CAPITOLO X:
SENZA TE

/Como estais amigos – Iron Maiden/
La sensazione di stordimento era ormai familiare, a Tony, solo che ogni volta non riusciva mai ad abituarcisi. Quando aprì gli occhi sulle prime non fu sicuro di averlo fatto davvero, non trovò una sostanziale differenza da prima, quando era immerso nel buio confuso della sua mente. Poi, però, cominciò a vedere dei contorni fuschi alternati da fitte non da poco che gli minacciavano di fargli esplodere la testa. L’avevano colpito ben forte per fargli perdere i sensi a quel modo.
Appena realizzò che era stato colpito, spalancò nuovamente gli occhi cercando di acquistare la vista più in fretta, così come il controllo di sé.
Dannazione, quel maledetto ce l’ha fatta, eh? Proprio mentre ero all’NCIS, pazzesco! Non posso crederci che ci sia riuscito… bè, a momenti Gibbs sarà qua ma nel frattempo devo cercare di rimanere vivo il più possibile. Dai, Tony, sveglia. Riprenditi in fretta. Elabora un piano. Sei abituato a situazioni simili, riesci sempre ad uscirne, in qualche modo, non rimani mai lì come un ebete ad aspettare lo Spirito Santo sotto forma di Gibbs. Anche se poi arriva comunque. Forza, forza, forza. Elabora. Intanto dove diavolo sono e dov’è quel bastardo?”
Pensando questo la sua ripresa continuò, quindi muovendo cautamente la testa cercò di trovare qualcosa di utile che gli facesse capire dove fosse. Al momento era solo e la stanza in cui era legato e chiuso era vuota e spoglia, non c’erano nemmeno finestre, solo condotti dell’aria che indicavano, probabilmente, una cantina. La porta era dalla parte opposta alla sua posizione, davanti a lui, ed era chiusa. Non c’era nulla che potesse aiutarlo e cercando di sciogliere le mani legate, sentì ulteriori fitte per le bruciature che gli davano ancora delle noie. Ne era proprio stufo e con un ringhio ignorò il dolore continuando a strattonare nella speranza di riuscire a liberarsi.
Vana, in fondo.
Nulla. Nulla di nulla.
Senza mani poi che mai avrebbe potuto fare? Era peggio del solito, normalmente qualcosa aveva la possibilità di fare, ora anche se l’avrebbe trovato non sarebbe riuscito ad attuarlo. Con desolazione smise di tirare i polsi, quindi abbassò pesantemente la testa con un sospiro insofferente.
Posso solo sperare in Gibbs? Questa volta posso solo sperare in questo? Com’è possibile? Sono finito senza di lui… Ti prego, trovami. Sbrigati.”
Si trovò infine a riflettere frustrato.
Fu in quel momento, mentre cercava di concentrarsi sulla figura del suo uomo per calmarsi e mantenersi freddo ed in sé, che la porta finalmente si aprì mostrando la stessa faccia che aveva visto in ascensore prima di essere colpito. Prima del buio.
- Kort… brutto bastardo… - Borbottò Tony guardandolo con uno sguardo sottile e feroce. In un istante gli tornarono di nuovo alla mente tutti i momenti in cui Kort era stato coinvolto nel suo passato. Le faccende della Granuille, Jeanne… e poi quell’esplosione che l’avrebbe ucciso, la rivelazione della sua missione, la sofferenza e la delusione, la sparizione di quell’uomo e poi anche di sua figlia… troppa carne sul fuoco, troppe cose che aveva cercato di superare, troppi pezzi da seppellire. Ed ora era di nuovo tutti lì davanti a lui.
Ricordò anche quando si scontrarono davanti all’ascensore, il giorno dell’esplosione in cui tutti lo credettero morto. Kort l’aggredì accusandolo di essere colpevole della sparizione del prezioso ‘Ranocchio’, come lo chiamava Gibbs. In realtà che colpa ne aveva, lui? Era stato Kort stesso tentando di far fuori la figlia per arrivare a lui che l’aveva fatto scappare. Se l’era bruciato da solo, no?
Ma poi chi poteva dire come stavano davvero le cose?
Di quel caso ci aveva sempre capito poco, in fondo, nonostante ci avesse lavorato in prima persona.
Però quell’uomo non gli era mai piaciuto ed al momento la sensazione di nausea gli tornò.
- Ci rivediamo, finalmente. – Disse invece l’altro con la sua voce bassa e sinuosa.
- Ne facevo volentieri a meno! – Sbottò Tony ironico senza rifletterci meglio. Kort ghignò appena.
- Invece era ora di chiarire alcuni punti della vicenda. Tu non sei curioso di avere delle risposte? – Continuò quindi avvicinandosi sempre di più, sovrastandolo all’inpiedi. Tony continuava a fissarlo diretto senza il minimo timore, solo un grande astio; con lui non riusciva a mantenere quegli atteggiamenti ingannevolmente buffoni che gli permettevano di disorientare gli altri. Con lui, colpevole di gran parte dei suoi sensi di colpa, finiva ormai per dimostrare esattamente ciò che provava. Non l’aveva più rivisto dopo quella volta ed era riuscito a mantenersi quello di sempre grazie alla presenza di tutti gli altri; al momento, però, gli passò davanti ogni singolo atto di quella commedia pesante, finita decisamente male.
- Non c’è molto da chiarire, mi pare… hai fatto il triplo gioco. Il tuo obiettivo non era tenere d’occhio la Granuille per conto della CIA, ma manovrarlo ed usarlo a piacimento per conto di chissà quale altra organizzazione criminale. Solo che voleva chiudere tutto, no? Voleva ritirarsi dal gioco e a te non andava bene, solo che non potevi parlare chiaramente o ti saresti scoperto. Così hai tentato di uccidere sua figlia per dargli il messaggio. Peccato che per colpa mia lei non sia morta e lui non l’abbia presa come doveva. Se ne è semplicemente andato, vero? È sparito. E tutti i tuoi piani sono andati in fumo. Pensa te con la mia sola presenza cosa sono riuscito a fare! Sono proprio in gamba, eh? Ti avverto, però, se vuoi assoldarmi come tuo socio devo declinare subito l’offerta. Al momento sto bene all’NCIS con Gibbs. A proposito di lui… ti consiglio di sbrigarti a farmi quel che devi, perché presto sarà qua e non uscirai sulle tue gambe. Non servirà nemmeno portarti in ospedale… basterà all’obitorio! – Al termine del lungo monologo nel quale si era sforzato di mantenere un tono di fondo ironico, anche se poi si era rivelato anche pieno di disprezzo, Kort con una luce di odio totale negli occhi assottigliati e indurendo ulteriormente la sua espressione gelida, alzò il braccio e lo colpì con un manrovescio in pieno viso girandogli la testa di lato. Il sapore del sangue cominciò a fluirgli in bocca grazie all'interno guancia tagliato dai propri denti. Contrasse la mascella e tornò a fissarlo malamente, con una luce sarcastica negli occhi azzurri, cosa di cui fu contento poiché preferiva snervare gli altri piuttosto che dare certe soddisfazioni. Disse:
- Tutti qua i tuoi chiarimenti? Mi aspettavo di più! – Bè, però, come al solito, se le cercava.
Da lì Kort non disse più nulla, solo iniziò a picchiarlo sia in viso che sul corpo con quanta più forza aveva, senza il minimo di pietà, senza l’intenzione di farla finita in fretta. Solo per sfogarsi.
Va bene. Va bene così. Almeno prendo tempo per Gibbs… mi troverà. Ne sono certo. Come ha sempre fatto. Ora starà divorando tutti pur di riuscirci. Verrà qua e… dannazione, che male. Gibbs. Devo concentrarmi su di lui. Non mi fai nulla, brutto bastardo. “
- Gibbs mi fa molto più male di queste tue carezze, sai? – Fece infatti continuando a provocarlo di proposito.
- Se isolo un idiota suicida! – Rispose l’altro guardandolo con disprezzo come se fosse un insetto da schiacciare. Quindi continuò col trattamento che lo ricoprì presto di sangue e lividi.
Questa volta se la sarebbe vista brutta ma tutto quel che poteva fare, Tony, era davvero tenersi aggrappato all’unica persona che l’avrebbe salvato. Ce l’avrebbe fatta. Gibbs non avrebbe mai mollato.
Mai.

/Bleed it out – Linkin Park/
L'immagine rispedita indietro dallo specchio che lo rifletteva, era quella di un uomo dall'espressione cupa e feroce nella sua concentrazione. Sembrava come se volesse mandare in mille pezzi quel vetro argentato davanti a sé. Con le mani appoggiate ai bordi del lavandino, la schiena leggermente curva ma tesa come ogni altro muscolo del suo corpo, le dita bianche per la forza con cui stringevano il marmo, le goccioline che scendevano dal suo viso contratto e tetro e scivolando nel lavandino interrompendo il silenzio perfetto che c'era nel bagno dell'NCIS, in cui era chiusa da alcuni minuti.
Le indagini erano iniziate da un po' e molte piste si stavano aprendo eppure non avevano ancora un indirizzo a cui andare per recuperare Tony.
Il rumore dei denti che strofinandosi digrignati all'interno della bocca serrata fecero, non fu affatto notato. Le lame azzurro chiaro, quasi grigie in quel momento, furono più simili a coltelli affilati. Le braccia cominciarono a tremare dalla rabbia.
Non aveva Tony lì con lui, aveva permesso che lo rapisse, l'aveva lasciato nelle mani di qualcun altro. Era comunque colpa sua perchè aveva detto che ci avrebbe pensato lui.
Solo un momento. Si era separato da lui solo un momento ed ecco che non c'era più.
Un errore imperdonabile. Non aveva saputo mantenere la sua promessa.
Troppe persone pagavano per colpa sua. Troppe.
- Dannazione... - Ringhiò ancora a denti stretti. - DANNAZIONE! - Gridò poi sbattendo una mano sempre sul bordo che stringeva con forza. L'attaccatura al muro crepò ma resse, poi con una manica della giacca che indossava si asciugò frettoloso per poi uscire spedito, accompagnato dalla nuvola nera piena di saette elettriche che minacciavano di colpire chiunque si frapponesse sul suo cammino.
Non era facile. Non lo era affatto.
Ma doveva farcela, Tony dipendeva da lui, lo stava aspettando.
- Capo, Abby e McGee hanno notizie! - disse Ziva correndo verso di lui appena l'ebbe individuato. Senza dire altro si diressero velocemente all'ascensore, scendendo al laboratorio della loro scienziata ed una volta là, in perfetto silenzio e serio come spesso risultava, non disse nulla per incentivare i due a parlare. Lo fecero subito da soli.
E lo fecero come loro solito utilizzando parole altisonanti e complicate che gli fecero venire mal di testa e capire la metà delle cose che gli venivano dette. Non li interruppe cercando di non trucidarli, in fondo avevano trovato qualcosa, era tutto ciò che aveva capito. Alla fine, però, dopo l'ennesimo vortice di parole senza fine emise un sospiro. Solo un sospiro. Questo bastò per farli andare al punto cruciale della loro scoperta.
- Abbiamo un indirizzo! - Se avessero cominciato subito così, ora sarebbe stato già in viaggio ma non si poteva pretendere la luna. Era già tanto che l'avevano trovato.
Abby gli attaccò il foglietto sulla giacca e dicendo un semplicissimo e teso: - Buona fortuna. - Li lasciò andare via senza fargli perdere ulteriore tempo. Era davvero una situazione delicata e il minimo che potessero fare era non innervosire Gibbs con inutili siparietti sdrammatizzanti o cose simili. Capiva perfettamente lo stato d'animo del suo capo, lo conosceva piuttosto bene anche se non completamente. Sapeva che l'unico modo per farlo tornare da killer ad agente federale, era fargli trovare Tony.
Vivo.
La corsa in auto fu la più veloce che fece in tutta la sua vita, dopo quella volta in cui, pochi giorni fa, aveva creduto di trovarsi Tony morto spiaccicato contro l'asfalto. Perchè era sempre lui che lo faceva impazzire fino a quel punto?
Che potere aveva?
Quando le cose erano diventate così assolute, grandi ed esplosive?
Di volta in volta c'era un crescendo ritmico sempre più inarrestabile, ce l'avrebbe fatta a reggere?
Come si chiamava questa follia per Tony?
Questo voler assolutamente proteggerlo e desiderare la morte davanti alla sua?
Questa consapevolezza di non farcela se anche lui non ce la fa?
Possibile che fosse proprio quello che da anni ormai aveva chiuso in una cassaforte?
Era stato sicuro di aver buttato via la chiave, invece, forse, non era così.
O magari quel ragazzo l'aveva trovata. Era capace di farlo, in fondo gli somigliava, no?
Con un freno seguito dalle altre auto di agenti di sostegno che l'affiancarono per l'operazione, arrivò all'edificio indicato da Abby, doveva essere lì. Non poteva essere altrimenti. Se non fosse stato lì non ce l'avrebbe fatta.
Era troppo tempo che era sparito. Con la sua faccia tosta poteva resistere un po' ma non così tanto.
Doveva... lui non sarebbe vissuto senza di lui.
Ancora una volta lo capì e proprio mentre, con gesti secchi, esperti e silenziosi dava gli ordini agli altri con lui, entrava nel palazzo fatiscente col cuore in gola come poche volte gli era capitato, lo comprese in modo disarmante e totale.
E' solo amore, dannazione. Per questo se lo ha ucciso prima uccido lui e poi me stesso. Perchè non intendo sopravvivere ad una cosa simile. Non si può, non si fa. No. Ma io sono qua e devo credere che al di là di questa porta ci sia lui. Assolutamente. Devo. E che sia vivo.
Eccomi Tony. “
Da solo e con un calcio sfondò la porta chiusa di una cantina sotterranea mentre i suoi uomini perquisivano le altre.
Se il bastardo era davvero lì, era meglio fosse da solo senza nessuna scorta o spalla. Altrimenti l'avrebbero fermato e lui non voleva.
Dopo il botto guardò dentro col cuore in gola e il guizzo omicida illuminò ulteriormente i suoi occhi.