CAPITOLO IX:
CORSA CONTRO IL TEMPO

/Smooth Criminal – Alien ant farm/
Quando Tony e Gibbs rientrarono in sede, le indagini su Kort partirono a pieno ritmo. Parve come se tutto d’un tratto avessero acceso i motori delle auto da corsa e che quella confusione fosse per l’imminente gara. Una gara molto importante.
Non si trattava di eccitazione per aver trovato una probabile pista, si trattava di una effettiva corsa contro il tempo. Quanto ci avrebbe impiegato, quell’uomo, a spuntarla e uccidere Tony?
Aveva dimostrato di avere una miriade di risorse, tutte misteriose ed illegali.
Kort era sparito dalla CIA, subito dopo il caso della Granuille, non si era più presentato a lavoro e nessuno aveva più avuto sue tracce. Ora rimaneva solo scoprire dove fosse e in cosa avesse le mani in pasta.
Cosa aveva architettato di tutta la faccenda della Granuille?
Si erano scoperte molte cose losche e per lo più erano rimaste senza soluzione.
Sarebbe stato difficile dare risposta a tutto ma non si poteva più sbagliare né rimandare.
La posta in gioco era troppo alta.
Gibbs, mentre era a colloquio con uno di quelli che un tempo erano i capi di Kort, aveva dato ordine ai suoi uomini di non separarsi un solo istante da Tony. Persino lì dentro non erano al sicuro, trattandosi di uno come quell’uomo.
Una specie di bomba sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro e Tony stesso, consapevole di questo fatto, sentiva nell’aria un certo odore di bruciato.
Normalmente con Gibbs a proteggerlo non sentiva assolutamente pericolo per sé stesso e solitamente anche quando era solo, in fondo, sapeva difendersi bene. Però ora era diverso.
Nonostante tutti si prodigassero per non perderlo di vista e stessero attenti ad ogni sciocchezza per saltare come corde di violino al primo riflesso, per loro era anche essenziale trovare una pista per trovare quell’ormai criminale, quindi il via vai, le urla e le sparizioni erano all’ordine dei secondi.
Vedendoli e sentendoli tutti tesi e agitati in maniera quasi esagerata, il giovane cercava, fra i mille pensieri che gli occupavano la mente, di sdrammatizzare l’ambiente per vivere alla meglio quelli che magari sarebbero anche potuti essere i suoi ultimi minuti di vita.
Dovevano proteggerlo eppure sembrava sarebbero stati proprio loro a sparargli, non gli piacevano quei modi di fare brutali nei suoi confronti, in fondo era la vittima, tanto per cambiare. Perché comportarsi a quel modo?
E poi sicuramente sarebbe arrivata anche l’FBI ad indagare con loro o magari a togliergli il caso del tutto per il solito discorso del conflitto di interessi. Innervosirsi a quel modo non serviva a nulla, specie alla sua sanità mentale.
Si vedeva già morto, grazie a quei comportamenti.
Magari non era nemmeno Kort, chi poteva dirlo con esattezza… bè, in quel caso forse sarebbe stato peggio. Non sapere con chi si ha a che fare era sempre una brutta cosa.
All’ennesima rispostaccia di Ziva che sparì in una direzione non molto precisata, Tony sospirò lamentandosi con McGee. Perché lo trattavano tutti male?
- Vi ricordo che sono io quello in pericolo, la vittima! Mi trattate come se faceste a gara a chi si sbarazza prima di me! -
All’apparenza sembrava non facesse altro che infastidire i suoi colleghi togliendo loro la voglia di proteggerlo, ma in realtà, come soleva fare sempre quell’individuo dalla multipla personalità, lavorava anche lui a modo suo.
- Tony, è un momento critico, non puoi asfissiarci con le tue battute proprio ora. Prova a stare un po’ zitto e buono, vedrai che ne gioveremo tutti, anche tu! – A questa esasperata risposta, Tony aveva cacciato il broncio alzandosi dalla sua scrivania. Non poteva nemmeno dargli uno scappellotto come faceva sempre per ammonirlo… non gli rimase che andare a rompere le scatole a qualcun altro.
- Vado da Abby, lei sicuramente mi capirà meglio di voi! – Aveva quindi asserito dirigendosi all’ascensore.
Ovviamente non poteva ancora usare le mani ma per pigiare un bottone era ancora capace.
McGee si alzò per accompagnarlo, memore dell’ordine severo del capo, ma quando gli aveva suonato il telefono si era dovuto fermare, cosa che non aveva fatto Tony, naturalmente.
Tanto devo solo scendere da Abby, cosa vuoi che mi succeda in ascensore?”
Si disse stufo di essere maltrattato dai suoi nervosi colleghi.
Ma non solo.
Esasperato da quell’ansia e da quella concreta paura che tutti provavano per lui.
Li sentiva quasi terrorizzati mentre si immaginavano il peggio su di lui, non poteva sopportare quei loro sguardi drammatici che lo squadravano come fosse un poveraccio spacciato. Si sentiva pesante, di troppo, inutile. Alla fin fine non poteva fare niente per rendersi utile, era come un peso morto e per lui essere così passivo era una autentica tortura.
Avrebbe inoltre voluto assistere alla riunione di Gibbs e del Direttore coi capi di Kort, scambiare quattro parole con chi aveva dato fiducia a quel criminale viscido e pericoloso.
Non poteva fare davvero niente, comunque, quindi cercare di alleggerire la situazione per non sentire lui stesso il proprio peso, era l’unica.
Stare un secondo solo in ascensore non gli avrebbe fatto male.
Gibbs non l’avrebbe saputo.
Sicuramente anche Abby l’avrebbe cacciato piena di lavoro e preoccupata per lui, l’avrebbe rimandato su dagli altri per farsi proteggere meglio ma almeno un viaggetto di svago l’avrebbe fatto.
Teneva depresso gli occhi verso il basso, a fissare le proprie nuove scarpe che un po’ il buon umore glielo ridonavano, una volta solo in ascensore, dopo aver schiacciato col naso il pulsante ed essersi reso ridicolo per fortuna a nessuno, o per lo meno lui credeva così, si appoggiò con la spalla alla parete laterale di quella scatola metallica silenziosa.
Chiuse gli occhi e sospirò. Era già stanco di tutta quella storia. Era come se quel periodo della sua vita non volesse lasciarlo. Era stato duro, per lui, compiere quella missione con la consapevolezza che stava sbagliando tutto poiché di Jeanne non avrebbe mai dovuto innamorarsi. Dopo che quella storia era sembrata chiusa e lui aveva scelto quale famiglia seguire, ci aveva impiegato non poco a recuperare davvero la sua anima a pezzi. Ora che pensava di esserci riuscito, rispuntava questo fantasma collegato a quel periodo, a lei e alla Granuille.
Avrebbe davvero solo voluto che con un colpo di bacchetta magica alla Harry Potter, tutto quello finisse in fretta.
Quando li riaprì fu per un impressione.
Quella di non essere solo.
La poté sentire solo dopo pochi secondi di solitudine in quell’abitacolo, quando il rumore dei suoi pensieri gli aveva permesso di allertare i suoi sensi da agente speciale.
Fu comunque tardi.
Riuscì a vedere solo il viso più familiare fra quelli che gli giravano in testa in quelle ore, a pronunciare il suo nome e a sentire un dolore acuto alla testa.
Veloce.
Troppo veloce.
Un lampo, quasi.
E silenzioso si era accasciato a terra privo di sensi.

/Chop Suey – System of a down/
- Non è qui? – Chiese già con voce tremante McGee. Sapeva cosa significava il fatto che Tony non fosse da Abby quando un attimo prima aveva detto che sarebbe andato proprio da lei.
La mora lo guardò con in mano qualcuno dei suoi strani strumenti da laboratorio e captando al volo la luce preoccupata nello sguardo dell’amico, capì cosa significava ogni sua inclinazione in quel preciso istante.
- Non dovevate stargli appiccicati come le mosche con la cacca? – Disse subito la scienziata allarmata all’istante, posando i suoi strumenti a saltellando nervosa davanti a McGee. Questi cominciò a mordersi il labbro e a fare una decina di espressioni diverse, ma tutte sofferenti.
- Ha detto che veniva da te perché noi lo trattavamo male, io mi sono alzato per seguirlo ma mi ha squillato il telefono, ero sicuro che si fosse fermato per aspettarmi… mi sono detto: ‘come farebbe a schiacciare i tasti senza le mani?’ Ero sicurissimo che non avrebbe usato il naso. Proprio lui. Invece quando ho messo giù lui non c’era… non è venuto davvero qua? – Ora le cose cominciavano a mettersi sempre peggio. Dall’apprendere la notizia all’assimilarla e capirla realmente, passarono esattamente i secondi che McGee ci impiegò a preoccuparsi gravemente.
- Che fai ancora qui? Devi andare a cercarlo. Magari ha schiacciato male ed è finito chissà in quale piano! – Tuonò Abby gesticolando come una graziosa scimmiotta. L’amico non se lo fece ripetere tornando brevemente in sé grazie a lei. Magari era così… non poteva comunque stare con le mani in mano quindi senza aggiungere altro se ne andò volando in un altro piano, chiamando Ziva per farsi aiutare. Guardandosi bene dal disturbare Gibbs.
Se Tony era davvero sparito le cose si sarebbero messe decisamente peggio di quanto lui non avesse mai immaginato. Il primo a morire sicuramente sarebbe stato lui, visto che il proprio capo l’avrebbe fatto fuori rompendogli il collo con un gesto secco e deciso. Non si sarebbe nemmeno accorto di morire…
Ziva scaricandogli una valanga di imprecazioni lo fece sentire doppiamente in colpa, più di quanto già non si sentisse da solo e non si sarebbe sentito di lì a poco, quando l’avrebbe saputo Gibbs.
Era nei guai ma questo contava poco.
Tony era sparito, dannazione… significava che Kort era riuscito ad entrare perfino lì?
Non sarebbe stata la prima volta, in fondo.
Quando sperando nell’ultima assurda ipotesi che potesse essere andato a farsi un giro fra le macchine del garage dell’agenzia, posti nei sotterranei bui, con orrore dovette arrendersi all’evidenza.
Con orrore e con un bigliettino messo proprio nel tergicristallo dell’auto di Gibbs.
- Oh, cavoli! Siamo tutti finiti! – Decretò infine con lugubre certezza.
Fu così che correndo veloce su per i piani, a raggiungere l’ufficio del direttore, decise di mettere da parte la propria incolumità. Infondo era successo davvero qualcosa di grave.
Con coraggio richiamò Gibbs urgentemente fuori dalla riunione e quando con aria seccata il viso accigliato del capo gli si presentò innanzi, balbettando con quanto più timore avesse mai provato in vita sua, gli consegnò il biglietto che teneva con una pinza. Gibbs lo prese sempre con lo stesso oggetto incupendosi ulteriormente, come capisse cosa fosse successo ancora prima che il suo sottoposto glielo comunicasse.
- Era sulla tua auto. Tony è sparito. Mi è sfuggito solo un attimo in ascensore e poco dopo non c’era più traccia di lui. – Riuscì a dirlo tutto d’un fiato, preparandosi mentalmente ad una punizione corporale davvero pesante.
Ecco cosa si provava quando un TIR investe qualcuno a 150 kilometri orari.
Gibbs avrebbe preferito non scoprirlo, eppure quella sensazione era davvero familiare, l’aveva provata simile molte volte anche se ognuna era sempre peggio della precedente. Come se il suo livello di sopportazione stesse lentamente abbassandosi fino ad arrivare allo zero.
Non tremò quando tenne in mano il foglietto bianco di una carta comune e leggera. Nemmeno i suoi occhi, inizialmente, non mostrarono una reazione istantaneamente violenta.
McGee si preoccupò, ecco perché lo scrutò meglio in viso.
Si era davvero impietrito?
Gli occhi azzurri di Jethro scorsero veloci le poche righe d’inchiostro nero, una scrittura personale ma non di Tony. Quella di Tony era illeggibile, l’avrebbe riconosciuta.
Parole.
Nero su bianco.
La corsa è finita. Adesso basta coi giochi. Kort.’
E la facciata gigantesca del TIR si infranse contro il suo corpo, facendolo simbolicamente sobbalzare di molti metri, cadere contro l’asfalto, strisciare ancora fino a fermarsi sotto le ruote di quel bestione che non aveva rallentato nemmeno un po’.
Gli ci volle davvero un istante per tornare sulla Terra.
Rimase sospeso mentre gli pareva di essere investito, senza nemmeno sentire nessuno di ciò che lo circondava, senza sentire l’ambiente, le persone, l’aria, i rumori. Nulla di nulla.
Gli si contrasse lo stomaco dandogli un forte spasmo e senso di nausea che ricacciò indietro mentre la vampata di gelido lo avvolgeva improvviso paralizzandolo.
Poi come se gli riallacciassero i fili, riprese possesso di sé e la mente gli ritornò in piena funzione. Spostò lo sguardo dal foglio agli occhi preoccupati e mortificati di McGee ma non provò il minimo dispiacere.
Aveva perso di vista Tony quando gli aveva ordinato di non farlo.
E Ziva dove diavolo era? Perché non c’era stata nemmeno lei?
Possibile che non potesse fidarsi di loro, dopo tutto quel tempo?
Alla velocità della luce l’attraversarono queste stilettate di pensieri mentre sentì le mani prudergli.
Avrebbe voluto mettergli le mani addosso.
Avrebbe voluto farlo ma quel che voleva picchiare a sangue davvero era Kort, certo non lui.
- Tu, Cosa?! – Tuonò facendo impallidire McGee che indietreggiò istintivamente.
Gibbs avanzò fino a raggiungerlo con una sola falcata, lo domò in altezza sfiorandolo col suo viso minaccioso e furibondo. Solo quello sarebbe bastato a far invecchiare il giovane.
- Mi… - Stava per scusarsi ma come un flash si ricordò che sarebbe stato peggio, quindi fece retromarcia e cambiò: - Non volevo, non so come è potuto accadere. –
Però forse qualcuno da picchiare, nel frattempo, avrebbero dovuto darglielo. Giusto per sfogarsi prima di scoppiare e far fuori tutti.
Gli lasciò un occhiataccia piena di fuoco e di rimprovero, poi senza aggiungere nulla corse all’ascensore dirigendosi al laboratorio di Abby, sempre stringendo il foglietto. Non disse altro.
Quando il Direttore uscì, poco dopo, per sapere cosa fosse successo da farlo urlare a quel modo, vide un addolorato McGee che avrebbe voluto sparire. Si fece spiegare da lui e stranamente, a lei, lui si sentì di spiegare meglio come fossero andate le cose. I dettagli a Gibbs innervosivano ulteriormente, ma spesso erano proprio ciò che lo scagionavano.
- Rimane il fatto che hai sbagliato e che ora l’hanno rapito per colpa tua, principalmente. Io devo finire la riunione con il capo di Kort alla CIA, tu segui Gibbs e vedi di rimediare prima che ti salti non solo il posto di lavoro, ma anche la testa. – Disse seria e professionale riferendosi alla reazione del capo squadra se fosse successo qualcosa a Tony.
Annuendo come un bambino colto in fallo a fare qualcosa di davvero brutto, si congedò e corse giù per le scale richiamando a sé Ziva, andando a loro volta da Abby.
In ascensore, Gibbs non ebbe molto tempo per riflettere. Sentiva un bruciore avvampargli dentro ed incendiarlo sempre più.
Come se stesse per impazzire.
Tese tutti i muscoli e contrasse la mascella, poi non facendocela proprio più, con la mano libera tirò un violento pugno all’ascensore che gli restituì un dolore nemmeno paragonabile al suo stato d’animo.
Sicuramente in parte era stata anche colpa di Tony, lo conosceva bene e sapeva che era così, ma di chiunque fosse davvero, l’unico responsabile, in fin dei conti, si sentiva proprio lui.
Aveva sostenuto lui stesso che non sarebbe servito assegnargli una scorta. Forse se l’avrebbe permesso, ora il suo uomo sarebbe stato ancora lì.
Strinse gli occhi premendosi due dita in mezzo agli occhi, poi sospirò pesantemente, anzi, ringhiò.
Doveva trattenersi, non poteva esplodere di già.
Doveva mantenere la sua rabbia intatta per il momento in cui avrebbe visto quella dannata faccia di Kort.
Quando le ante si aprirono e lui uscì come fosse fatto di una bufera d’aria con tanto di nuvoloni neri intorno a sé, diede ad Abby l’impressione di sentire addirittura i tuoni sopra la sua testa.
Quelle luci erano le saette?
- Gibbs… non mi dire che… - Si bloccò immediatamente la scienziata guardandolo con apprensione, le bastò vederlo una volta in viso per capire e portandosi le mani alla bocca truccata di nero, liberò tutta la sua preoccupazione nel volto che non mascherava mai i suoi stati d’animo.
L’uomo non si perse in convenevoli né in spiegazioni, le porse il foglietto che stringeva ancora con le pinzette di McGee e ordinò:
- Ricavane qualcosa di utile, è tutto ciò che abbiamo per ritrovarlo! – Lei lo afferrò cercando di riprendersi in fretta, cacciando i pensieri su cosa potesse star passando il suo amico rapito; non disse nulla, consapevole del fatto che era un evento davvero troppo serio per rispondere qualcosa.
Si impose di non pensare, agitarsi, reagire o lasciarsi andare, anche se sapeva che non ce l’avrebbe fatta a trattenersi.
Quando poco prima che lui se ne andasse, si sentì piombare in laboratorio anche McGee e Ziva, inghiottì a vuoto.
Ora ne avrebbe sentite, di urla!
L’aveva capito subito.
Gibbs era fuori di sé.
Del resto quando si trattava di Tony, era sempre così.
Il capo si fermò davanti ai due che si sentivano visibilmente in colpa e ascoltando il loro silenzio e vedendo che quasi stavano a testa bassa (o meglio McGee stava a testa bassa ed orecchie giù come un cagnolino sgridato, Ziva aveva le orecchie da gatta ben su, come anche la sua testa ed i suoi occhi attenti…), inspirò profondamente e stringendo forte i pugni trattenendosi con tutte le sue forze per non farli fuori, gridò con quanto fiato aveva in gola, come forse non aveva ancora fatto con loro a quel modo:
- TROVATELO! –
- Sissignore! – Risposero solo all’unisono tesi come una corda di violino, aspettando che lui se ne andasse per scattare a loro volta e darsi da fare.
Fino a quel momento avevano quasi trovato una pista plausibile ma quello che era appena successo, non permetteva di avere fra le mani solo una pista plausibile, dovevano avere una soluzione, o sarebbero saltati tutti in aria.
Quando i tre se ne andarono, Abby aggrottando la fronte mista fra l’incredula e l’agitazione, si concesse di pensare:
Tony è sempre Tony, eh, Gibbs?”
Questo a lei bastò per capirsi.
Del resto era fin troppo limpido ciò che legava i due, anche se il fatto che lo vivessero con vigore maschile senza far trapelare nulla della loro vita sentimentale, non permetteva a nessuno di ricamarci su.
Era vero che avevano un legame diverso fra loro, ma Gibbs stesso ne aveva uno diverso con tutti i membri della sua squadra. Solo che se avesse dovuto dare un nome oggettivo a quello che aveva con Tony, bè… chissà che nome avrebbe avuto?
Dopo queste divagazioni poco comuni, la mora si gettò sul lavoro con maggior vigore e decisione di prima.
- Tony, ti troveremo! Resisti. Ed il tuo amore verrà a salvarti! – Sentenziò infatti convinta. Sicuramente un amore ce l’aveva…
Gibbs?
Gibbs aveva la famosa bufera attorno a sé contornata da un aura pericolosa di fuoco.
Gettandosi sul lavoro come poche volte aveva fatto, l’unico pensiero coerente che aveva nel caos della sua ira funesta che lo faceva urlare e trattare male chiunque, era:
Ti trovo. Non è finito un bel niente. Ti trovo, vedrai. Maledetto Kort. Lo uccido.”
E di QUESTO Gibbs, c’era davvero da averne paura visto che non gli sarebbe importato davvero nulla nemmeno di dichiarare il proprio reale sentimento per Tony.
Una corsa contro il tempo, a questo punto, lo era diventata davvero.