CAPITOLO
XIII:
QUESTIONE
DI SGUARDI
“ Era
una questione di sguardi, entrambi non avevano paura di guardarsi negli
occhi, sfacciati, diretti,
esigenti
tanto da rimanere a studiarsi nei dettagli fino a non trovare qualche
risposta. A cosa? Alle domande che si ponevano, domande come:
cos’è che mi attira tanto di questa persona?
“
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Let your body decide – The Ark /
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Era una
questione di sguardi, entrambi non avevano paura di guardarsi negli
occhi, sfacciati, diretti,
esigenti
tanto da rimanere a studiarsi nei dettagli fino a non trovare qualche
risposta. A cosa? Alle domande che si ponevano, domande come:
cos’è che mi attira tanto di questa persona?
Era
dunque una questione di sguardi, partì tutto con quello.
Appena
lui era entrato lei l’aveva notato subito anche se non era
l’unico arrivato in quel momento, molti anche più
carini erano giunti alla festa, eppure lei aveva alzato subito la testa
come avesse un radar e senza spiegarsene minimamente il motivo aveva
puntato le antenne verso di lui. Michele.
Era
quindi anche una questione d’istinto.
L’aveva
subito passato ai raggi X cercando di capire cosa ci fosse in lui di
tanto speciale da spingerla a fissarlo a quel modo; si dava della scema
a farlo, non era bello, non all’altezza di Stefano, Francesco
o Davide, i suoi amici del gruppo ristretto. Non aveva idea di chi
fosse ma l’avrebbe scoperto.
La prima
cosa che captò fu Davide che lo salutava amichevole, lo
conosceva ... dannazione, poteva essere conosciuto da qualcun altro?
Davide era così silenzioso e riservato che non sarebbe mai
riuscita a chiedergli nulla, lo conosceva da tanto però non
arrivava mai a parlarci normalmente, le incuteva un certo timore. Del
resto quel periodo passato fuori le aveva fatto rompere quel minimo di
rapporti anche con lui… eppure non era forse vero che era
cambiato molto?
Fisicamente
era addirittura più bello di prima con quel nuovo taglio,
come se con i suoi boccoli lunghi avesse buttato via anche il vecchio
Davide. Di solito era così ma guardandolo al momento non
sembrava, apparentemente era rimasto il musone inavvicinabile di sempre.
Avrebbe
scoperto presto che invece si sbagliava, che quel famoso taglio non
l’aveva dato solo ai capelli ma anche ad una certa parte di
sé stesso.
- 2
–
Quando
Michele arrivò, Astrid stava cercando un posto dove
inserirsi. Francesco aveva formato diversi gruppi di lavoro ognuno dei
quali si adoperava per fare qualcosa di specifico per la cena, in
realtà a sapere cosa si sarebbe cucinato era solo Davide, il
vero protagonista della serata, ma l’amico dalla parlantina
facile aveva quella mania di prendere sempre il comando di ogni
situazione e finire a dare ordini a destra e a manca. Non lo faceva con
cattiveria, tanto meno di proposito, semplicemente era un leder
perfetto e carismatico ed erano gli altri a metterlo in mezzo sempre e
comunque, chiedendogli il suo parere.
Astrid
nemmeno lo sapeva ma quella, in effetti, era una sorta di bentornato
per Davide.
Si era
trovata inizialmente spiazzata a cercare di mettersi a fare qualcosa
con qualcuno ma non ebbe modo di rimanervi a lungo poiché,
nonostante la confusione, fu subito notata dall’attento
‘capo della situazione’ che
nell’immediato la chiamò a gran voce allegramente:
-
Astrid, ciao! Vieni qua, prendi il mio posto che devo andare a vedere
se gli altri fanno bene! –
La
bionda sorrise spontaneamente scotendo il capo, era da lui far
così, non stare fermo nemmeno un secondo in un posto ed
andare a mettere il suo delizioso naso dappertutto. Senza aggiungere
nulla, con un fondo di contentezza per aver trovato qualcosa da fare,
attraversò la sala zigzagando fra i tavolini con le persone
ammassate a darsi da fare. Quando giunse al proprio punto di lavoro
notò che, tanto per cambiare, era lei l’unica
ragazza e che oltre a Francesco che aveva già provveduto a
sparire, il solo a conoscere era Davide.
Gli
lanciò un’occhiata veloce rimanendo un attimo
ferma, indecisa dove posizionarsi e quando notò che
l’amico silenzioso le faceva posto accanto a lui, senza
capire né come né perché decise di
andargli di fronte. Per cui circumnavigando sfiorando di poco il
ragazzo e il tavolino, andò nel posto più
oggettivamente scomodo lasciando Davide giustamente ad interrogarsi sul
luogo in cui si sarebbe messa; quando la vide davanti, però,
ne fu anche più contento: così avrebbe potuto
osservarla meglio.
Non
parlarono, non dissero nulla, fu un altro ragazzo a chiederle chi era e
qualcos’altro per far conoscenza. Era immersa nelle
chiacchiere (per quante ne concedesse ad estranei) e nel suo lavoro
quando arrivò altra gente.
Era un
gruppetto ristretto di persone che non aveva mai visto ma quando misero
piede lì dentro notò Davide, proprio lui, andare
da loro. Non notò chi si mise a salutare o cosa disse.
Notò solo un’unica cosa, come la sua testa si era
alzata di scatto per guardare direttamente uno in particolare, il meno
bello fra i tre entrati.
Era un
ragazzo.
Alto,
veramente molto alto, i capelli neri erano rasati corti sulla maggior
parte della testa ma centralmente aveva qualche ciocca un po’
più lunga sistemata in alto con del gel, a formare delle
specie di punte stravaganti che ricordavano lontanamente una sotto
specie di piccola cresta. Su una parte laterale della testa si notava
distintamente una cicatrice circolare e la punta superiore
dell’orecchio mancante.
Non vide
subito tutti quei particolari, ovviamente, ma solo nel corso della
serata.
Aveva
occhi color cioccolata calda e i lineamenti molto semplici ma non
classicamente belli. La felpa larga che indossava era di pelo corto
sintetico color bianco, con un cappuccio, gli dava un idea di
gigantesco orso polare; i pantaloni di jeans blu leggero erano
altrettanto grandi cadenti col cavallo che arrivava alle ginocchia.
L’orecchino al lobo.
Astrid
alzò la testa fermandosi dal fare ciò che stava
facendo per guardarlo con cura e sfacciataggine venendo ricambiata
quasi subito, sempre per quell’inspiegabile senso istintivo.
Quando
lui la vide rimase subito colpito da lei, reputandola
all’istante una bella ragazza dalla bellezza particolare, di
chi era sbocciata da poco e non era ancora del tutto consapevole di chi
e come fosse. Ma soprattutto di ciò che stimolava in chi la
guardava.
Per lui
fu più facile spiegarsi come mai ne rimase colpito, aveva
dei bei lunghi capelli biondi che le si ondulavano sulle lunghezze, la
bocca carnosa che quasi mai sorrideva, pelle molto chiara ed occhi
dall’indefinito verde, diretti che guardavano senza timore,
quasi con sfida e studio.
Con
attenzione si capiva che non era la classica bella ragazza ma una che
era riuscita a diventarlo. Decisamente carina e piacevole.
Fu
tuttavia solo un istante, Davide arrivò ad interrompere quel
contatto visivo attraverso la folla e salutandolo amichevole aveva
provocato della stizza involontaria in entrambi. Avrebbero voluto
approfondire e sicuramente, si dissero, sarebbe successo.
Ad
esserne maggiormente turbata, però, fu lei che interrogativa
si sarebbe chiesta per il resto della serata perché mai
proprio lui l’aveva colpita a quel modo.
Si
chiamava Michele.
Michele
aveva un che di magnetico ma l’avrebbe capito
successivamente, frequentandolo e conoscendolo meglio.
- 3 -
Finito
il lavoro affidatole col gruppetto, Astrid stava giusto decidendosi ad
andare nel famoso angolino per poter finalmente far parte del mobilio,
cosa che non era ancora riuscita a fare per i vari coinvolgimenti a
destra e a manca, quando uno fra quelli contrariati rispetto questa
scelta agirono per impedirglielo.
D’impulso.
Certo,
si capì subito che fu un impulso e non una cosa ragionata o
sensata. Non poteva essere altro specie nel caso di Davide famoso fino
ad un anno prima per non parlare mai ad eccezione delle poche volte che
lo faceva senza riflettere.
Probabilmente
l’aveva osservata con così tanta attenzione da
qualunque parte della sala fosse, che appena aveva notato cenni di
evasione si era fatto avanti con un unico scopo insensato: farla
rimanere fra loro.
Ebbene
proprio mentre stava per girarsi e sparire, la sua voce bassa che mai
si alterava per alcun motivo al mondo, la chiamò.
La
chiamò e basta, semplicemente:
-
Astrid! –
Facendola
rimanere in attesa a guardarlo con aria interrogativa.
“Che
mai avrò fatto, ora?”
La
ragazza si chiese questo considerando il fatto che lui non la chiamava
quasi mai. Sicuramente aveva combinato qualcosa, si disse. Non poteva
essere che altrimenti guardando anche la sua espressione poco
sorridente, come al solito.
- Si?
– Rispose quindi non ottenendo il seguito della frase. Fu
lì che Davide sembrò come mordersi
impercettibilmente il labbro ed andare internamente in caos, come se si
fosse pentito di averla fermata. Doveva dirle qualcosa, no?
Che
aspettava?
Non
sarebbe stato comunque da lui dimostrare esteriormente ciò
che provava, in alcun modo. Non come Stefano o Francesco che dicevano
subito quel che pensavano o come una qualunque altra persona diretta e
schietta che a gesti o parole trovava sempre il modo di esprimersi. Lui
era diverso. Lui anche se aveva l’apocalisse dentro, dal di
fuori rimaneva sempre composto e rigido… e poco sorridente,
per la verità.
Rendendosi
quindi conto che avrebbe dovuto assolutamente far qualcosa, si
girò per nascondere la breve smorfia di
contrarietà per sé stesso, in
quell’istante sotto mano gli capitò il barattolo
in latta di salsa che gli sarebbe servito solo alla fine di tutta la
preparazione della cena.
Decisamente
l’ultima cosa che sarebbe stata utilizzata dopo
un’ora circa da quel momento.
“Non
c’è altro!”
Pensò
solo questo il giovane dai capelli corti radi ai lati della testa,
quindi tornando composto e serio lo prese e si girò
tendendoglielo:
- Tu
apri questo! –
Come se
non ci fossero altri in grado di farlo che aspettavano ardentemente di
poter lavorare in qualche modo. Come se lei fosse l’unica a
poter aprire un barattolo di latta senza linguetta.
Astrid
l’afferrò e dubbiosa, dopo esserselo rigirato
interrogativa, riprese alzando nuovamente lo sguardo diretto su quello
azzurro dell’amico. Non aveva smesso di guardarla sperando
d’averla convinta.
- Con
cosa? –
Fu
naturale la domanda ma anche la risposta detta senza pensarci
dell’altro:
- Con
l’apriscatole! –
Ovvio,
no?
“Che
figura di merda!”
Si
dissero entrambi mordendosi la lingua, uno riferendosi alla richiesta
insensata mentre l’altra alla propria domanda sciocca.
Erano
entrambi così, più simili di quel che fossero
disposti a credere.
Sarebbe
bastato riflettere di più prima di agire e parlare. Solo
quello.
Una cosa
così stupida da essere certamente facilissima… e
trascurabile. Così tanto che, infatti, non la facevano mai!
Solo
dopo, con calma, quando ognuno sarebbe stato alle proprie faccende,
Davide si sarebbe chiesto che senso avesse avuto tutto quello.
In fondo
non gli era mai dispiaciuto il rimanere in disparte di Astrid, non gli
aveva mai fatto né caldo né freddo, mai. Aveva
sempre lasciato a Stefano il compito di coinvolgerla, non si era mai
intromesso in quel dannoso compito. Ora, invece, si era istintivamente
sentito in dovere di farlo.
Perché?
Perché
non c’era Stefano?
Non era
certo la prima volta che uno non c’era e l’altra si.
No, non
poteva essere solo questo.
Non gli
era mai importato più di tanto di lei e dei suoi isolamenti,
ora, però, magicamente sembrava che gli stesse a cuore
così tanto da giocarsi la faccia facendole fare una cosa
stupida.
“Tanto
solo io conosco la ricetta di stasera, lei non sa che la salsa
servirà solo alla fine e che era inutile aprirla
adesso!”
-
Dov’è? –
Chiese
quindi lei, riportandolo bruscamente alla realtà, come suo
solito. Lui si strinse nelle spalle cercando di tornare il freddino
ragazzo scostante che lei ricordava. Aveva una reputazione da
difendere… e comunque cominciava a sentirsi un perfetto
idiota pur non capendone chiaramente il motivo.
-
Cercalo, non è casa mia, questa! –
L’alzata
di sopracciglio della fanciulla sicuramente indicò il chiaro
pensiero fin troppo leggibile:
‘e allora
perché fai qui la festa in tuo onore,
pseudo-africano?’
Tuttavia
evitò qualunque altra risposta defilandosi fra la folla alla
ricerca di un apri scatole.
Dal suo
punto di vista era certo strano il comportamento di quel ragazzo,
però non poteva mettersi a sindacare sui compiti che
‘il cuoco’ dava ai suoi
‘collaboratori’!
Tante
cose di quella serata non avevano un gran senso, prime fra tutte Davide.
Fortuna
che Astrid non sapeva che in realtà lui conosceva eccome il
luogo dell’apri scatole. Se l’avesse saputo si
sarebbe sentita ammettere che aveva preferito mandarla via per
riprendere possesso del suo sangue freddo, cosa ampiamente persa a
causa sua.
Effettivamente
gli ci sarebbe voluto ancora poco, al biondo, per appurare la
verità di quei suoi nuovi comportamenti. Del resto non era
mica un adolescente!
Quando
Astrid finalmente trovò ciò che cercava si
posizionò trionfante su un altro angolo della lunga tavolata
allestita per i preparativi e successivamente per la cena,
così con l’oggetto dalla strana forma fra le mani,
cominciò a guardarlo malamente chiedendosi come diavolo si
usasse, senza proferire parola.
Del
resto la voce sarebbe stata inutile quando
un’espressività simile parlava per lei!
Tuttavia
fu solo dopo la grattatina nervosa alla nuca per la propria
incapacità di usare quell’aggeggio, che qualcuno
le venne in aiuto: un angelo salvatore, probabilmente.
Un
angelo di nome Davide che, ancora una volta, non le aveva staccato gli
occhi di dosso.
In
realtà non fece nulla se non arrivarle accanto con passo
felpato e prenderle l’oggetto che teneva dubbiosamente fra le
dita, toccando di proposito la mano con la sua. Questo
riuscì a provocare un sussulto in entrambi, piccolo e
nascosto, iniziatore di tutta la storia.
Solo nel
lampo di incrocio di sguardi dei due, lo capirono.
Le cose
fra loro erano cambiate e soprattutto sarebbero continuate su quel
cammino fino a che, a forza, non avrebbero dovuto affrontarle.
Rimase
comunque un istante troppo breve per essere considerato maggiormente,
sicuramente non aiutato dall’apertura del famoso barattolo da
parte di Davide e dalla sua conseguente ed ovvia sparizione successiva.
Dove
andò?
A
fumarsi una sigaretta fuori, ovviamente… con tutto quello
che aveva bisogno di riflettere, una sigaretta comunque non sarebbe
bastata ma sarebbe stata meglio di nulla.
- Porca
puttana, che c’è di diverso? –
Si disse
fra sé e sé buttando fuori il fumo, disperdendolo
nell’aria fresca e poi nel cielo serale.
Già,
cosa c’era di diverso?
Semplice.
Entrambi.