio
e distogliendo lo sguardo sia da Tsubasa che da Jun. Era troppo
evidente che aveva qualcosa in più rispetto agli altri, ma non poteva
permettersi di dimostrarlo come sempre. Questa volta doveva cercare di
trattenersi.
“E
dobbiamo anche cercare di evitare la telepatia. Tsubasa per principio
non ci legge nel pensiero ma se vuole può farlo ed inoltre legge nei
nostri animi come se avesse un libro in mano!”
Puntualizzò
ancora il giovane dagli ordinati capelli castano autunno. All’apparenza
pareva imperturbabile, come non avesse alcun problema al mondo.
All’ennesimo
‘sgrunt’ indignato, la voce di Tsubasa si levò nel silenzio perfetto ed
insolito che si era stabilito nel tavolo da sette, era calmo ma con una
perenne nota di malinconia di fondo. Solo Taro la colse, però, e si
preoccupò ulteriormente.
- Cosa avete
sognato? - La domanda non era di cortesia per intavolare un discorso
come un altro, era la domanda più mirata che avrebbe potuto fare e
nonostante non fosse stata da lui, capirono che se la faceva era perché
sì voleva lasciar loro l’intimità e non spiarli mentalmente anche se
avrebbe potuto, ma aveva anche bisogno di sapere ciò che li innervosiva
e impensieriva tanto. Era così evidente che avevano sognato qualcosa di
importante e grave, che comunque anche far finta di niente non sarebbe
servito con lui.
I sei della
Triade si guardarono sorpresi e chiedendosi cosa fosse il caso di fare,
fu Jun a prendere la parola e con diplomazia e accortezza, cominciò a
spiegare ogni cosa.
Dopo tutto era
giusto così. Normalmente il loro compito era proteggere l’Auror ma
quando la possibilità era che dovessero proteggerlo da sé stesso, in un
certo senso, era anche giusto renderlo consapevole di ciò che accadeva,
anche se andava contro la loro filosofia.
Non volevano
preoccuparlo inutilmente con cose che dovevano risolvere loro, ma non
sempre non sapere era la giusta via.
- Abbiamo
sognato un giovane della tua età. Aveva la pelle abbronzata e corti
capelli biondi e ricci, gli occhi dorati e lineamenti esotici. Aveva il
simbolo di Aura all’altezza dello stomaco. La sua aura era dorata e
negativa ma identica alla tua d’intensità e proprietà. - Tsubasa sgranò
gli occhi come se l’avesse riconosciuto, quindi sconvolto disse con
limpidezza:
- E’ quello che
sogno ogni notte… - Avrebbe voluto aggiungere ‘nelle poche ore che
riesco a dormire’, ma lo trovò irrilevante, così come trovò difficile
spiegare che quando si faceva prendere da pensieri tristi, appariva una
figura accanto a sé che spariva appena tentava di guardarlo, quindi
notando le espressioni dei ragazzi, capì che era più grave di quanto
non avesse mai pensato. - Cosa credete significhi? - Chiese poi
titubante e cauto, sperando di non sentire ciò che ormai temeva da
molto.
Jun sospirò,
preferiva parlare lui anche perché conosceva i modi degli altri e a
parte Taro, nessuno sarebbe stato in grado di misurare a dovere le
parole. E poi non era ancora ora di dire tutto. Lo sentiva.
- Non ne
possiamo essere sicuri, ma sembra sia il tuo complementare. Sappiamo
che nella storia di Aura nessun Auror ha mai avuto un complementare
poiché questo sovvertirebbe le leggi naturali di questo mondo, per cui
tutto ciò che possiamo fare è tenerti nascosto il più possibile e
lasciare che il Cerchio trovi questo individuo, l’unico senza compagno
dalla nascita, e lo blocchi. - L’aveva detto dosando attentamente le
parole ma sapeva che poteva indorare la pillola solo fino ad un certo
punto. Sperando che non facesse quella domanda, si fermò sorseggiando
apparentemente tranquillo il suo thè.
- Bloccarlo
come? - Ma Tsubasa con ansia e preoccupazione lo chiese e mentre gli
altri puntarono l’attenzione su Jun curiosi sulla sua risposta, l’altro
con serietà e pacatezza lo disse nel modo che ritenette più opportuno:
- Tsubasa, nel
momento in cui ti toccherà i suoi poteri ed il suo ruolo si attiveranno
e questo non deve assolutamente succedere, altrimenti per tutti la
felicità sarà finita. -
Sperava che ci
arrivasse da solo, che fosse lui stesso a dirlo, ma la sua indole
profondamente buona non glielo avrebbe mai permesso, per cui mormorò
timoroso:
- Sarebbe
imprigionato per sempre… - e anche questa, nonostante fosse
l’opportunità migliore rispetto alle altre, lo inorridì interiormente.
Tutti si
aspettarono di sentire ancora la voce di Jun spiegare paziente la cosa
più giusta da fare, ma con sorpresa non si udì la sua bensì quella di
Kojiro che, mettendo istintivamente una mano sul ginocchio del suo
compagno, da sotto il tavolo, disse con forza, decisione ed una serietà
spaventosi:
- Sarà ucciso.
- E parve davvero come una sentenza di morte, la più orrenda ed
importante che Tsubasa avesse mai sentito.
All’udire le
parole del Signore della Morte, l’Auror cominciò a sentirsi sempre più
male, la testa sembrò esplodergli e la pelle bruciargli mentre le ossa
stesse sembravano venir trapassate da aghi.
Il suo pallore
colpì tutti ma il primo a cingerlo preoccupato fu naturalmente Taro:
- Tsubasa, stai
male? - Era così evidente…
- S-sì… prima
di partire vorrei stendermi un po’… - Cercò di trattenere tutto il
dolore che improvvisamente sembrava esplodergli, non voleva che gli
altri sapessero il suo reale stato.
Non avevano la
più pallida idea di come si sentiva ed era meglio che continuassero a
non sapere. Avevano già un grande grattacapo.
- Lo accompagno
in camera. - Disse Taro preoccupato, ignorando completamente lo sguardo
contrariato di Hikaru.
Li guardarono
allontanarsi e quando furono soli, la domanda fu inevitabile:
- Che diavolo
gli è preso? - Per Kojiro, Tsubasa era sempre stato un mistero, ma ora
più di sempre.
- Non ne ho la
più pallida idea! - Invece Genzo riusciva a comprenderlo abbastanza, di
solito, nonostante fossero diversi. Però lì lo vide come un estraneo e
se ne stupì.
- Per lui è
inconcepibile un’azione simile, anche se è per salvare Aura. Sa che non
potrà evitarla e che è giusto, però ci starà male ora e sempre. -
Spiegò Jun che invece aveva una sensibilità più spiccata nonostante la
controllasse con maestria. Agli altri parve chiaro che aveva ragione e
si chiesero come non ci avessero pensato loro, poi Karl, sorprendendo
tutti più di Tsubasa stesso, disse:
- Si sente in
colpa. - Di poche ma chiare parole e soprattutto incisive. Per lui
approfondì Genzo che finalmente capiva ogni cosa:
- Potrebbe
accadere l’apocalisse, il futuro di Aura potrebbe essere infelicità e
dolore nella divisione eterna di ogni coppia e tutto per colpa
dell’Auror in un certo senso. -
- Ma non è lui
che ha fatto questo complementare, no? Non ha senso che ci si senta! -
Sbottò spazientito Hikaru che non sopportava certi modi di essere. Va
bene credersi importante ma c’era un limite a tutto. Vedeva Tsubasa
come uno che si prendeva un po’ troppi meriti, anche se questi in
realtà erano colpe. Per lui non c’era differenza fra uno e l’altro. Non
aveva una comune concezione di giusto e sbagliato, per lui il caos era
l‘unica verità.
A questo punto
Kojiro stava per parlare e dire che invece poteva benissimo essere
così, ma fu Jun questa volta a mettergli una mano sul ginocchio per
fermarlo.
Quel contatto
gli trasmise mille scariche e gli piacque.
- Tsubasa è
profondamente buono ed è grazie a questo che Aura è in perfetto
equilibrio. Noi non potremo mai capirlo completamente… in fondo abbiamo
tutti un compagno che starà con noi per la vita. A lui una gioia simile
non è concessa. - Rifletté il giovane composto e sentendo in sé quella
malinconia che Tsubasa probabilmente aveva sempre provato.
No, asserirono
tutti fra loro, non potevano proprio capirlo e ringraziarono di non
poterci riuscire.
/Dolore/
Steso nel suo letto,
Tsubasa si era coperto col lenzuolo e rannicchiato sotto, nascondeva
anche la testa. Voleva sparire. Per un secondo desiderò fortemente
sparire e basta.
Sperava che
Taro se ne andasse per poter liberare il dolore che invece cercava
ancora di reprimere, ma sapeva che non si sarebbe staccato da lui.
Aveva
borbottato che voleva dormire e nonostante fosse mattina e la cosa non
fosse normale, Taro aveva assentito aggiungendo che avrebbe vegliato su
di lui.
Era vero che si
erano detti di non lasciarlo mai solo, però vederlo in
quell’incomprensibile sofferenza e non poter fare nulla, strinse il
cuore a Taro che, seduto nel letto accanto, l’osservava fisso con uno
sguardo di crescente angoscia. Cosa gli prendeva?
Era murato
dietro una barriera impenetrabile e non aveva idea di cosa avesse
dentro, come poteva aiutarlo?
Tutto stava
andando male, l’ordine generale sembrava destinato a soccombere al caos
più devastante e per lui tutto ciò che contava era il dolore di Tsubasa
che, per quanto gli voleva bene, non riusciva a comprendere totalmente.
E sapeva che
volere con tutto sé stesso qualcosa non bastava affatto.
Volerlo
abbracciare, stringere e lasciarsi andare ad ogni desiderio più
recondito non era sufficiente.
Sarebbe stato
sbagliato non per l’Auror e il suo ruolo. Era sbagliato perché lui
stava con Hikaru e l’amava sebbene provasse quel fortissimo ed
inspiegabile sentimento per Tsubasa.
Provava molta
confusione in sé ma non avrebbe mai tradito il suo compagno.
Una questione
di principio verso ciò che era lui stesso.
Ordine.
Non si poteva
sovvertire le regole seguendo l’istinto del momento, ma non voleva che
Tsubasa soffrisse così.
Perché che
stava male era evidente.
Sotto le
lenzuola una smorfia di dolore deformava il suo viso. Si teneva il
petto e stringeva gli occhi forte mordendosi il labbro. Era come se
bruciasse dall’interno. Gli organi stretti in una morsa tremenda, ogni
fibra infiammata, le ossa che addirittura scricchiolavano.
Non si
capacitava di questo dolore fisico, nemmeno della sua testa che pareva
spaccarsi in due, ma era ancora peggio la consapevolezza più terribile
della sua vita.
Non avrebbe mai
potuto avere nessuno con sé, come tutti.
Taro amava
Hikaru e sebbene era fortemente proteso verso di lui, era il giovane
del caos che aveva il suo cuore, lui lo sapeva.
Genzo e Karl
vivevano l’uno per l’altro e ben presto persino Kojiro e Jun avrebbero
ceduto ai sentimenti. Tutti i complementari, bene o male, finivano
sempre per stare intimamente insieme.
Perché lui non
poteva averne?
Per una volta
che sembrava ce ne fosse uno per sé, doveva venire ucciso.
Il suo destino
era di stare solo, tutto l’opposto di come funzionava il resto del
mondo.
Se lui era in
solitudine gli altri erano in compagnia, se lui era infelice, gli altri
erano felici. Se le cose si sarebbero invertite e lui avrebbe trovato
la gioia ed un compagno, il popolo sarebbe stato triste e si sarebbero
separati dalle proprie metà.
Non era giusto,
lo sapeva bene e se lo ripeteva come una litania, mentre sentiva di
voler solo urlare.
Però non era
nemmeno giusto che lui fosse solo… per tutta la vita…
Quanto poteva
essere lunga un’esistenza?
Non era
immortale, magari uccidendosi avrebbe messo fine al suo dolore che
cresceva sempre più… si sarebbero trovati un altro Auror pronto a
soffrire per il bene dell’umanità.
Non era giusto
vivere in mezzo agli altri, poter avere amicizie anche sincere, stare
in mezzo al suo meraviglioso mondo, assaporare quel creato fantastico,
vedere quanto felici potessero essere le persone e non condividere la
stessa gioia.
Gli piaceva
Aura, si curava osservando la sua bellezza e perfezione, così come
amava ogni persona che la componeva, tutti quelli con cui aveva a che
fare facevano amicizia con lui, alla fine. Riusciva ad instaurare
ottimi rapporti con la gente, come se avesse il dono naturale di stare
in mezzo agli altri e farsi amare.
Ma senza il suo
complementare, un compagno solo suo per la vita, vivere cominciava ad
essere privo di senso, oltre che una sofferenza continua.
Però più ci
pensava e si opprimeva, più non trovava soluzione.
“Non
c’è una via d’uscita. “
Pensò lapidario
infine coprendosi il viso come se si vergognasse di sé stesso e dei
propri desideri di felicità.
Quando Hikaru
rientrò in camera, cercò di fare il più piano possibile nella speranza
che Tsubasa dormisse. Per lui fu un’impresa, naturalmente, ma fu quasi
un successo dal momento che la montagnetta stesa sotto le lenzuola non
si mosse minimamente.
Il consueto
vento si levò ma si placò subito, quindi sedendosi nel letto accanto a
Taro, gli prese la mano tornando a sentire quella pace che poteva
provare solo stando col suo compagno.
Quel senso del
Caos più Oscuro che lo opprimeva ultimamente, specie da dopo il sogno,
scemava solo insieme al ragazzo che amava e che lo faceva diventare
matto in ogni senso.
Per lui sarebbe
stato disposto a tutto e se Tsubasa avesse osato portarglielo via,
sarebbe anche stato capace di ucciderlo, Auror o non Auror!
Poggiò la
fronte alla sua e Taro sorrise con la sua solita dolcezza e pacatezza.
Si fissarono
lungamente negli occhi così diversi eppure meravigliosi, provarono un
mondo di sensazioni ed emozioni e pur potendo dirsi mille e più cose,
sia a voce che con la mente, non lo fecero.
Per Hikaru fu
una novità, ma lì per lì, avendo un mondo da dire, non trovò
assolutamente nulla che prevalesse.
La confusione
era tanta e la sicurezza solo una.
- Ti amo, Taro,
non voglio perderti. - Infine, una cosa da dire, l’aveva trovata. La
commozione che lesse nello sguardo del suo compagno, fu balsamo per la
sua anima tormentata. In risposta le loro labbra si unirono in un dolce
bacio leggero che andò via via approfondendosi in un turbine di
emozioni.
Si fusero
insieme fino ad annullare ogni sensazione negativa e preoccupazione.
Improvvisamente
loro due si bastavano e nessun pensiero li attanagliava più.
Potendo stare
così, come dubitare del loro legame?
Non era proprio
possibile.
/ Certezza assoluta/
Tornati in camera per
rifare i bagagli e rimettersi in marcia e addentrarsi maggiormente
nelle Terre del Sole, Genzo abbracciò improvvisamente Karl da dietro e
stringendo con forza fece combaciare i loro corpi. Karl se ne stupì e
rimase fermo a farsi cingere in quel modo non insolito ma strano.
Lo lasciò fare
e dopo aver sentito il suo cuore in subbuglio, regolarsi un po’,
appoggiò la nuca bionda sulla sua spalla, allora con le sue labbra
sull’orecchio ascoltò quello che sapeva stava per dire.
Genzo con gli
occhi chiusi ed un turbamento che aveva domato per troppo, affondò le
unghie nella sua carne e con fare possessivo, mormorò basso e
penetrante:
- Se il mondo
si spaccherà e noi ci separeremo davvero, giuro che troverò il modo di
riunirmi a te. -
Karl sapeva
perfettamente che si trattava di questo e si era chiesto quando
l’avrebbe tirato fuori.
Le sue labbra
si incurvarono appena in una specie di sorriso indecifrabile, quindi
girando la testa verso di lui finì quasi per baciarlo, ma prima di
farlo si fermò un attimo e aspettando che il suo ragazzo aprisse quei
bellissimi occhi neri come la notte senza luna e stelle, lo chiamò con
fermezza e chiarezza, ma non freddezza. Genzo allora li aprì e fissò i
suoi azzurri come il cielo terso e provando il consueto tuffo, specie
per la vicinanza e quel loro sfiorarsi di labbra accompagnato dai
respiri caldi che sentivano sulla pelle, lo ascoltò con quella forte
sete di certezza:
- E se non c‘è,
l’aldilà è un buon posto per ritrovarsi e stare insieme per sempre. -
Piuttosto la
morte.
Questo il
messaggio e la promessa che si scambiarono.
Piuttosto che
stare separati per sempre senza nessuna possibilità di ritorno, si
sarebbero uccisi pur di ritrovarsi insieme.
Fu allora che
unirono le loro bocche aprendole e fondendole in un tutt’uno che tolse
loro il respiro. Intrecciarono le dita di entrambe le mani e si
premettero ulteriormente l’uno sull’altro.
Facendo danzare
sensualmente le loro lingue, si abbandonarono a quel bacio dissetante e
a quelle sensazioni assolute.
/Resa/
Rientrati nella loro
camera anche Kojiro e Jun, i due si misero subito a preparare le
valigie per ripartire, senza dire più una sola parola, immersi nei vari
pensieri che in poco tempo avevano acquistato.
- Bisogna
guardare la schiena di Tsubasa. - Asserì quindi improvviso Jun con la
mente rivolta a come poteva scoprire se il complementare lo stava
creando l’Auror o meno.
- Eh? - Chiese
il moro convinto che fosse impazzito.
- Dobbiamo
controllare che non gli stia spuntando il simbolo di Aura, in quel caso
temo proprio che il mio sospetto sia fondato. - Rispose con pazienza il
compagno che continuava a sistemare le cose.
- Io non lo
guardo nudo! - Sbottò stizzito l’altro.
- Ma non serve
spogliarlo! Basta guardargli la schiena! - Precisò Jun spostando
brevemente lo sguardo scettico su di lui, ma egli ribatté come morso da
una tarantola:
- Fa nulla, è
lo stesso! Io non lo guardo! - Il Signore della Vita sospirò con la
pazienza messa a dura prova:
- Lo farò io! -
Kojiro si girò di scatto e impulsivamente, senza riflettere nemmeno per
sbaglio, sbottò:
- Perché tu? -
Jun mise una
mano al fianco, quindi drizzandosi ricambiò nuovamente i suoi occhi
fiammeggianti coi propri calmi e superiori:
- Perché tu non
vuoi farlo! - Logica inoppugnabile.
- Può farlo
Taro! Sarà contento di guardargli la schiena! - Quel moto di fastidio
era sempre più evidente sia nella voce che nell’espressione. All’altro
non sfuggì e continuò ad indagare discreto e pacato:
- Finché i miei
dubbi non saranno confermati, non voglio che si sappia di questa mia
tesi. Ergo, non posso chiedere a Taro di controllare la schiena di
Tsubasa alla ricerca di un simbolo! - Lì però gli parve di parlare con
un bambino… doveva sempre spiegargli tutto?
Era ovvio, no?
Kojiro sbuffò
imbronciandosi e incrociando le braccia muscolose al petto, quindi
distolse lo sguardo rosso che a momenti fumava di rabbia!
Il giovane
davanti a lui non smise di contemplarlo e avvicinandosi piegò la testa
di lato, quindi concentrandosi scrutò nel suo animo.
Normalmente non
lo spiava a quel modo ma in quel momento gli parve difficile non farlo,
visto quell’atteggiamento insolito. Non gli importava mai di ciò che
faceva, cos’era quella novità?
Quando fra il
fuoco rosso dell’ira scorse un sentimento leggermente diverso da essa,
lo individuò subito e illuminandosi di sorpresa indietreggiò rendendosi
conto di cosa significava quello che aveva visto.
Impallidì.
Kojiro si
accorse subito che Jun gli aveva letto dentro e non si infastidì di
quello quanto della sua reazione.
- Che hai? -
Grugnì sciogliendo le braccia ed avanzando verso di lui.
Jun una volta
contro il muro si fermò e non poté non fissarlo con spavento e
smarrimento. Una lotta interiore anche la sua, tutto sommato.
- Sei geloso. -
E quando lui era geloso, non era per amicizia.
Provando sulla
sua pelle quello stesso sentimento forte e bruciante, non poté certo
fraintenderlo.
Kojiro si stava
innamorando di lui e proprio in quel momento!
- E allora? -
Non si affannò a negarlo. A partire dal fatto che non si vergognava
quasi mai di sé stesso, comunque con lui sarebbe stato inutile visto
che si leggevano a vicenda e proprio in quello, come un lampo, gli
apparve lo stato d’animo confuso e impaurito di Jun.
- Come ‘e
allora?’ Ti sembra il momento di innamorarsi di me? - A questo punto il
moro si stizzì non poco e gesticolando nervoso, rispose tagliente:
- Scusa se non
azzecco mai i tempi giusti, sai, sono un po’ tardo… o forse in
anticipo? Perché, di preciso, non è il momento giusto? -
Jun sospirò
mentre si passava le mani sul viso cercando di trattenere tutto quel
che lo metteva in subbuglio. Doveva gestire quella situazione al meglio
e quindi doveva mantenersi lucido, altrimenti sarebbe stata la fine.
- Come, perché?
Stiamo parlando della possibilità di doverci separare e forse per
sempre, se non riusciamo a prevenire questo disastro del complementare
dell’Auror… come puoi volerti unire ulteriormente a me? Non hai idea di
quanto soffriremmo se il mondo si spaccasse? Io… io non resisterei
senza di te… non dopo aver ceduto ai miei sentimenti… e… aver fatto… -
Non riuscì a finire la frase ma era ovvio ciò che intendeva e quel
discorso fece andare il sangue al cervello a Kojiro che, aumentando
vertiginosamente la sua aura rossa tutta intorno a lui, pestò con un
pugno il muro, proprio accanto alla testa di Jun immobile e
sconcertato. Il panico si stava impossessando di lui e gli occhi
diventavano inevitabilmente lucidi, anche la sua aura si stava alzando
avvolgendolo. I suoi occhi divennero azzurri come erano di natura,
quindi non riuscì a frenare le labbra che le sentì tremare in maniera
imbarazzante.
Voleva
distogliere lo sguardo dal suo bruciante ma non ci riusciva, rimaneva a
fissarlo da così vicino, guardava e sentiva dentro la sua rabbia, il
suo fastidio, la sua contrarietà… cosa poteva fare?
Sapeva cosa era
giusto e cosa invece voleva, ma abbandonarsi ai sentimenti proprio in
quel momento, era così sbagliato… come poteva?
Non avrebbe
resistito se poi si fosse separato da lui… e già così sarebbe stato
difficile!
- Io la vedo
diversamente! - Ringhiò il compagno basso e penetrante, gli occhi due
fessure rosse, il viso selvatico in una smorfia divoratrice. Pareva più
una belva in procinto di attaccare.
I nasi si
sfioravano, sentivano il respiro dell’uno sull’altro.
- Potrebbe
essere l’ultima possibilità che abbiamo per lasciarci andare e vivere a
pieno quello che proviamo davvero dentro, senza fingere che non sia
nulla solo per i difetti che abbiamo. Senza fingere di avere tempo per
tutto. Senza fingere di poter vivere anche senza fare l’amore l’uno con
l’altro! -
Jun rimase
proverbialmente senza parole e a bocca aperta, lo fissava come avesse
un estraneo davanti. Le sue parole rimbombavano anche nella sua mente e
più le sentiva, più si rendeva conto che aveva ragione… ma poi come…
come si sarebbe separato da lui?
Come?
E pregare che
quel momento non arrivasse mai sarebbe stato da sciocchi, perché le
preghiere servono quando chi le realizza può aiutarti, non quando è
proprio lui il tuo problema!
Tsubasa, se
loro avevano ragione, stava per diventare il loro nemico numero uno e
sperare di arrivare in tempo improvvisamente era tutto ciò che era
rimasto.
Ma se si fosse
unito a Kojiro, come avrebbe fatto a capire ciò che era obiettivamente
giusto e sbagliato?
Come trovare le
giuste vie, le soluzioni, le verità…
Abbandonandosi
all’amore per lui, tutta la sua verità, la sua soluzione, la sua via ed
il suo giusto sarebbe stato Kojiro e avrebbe solo lasciato gli altri a
loro stessi.
- Kojiro… -
Disse tremante cercando ancora con uno sforzo enorme di domarsi, gli
occhi sempre più lucidi, immobile fra lui e il muro: - …Genzo e Karl
vivono l’uno per l’altro così come Hikaru per Taro… e sono sicuro anche
viceversa. Più che ad Aura e a Tsubasa, pensano al loro amore. Perfino
Taro credo che infine sceglierebbe Hikaru sopra ogni cosa. Se… se anche
noi lo facciamo… come finirà questo mondo, nel momento del bisogno? -
Il suo discorso per quanto sorprendentemente confuso, aveva un senso
talmente devastante da penetrare Kojiro come un pugno in pieno stomaco.
Eppure non gliene importava nulla nemmeno di quello e come avesse
sempre saputo la risposta, la pronunciò immediatamente, prendendo il
suo viso fra le mani con forza e decisione, avvicinando ancora di più
le loro labbra, fissandolo bruciante come lo stesse per inglobare:
- Vada
all‘inferno, questo mondo di merda, se non posso averti né ora né mai!
Perché è esattamente là che finirei io comunque, senza di te! -
Ringhiando
incisivamente questo, la Morte fece sua la Vita che, a sua volta,
piangendo, si arrese ad essa.
Spingendo le
labbra sulle sue, se ne impossessò quasi con violenza e sempre allo
stesso modo le aprì a forza infilandosi in esse, trovò la lingua e fece
sua anch’essa in un disperato e infuocato bacio completamente
ricambiato.
Un bacio che
sapeva di lacrime, di sbagliato, di fine, di resa.
Una resa
meravigliosa.
La più bella a
cui Jun avrebbe potuto consegnarsi, in quel piccolo ma potente tornado
di auree rosse e azzurre che li avvolse protettive.