CAPITOLO XI:
PROPRIETA’ PRIVATA
/Running
up that hill – Placebo/
I battiti del suo cuore che impazzirono resero
tutto molto più difficile.
Gli stessi battiti che dettarono il ritmo
dell’azione.
Veloci ed incalzanti.
Agitazione.
Agitazione dovuta all’ira.
Ira ceca, senza precedenti, pericolosa.
Lì dentro, davanti ai suoi occhi, stava
Tony legato su una sedia col viso di chi è stato pestato a
sangue, sangue che gli colava dal naso, dalla bocca e dagli zigomi.
Sangue che era sui pugni chiusi di Kort che avevano appena finito di
infrangersi sul suo uomo.
Non sentì più nulla, non gli
arrivò alcun rumore agli orecchi, fu tutto ovattato e
confuso.
Seppe solo che si lasciò completamente
muovere dal suo istinto, solo questo.
Un istinto che era poco da agente federale.
Gibbs alzò il braccio stringendo la
pistola con quanta più forza possedeva e l’istante
prima di premere il grilletto a sangue freddo mentre mirava proprio
alla testa, Kort riuscì ad arrivare su di lui svelto e
spietato colpendolo a sua volta con un calcio sulla mano e facendogli
volare l’arma. Il rumore non fu sentito e nemmeno il dolore.
Dopo di questo ebbe inizio un corpo a corpo di alto
livello fra i due uomini.
Gibbs reagì senza dargli il tempo di
estrarre l’arma e colpendolo in viso con un pugno lo
tramortì un istante, non bastò poiché
Kort a sua volta ricambiò con un altro diretto della stessa
potenza che finì sempre in viso.
Il sangue correva velocissimo nelle vene insieme
all’adrenalina che li montava dandogli più forza e
riflessi, non parlarono, non ce ne fu tempo.
Un pugno, un altro, molte mosse che furono anche
schivate e non solo incassate.
E il cuore di Tony che vedendolo lì a
cercare di atterrare Kort andava allo stesso ritmo incandescente del
suo compagno.
Come se incassasse ancora anche lui ogni colpo che
Gibbs riceveva, come se soffrisse molto di più vedendo
quella scena.
“Lo ucciderà. Se prende quella
pistola lo ucciderà… “
Però non capì bene a chi si
riferisse di preciso.
Forse tutti e due.
Gibbs agiva, non c'era tempo per pensare ma lui non
VOLEVA pensare. Lui in quel momento era solo istinto. Furia ed istinto.
Un istinto pericoloso, omicida.
Arrivò ad atterrarlo e a finirgli sopra,
a cavalcioni, continuando a colpirlo come una furia, velocissimo e
spietato, tenendolo per il collo. Pugni sempre più potenti
che nemmeno gli diedero il tempo di respirare. Nessuno dei due emetteva
più aria nei polmoni, in realtà.
Nella sua mente l'immagine del suo uomo picchiato e
ferito, si rivedeva di preciso tutto quello che gli aveva fatto,
immaginava quello che aveva passato aspettandolo. Si ricordava tutto
quello che aveva sentito mentre lo cercava. No, aveva visto l'Inferno,
non poteva passarla liscia.
Non poteva.
Lo stava letteralmente massacrando e fu al culmine,
quando nemmeno Tony non respirava più mordendosi il labbro
insanguinato e sentendone il sapore in bocca, che Kort
riuscì a reagire spingendo via Gibbs con un calcio.
Finì a qualche metro da lui, si tirò su appena
per fare un unico piccolo gesto disperato, capendo che aveva svegliato
il lupo più feroce di tutti e che aveva fatto un errore
deleterio. Capendo che un solo istante e sarebbe morto lui stesso.
Eppure il ragazzo legato riuscì a
pensare, in quella frazione di secondo istantanea, che farsi respingere
così facilmente non era da lui.
E pensò di morire quando sgranando gli
occhi vide Kort estrarre finalmente la propria arma puntandola sul suo
compagno, vide la sua luce omicida nel viso livido e insanguinato, il
suo intento folle di premere il grilletto per salvare sé
stesso, una luce che durò un istante.
Un soffio.
La differenza fra la vita e la morte.
La sua.
Lo sparo si levò assordante e nonostante
ne fosse abituato gli parve ancor più potente di sempre,
come se quelle pareti rimbombassero i rumori direttamente nella sua
testa.
Come se avessero sparato a lui.
Il tempo si cristallizzò e non ebbe il
coraggio di capire subito chi aveva premuto il grilletto e chi era con
una pallottola in corpo.
Non l’ebbe. Solo quando calò
il silenzio si rese conto di aver chiuso gli occhi sul rumore secco che
determinava la fine di qualcuno.
Solo lì si accorse che il suo cuore si
era sospeso e che il suo sangue bruciava nelle vene… e la
sua testa voleva esplodergli, schizzare fuori via dal collo insieme ai
dolori lancinanti che passarono in secondo piano.
Un altro istante.
Un altro soffio.
Determinante.
Delineava di nuovo perfettamente la differenza fra
la vita e la morte.
La sua.
Se Gibbs era morto lui l’avrebbe seguito
subito, non c’erano dubbi o altre possibilità.
Perché lui senza colui che ormai sapeva
di amare non ci voleva stare.
Mai senza lui.
Mai.
E la vista decise di tornargli e gli mise a fuoco
il corpo di Gibbs ancora intero dove le uniche tracce di sangue erano
quelle sulle nocche dei suoi pugni.
Gibbs ancora a terra col braccio teso e la pistola
fumante che indicava la pallottola che era appena uscita.
Una pallottola che era finita nel corpo privo di
vita di Kort.
Sulla fronte, in mezzo agli occhi, per recidere
all’istante qualunque contatto con la vita.
Per mandarlo immediatamente all’altro
mondo.
E solo dopo avrebbe capito che si era fatto
respingere apposta per poter riprendersi la pistola e ucciderlo, solo
dopo avrebbe ripercorso ogni suo movimento capendo che anche se era
stata dura, era ovvio ce l’avrebbe fatta.
Amore è sapere che lui ce la
farà ma avere ugualmente paura di vederlo scivolare fra le
tue mani.
I battiti tornarono a viaggiare ad una frequenza
leggermente più normale mentre le ferite ripresero a pulsare
sulla sua carne lesa.
“E’ vivo!”
Pensò con un sospiro di sollievo.
Eppure cose simili non ci si dovrebbe mai trovare a
dirle poiché significa che il pericolo di averlo perso per
sempre era reale e vicino.
Senza accorgersene loro due avevano appena provato
il medesimo sentimento e la medesima paura l’uno per
l’altro.
Mai come allora erano stati così vicini
ed uniti.
E con il suono del silenzio che li
inglobò, i loro sguardi finalmente si incontrarono, fu come
un secondo sparo.
Erano occhi vivi quelli che si penetravano a
vicenda. Occhi che non si sarebbero mai più persi di vista.
Allora dopo un istante di stordimento che a Tony
parve un eternità, Gibbs si alzò lasciando a
terra la pistola, quindi si precipitò dal suo compagno che
slegò in fretta. Quando fu libero i loro respiri tornarono
insieme alle braccia che si circondarono cingendosi con vigore e
disperazione.
E paura. Una paura folle per aver quasi perso la
persona più importante.
Quando sentirono la sensazione del corpo altrui
contro il proprio si accorsero di aver chiuso gli occhi e dimenticato i
rispettivi dolori causati da Kort. Di aver dimenticato il posto e la
possibilità che da un momento all’altro
arrivassero Ziva e McGee.
Lì non importò più
nulla del resto, importò solo che finalmente potevano
stringersi, toccarsi e respirare tranquilli perché nessuno
avrebbe più tentato di ucciderli.
Erano ancora vivi ed insieme.
Qualcosa che mai avrebbero dato più per
scontato.
- Ti amo. – Sussurrò Tony
all’orecchio di Gibbs lasciando uscire con istinto
ciò che provava e pensava fermamente, senza immaginare che
l’avrebbe detto nemmeno in una situazione simile.
Senza averlo manco concepito in precedenza.
Gibbs fu attraversato da mille scariche elettriche
nemmeno lontanamente paragonabili alla lotta che aveva appena fatto,
per la seconda volta non capì nulla ma si limitò
a sentire quel bruciore agli occhi, quel bruciore pungente per qualcosa
che premeva per uscire.
Solo dopo capì che si trattava della
propria emozione.
I suoi sentimenti.
Sentimenti uguali a quelli di Tony.
Avevano aspettato troppo tempo per cedere a loro
stessi, per mettersi insieme e fare ciò che volevano
veramente.
Troppo per ammettere quel che provavano.
Ma vedere la morte in faccia può sempre
essere un’ottima spinta.
Lo strinse più forte, circondando la sua
vita con le braccia mentre quelle di Tony erano intorno al suo collo,
infine mormorò a sua volta: - Anche io. – senza
che nessuno oltre al suo compagno lo potesse sentire.
Il mondo rimase ancora sconnesso per entrambi,
sospeso in un'altra dimensione dove nulla esisteva od era degno di
nota, solo loro due.
Un mondo in cui entrambi sentivano una certa
commozione dovuta alla fine della tensione per il pericolo appena
corso, alla loro vittoria, al loro ritrovamento e a ciò che
si erano detti.
Furono solo i richiami di Ziva e McGee che diedero
loro la forza di tornare in loro stessi e separarsi. Erano nelle
vicinanze e sarebbero immediatamente arrivati, era ora di andare
avanti.
- Siamo qui. – Disse Gibbs separandosi da
Tony, continuando a stargli davanti e a fissarlo come si fisserebbe un
amante.
In un attimo gli altri due agenti furono
lì con loro e con agitazione constatarono che Gibbs aveva
ucciso Kort dopo essersi fatto coprire di qualche livido che lo rendeva
comunque affascinante, anche se non ai livelli di Tony difficilmente
battibile in quel momento!
- E’ finita. – Disse Gibbs
piano posando lo sguardo sul corpo privo di vita del suo avversario
mentre McGee chiamava un ambulanza e Ziva controllava da vicino le
condizioni di Tony.
Questo naturalmente infastidì Gibbs che
seccato, mentre se ne andava, disse a Ziva quello che non poteva dire a
Tony come al solito:
- Rimani qua e aspetta Duky per il corpo!
– Brusco. – Tony. Vuoi un invito scritto?
– Aggiunse poi fermandosi sulla soglia attendendo
l’altro che, senza farselo ripetere, con un sorrisino
sornione dei suoi, zoppicò traballante fino al suo capo.
Questi lo prese per un braccio per impedirgli di barcollare troppo e lo
condusse fuori dalla stanza col diligente sottoposto che godeva nel
sapere perché si comportava così.
Sembrava che come sempre non ci tenesse poi tanto a
lui ma semplicemente andava capito: Gibbs aveva i suoi modi per
esprimere la preoccupazione ed in generale quel che provava.
Essere burbero con lui equivaleva ad una gran
dimostrazione d’amore!
Nel tragitto che percorsero per uscire, Tony decise
di fermarlo per dargli il suo ringraziamento speciale che
chissà quando, poi, avrebbe potuto consegnargli; quindi con
un deciso: - Aspetta un attimo. – arrestò
l’avanzata provocando un mezzo sbuffo dell’altro
che girò gli occhi esasperato su di lui.
Sapeva cosa voleva e non gli piacevano le frasi
svenevoli di gratitudine. Tutto quel che faceva non era per nessun
tornaconto ma solo perché voleva farlo.
E poi di scene svenevolmente dolci ne erano state
fatte in abbondanza, ormai!
Leroy Jethro Gibbs era così, prendere o
lasciare!
Tuttavia si fermò e lasciò
che Tony si mettesse davanti a lui, era sicuro avrebbe detto qualcosa
di imbarazzante o seccante ma con suo sommo stupore sentì
solo le labbra sulle sue.
Labbra sporche di sangue il cui sapore si
insinuò nella sua bocca insieme alla lingua che
scivolò a cercarlo, ignorando le fitte per i pugni presi.
Non era certo una buona idea baciarsi dopo un
pestaggio simile, ma in fondo bisognava prendere i momenti come
arrivavano senza lasciarseli sfuggire.
Tony non avrebbe più atteso tempi
migliori, non con Gibbs.
Quando ricambiò il bacio sciogliendosi
di nuovo e scivolando con la mano che lo teneva per il braccio intorno
alla schiena per premerselo contro, il sollievo che provò fu
diverso da quello di prima nella foga dell’abbraccio.
Quella era consapevolezza che non era un sogno, si
era davvero tutto risolto.
Da ora in poi Tony sarebbe stata
proprietà privata!
Sua!
/Dice
– Finley Quaye/
Non fu facile per loro riuscire a tornare a casa in
santa pace, ma alla fine ce la fecero.
Le prime luci dell’alba fecero da
spettatrici filtrandosi appena fra le fessure delle finestre chiuse. Si
sarebbero presi del tempo per rimettersi ed anche se Gibbs non ne aveva
molto bisogno poiché aveva lavorato in condizioni peggiori,
aveva una sacrosanta voglia di stare con Tony quanto e come voleva,
senza interruzioni o imminenti catastrofi.
Ne sentiva un bisogno immenso e nulla gli avrebbe
fatto cambiare idea e comunque erano entrambi esteriormente malconci,
ancora. Nessuno si sarebbe sorpreso di non vederli per un po'. Specie
Tony.
Avevano mangiato qualcosa a fatica e si erano fatti
curare a dovere tutto quello che c’era da curare, ora non
rimanevano che loro stessi.
Potevano finalmente rilassarsi.
Dopo una giornata di quel tipo poter elaborare con
mente fredda tutto l’accaduto e le sensazioni, era un regalo
che non avrebbero più dato per scontato ed anche se spesso
avevano visto la morte in faccia e sapevano che la vita non si dava mai
per scontata, sentirsi insieme dopo aver temuto di non poterlo
più essere, era qualcosa di impagabile.
Esperienze che comunque cambiavano.
Ed ora erano entrambi lì nel letto
matrimoniale di Gibbs, letto che prima dell’arriva di Tony
non veniva usato poi molto, tutto sommato, visto che Gibbs preferiva la
sua barca.
Erano lì stesi l’uno accanto
all’altro, con la schiena adagiata sul materasso a riflettere
sulla paura provata qualche ora prima.
Paura che li aveva quasi fatti impazzire.
Era difficile prendere sonno nonostante tutta la
stanchezza e i dolori fisici che provavano. Era difficile
perché dopo il timore di non rivedersi più non si
riesce a dormire come niente fosse, torna quel timore di prima e non
sai se quando ti sveglierai sarà stato tutto un sogno o
sarà ancora realtà.
Non sai.
Inoltre il tempo sprecato a dormire nessuno glielo
avrebbe tornato.
No, non era facile addormentarsi dopo tutto.
- Non riesci a chiudere occhio? – Disse
Tony nella la penombra della stanza, il chiaro esterno impediva al buio
di vincere fra le quattro mura. Lo sguardo del ragazzo era puntato su
un punto vago sopra di sé, sul soffitto che vedeva appena.
Un mugugno in risposta gli fece capire che anche
per Gibbs era lo stesso, quindi proseguì:
- E’ per oggi… non riesco a
smettere di pensare a tutto quello che è
successo… fino ad arrivare alla radice di tutto. –
Si interruppe chiedendosi se poteva continuare, se facendolo non
avrebbe rovinato tutto, ma alla fine decise che era il momento
migliore. – Mi chiedo cosa avrei potuto fare per evitare
tutto questo. – Il riferimento a Jeanne e alla famosa
missione segreta era ovvio.
Gibbs strinse impercettibilmente le labbra in segno
di contrarietà, quindi Tony continuò sapendo che
per ora non avrebbe detto nulla:
- Ho fatto molti errori in questa faccenda e mi
sento comunque responsabile per quello che è accaduto questa
volta. Certo, Kort era comunque un criminale ed anche la Granuille,
però… - Fu a quel punto che la voce spazientita e
secca dell’altro intervenne a fermare quel flusso di pensieri
che non avrebbero portato a nulla di utile.
- Non serve a nulla pensarci ora. È
andata ed è finita. Stop. Ora nessun fantasma ti
tormenterà più, quindi smettila. –
Decisamente se c’era un argomento in grado di scocciarlo in
modo particolare, era proprio la missione che Tony gli aveva tenuto
nascosto.
Il punto era che per lui lo sbaglio più
grande era stato proprio non dirgli nulla. Se avesse condiviso molte
cose sarebbero andate diverse, ne era convinto.
Tuttavia aveva ragione.
Ormai era andata e finita, era tutto sepolto.
Non c’era motivo di continuare a pensarci
e rovinare tutto.
Però una cosa che voleva dire ancora,
c’era.
Un chiarimento che non aveva idea se già
lo sapesse ma ci teneva ad esprimerlo e quello era l’attimo
giusto.
- Però sappi che anche se ad un certo
punto lo pensavo, non ho mai amato Jeanne. Ci ho riflettuto molto
quando ho dovuto scegliere se seguirla come mi aveva chiesto o stare
con voi. Ed ho scelto la tua squadra, la tua guida. Te. Se
l’avessi amata davvero me ne sarei andato. – Dopo
che lo disse si sentì leggero e non fu il solo. Anche a
Gibbs, nonostante non lo avrebbe ammesso, si sentiva con un gran peso
in meno.
Non aveva mai saputo di questa scelta che lei gli
aveva chiesto di fare, aveva solo pensato che se ne fosse andata e
basta, ma ora che sapeva anche quel particolare quel guizzo interiore
fu subito identificato come contentezza.
La serenità lo invase completamente
senza lasciare nemmeno un pezzo all’oscuro.
Finalmente si era tutto chiuso e poteva iniziare
qualcos’altro.
Finalmente.
Fu in silenzio che Gibbs si mosse girandosi sul
fianco, alzandosi su un braccio per poi posare le labbra sulle sue.
Premette appena, come una dolce carezza di
ringraziamento, ma appena sentì la piacevole sensazione di
morbidezza non più sporcata dal sapore del sangue, si
schiuse per infilarsi con la lingua e approfondire il bacio.
Tony con sorpresa iniziale ricambiò con
un secondo di ritardo comprendendo che quello era il suo modo per
mettere le cose a posto e accettare la sua sorta di confessione.
Per confermare che quanto si erano detti prima era
ancora vero.
Si amavano.
Non se lo sarebbero ripetuto troppo spesso, in
fondo erano uomini, ma saperlo e dimostrarlo a modo loro era il minimo.
Ora se lo sarebbero dimostrato.
Mentre univano ulteriormente le bocche aperte
giocando con le loro lingue, le braccia del più giovane
circondarono languidamente il collo del più grande e con
fare sapiente si mosse in modo da avvicinare il bacino contro il suo.
Quando riuscì a strofinarglielo contro ottenne la reazione
desiderata poiché il compagno lo coprì
completamente col suo corpo facendogli emettere un sospiro di piacere.
Il primo di una lunga serie.
Se la meritavano la ricompensa dopo tutto quello
che avevano passato e sapevano che ora sarebbe stata diversa dalle
volte precedenti, lo sarebbe stata perché ora
c’era la consapevolezza di amarsi oltre che
dell’attrazione fisica.
Dopo quel lungo bacio ed aver languidamente fatto
capire le intenzioni di entrambi, Tony si mise a sedere il necessario,
accompagnato dall’altro che lo guardò stralunato,
quindi alzò le braccia in alto in una muta richiesta di
essere spogliato, cosa che Gibbs non si fece ripetere ed in un istante
gli sfilò la maglietta da sopra, facendola distrattamente
cadere a terra dove immediatamente fu raggiunta dalla propria. Non si
erano impegnati a vestirsi molto visto che per dormire si erano messi,
oltre all’indumento già tolto, solo i boxer.
Quelli di Tony erano naturalmente più stretti, di quel tipo
che non lasciano nulla all’immaginazione. Quando aveva fatto
shopping con McGee si era preoccupato di recuperare il modello che
meglio gli stava addosso e l’aveva fatto pensando, manco a
dirlo, proprio al suo capo che ora apprezzava.
Quest’ultimo infatti lo spinse
giù, steso, con poca gentilezza e occupandosi della sua
parte intima che scoprì in fretta, sentì il
compagno sotto di sé mugulare di piacere grazie alle sue
‘profonde carezze’ ed alla sua bocca che assaggiava
parti del corpo che ormai erano proprietà privata.
Ovunque la sua lingua andasse lo bruciava avendo
l’idea di essere coperto di lava incandescente e trovandosi
sempre più accaldato desiderò poter avere le sue
mani per ricambiare alcuni favori.
“Ma non ci sono solo le mani!”
Pensò in un lampo con un sorriso pieno
di malizia.
Senza attendere oltre, prima che venisse fra le
dita di Gibbs, si alzò di nuovo muovendosi deciso e svelto
in modo da spingerlo sotto di sé, non poteva usare le mani
ma c’era pur sempre la bocca, no?
Una delle cose più importanti, in fondo.
Quando l’altro capì cosa aveva
in mente, assunse un aria soddisfatta oltre che maliziosa e si
preparò a godere di quel piacere non ancora provato.
Tony coi denti gli abbassò gli slip
quindi con poca fatica, tutto sommato, si occupò
dell’erezione del suo amante che non gli complicò
molto l’esistenza visto che DECISAMENTE le mani in quel caso
non servirono.
Quando ebbe ricambiato il piacere donandogli delle
sensazioni non da poco che quasi lo fecero venire, Gibbs riprese il
controllo e staccandolo brusco dal suo inguine lo rimise steso sotto di
sé non facendocela più a resistere.
Era già andato ben oltre le sue
aspettative, non ne poteva più.
Aveva penato troppo, in quell’ultimo
periodo, specie quel giorno. Non si poteva passare tutto quello, dirsi
che si amavano e poi aspettare così tanto per averlo,
entrare in lui, possederlo, farlo suo, fondersi e trascinarlo con
sé altrove.
Così una volta ristabilito i ruoli,
tornò sulle sue labbra mentre con la mano lo preparava alla
penetrazione.
Non era la prima volta che lo facevano ed ormai
Tony cominciava a sentire piacere in quella fase, ora non vedeva
l’ora di averlo totalmente in lui.
Gli era mancato.
Gli era mancato dopo la paura di non riaverlo
più.
Gli era mancato profondamente ed ora non resisteva
nemmeno lui.
Aveva bisogno di sentirlo fino in fondo.
Con frenesia il bacio proseguì
finché Gibbs scivolò lento ma deciso in lui
sospendendo le funzioni vitali di entrambi, ovattando i sensi e
portando il caos in loro. Caos in cui di una sola cosa erano certi.
Volevano fare l’amore l’uno con
l’altro.
Rimasero con le labbra a contatto ed aperte senza
però baciarsi, quindi quando Tony si rilassò il
necessario, l’altro prese a muoversi entrando ed uscendo,
aumentando il ritmo senza fermarsi, sentendolo sempre di
più, avendolo sempre di più, stringendo gli occhi
e catturando quel momento perfetto e meraviglioso che gli mostrava un
universo inesplorato, un universo che senza di lui non avrebbe voluto.
Si strinsero l’un l’altro
premendosi sempre più e quando insieme raggiunsero il
culmine ricordando la sensazione che avevano provato quando si erano
riabbracciati dopo aver creduto di essersi persi, una lacrima fugace
scese dai loro occhi. Una sola.
Unica testimone che ancora una volta quel che
provavano era così grande, uguale ed in perfetta sintonia da
essere incredibile.
Avevano creduto di venir separati per sempre, di
trovare solo la morte in conclusione di quella faccenda, di non
farcela… eppure ce l’avevano fatta ed ora erano
ancora insieme a dimostrare tutto quello che avevano provato, quello
che era esploso inaspettatamente in loro quando si erano riuniti.
Ora erano lì, insieme, a fare
l’amore, l’uno nell’altro, abbracciati,
stretti, sicuri e pieni d’emozione.
Se poi la ricompensa è tale, allora la
sofferenza vale la pena.
Ma lo capisci e lo pensi solo dopo, mentre sei
immerso in questa meravigliosa ricompensa.
Non arriveresti mai a realizzarlo prima.
E mentre ne vieni investito ti commuovi trovandoti
quasi scioccamente a ripetere quello che hai detto prima e che avresti
giurato di non dire più con tanta facilità:
- Ti amo. –
Ancora una volta in perfetta sincronia come
l’orgasmo che raggiunsero insieme.
FINE