AMBIENTAZIONE: prima puntata della quarta stagione… (meravigliosa… una vera illuminazione…)
NOTE: aspettate… ehi, no, ma dove andate? Fermi lì un secondo! Specie tu Taila… non morirmi leggendo la coppia! Dunque… fino a qualche ora fa ero molto convinta della coppia ColbyXCharlie… ma poi ho visto la prima puntata della nuova serie e sono rimasta abbagliata da quest’altra! Vi giuro… non avrei mai pensato ma come non rimanere colpiti dallo stato in cui è Don dopo l’apparente tradimento di Colby? Quando vede e rivede ossessivamente per cinque settimane il video in cui Colby confessa? Come esce di sé mentre lo cerca? Quando Colby è Don che cerca dicendogli che si fida solo di lui e gli chiede aiuto? Quando Don gli grida di non scappare? Quando si tormenta sulla sua natura (buono o cattivo)? Quando poi decide di fidarsi e va da lui a salvarlo? Quando Colby si sacrifica e sta per morire e cercano di rianimarlo e Don gli prende il viso gridando sconvolto di non morire? No, quella puntata è un continuo slash fra loro due, mentre nulla su Colby e Charlie, a sorpresa… Così la mia testa ha fatto reset su tutto quello che erano le mie idee e sono sopraggiunte di nuove (specie in virtù di quanto bello era Colby in questa puntata!). Ora, gente, vi lascio alla mia fanfic scritta a caldo subito dopo la puntata. Buona lettura. Baci Akane
DEDICHE: a Taila che anche se patteggia per Colby e Charlie sono certa che leggerà la fic lo stesso e non la disdegnerà!
RINGRAZIAMENTI: a tutti quelli che leggeranno e commenteranno.

LE COSE CHE NON DICI

/ Run - Snow Patrol /
Le immagini di quel video vanno e rivanno in continuazione davanti ai miei occhi. Le fermo, le mando indietro e le faccio ripartire.
Così da giorni.
Anzi, un tempo indefinito.
Ogni momento libero, ogni momento possibile vengo qua in sala video e guardo la confessione di Colby, ingrandisco sul suo viso, mi concentro sui suoi occhi, sull’inclinazione di ogni muscolo, ogni impercettibile espressione che ha anche solo l’ombra di passare su quel viso serio dai lineamenti sottili e sensuali.
Lo conosco a memoria, ogni linea che lo compone, ogni taglio, ogni morbidezza o durezza, tutto.
Persino il colore dei suoi occhi è vivido nella mia memoria.
E in questo video io vedo tormento. Un tormento molto nascosto. Normale, tutto sommato… è venuto fuori che è un traditore… è stato scoperto… eppure no.
Eppure c’è qualcosa che non va.
È uno dei miei uomini, come ho potuto non accorgermi di nulla?
Come?
O forse il punto è che lui non è uno DEI miei uomini bensì il MIO.
Come interpretare questa sensazione accompagnata da questa mia affermazione che gira nella mia testa da quando è stato arrestato?
Tutti hanno reagito a modo loro, anche Charlie.
Io quel che ho fatto è stato non seguire più nessun caso, lasciare Megan in ferie per un tempo spropositato e perdere di vista David che non so nemmeno cosa stia combinando.
Io me ne sto qua giorno dopo giorno a rivedermi in modo ossessivo questo video, i suoi occhi, ascoltare la sua voce vellutata e dura che confessa.
E a pensare che non è tanto il fatto che fosse uno dei miei uomini quanto che dovesse essere il mio.
Non ci siamo mai messi insieme, non l’ho nemmeno mai pensato o voluto, non l’ho mai visto sotto queste vesti, non mi è mai passato per l’anticamera del cervello, però ora che non c’è più e che mi ha pugnalato a quel modo, ora che soffro da cani per questo, mi sento come uno tradito e lasciato dalla propria metà, dal compagno di vita, dalla persona che ha sempre amato.
Non ho mai contemplato l’ipotesi di essere gay e non lo farò ora solo perché mi arrivano certi strani pensieri come proiettili. Non è ora che sono da considerare.
Ora devo assolutamente capire una cosa.
Cos’è che non mi convince di Colby e di questo interrogatorio?
Cosa?
Sento che questo conta sopra ogni altra cosa, addirittura sopra la possibilità che io ne fossi innamorato o che comunque mi piacesse. Sopra la mia presunta omosessualità. O bisessualità che dir si voglia.
Dovrebbe essere una cosa in grado di mandarmi fuori eppure Colby la supera, Colby e il suo tradimento mi permette di superare tutto. Tutto a parte lui che era una spia, che mi ha ingannato e lasciato.
Lasciato.
Quanto pesa questo suo abbandono. Questo suo doppio gioco.
Quanto.
Se l’avesse fatto chiunque altro non so se ora starei ancora così, dopo cinque settimane.
Ma non so far altro che pensare a lui e a cosa non ha detto.
Come un ossessione.
Nemmeno la consapevolezza che forse lo considero il mio uomo, anche se non è mai stato così alla pratica, mi distrae.
Io devo sapere.
Io devo capire.
Devo.
Colby, cosa non mi hai detto? “

Inferno.
Un inferno.
Pensavo che come marine in guerra in Afganistan avessi visto tutto, che fosse quello l’inferno… eppure ora che ci sono dentro mi rendo conto che quello in realtà non era nulla. Che questo è quanto di peggio io possa cercare di portare avanti.
Non posso mollare. Non posso lasciarmi andare.
Ne vanno di mezzo loro. Lui.
Non posso arrendermi. Sono stato preso, sono chiuso in prigione però non è finita. Le persone sotto cui mi sono infiltrato faranno di sicuro qualcosa per farmi uscire. È certo.
Una volta fuori devo pensare a cosa fare, come muovermi, come arrivare da Don senza farmi ammazzare o prendere.
È l’unico di cui mi possa fidare, l’unico. Non chiamerei nessuno, solo lui.
Devo trovare il modo di contattarlo in privato senza essere controllato.
Devo comunicare con lui.
Non posso arrendermi.
O per lui sarà la fine presto o tardi.
Non posso lasciare che quei bastardi facciano.
Non solo il Paese è in pericolo, ma lui.
Lui.
Don.
Non è il fatto che ha sempre avuto fiducia in me, l’hanno fatto anche gli altri della squadra. È più il fatto che lui è semplicemente un'altra cosa per me.
So di averlo ferito profondamente, di averlo pugnalato e che sicuramente ora non vorrà più saperne di me. Starà lavorando a tutto andare su un sacco di casi cercando di dimenticarmi, infuriato con me.
Gli ho fatto del male.
Gli ho fatto davvero male.
Ma non potevo condividere con lui la mia situazione, non potevo dirglielo, sarebbe stato in pericolo anche lui, magari ora sarebbe anche già morto, chissà. Sono in una posizione difficile, pericolosa e complicata. Se le persone che mi stanno dietro sapessero tutto sarei ricercato da non so quanta gente, il doppio di ora probabilmente.
Ho dovuto proteggerlo agendo da solo, completamente da solo.
Se non fossi stato così legato a lui avrei condiviso con lui la verità mettendolo a rischio, ma non potevo.
Quando mi ha interrogato mi sono trovato su una bilancia la possibilità di morire da solo e quella di morire con lui. Perché di questo si trattava considerando le persone con cui ho a che fare e che se vengo scoperto mi daranno la caccia. Non avrei mai potuto, mai.
Anche così rischia perché quei bastardi presto o tardi attueranno i loro sporchi piani, con o senza di me, ma se gliene avessi parlato ora chissà dove sarebbe.
Ora, all’inferno, ci sono solo io.
E va bene così.
Se è per proteggere chi amo va bene così.
Però vorrei solo… poterlo vedere di nuovo… e chiedergli scusa… scusa per averlo ferito, per avergli taciuto una cosa simile, per non avergli chiesto aiuto, per non avergli dato fiducia. Ma non si trattava di questo. Io ho fiducia in lui. Però non bastava a salvarlo. La mia fiducia l’avrebbe ucciso.
Non ho esitato un istante a sacrificarmi pur di salvarlo, pur di permettergli di vivere un giorno in più.
Presto lui mi dimenticherà aiutato dall’odio verso di me ed io… io magari marcirò o qua in prigione o fuori sotto le mani di quei criminali che mi scopriranno e mi tortureranno. Ed io so come mi tortureranno.
Se mi scoprono mi aspettano delle sofferenze di cui sono perfettamente consapevole. Quante volte ne ho viste inflitte ad altri.
Ma non posso mollare così.
Per lui.
Devo permettergli di continuare a vivere ancora.
Mi sembra così importante, improvvisamente, la vita di una sola persona… quanto quella di tutta una popolazione messa insieme. Non avrei mai pensato di riuscire di nuovo a provare una cosa simile.
Non dopo l’Afganistan. Se ho accettato una missione simile è stato solo perché non provavo più nulla. Nulla che andasse al di là del mio dovere verso la patria. Nulla di profondo, nulla di meraviglioso, in realtà.
Disilluso verso il genere umano, scottato da ciò che ho visto in guerra, sofferente dalle perdite importanti che ho dovuto sopportare ho accettato questa missione che era suicida sperando di farla finita una volta per tutte.
Però qua ho ritrovato la vita, la mia anima, i miei sentimenti. Tutto ciò che avevo perso. E se prima avrei mollato facilmente, troppo stufo di questa schifezza di mondo per cui mi sbatto da troppo tempo, ora non ce l’ho più fatta.
Il suo sguardo rabbioso e ferito, deluso, disfatto e fuori di sé mi è entrato dentro, mentre mi interrogava. E lì c’è rimasto. Non se ne andrà più la dannata sensazione di averlo ferito così tanto. Mai.
Ma spesso ciò che è giusto non è anche ciò che si vorrebbe.
Lui un giorno dimenticherà e tornerà a vivere fidandosi degli altri, ritroverà la felicità.
Io… io semplicemente devo fare quello che è giusto.
Me la sono sempre cavato da solo, lavorare per lui mi aveva fatto quasi credere di potermi affidare a qualcuno, di non essere sempre senza nessuno accanto. Ma la verità è che è stata solo una breve meravigliosa vacanza e che ora mi aspetta un continuo inferno come questo.
Un inferno portato dal fatto che ho ferito profondamente chi amo.
Perdonami Don.”

Quando mi ha telefonato mi è sembrato di morire. Charlie è arrivato dandomi il suo telefono, dicendo che era Colby, e la prima cosa che mi è venuta da chiedergli è stata perché ha chiamato lui e non me!
Bè, in fondo ha comunque cercato me.
Lui parlava dandomi svelto tutte le informazioni che mi servivano e che quella volta non mi aveva dato, facendomi capire che c’era davvero qualcosa che non andava, che la mia sensazione era giusta, che non è davvero un traditore, che posso respirare, tornare a vivere, che lui è ancora con me, che ha bisogno di aiuto ma che non mi ha pugnalato… e allo stesso tempo mi sono fermato a rabbrividire risentendo semplicemente il suono della sua voce vellutata e calda.
Sono forse impazzito?
Ma il mio cervello, o il mio istinto, ha registrato tutto e mi ha spinto a fare come sempre il mio dovere.
Il dovere di un capo squadra dell’FBI.
E ho dubitato di lui, l'ho accusato, gli ho chiesto come potevo fidarmi di lui mentre invece volevo dirgli di dirmi dove era e di aspettarmi che avrei risolto tutto.
Come sempre.
Perché per la mia squadra mi faccio sempre in mille cercando di non far pesare loro nessuna decisione che invece posso benissimo prendere io.
Cerco sempre di salvare il culo a tutti però se ce n’è uno in particolare che vorrei salvare è il suo ed in quel momento volevo solo dirgli di fidarsi di me che l’avrei aiutato.
Però ho dovuto fare l’agente federale voltandogli di nuovo le spalle.
Di nuovo perché non l’ho mai capito davvero dopo tutto il tempo passato insieme.
Mi sento terribilmente colpevole di tutto quello che ha fatto e gli è successo.
Però sentirmi dire da lui che io sono l’unico di cui si fida, arrivato a questo punto, è stato semplicemente rigenerante e sconvolgente.
Una vampata violenta di calore mi ha invaso su tutto il corpo e sono rimasto inebetito un millesimo di secondo. Prima che me ne rendessi conto però il mio istinto mi aveva già fatto agire da solo e stavo dirigendo tutte le indagini come sempre.
Io non ho mai tempo per pensare a me stesso e a quel che provo o vorrei. Devo prima mettere davanti il mio lavoro, la mia squadra, la gente che proteggo… tutto è sempre stato più importante di me e se qualcosa è andato storto senza che io ne fossi direttamente coinvolto, ho sempre sentito il peso doppio sulle mie spalle.
Sono fatto così e nemmeno parlarne con Charlie o con mio padre mi solleva in alcun modo.
Non penso che sia un problema di ego, come ha detto mio fratello… penso che sia più un problema di sentimenti. Semplicemente fino ad ora sono riuscito a farne a meno, non erano poi così forti o coinvolgenti, ma ora lo sono.
Oh, se lo sono.
Lo sono al punto da farmi uscire di me, infuriare con chi non centra e correre come un matto ovunque.
Il mio problema, ora, sono i miei sentimenti. Per lui.
Quando poi l’ho rivisto di sfuggita in stazione insieme al complice, mentre mi avvicinavo correndo chiamandolo insieme agli altri agenti che eseguivano i miei ordini, mi è anche venuto un colpo.
Anzi più di uno.
Il primo mentre costatavo che il suo abbigliamento da fuggiasco lo rendeva decisamente diverso tanto da farmi avere di nuovo quella famosa ondata di caldo e brividi, la seconda quando ha guardato me e poi le rotaie della metro libere. Ho sentito il rumore di un altro che arrivava da lontano, ho visto i suoi occhi, occhi che conosco a memoria e che mi hanno perforato, lo sguardo che si è scambiato con me, la decisione su cosa fare, l’inferno in sé che è riuscito a trasmettermi.
Non ho potuto far altro che gridare di no.
No Colby.
No.
Con quanto fiato e forza avevo in gola, non un ordine, non un consiglio ma una richiesta, una supplica.
La metro stava per passare e lui era saltato sui binari con l’altro ragazzo, continuava a guardarmi, io continuavo a gridare sapendo che si sarebbe spostato in tempo e che non sarebbe morto, che non poteva, come non poteva andarsene da me proprio ora che l’avevo ritrovato. Non poteva rifiutare la mano che gli tendevo, continuare a viaggiare da solo, a giocare a questa roulette russa senza nessuno che l’aiutasse e lo proteggesse.
È stato un momento di delirio in cui nessuno ha più capito nulla, cosa sperare, cosa volere, cosa fosse giusto.
Ed io e lui ci siamo visti per l’ultima volta proprio la frazione di secondo prima in cui passasse il treno.
Ho capito che potevo fidarmi quando mi ha salvato la vita.
Il suo complice aveva alzato la pistola contro di me, se lui non gliel’avrebbe abbassata sarei morto.
Devo la vita a Colby ed ora so che posso stare tranquillo e fidarmi.
Lo so.
Ho avuto solo la conferma dagli altri che la pensavano così seppur non osassero buttarsi apertamente.
Però ora che sto per entrare nella nave in cui dovrebbe essere lui mi chiedo cosa troverò dentro.
Cosa starà facendo, se ho fatto bene a fidarmi, se sarà vivo, se…
Ma i se muoiono quando sentiamo spari e ci fiondiamo direttamente in sottocoperta.
E lo troviamo.
Svenuto.
Seduto.
Legato.
Sudato.
Con un’aria terribile.
Con un ago nel petto, sul cuore, spinto a metà.
Che diavolo succede?
Cazzo, cosa succede?
Cosa gli hanno fatto?
Registro a fatica David che dice il nome del veleno iniettato a metà direttamente nel cuore; morirà?
Quello che ha avuto potrebbe bastare ad ucciderlo.
Rimango impietrito mentre guardo David scioglierlo e stenderlo, comincia a rianimarlo, è molto agitato, lo chiama, grida il suo nome e dice altro che non capisco.
Parla con me?
Con lui?
Da solo?
Oh, non lo so davvero… quel che so è che sono impietrito davanti a questa scena raccapricciante, i muscoli si atrofizzano, i legamenti diventano ferro rovente e il sangue è peggio della lava. Tutto il mio corpo si informica ed io perdo cognizione di me, non so più dove sono e se mi sono mosso.
Per un momento, breve o lungo non lo so, è così.
E mi sveglio quando realizzo una cosa.
Colby sta per morire.
Dannazione.
No, non può morire.
Realizzo anche che gli dobbiamo la vita e molto di più, che questo suo sacrificio ha permesso a noi e a tutto il Paese, forse, di salvarsi.
E che per questo non possiamo lasciarlo andare.
Non possiamo.
Il debito che abbiamo con lui non sarà mai colmato del tutto, ma il minimo è salvargli la vita. Così mi riaccendo e dicendo qualcosa che non registro nemmeno io mi inginocchio davanti alla sua testa, al contrario, gliela prendo fra le mani, la raddrizzio, comincio a schiaffeggiarlo e chino su di lui urlo ancora il suo nome, lo chiamo chiedendogli di non lasciarmi, di non andarsene. Non un ordine, non un consiglio ma una richiesta, una supplica.
Non andartene, Colby.
Non ho mai fatto così per nessuno, credo, forse nemmeno quando è stata rapita Megan… e lì ne ho superati di limiti… ma come mi sento ora non mi ci sono mai sentito.
Caos.
Dolore.
Shock.
Bruciore.
Follia.
Paura.
Una paura pazzesca, inaudita, indomabile.
Di perderlo.
E amore.
Un amore che va oltre ogni comprensione.
Un amore istintivo così forte e chiaro che non potrei mai ignorarlo per qualche altro dovere più importante perché improvvisamente non esiste più nulla di importante oltre a lui e alla sua vita.
Non lasciarmi Colby.
Non mi importa se siamo due uomini, se mi hai tradito, anche solo per finta, se a me hai preferito fare tutto da solo, se hai sbagliato e se noi due siamo diversi.
Però tu riapri gli occhi.
Ti prego.”

Una voce.
Una richiesta.
Una preghiera.
Cos’è ciò che mi giunge in questo posto lontano da tutto e da tutti?
È buio oppure luce?
Che colori si susseguono intorno a me?
Ci sono cose definite oppure no?
Mi sembra come di fare il morto sulla superficie del mare.
È un mare molto calmo e tiepido, si sta bene… le onde sono tenui e mi dondolano cullandomi dolcemente, mi piace stare qua, non vorrei stare altrove.
Istintivamente lo penso.
Non è per nulla male.
Ma poi?
Poi che farò, dopo?
Starò qua per sempre?
Dov’è il qua?
E soprattutto io chi sono?
Cerco nella mia memoria i frammenti di me ma non mi viene nulla.
Più mi sforzo di ricordare e più questo lapsus mi annienta il cervello.
Niente, nemmeno con tutti gli sforzi possibili… così rinuncio perché comincia a farmi male e mi dà fastidio.
Voglio continuare a farmi cullare da quest’acqua che avvolge il mio corpo. Forse sono nudo. Forse non ho nemmeno un corpo.
Un corpo.
E cosa sarebbe?
Ne ho mai avuto uno?
Magari sono solo una coscienza isolata che vaga in solitudine da secoli, che ogni tanto si spegne ed ogni tanto si riaccende…
Da quanto tempo sono qua?
Da quanto penso?
Non saprei…
Però c’era una voce.
Mi chiamava ed era molto agitato.
Come faccio a sapere che chiamava me?
Non ricordo che nome pronunciava ma so che nominava qualcuno e so che nominava me, ne sono certo.
Mi cercava, mi chiedeva di svegliarmi, forse.
Già, ma perché dovrei farlo?
Io sto bene qua. Se mi sveglio poi dove finisco?
Cosa sarò?
Come vivrò?
Come starò?
Male?
Bene?
Io so solo che qua sto bene anche se non ricordo nessuno e non distinguo bene nulla.
Solo la sensazione dell’acqua addosso che mi sostiene.
Però magari mi sbaglio, è solo una sensazione vaga, un illusione.
Magari non è davvero così.
Allora voglio vagare in eterno in un illusione?
No, non è da me.
Non mi ricordo niente di me stesso ma so che non è da me rimanere così in un sogno senza nulla di concreto.
Così passivo.
Però cosa seguo?
Dove vado?
Se voglio cambiare qualcosa, capire, dove devo andare?
Come devo fare?
Cosa devo seguire?
La voce di prima è attenuata, non si sente più.
Da quanto?
Non saprei…
Però vedo qualcosa in questo caos indefinito.
Qualcosa di diverso da tutto insieme ad una sensazione.
Qualcuno torna a chiamarmi, è meno agitato, sento più… come si chiama?
Amore?
È un sentimento bellissimo, molto dolce, pieno, vivo, sincero, sentito, vissuto, forte.
Amore… si… potrebbe essere quello… non so come faccio a dirlo perché non ricordo niente, però sento che è amore.
Allora seguo questo sentimento, questa sensazione, questa voce che mi parla da qualche parte.
Man mano che mi avvicino comincio a sentire del calore.
Dov’è che sento calore?
Qualcuno mi tocca… forse è questo.
Qualcuno mi tocca…
Lo stesso che mi sta parlando.
Sento solo lui e probabilmente è perché mi ama così tanto, c’è un legame fra noi, lo sento, ne sono sicuro o non starebbe qua a parlarmi.
Non so di preciso cosa mi dice, ma mi parla.
Ha una bella voce.
Mi riempie, continua a riempirmi e mentre sento anche la nostalgia di lui, capisco che lo conosco.
Per lui ho fatto tutto quello che potevo.
Ho dato la vita.
Ma la mia vita è qua, fra le mie mani.
Fra le sue.
Posso decidere io cosa fare?
È uno di quei momenti in cui posso svegliarmi e facendolo ricorderò tutto?
Voglio provarci… magari è solo un illusione, magari sono morto, magari non sono mai nato ed ho sempre vagato da solo… però ora sento questa voce, questo amore, questo tocco… e voglio provare ad andare da lui.
Dopo di questo non sento nulla di concreto, nulla di definito, nulla di chiaro.
È molto vago e caotico.
Non so cosa sto facendo e che mi succede.
Non so nemmeno se sento dolore o se sto bene.
Non lo so.
Però fra tutto questo macello incomprensibile finalmente riesco a distinguere della luce. All’inizio mi dà fastidio poi man mano che apro e chiudo gli occhi mi abituo e capisco che non è davvero forte, è sopportabile.
Così dopo la luce vedo dei contorni che lentamente diventano sempre più nitidi ed insieme ad essi dei lineamenti.
Sono familiari.
Certo che lo sono.
E con essi tutto torna alla mente, tutti i ricordi, la mia coscienza, la mia consapevolezza, il mio sapere, tutto… nulla va perduto.
Ricordo ogni cosa.
E lui è Don e mi sta tenendo la mano.
Mi stupirei di questo contatto, non è da lui, se non fosse che mi sento come se mi avesse camminato sopra un esercito intero.
Non è un dolore localizzato e ben nitido, è generico su tutto il corpo. Mi sento massacrato, però cerco i suoi occhi ed ignoro ogni sensazione fisica.
Penso di avere qualcosa sulla faccia che mi aiuta a respirare, poi altre cose attaccate al corpo che molto lentamente comincia a tornare da me. Però mi concentro sui suoi occhi, sul suo sguardo emozionato e lucido che, posato sul mio, diretto come sempre, cerca la forza di dire o fare qualcosa senza trovarla.
Per una volta l’ho lasciato immobile senza parole. Non che lui di norma sia un chiacchierone, ma qualcosa da dire, o ridire, lo trova sempre.
Ora se ne sta zitto a fissarmi con delle lacrime che vorrebbero scendere e delle parole che vorrebbero uscire, ma riesce solo ad osservarmi con pienezza, amore ed emozione e a stringermi forte la mano che mi tiene.
Io ricambio istintivamente e prima di realizzare che posso muovermi, seppure con grande fatica, mi trovo a sorridergli con altrettanta fatica ma con tutto ciò che ho dentro.
Non so che sorriso sia uscito e come l’abbia preso, né se l’abbia visto bene, ma dalla gola che comincia ad ingoiare a vuoto mi fa capire che ha recepito bene tutto.
Vorrei abbracciarlo, sentirlo di più, parlargli, dirgli che lo amo, che voglio stare con lui, se mi può perdonare, cosa succederà ora… vorrei dire e fare mille cose ma non ho nemmeno la forza di alzare il braccio e togliermi la mascherina dal viso.
Così non mi resta che guardarlo e sperare che prima o poi sia lui a dirmi ciò che spero.
A spiegarmi questa mano sulla mia e a fare un passo che io ora non riesco a fare ma che vorrei tanto.
Bè, sono vivo e lui è qua, significa che tutto il resto potrà andare a posto.
Di certo.
Però almeno una cosa voglio dirla e girando la testa cerco di alzare la mano, senza molto successo. Ogni singolo e minuscolo movimento è una fatica immensa, per me, però proprio quando penso di dover rinunciare a comunicare con lui, capisce che voglio dire una cosa e senza emettere alcun suono mi abbassa l’ossigeno scoprendomi la bocca.
È più vicino, ora, chino su di me che assorbe ogni cosa che mi riguarda.
Dio, da quanto non mi sentivo così… così amato?
E magari lui nemmeno si rende conto di dare così tanto agli altri…
Vorrei dirgli mille cose, fra cui che lo amo, ma opto per quella che fra tutte emerge e che non richiede troppe sillabe.
- Grazie… - Solo questo. Dopo la mia gola grida vendetta insieme alla mia testa e nemmeno volendo arrivo a dire altro.
È stato solo un sussurro e subito ho faticato a respirare. Lui lo nota e mi rimette la mascherina sulla bocca, quindi rimane così vicino al mio viso, ci contempliamo a vicenda ed il sorriso di risposta è qualcosa di non solo dolce ed emozionato, ma anche sereno e luminoso a modo suo.
Come se avesse trovato le sue risposte e con esse la pace.
Ora sarà tutta un'altra cosa, con lui, lo so.
- Grazie a te. – Questo mi fa capire che è davvero tutto a posto, che è venuto fuori cosa ho fatto e perché e che non devo più tormentarmi per riappacificarmi con lui, che ha capito, che sa, che da ora davvero tutto andrà bene.
Finalmente.
Grazie… a chiunque abbia contribuito, finalmente, a darmi una mano e ad arrivare qua.
Se me lo avessero detto non ci avrei mai creduto.
Anche se ho molto da farmi perdonare.
Tutte le cose che non ho mai detto e che avrei dovuto e voluto dirgli.
Stavano per essere la nostra fine ma ce l’abbiamo fatta.
Ora di cose da dirne ne ho eccome, ma con calma, quando starò meglio.
E allora sarà il paradiso e non più l’inferno.
Sarà strano viverlo, sarà la mia prima volta, ma non vedo l’ora.
L’importante è che mi abbia perdonato, il resto lo risolveremo parlando.
Non voglio ci siano più cose non dette fra noi.
Non voglio più tacergli nulla.”

FINE