AMBIENTAZIONE: Puntata
8 della sesta stagione. Don è in crisi da un po’
di tempo per la morte di Jess Angell, la sua fidanzata. Trascurato e
lasciatosi andare beve, va a prostitute, va in giro trasandato,
frequenta brutti posti e in generale è decisamente un altro.
Qua lo vediamo passare il limite e Mac decide che è ora di
smetterla.
NOTE: quando
vedrete la puntata sarete d’accordo con me. È
fantastico tutto lo slash che trapela da quell’episodio!
Nella mia fic è tutto piuttosto fedele alla serie ma non
voglio rovinarvi la sorpresa, quindi non dico altro. Spero che vi
piaccia. Questa non si collega a nessuna delle altre ed ammetto che
c’è materiale per un seguito, cosa che ci
sarà, e per una long fic che, mi conosco, finirò
per scrivere anch‘essa. Ma per ora accontentatevi.
Buona lettura.
Baci Akane
LIMITI
/Apologize - Timbaland
& One Republic/
Dopo la dura sfuriata
il silenzio e la solitudine.
Così
come è venuto va via.
Su tutti Mac
è quello che meno avrei pensato mi venisse a cercare.
Rimango qua
seduto ancora un po’ prima di rendermi conto che non
è casa mia e che devo andarmene anche io prima di mettere
Terrence nei guai ancor più di quanto non abbia
già fatto.
Assente mi alzo
e senza dire nulla me ne vado dal retro come mi ha pregato di fare
prima di lasciarmi solo con Mac.
Non faccio caso
a dove sono e quel che faccio, ripenso insistentemente alle sue parole,
alla sua reazione. Non mi aspettavo davvero che sarebbe venuto ed
invece non solo l’ha fatto ma è anche diventato
matto per trovarmi… ha messo sotto Stella e Danny e
l’idea che mi ha dato per un attimo è proprio che
si fosse dato davvero pena per me.
Mac…
mi confonde questo suo comportamento… dopo che ci siamo
lasciati abbiamo recuperato un normale rapporto di amicizia ma eravamo
più colleghi che altro. Entrambi nel frattempo abbiamo avuto
altre storie e la mia con Jess mi ha distrutto. Mi ha distrutto
perché è morta in quel modo proprio mentre stava
per diventare una cosa seria, mi ha distrutto perché per
vendicarla ho agito in modo sporco.
Ogni notte mi
continuano a venire alla mente le immagini di quella volta. Io ed il
suo assassino da soli. Lui a terra che alza le mani disarmato, io che
lo guardo pieno di rabbia ed accecato sparo lo stesso.
Nessuno
l’ha mai saputo, nessuno mi ha mai rimproverato, nessuno mi
ha mai chiesto niente.
Sembrava fosse
andato tutto a posto, che tutto si fosse chiuso… sembrava
anche a me. Potevo ricominciare. Farmi una ragione della morte di Jess
e riprendere la mia vita ed invece lentamente tutto è andato
sempre peggio. Sono sprofondato.
Solo.
Senza nessuno.
Non
è più per Jess, non è per il suo lutto
che sono andato così sul fondo, c’è
questo pensiero che non mi lascia. Mi sono fatto giustizia da solo su
un bastardo disarmato che si era arreso, gli ho sparato lo stesso, ho
agito come lui. Sono diventato uno di loro.
Ho cominciato a
bere, ad andare a prostitute, a trascurarmi, ad arrivare tardi e
saltare giornate intere di lavoro senza avvisare. Non mi sono mai
chiesto come mai non venissi mai licenziato, ora però
l’ho capito.
È
stato Mac a coprirmi sempre ed ora è stato lui ad impazzire
per cercarmi, a trovarmi, a dirmi di tutto pronto a picchiarmi se
necessario. La sua durezza ed il suo rigore mi ha fatto aprire gli
occhi.
Ho davvero
toccato il fondo e passato il limite.
Solo ora me ne
rendo conto.
Se mi avesse
consolato e confortato non credo che l’avrei capito.
Giunto in casa
mi guardo intorno. È davvero un letamaio, per non parlare
delle bollette che non pago da mesi. La situazione è alla
deriva, probabilmente non mi hanno cacciato di casa solo
perché ho il distintivo ed una reputazione buona.
Sospiro
chiedendomi cosa io debba fare arrivato a questo punto.
Ricominciare da
capo?
E come?
Si
può dopo tutto quel che ho fatto?
Con queste
mille domande nella mente e il dolore per lo sguardo deluso e furioso
di Mac, prendo il cellulare in mano e come hai vecchi tempi prima che
tutto questo casino scoppiasse, scrivo a Danny.
‘Ho
bisogno di te. Sono a casa. Puoi venire?’
Lo getto nel
divano, o quel che sembrerebbe esserlo, e l’occhio mi cade
sulla mia immagine allo specchio, sono davvero uno schifo…
barba lunga, vestiti sporchi e sdruciti, i segni del pestaggio sulla
metro di stamattina… potrei cominciare con una bella doccia,
intanto: credo sia il minimo.
Mi spoglio
facendo attenzione ai movimenti per i dolori all’addome pieno
di lividi, quei teppisti ci sono andati giù pesanti ma come
ha detto Terrence quando mi ha salvato, me la sono cercata. Non mi
interessava reagire anche se ero ubriaco.
Sotto la doccia
con l’acqua che scivola sul mio corpo, i pensieri sembrano
radunarsi più di prima. È come se
l’onestà mi si fosse attaccata addosso. Mi vedo
per quello che sono ed ogni mio gesto fatto fino ad ora è
solo motivo di vergogna per me.
Pensavo di
farcela da solo ma non è così.
No davvero.
Mi sbagliavo di
grosso.
Quando esco la
porta di casa si apre con le chiavi facendo entrare un Danny agitato
che mette via la propria copia. Immagino che anche prima sia entrato
per vedere se c’ero, avrà anche cercato
nell’armadietto dove sa che tengo la pistola e il distintivo
con la paura che me la sia portata stupidamente dietro. No, non avevo
quella di servizio ma quella personale!
-
Ehi… - Lo saluto facendolo girare di scatto, devo averlo
spaventato per bene con quel messaggio dopo che non mi sono fatto vivo
per tutto il giorno.
- Che succede?
- Mi chiede subito venendomi davanti, poi nota i lividi
sull’addome e ancor più preoccupato e irruento
insiste: - Chi ti ha fatto questo? -
- Non ha
importanza… - Non sorrido per sdrammatizzare e nemmeno tiro
fuori una delle mie battute. Sono serio e poco intenzionato a vestirmi;
rimango con l’asciugamano alla vita e tutto bagnato.
Solo in un
secondo momento noto che non ha stampelle o bastone… Dio,
anche lui ha passato l’inferno, forse peggio di me, e
l’ha superato da solo. Mentre io mi sono infangato per dei
sensi di colpa ed un lutto che in fondo ho già superato.
Lui
c’era, lui c’è sempre stato per
me… in ogni momento difficile della mia vita, anche in
quelli felici quando abbiamo fatto insieme cose stupide. Quando mi
hanno detto che Jess era morta è venuto lui a prendermi, mi
è stato vicino, non mi ha mai lasciato e finché
io stavo bene ho fatto altrettanto con lui. Quando è morto
il piccolo Ruben e lui si sentiva in colpa, quando si è
lasciato con Lindsay, quando poi per consolarlo ed aiutarlo nel suo
momento di crisi peggiore siamo addirittura finiti a letto insieme un
paio di volte…
Poi si
è ripreso, è tornato con Lindsay, siamo rimasti
amici ma… ma quella dannata sparatoria…
- Cammini bene
ora… - Sembra riprendere una respirazione normale, mi guarda
con un cenno divertito e risponde:
- Te ne sei
accorto, alla buon ora… - Non se l’è
presa davvero però non mi sento meglio.
- Mi dispiace,
io… scusami… - La voce mi muore in gola ed altre
parole più articolate non me ne escono.
Mi guarda
accigliato:
- E di che? -
- Di non
esserti stato vicino quando tu avevi bisogno… quando ti
avevano sparato e sei rimasto sulla sedia a rotelle tutto quel
tempo… - Il silenzio cade fra noi mentre ci osserviamo
pensierosi, sembra che mi studi e mi legga dentro.
Ci è
sempre riuscito.
Il nostro
legame va al di là di quello che potrebbe essere fra due che
stanno insieme e non potrei nemmeno definirla una semplice amicizia.
Due amici non vanno a letto per consolarsi e poi fanno come niente
fosse…
Non ha nome
ciò che siamo però so che non è quel
tipo di amore che ho provato per Mac e che stavo per iniziare a provare
per Jess. Non è quello.
Io e Mac ci
siamo lasciati, Jess è morta… ma ciò
che siamo io e Danny non cesseremo mai di esserlo.
Uno dei due ha
bisogno e l’altro corre, uno dei due è nei guai e
ci pensa l’altro a tirarlo fuori…
Però
lui è rimasto sulla sedia a rotelle ed io non
c’ero.
Aveva bisogno
di me e gli ho voltato le spalle. C’era Mac con lui,
Lindsay… ma non io…
Fra il prendere
il responsabile della sparatoria e l’aiutarlo, Mac non ha
avuto tempo per me, però io non gli ho chiesto niente.
Mi rendo conto
di tutte queste cose solo ora, è come se vedessi di nuovo
dopo molto tempo di cecità e quel che vedo è
shockante.
- Non devi
pensarci nemmeno, Donny. So bene che eri messo male anche tu. Non me la
sono mai presa. Non devi scusarti. - Mi chiama così solo in
privato, mi piace ed ora mi rilassa un po’. Poi aggiunge con
la stessa vena di preoccupazione di quando è entrato: - che
succede? -
Questa domanda
ha più di un senso.
Mi siedo
sospirando sconsolato, mi prendo il viso fra le mani e lo sento
raggiungermi. La sua presenza è forza eppure vorrei avere
Mac qui.
Vorrei tornare
indietro a quando stavamo insieme. Tutto era diverso… anche
i casini di ogni giorno erano sopportabili.
Danny
è prezioso ma Mac… credo di non averla mai
superata davvero, la nostra separazione. Forse Jess ci sarebbe riuscita
nell’impresa e forse è per questo che ho sofferto
tanto e che ero furibondo fino a quel punto.
- Non so cosa
devo fare. Ho passato il limite, Danny… -
- Te ne sei
accorto, si? - La sua sincerità è balsamo per me,
come la mano che si posa sulla mia schiena nuda e ricurva,
carezzandomela confortevole.
- Sono
sprofondato nella merda e non so come tornare a galla. Non voglio
più deludere nessuno. Non voglio più che Mac mi
guardi con quello sguardo… - Mentre ne parlo il nodo mi sale
di nuovo. - E la parte più assurda è
che fra tutto quello che ho fatto, ciò che mi fa
più male è aver perso la fiducia di Mac! -
La voce si
spezza e prima di trovarmi a piagnucolare, mi zittisco ma a lui non
serve che io continui, non serve che io dica altro. Mi circonda del
tutto col braccio e mi attira a sé, è
così che nascondo il viso contro il suo collo e mi abbandono
a questo abbraccio che mi ha sempre aiutato.
Ci sono legami
che si possono spiegare a parole ma solo vivere.
Ho bisogno di
Danny come amico, come fratello, come confidente… ma ho
bisogno di Mac come uomo nella mia vita.
Perché
probabilmente in tutto questo, la tragedia peggiore non è la
morte di Jess o la mia vendetta… ma che dopo tutto ho sempre
amato Mac e non ho mai smesso.
Però
ormai l’ho perso.
È a
questo pensiero che mi rendo conto di stare piangendo. Le braccia
protettive e forti di Danny, familiari, mi stringono accogliendo le mie
lacrime, mi permette di sfogarmi e lasciarmi andare.
Lui
già sapeva che avrei pianto, che sarebbe finita
così…
- Comincia con
l’andare da lui e scusarti, ammetti le tue colpe da adulto e
poi passa ai fatti. - Risponde alle mie domande verbali, poi giunge a
quelle vere che mi sono tenuto dentro ma che lui conosce perfettamente.
Le vere domande: - Donny, non hai perso Mac. Fidati. Io vi conosco bene
entrambi. Non è finita con lui. Però tu volta
pagina e ricomincia. -
La forza e la
dolcezza con cui dice queste cose mi sorprende ma lentamente mi sento
meno pesante ed il nodo se ne va’ permettendomi di respirare
di nuovo.
Solo ora mi
rendo conto che era la prima volta che piangevo dopo tutto quel che
è successo.
Che io possa
davvero ricominciare da capo, ora?
Con che faccia
mi ripresento qua davanti a lui?
Ci guardiamo
seri nel suo ufficio e penso di star per scoppiare. Dentro di me
qualcosa grida per uscire ma non è uno sfogo. Ora sto
meglio. Ora ho il coraggio di affrontare i miei sbagli e porvi rimedio.
Ma vorrei che
fra me e Mac non ci fosse il Polo Nord… o forse è
solo una mia impressione?
C’è
tensione inizialmente, quindi mi faccio forza e lo dico:
- In
realtà volevo chiederti scusa. - Lo dico come se lo
sparassi, non sono fatto per friggermi nella tensione e
nell’ansia. Ciò che devo fare lo faccio, punto e
basta.
Lui continua a
guardarmi accigliato, così io proseguo un po’ a
disagio ma comunque con forza, facendomi coraggio:
- In questi
ultimi mesi sono stato… - Come posso definirmi senza usare
un eufemismo? - Parecchio incasinato. - Si, forse questo rende un
po’… - E tu mi hai dimostrato davvero molta
pazienza e comprensione. - Mi ha coperto e sono venuto a saperlo solo
ora. Potevo trovarmi davvero in strada, ora. Solo dopo ci si rende
conto di ciò che fanno gli altri per te… e di
cosa significano. Spero però che non sia troppo tardi.
Rialzo lo sguardo con coraggio, lui mi scruta penetrante con quel suo
tipico modo che spesso mette a disagio tutti. - E non eri obbligato a
farlo. - Visto il nostro passato. Visto che stavamo insieme ma ci siamo
lasciati. Non avrebbe avuto senso tanta premura da parte sua. - Quindi
grazie. Mi dispiace. - Dopo essermi scusato con Danny e aver chiarito
ciò che nemmeno pensavo mi stesse a cuore, farlo anche con
lui mi fa sentire doppiamente meglio e giuro che non immaginavo di
poterci riuscire.
Dopo di che
capisce che tocca a lui, sospira, guarda in basso poi di nuovo me e con
la sua voce bassa e roca parla:
- Ognuno
elabora il lutto in modo diverso, Don. - Non è solo questo,
dai, lo sai bene… - So che buona parte del tuo comportamento
ha a che fare con la morte di Angel. - Oh, non poi così
tanto come credi e credevo io stesso… -
C’è stato anche qualcos’altro. - Gira
intorno alla scrivania e mi si avvicina, non abbassa lo sguardo. Ci
siamo. - Non voglio che me ne parli. - Mette le mani avanti.
Perché non vuoi che te ne parlo? Perché non sei
più il mio uomo? Un tempo avresti voluto saperlo. - Ho solo
bisogno di sapere che l’hai affrontato e che ora è
passato. - Il problema di coscienza per la vendetta poco ortodossa che
mi son preso? Oh, certo… ho superato anche quello, prima di
quel che pensassi. Il vero problema che non pensavo esistesse viene
proprio da te. Io ero sicuro di essere solo, Mac, che non ti importasse
nulla di me, invece capisco che semplicemente Danny aveva
più bisogno di aiuto. E poi… non voglio che tu
non ti fidi più di me. Non voglio deluderti più.
Non voglio che mi volti più le spalle. Voglio che tutto
torni come prima. Quando stavamo insieme.
Non
è facile esprimere tutto questo e non credo nemmeno sia il
caso di farlo, penso che non lo farò mai.
- Ho superato
il limite. E dovrò conviverci. - Rispondo con forza marcando
senza timore sulle semplici verità che esprimo. È
sempre impenetrabile ma mi piace pensare che invece io lo colpisca. -
Ma non succederà mai più. - Potrebbe bastare, mi
sembra piuttosto soddisfatto, dietro quella maschera che sono i suoi
occhi azzurri.
Però
Danny ogni tanto mi contagia ed ecco che parlo senza volerlo:
- La cosa
più importante per me adesso è riguadagnarmi la
tua fiducia. - Appena lo dico me ne pento, non era una cosa da me, non
era proprio il momento di dirla… non doveva saperlo, non
serviva… però ormai l’ho detto e lo
scruto cercando di capire anche in un solo insignificante respiro cosa
pensi. Non ci riesco.
Infine allunga
una mano e nel silenzio più completo la prendo. Una scarica
elettrica mi attraversa, passa anche da lui?
Continuiamo a
guardarci ed il sorriso che lieve aleggia sulle sue labbra sottili
è una piccola fiammella di speranza.
Forse qualcosa
riuscirò a recuperarlo ma davvero non ho idea di cosa
potremo essere.
Non lo so
proprio.
Però
mi ha accettato e non mi volterà le spalle. Non mi sento
più solo. Posso tornare alla vita. Lui è ancora
qua con me.
FINE