CAPITOLO XIV:
…E GIUSTIZIA PER TUTTI
 
“C’è nessuno là fuori? C’è nessuno là dentro?”
 
 
Lo stato in cui verteva la mente di entrambi i prigionieri era ormai segnata, nel momento in cui avevano smesso di porre resistenza e cercare rimedi, pensieri e soluzioni, nel momento in cui si erano abbandonati a tutto, ecco, lì era successo. La loro testa era entrata in perfetta sintonia col padre della dimensione che li vedeva vittime di quell’irreale incubo.
Il giovane ragazzo dall’aria ormai allucinata stava seduto a terra, ai piedi del divano con il capo appoggiato alla schiena dell’uomo più grande che lo abbracciava, entrambi avevano gli occhi cerchiati di rosso ma la luce che vi albergava in uno era diversa rispetto che quella dell’altro. Daniel, dopo aver parlato con il compagno, aveva passato il limite e l’unico conforto poteva averlo nel farsi cullare dall’ultima persona che l’aveva fatto sentire bene dopo tanto tempo, l’ultima persona a cui si era arreso.
Val manteneva un fondo di lucidità ma il tempo trascorreva inesorabile e il ragazzo fra le sue forti braccia era sempre più assente, fragile e sofferente. Non lo sentiva nemmeno più e lui non sapeva che pensare, tanto che decise di non provarci più. Lasciò la mente totalmente vuota e quando si arrivava a questo, a non pensare realmente più, il confine è passato, lo stesso che l’altro aveva ormai passato da un pezzo. Inesorabili attimi che li stavano portando alla follia, grazie alla follia di chi a loro era collegato spiritualmente.
Non era la loro mente ad essere nascosta dietro un muro alto e robusto, non la loro … bensì quella di una persona che stava perdendosi senza possibilità di ritorno, non più.
Michael.
Michael che nella sua stanza guardava la foto dell’amica e gemella del suo fidanzato, Kristen. La teneva leggera fra le mani ferme, una lucidità negli occhi verde azzurro intenso che la fissavano senza battere ciglio, come se ne fosse incantato, come se ricordasse qualche attimo particolare trascorso insieme. Ad esempio il loro incontro, quando si erano aiutati a vicenda, quando lui aveva scoperto di provare del sentimento per Thomas, quando lei si era intromessa, quando lei si intrometteva sempre fra loro nel più bello, quando lei aveva voluto provare cosa significasse tenere solo per sé i due uomini della sua vita perché, come anche lui stesso e Thomas, non avevano mai creduto alle leggi e norme della società, a quei pregiudizi, a quell’etica imposta da qualcuno convinto di conoscere il bene della collettività. Convinti che la libertà positiva fosse quella che si basava sulla volontà, sull’auto realizzazione e non sul libero agire, non quella priva di costrizioni, non quella per la quale si decidono da soli le leggi da seguire; loro tre non avevano mai preso la vita come facevano tutti, l’avevano vissuta diversamente considerandosi persone e non uomo, donna, fratello, sorella … persone nel loro complesso: fisico, carattere, credenze, azioni, pensieri … sentimenti.
Ricordando così la sensazione di odio verso di lei, poiché l’amore che provava per il gemello era forte ed indefinibile. Solo stupida gelosia. Questo aveva inclinato i rapporti. Ecco cosa l’aveva spinto a cercare di smascherare l’anima degli altri, persone come lei e come suo padre, meschine, ipocrite, senza sentimenti: delle macchine che consideravano oggetti chi li circondava, capaci di fare del male agli altri solo perché loro avevano sofferto.
Michael finì la sigaretta che stava fumando con calma e con quella strana lucidità che non aveva posseduto in alcuni casi, senza una goccia di sudore, un tremolio, una contrazione della mascella, un indecisione, un dubbio … senza nulla che potesse far notare qualcosa di strano in lui, strappò con un gesto lento ma deciso la foto che teneva fra le dita, la strappò in due in modo che si tagliasse a metà la figura di Kristen vestita coi suoi tipici vestiti corti e provocanti, ben truccata e con quei suoi lunghi capelli neri e lisci.
Un sorriso, uno dei suoi enigmatici ed indecifrabili, solo gli angoli delle labbra erano rivolti all’insù. Sembrava uno che sapeva esattamente quello che aveva fatto.
L’immagine strappata non era una a caso, al contrario era quella che teneva la loro amica collegata a lui e alla vita, quella scattata con la famosa macchina maledetta.
Lasciò i due pezzi cadere a terra e quando vi si posarono apparve dal nulla una sagoma che prese forma prima dall’aria, solo dei contorni offuscati, nulla di sicuro e certo, poi anche con la consistenza e la solidità di un corpo.
Ai suoi piedi giaceva Kristen morta, priva di vita.
Tutto quel che riuscì a dire senza inclinazioni nella voce, fu un freddo e professionale:
- Esperimento interessante. -
- Ehi, Michael, abbiamo visite … -
La voce sicura e squillante di Thomas lo interruppe e lo fece voltare con calma, quel che il moro vide per primo fu lo sguardo del proprio ragazzo, diverso da sempre, lo capì al volo senza dover leggere nel pensiero o utilizzare nessun potere, non era in sé, non era normale, c’era qualcosa di diverso in lui, di assolutamente diverso.
Per un attimo rabbrividì ma quando abbassò gli occhi la ragione abbandonò anche lui per riempirsi di un sentimento lancinante e violento che lo invase, non gli accadeva da tempo, da troppo, forse non l’aveva mai provato così acuto e non seppe come reagire, le pupille gli si restrinsero e l’azzurrità delle iridi fu impressionante mentre si rispecchiava e registrava la figura della sorella stesa a terra priva di vita, il petto non si muoveva e gli occhi erano sbarrati, aperti.
- Cosa … -
Michael non fece nulla di primo impatto, lo vide buttarsi a terra e con fuoco accendersi nella sua passione che l’aveva fatto innamorare da subito.
Accendersi mentre toccava Kristen e la scuoteva pur sapendo l’inutilità del gesto, mentre la muoveva con forza senza un briciolo di delicatezza, mentre poi la stringeva a sé e gridava incontrollato il suo nome, mentre mostrava la follia che in un certo senso era sempre albergato in lui.
Quel che vide Etienne una volta arrivato nella stanza fu una donna morta a terra, stretta fra le braccia del compagno di scuola di Daniel e l’uomo che aveva visto al bar, in piedi che li fissava con estraneità e incredibile distacco, anche lui fu percorso da una scarica elettrica lungo la schiena, si sentì quasi assordare all’udire tutte le urla di pura e giustificata isteria.
Non capì cosa fosse successo, non sapeva nulla, solo che la sparizione di suo fratello e dell’insegnante erano collegate a quei due, rimase pietrificato e in allerta, convinto che la cosa migliore sarebbe stata andarsene, lo stava per fare quando qualcosa lo fermò, la sua attenzione fu attirata da un’istantanea che ritraeva l’aula di musica scolastica, il suo gemello in ginocchio che si teneva la testa urlando infuriato e dietro una persona sopraggiunta all’ultimo momento, probabilmente il professore Maloney che aveva messo in crisi Daniel poco prima della sua sparizione.
Si avvicinò ad essa evitando gli altri due che non lo guardavano, prese la foto e la strinse convulsamente, cominciò a tremare senza capire cosa gli succedesse, per un attimo la sua mente si appannò fra le mille domande che gli vorticavano ma si preparò ad un qualcosa di concreto e ragionevole, si diede dell’idiota, si disse di reagire, di fare qualcosa, di strappare le informazioni ora prima che il tutto degenerasse, ma quando tornò freddamente in sé, realizzò in cosa si trovava. In una stanza con una donna morta e il putiferio che improvviso si scatenava nel dolore del giovane ora piangente, dolore e rabbia, chiedeva perchè e cosa fosse accaduto.
- Esagerato. -
Tagliente e piatto Michael intervenne fermando quell’ira scatenata. Era esagerato? Se lo chiese Etienne che per un momento provò a capire cosa dovesse pensare il ragazzo in piedi, forse non erano amici ma che rapporto ci poteva essere? Veramente questo pensiero fu solo un lampo poiché non gli importava sapere questo, gli sorse spontaneo assistendo a quella scenata isterica che tuttavia avrebbe raggiunto il vero picco solo fra istanti.
Thomas fermò il respiro e il volto sfigurato in una smorfia irriconoscibile, non pareva più quell’indubbiamente bel ragazzo a volte angelico a volte tenebroso, pareva solo un diavolo raggelato, si perché fu esattamente il gelo che lo paralizzò. Per Thomas vedere l’amata gemella morta era stato un primo shock ma il peggio era stato sentire quelle esatte parole dalla persona a cui aveva consegnato la sua stessa vita. Come se … come se non lo capisse, non lo condividesse, al contrario sembrava che non sopportasse tutta quella sceneggiata, tutti quei pianti.
Già … come se fosse stato lui l’artefice di tutto.
Come se avesse ucciso lui sua sorella. Pensiero assurdo e terribile, quello che l’avrebbe definitivamente ammazzato.
- Come? -
La calma dopo la tempesta che ne precedeva un’altra peggiore.
Una calma finta, più che altro una tensione sul filo del rasoio.
Gli occhi profondi e penetranti del compagno si posarono su di lui e senza alcuna indecisione disse sprezzante:
- Smettila di piangere, non sei un bambino. È morta, fattene una ragione. -
Etienne avrebbe dovuto intervenire ma fu come se la solita vocina gli suggerisse di stare a guardare, l’attenzione gli fu ugualmente dedicata da Michael, quello che fra i due sembrava il più normale.
Sembrava.
- Ti spiego subito prima che diventi impossibile. Ho creato, con l’aiuto di due persone speciali, una macchina che fotografa l’anima, o meglio quello era il mio obiettivo; in realtà ho fatto un piccolo errore, quella macchina cattura le persone nella dimensione della foto stessa. -
Tolse l’attenzione dallo shockato Thomas inginocchiato per posarla su Etienne incredulo, questo pensò subito che i due avessero bevuto e che fosse solo uno scherzo ma poi riguardando la foto nelle sue mani capì che qualcosa di strano in tutto quello c’era, a partire dalla donna priva di vita. Ancora pieno di brividi mentre la paura incontaminata e saggia cresceva in lui, non si mosse e non disse nulla, tratteneva il respiro chiedendosi chi fosse il più folle fra tutti, eppure suo fratello non c’era in quel mondo reale e quella era l’unica spiegazione offertagli. Si riservò di credergli in un secondo momento, per ora intelligentemente l’assecondò:
- E … quella ragazza era finita in quella dimensione? -
L’aveva capito subito, questa era la verità: la follia di cui era padrone Thomas era dettata dall’ira e dal dolore ma momentanea, quella che prendeva Michael era profonda e vera.
- Si, in realtà ho appena scoperto che strappando la foto, chi era intrappolato ne esce ma morto. Curioso, no? Non so come tirarli fuori vivi, mi dispiace. Non l’ho ancora scoperto.-
Il moro Etinne fu attraversato da ulteriori sensazioni poco piacevoli sconfinanti bene o male tutte nella paura.
Poi fu un lampo, lo vide con la coda dell’occhio e si appiattì contro il muro uscendo di corsa dalla stanza stringendo l’immagine di suo fratello, spalancando gli occhi assistette a quello che poteva definirsi uragano.
Il fidanzato si era alzato e in un nano secondo aveva afferrato con forza inumana l’altro per le braccia, lo strattonò violento e con aggressività urlò con ira pericolosa e crescente.
- Come, come hai potuto? Tu … sei stato tu! Io ti amavo, tu hai ucciso mia sorella … sei folle folle folle! Michael, dimmelo, perché? -
Continuava a muoverlo su e giù fino ad arrivare allo stipite della porta, lo bloccò contro di essa e non si fermò, la ragione sparita dal suo volto mentre il dolore cresceva come la rabbia, un gigante che aveva perduto la vista e non capiva, non capiva come fosse possibile. Ottenebrato da una perdita importante causata proprio dalla persona amata, un turbine di emozioni negative lo divorarono come quel fuoco e la cosa più impressionante fu vedere le scariche di energia uscire dal corpo muscoloso che tremava di ira, tremava e strattonava facendo sbattere la schiena e la testa del compagno.
Urla, ancora urla, sempre più forti sulla calma e freddissima risposta che infine si fece sentire, arrivò a colpirlo come una lama di coltello gelida:
- L’ho fatto perché ti amo, ora potremo ricominciare a vivere … -
Lo disse e subito non notò la reazione, sentì che riprendeva a sbatterlo e il malessere fisico si espanse senza essere definito, mentre provava questa chiara sensazione corporale, udì la voce acuta, forte, assordante, ringhiante, sentì le scariche d’energia, un vento avvolgerlo e quel che provò immediatamente sentendo a sua volta:
- Ti odio Michael, mi hai rovinato la vita! Da quando ti ho aiutato quella notte, tu sei pazzo! Lasciami! -
Questo ebbe l’effetto contrario e invece di farlo tornare in sé definì la sua condanna.
Immagini di una violenza subita da bambino, delle spalle di suo padre che mai aveva potuto osservare per avanti, spalle che avrebbe voluto sostituire con un volto sorridente e un caldo abbraccio, accuse di un padre e la crescita di un bambino nel modo più orribile possibile, in mezzo a trucchi psicologici, orrori nella sua vita che mai avrebbe potuto scordare, lì, tutti lì, in un istante, un momento di massimo picco, il culmine lo ebbe ricordando quanto male era stato quando era stato violentato, la sensazione di lacerazione e il desiderio di morire. Poi qualcosa che era cambiato, qualcuno a cui si era aggrappato era arrivato, quella notte l’aveva visto illuminato di un aura dorato - rossa e aveva pensato che fosse un angelo.
Thomas era stato la sua salvezza e se era riuscito a venirne fuori era solo per quel sentimento. L’unica cosa vera nella sua vita, pulita e giusta, l’unica che gli avesse fatto dire ‘grazie’ alla vita.
Quello che lui era sicuro fosse amore, che forse era un po’ troppo forte, esagerato, poco pulito ma come condannare un amore che aveva restituito la vita a qualcuno? Che aveva permesso di uscire da un inferno personale, dove la mente a volte si rifugiava ancora?
Violenza psicologica di suo padre e fisica di altre persone uccidevano una persona non fisicamente ma mentalmente, lui, un genio prodigio superiore alla norma, eccolo ridotto alla fine ad un fantasma la cui mente non si trovava più, la cui mente ormai era svanita nel nulla, nel nero, in mezzo a tenebre … e un amore che continuava a divorare.
Perché si vive, alla fine?
Per difendere quel qualcosa che ci fa andare avanti ma poi se è troppo esagerato, se non siamo in grado di gestirli, se quel che abbiamo passato ha lasciato solchi troppo profondi, se quei solchi provocano confusione, se quella confusione provoca dolore, se quel dolore misto ad amore assoluto provoca follia, se quella follia provoca morte, se quella morte provoca altra morte? Dove giungerà la fine di tutto?
Dove starà la giustizia?
Chi l’otterrà?
Giustizia per uno che aveva avuto pugnalate e violenza, per uno che aveva donato forza e amore a scapito di qualcosa per sé stesso, per uno che aveva perso la mente, per uno che aveva perso una persona cara.
Follia come un muro alto, buttarlo giù è possibile? Si arriva ad un punto in cui non si può tornare indietro e la ragione non risponde più, mentre la luce è sempre più accesa con dolore per una vita intera e si desidera solo la fine, fine e giustizia nella pace.
- Thomas, non ti vedo più, non abbandonarmi … io non ne posso più, aiutami … voglio smettere … -
Sincerità e diversità rispetto a poco prima. Dolore.
Lacrime dagli occhi verdi di Michael, tremore, la sua mano che dava un oggetto a quella del compagno, che poi la guidava e la conduceva verso di lui, verso il suo stomaco e le ultime parole mentre affondava … cosa affondava? La lama di un coltello che aveva tenuto sin dall’inizio, come se nella sua strana follia avesse atteso il momento adatto per liberarsi da quel peso.
- Solo per te … ho vissuto nonostante tutto lo schifo solo per te … addio … -
Il sangue gli uscì dalle labbra ben disegnate, tossì a fatica mentre il fiato gli si spezzava di netto e capì che non gli sarebbe più servito respirare, l’ultima cosa su cui si concentrò furono gli occhi azzurri sgranati del compagno, quel volto così bello ed una contraddizione profonda, gli dava calore, quello che lui non aveva mai avuto di suo.
Le forze lo abbandonarono e tutto fu caos, ovattato, nebbia, nero, nulla. Morte.
Thomas sentì il corpo accasciarsi contro di lui fino a scivolare a terra, respiri affannati, gelo e ghiaccio.
- No no no … Michael, no … ti prego, no … no no no!-
Questa volta non aveva fuoco o rabbia, solo disperazione, pura ed incontaminata, panico, cosa avrebbe fatto ora? Ora senza di lui? Lo vide, con quei suoi occhi così belli che lui stesso aveva chiuso prima di andarsene, quel sorriso indecifrabile che adorava, quel colorito pallido e gli occhi cerchiati, il sangue che gli usciva un po’ dalla bocca e la sua mano abbandonata di fianco, mentre lui stringeva ancora la lama contro il corpo privo di vita.
Non seppe dire altro, cosa si poteva dire? Lui non voleva e per spiegare che non voleva solo un ‘no’ era sufficiente, non sarebbe mai stato in grado di mettere più di due parole insieme. Affondò con forza il volto sul suo collo e lo strinse con quanta più forza possedeva, pericolosamente forte e solo questo a testimoniare quanto avesse dentro, questo ed un urlo che tuttavia non arrivò perché non sarebbe bastato tutto il fiato e l’energia possibili. Avrebbe voluto far uscire la sua voce eppure non ne fu capace, la strozzò coi suoi singhiozzi e anche se la bocca e il volto erano contratti nella smorfia di gridare, non uscì altro che lacrime testimoni ultime di quanto di più contorto e assurdo esistesse.
Qualcosa di confuso ma enorme, sbagliato o giusto, osceno o legittimo. Può definirsi sbagliato un amore? Oppure osceno? Oppure troppo assoluto?
Può solo definirsi vita, forse, o morte insieme ma magari follia renderebbe l’idea, perché ne nascono alcuni di così pericolosi e acuti da essere totalizzanti, intrattenibili, veri, diversi.
Tali quelli che spinsero il ragazzo a raggiungere l’amato nella pace raggiunta, non sentì gran dolore quando si uccise a sua volta accasciandosi sopra l’altro, solo una sincera liberazione.
- Non ti odiavo … -
Un mormorio indistinto mentre l’abbandono nella morte lo prese insieme al suo fidanzato, mentre nella stanza, alla morte definitiva del creatore della maledizione, apparvero i due imprigionati, Daniel e Val, nello stato mentale in cui erano caduti.
La follia.
Esistono disperazioni per le quali non si regge.
Esistono persone per le quali si vive.
Esistono azioni per le quali è l’unica possibilità.
Esistono unioni per le quali morte è purificazione.
Esistono cose per le quali è delitto il loro concepimento.
Esistono scempi per i quali si dovrebbe pagare.
Esistono vendette per le quali si dovrebbe lasciar perdere.
Esistono errori per i quali alla fine se ne soffre.
Esiste una giustizia che poi arriva per tutti.