AMBIENTAZIONE:
4 stagione, puntata 24 chiamata Amplification (Arma biologica in
italia). Per chi non l'avesse vista in questa puntata un S.I. rilascia
nell'aria un arma biologica, ovvero dell'antrace modificata e
rinforzata che uccide un gruppo di persone in un parco, le sue prime
vittime. Nelle ricerche che seguono Reid finisce per venir contaminato
e rischia la sua dolcissima vita proprio sotto gli occhi del suo amore
Morgan. Comunque nella mia fanfic viene descritto quel che succede in
modo abbastanza preciso. Naturalmente la parte inventata è
nella secondo capitolo, dopo che Reid si risveglia!
DISCLAMAIRS:
i personaggi non sono miei per mia somma sfiga, ma vorrei lo fossero.
Comunque sono degli aventi diritti!
NOTE:
è stata una vera e propria folgorazione e per approfondire
tutte le parti a dovere ho diviso la storia in 2 parti. Ho scritto
tutto di getto e devo dire che ne sono piuttosto soddisfatta. Quei due
sono davvero ma davvero perfetti ineieme. È una delle coppie
più belle di cui scrivo e che mi soddisfano maggiormente.
Bene, a questo punto vi auguro due cose:
1:
di vedere presto questa puntata chi ancora ha la disgrazia di non
vederla;
2:
buona lettura.
Baci
Akane
RINGRAZIAMENTI:
a chiunque leggerà e commenterà
DEDICHE:
a tutti gli amanti di questi due che so sono parecchi e ne sono
felicissima. In special modo a Taila, Parsifal, Yukino, Antote e
Reidina.
OVUNQUE TU ANDRAI
CAPITOLO
I:
AL
DI LA’ DI UN VETRO
/Running up that
hill - Placebo/
Quando
chiuse la conversazione e si voltò verso Reid che doveva
essere proprio dietro di lui, Morgan si irrigidì subito nel
non trovarlo. Intorno a lui c’era solo il giardino vuoto che
circondava la casa del loro Soggetto non più Ignoto.
Era
lì fino ad un secondo prima, si era voltato un attimo per
parlare al cellulare… e lui era già andato
chissà dove.
Lo
chiamò da subito con una nota tesa nella voce.
Eppure
che motivo c’era per sentirsi già sul chi vive?
Quel
posto sembrava vuoto, ad occhio e croce non c’era nessuna
sparatoria imminente o si sarebbe già conumata.
Ma
forse la nota d’allarme fu data da quel che Prentiss gli
aveva appena detto.
Nel
laboratorio di quello scienziato pazzo che aveva elaborato un ceppo
ancor più letale dell’antrace già messa
in circolazione, non c’era traccia di quella tossina. Ebbene
quell’uomo non aveva creato quel veleno a lavoro. Dunque se
il loro S.I. era davvero lui, non poteva che averlo fatto a casa,
proprio dove erano lui e Reid.
E
se lui che era in giardino era solo, significava che Reid doveva essere
entrato ad ispezionare l’interno.
Lo
realizzò mentre si dirigeva svelto in casa chiamando il suo
compagno.
Ma
quell’agitazione crebbe a dismisura fino a che…
fino a che, ad un passo da questo, non si trovò la strada
sbarrata da lui stesso che, mentre chiudeva la porta scorrevole in
vetro della stanza in cui era, diceva più serio, veloce e
agitato che mai che non poteva entrare e che aveva combinato un
pasticcio!
Morgan
non capì subito cosa diavolo stesse dicendo,
provò ad aprire la porta ma sentì che
l’altro l’aveva chiusa a chiave in sostegno del
fatto che non gli avrebbe mai permesso di entrare.
-
Ma che diavolo dici!? – Chiese incredulo sul sentiero di
guerra. Il volto corrucciato e il tono contrariato più che
mai.
Lui
in realtà aveva capito benissimo ma non poteva
essere… no, davvero… non poteva… il
suo Reid…
Ebbene
il suo Reid gli spiegò altrettanto svelto e nervoso quel che
era accaduto, ovvero che aveva trovato il laboratorio dove
l’S.I. aveva lavorato con l’antrace, che questi era
stato assassinato, che quindi c’era un complice che
l’aveva tradito e che lui era ormai infetto!
Ah
si, aveva anche aggiunto risoluto ma al tempo stesso forzato, quindi
contro la sua stessa volontà, che nessuno sarebbe potuto
entrare lì con lui!
Questo
che diavolo significava?
Si
chiese Morgan sapendolo perfettamente.
Ma
come poteva dirselo?
Lo
guardò attraverso quel dannato vetro e appoggiando le mani
batté in uno scatto di nervi. Anche Reid aveva le sue
appoggiate sopra, nello stesso punto, e lo guardava mezzo colpevole,
mezzo preoccupato e mezzo in continua elaborazione di una prossima
mossa che osservasse i regolamenti vari che la sua mente gli sciorinava
alla velocità della luce per situazioni critiche simili.
Sapeva che cascate di informazioni stava sfornando il suo cervello e
oltre a realizzarle e vagliarle una per una per non fare qualcosa che
non avrebbe mai dovuto, come far entrare Morgan lì per
sentire le sue braccia protettive dargli forza, lottava contro la
volontà. Una volontà che, per
l’appunto, voleva il suo uomo lì con lui in uno
dei momenti non più critici, per ora, ma che sarebbe potuto
diventarlo ben presto.
Contrarietà.
Dapprima
fu quello.
Poi
mano a mano che Reid lo negava poiché come un carro armato
voleva entrare lo stesso, si sentì anche peggio.
Impotente.
E
per uno come lui, sentirsi impotenti, è forse la guerra
delle guerre!
Specie
se di mezzo c’è il tuo ragazzo!
Lui
avrebbe dovuto lasciar il SUO Reid là dentro con quel
dannato virus letale che di lì a poche ore
l’avrebbe ucciso in modo doloroso ed irrimediabile?!
Avrebbe
dovuto rimanere lì senza far nulla, guardandolo
semplicemente morire davanti ai suoi occhi, attraverso un
maledettissimo vetro?
PROPRIO
LUI!?
No,
mai.
Piuttosto
sarebbe entrato facendosi contagiare anche lui!
E
la sua intenzione era stata proprio quella, d’istinto.
Entrare
lo stesso.
Ma
il dottore dalle mille lauree e dottorati non glielo aveva permesso,
per proteggerlo naturalmente.
Aveva
osato dire che a quel punto sarebbe stato inutile esporre al rischio
anche altri e che ormai lui era infettato.
Infettato
e quindi?
Quindi
cosa?
Spacciato?
Era
questo che aveva inteso?
No,
non avrebbe mai potuto permetterlo.
Non
avrebbe mai, MAI, MAI E POI MAI assistito alla morte della persona che
amava!
Mai.
Ed
invece, a quanto pareva, non avrebbe potuto far altro che rimanere
lì a guardarlo impossibilitato a salvarlo, questa volta.
Poiché
era vero.
Si
sarebbe potuto salvare unicamente da solo trovando un antidoto in quel
laboratorio clandestino, nascosto da qualche parte, e magari qualche
altro indizio per trovare il complice colpevole di tutto quel casino
che sicuramente stava per espandere nell’aria altra antrace.
Come
poteva sopportare tutto quello così, senza fare nulla?
Come?
Voleva
entrare, voleva entrare, VOLEVA SOLO DANNATAMENTE ENTRARE!
E
tutto, tutti, ogni cosa glielo impediva!
Senza
esitazione sarebbe morto con lui, però non gli sarebbe
sopravvissuto.
Non
l’avrebbe visto morire, lasciarlo, andarsene per sempre al di
là di un vetro. Mai e poi mai.
Nel
giro di poco erano arrivati tutti ma nessuno aveva potuto vedere quello
scambio di sguardi che i due si erano dati all’inizio, appena
la porta li aveva divisi ed avevano coscientemente realizzato, in mezzo
al caos emergente, cosa sarebbe successo.
Cosa
significava quella separazione.
Ma
speravano non fossero gli ultimi che si sarebbero scambiati.
Con
un micidiale senso alienante che cresceva a dismisura, Morgan non
poté far altro che sentir le sue speranze crudelmente
infrante. Il vaccino che avevano preso tutti prima non era sicuro visto
che era per l’antrace normale e che quello era stato
modificato e reso più pericoloso ed incurabile.
Se
Reid stesso non avrebbe trovato presto l’antidoto, sarebbe
morto.
E
questo era quanto.
Che
quel bastardo fosse trovato o meno e avrebbe ucciso chissà
quante altre persone, poi, non gli importava.
Non
gli importava minimamente.
Aveva
capito bene che Reid era attaccato ad un filo.
Un
filo mosso da lui stesso e da una fortuna che, si sapeva, con lui era
sempre stata cieca!
Ogni
volta che gli succedeva qualcosa era sempre terribile ma
ora… ora sembrava anche peggio.
Le
altre volte aveva sempre avuto qualcosa su cui lavorare per aiutarlo,
se era stato rapito si era dannato per cercarlo, se era stato coinvolto
in un brutto affare l’aveva affiancato, protetto e
sostenuto… ma lì… lì,
vicino ma lontano da lui, sotto i suoi occhi eppure
inarrivabile… come poteva aiutarlo?
Non
era uno scienziato in grado di creare immediatamente un antidoto per
quel ceppo modificato di antrace.
Non
lo era e questo contribuiva a renderlo come un animale feroce in gabbia.
Un
animale a cui avevano tolto i cuccioli.
Non
era questo, Reid, per lui.
Non
un cucciolo anche se a guardarlo effettivamente era quello che sembrava.
Un
cucciolo sempre un po’ malaticcio, piuttosto impacciato col
mondo, quasi autistico talvolta, chiuso fuori da tutto e tutti, da solo
col suo immenso sapere.
Un
cucciolo ingenuo e addirittura infantile per quell’infanzia
negatagli.
E
lo era.
Era
un cucciolo, in effetti.
Il
suo.
Ma
non perché si sentiva suo padre e tanto meno suo fratello.
Non
era nemmeno questione di sentirsi qualcuno di speciale per lui.
Non
è che ci si sentiva.
LUI
LO ERA.
ERA
speciale.
Erano
fidanzati.
Non
potevano strappare dalla sua vita tutto ciò che ormai
rappresentava una ragione.
Lui
l’amava, non potevano separarli.
Infatti
rimase lì con lui chiedendo espressamente ad Hotchner in
persona di andare lui a seguire la pista fornita da Reid una volta
rimasto in quella stanza da solo. Lui sarebbe rimasto lì,
assolutamente.
Certo
non gli permettevano di vederlo nemmeno al di là di quel
vetro, doveva stare fuori mentre esperti in tuta si occupavano del
resto della casa e del laboratorio stesso, ancora ben sigillato e col
suo ragazzo dentro che, incitato da lui per dargli forza e non
permettergli di arrendersi al dolore e alla fatica fisica, continuava a
cercare indizi preziosi per scovare chi potesse essere il complice.
Un’altra dottoressa cercava, lì con lui, tutta
imbacuccata, l’antidoto famoso.
Morgan
gli parlava dal telefono aiutato da Garcia che si sforzava di essere
quella di sempre. Si sforzava male, in effetti, ma faceva del suo
meglio per uno dei membri della squadra che preferiva.
Lei
e Reid avevano sempre avuto un bellissimo rapporto, come fossero
fratello e sorella. Completamente diversi l’uno
dall’altro ma molto uniti.
Effettivamente
lui era una sorta di mascotte per tutti loro… tutti loro che
ora lavoravano come matti per trovare il colpevole.
Eppure
anche trovandolo non avrebbero potuto salvarlo ma al massimo solo
vendicarlo.
E
a Morgan, straordinariamente, non interessava. Non a quel punto.
Non
con la voce tremante e debole del suo ragazzo che flebile tossiva e
respirava a fatica. Si sentiva chiaramente, fra le parole, che era
molto provato e sicuramente se l’avesse visto si sarebbe
infuriato da morire… infuriato per non soccombere sotto la
follia dell’impotenza.
Quando
finalmente il giovane riuscì con l’aiuto di Garcia
a trovare il nome e l’identità di questo
fantomatico complice nonché traditore nonché
pazzo assassino avvelenatore, egli si sentì poi svuotato.
Svuotato
e solo.
Smarrito.
Ormai
aveva fatto quel che poteva, non aveva altro su cui concentrarsi.
E
dunque?
Che
fare?
Sarebbe
rimasto lì a far che?
Ad
aspettare la propria fine mentre gli esperti non trovavano nulla che lo
potesse aiutare?
E
mentre fra lui e Morgan, ancora all’altro capo del telefono,
cadeva un silenzio significativo che disse più di mille
parole, un silenzio frustrante e pesante, finalmente la voce della
dottoressa lì con lui gli mostrò un oggetto
insospettato in cui avrebbe potuto trovarsi il medicinale. In effetti
l’unico.
Se
non fosse stato lì non avrebbero saputo dove altro guardare.
Allora,
vedendola consegnare la sua speranza ad altri addetti che avrebbero
subito analizzato la composizione, tutti e due rimasero sospesi.
Sospesi
nel nulla.
Un
nulla che non era sicuro e certo.
Avrebbe
potuto presto essere tetro, cupo e perduto.
Ma
avrebbe anche potuto essere felice e luminoso.
Tutto
dipendeva da quel che avevano appena trovato.
E
rimanere appesi a quel filo flebile di speranza li scagliò
ancor più nell’incertezza.
Non
volevano permettersi di darsi per vinti anche se dentro Reid una nota
di rassegnazione c’era stata.
C’era
stata quando aveva chiesto a Garcia di registrare il messaggio
d’addio per sua madre.
E
per Morgan?
Quando
avrebbe potuto dire addio al suo amore?
Come?
Nessuno
sapeva che stavano insieme. Lui se ne sarebbe andato per sempre, non
gli importava la forma, le voci e l’apparenza… ma
avrebbe lasciato Morgan nei guai. Avrebbe voluto dirglielo, attraverso
quel vetro, che lo amava e lo avrebbe amato per sempre.
Non
era mai riuscito a dirglielo bene.
Era
difficile, per lui.
Ma
arrivato a quel punto cosa era meglio fare?
Ciò
che voleva profondamente o ciò che la ragione gli suggeriva?
Sapeva
una cosa, con certezza.
Che
se l’avrebbe visto di nuovo di persona, anche se separati, se
i loro occhi si sarebbero ancora incrociati rivelando tutto il
sentimento immenso e potente che provavano, limpido e cristallino, non
sarebbe riuscito a trattenersi e probabilmente, quella volta, sarebbe
anche scoppiato a piangere.
Non
voleva che lo vedesse fragile. Si era sempre sentito così.
Debole, smarrito… Morgan era sempre stato la sua sola forza,
colui che l’aveva sempre protetto sia fisicamente che
interiormente. L’aveva protetto dalla sua mente che spesso
tentava di inglobarlo.
Era
stato la sua ancora nella realtà, nel mondo. Era stato il
suo amore. La sua ragione. I suoi sentimenti. La sua anima. Lui stesso
Ora
per lui Morgan era tutto e sapeva che era stata la sua voce ad
incitarlo e a dargli la forza per non arrendersi, lì dentro.
Sapeva anche che se l’avrebbe visto ancora avrebbe continuato
a lottare contro quella morte che avanzava rapidamente in lui.
Ma
poi?
Sarebbe
morto davanti ai suoi occhi pieni d’amore e disperazione che
non volevano altro che stringerlo forte?
Come
sarebbe riuscito a rimanere al di là di quel vetro,
rivedendolo?
Eppure
voleva solo dirgli che lo amava.
Semplicemente
così.
Come
lui riusciva a dirglielo sempre normalmente.
Era
buffo, pensò.
Sul
punto di morte, quando hai fatto tutto ciò che potevi fare
nella situazione in cui eri, quando non ti rimane che aspettare se la
fortuna gira per te oppure se la morte ti prende prima, mentre la senti
penetrarti, avvolgerti, possederti lenta e strisciante, pensi solo a
chi ami e a dirglielo prima di andartene.
Pensi
solo a quello.
Non
ti importa della tua vita che a momenti si fermerà.
Pensi
solo a ciò che non hai detto e fatto per chi amavi con tutto
te stesso.
E
non perché non vuoi morire con dei rimpianti, ma
perché non vuoi che lui pensi che tu non l’amavi,
che non era davvero tutta la tua vita.
Non
vuoi che lui stia male per te credendo che i tuoi ultimi pensieri non
siano stati per lui.
E
mentre realizzava tutto ciò e cominciarono a prepararlo per
portarlo in ospedale nella speranza ancora ignota che quella fosse la
cura giusta, cominciarono a lavarlo in piedi, lì davanti a
quella famosa vetrata chiusa da lui ore prima. Con tanto di vestiti,
naturalmente.
Come
fosse un pulcino.
Tutto
zuppo con due pompe e spazzole che lo massaggiavano, i capelli
grondanti intorno al viso malaticcio e pallido.
Smarrito.
Smarrito
specie quando vide comparire trafelato Morgan nella speranza che quello
fosse effettivamente l’antidoto.
Arrivò
che lo stavano lavando, quindi gli disse cosa stavano facendo, ovvero
togliergli tutte le tracce d’antrace che poteva avere addosso
per portarlo in ospedale nell’attesa di scoprire se quella
fosse la cura giusta.
Ebbe
un attimo di delusione ma fu messa da parte mentre lì,
piantato a pochi metri da lui, continuava a fissare il suo uomo che
veniva lavato a quel modo.
Si
perse a pensare che sarebbe potuto essere un momento piacevole se
l’evento non fosse stato così critico, quindi non
riuscì a tirare fuori nemmeno un sorrisino o una battuta
delle sue. Avrebbe voluto ma proprio non gli uscì nulla.
Pensò
solo che magari gli ultimi attimi di vita di Reid che avrebbe visto,
sarebbero stati quelli.
Lui
lavato e bagnato fradicio mentre lo fissava smarrito con mille e mille
parole da dire che tratteneva a fatica.
Forse
sapeva che gli altri non potevano ascoltarle o forse non sapeva quale
scegliere fra tutte.
Sicuramente
anche lui pensava che poteva essere la sua fine, lo conosceva. La sua
mente gli aveva certamente fatto credere che i miracoli non esistevano
ma lui voleva essere ottimista, tentando di trasmettergli infine uno
dei suoi modi di essere.
Certo,
in quel momento non ci si sentiva tale.
Cercava
di rimanere deciso e sicuro ma la verità era che la sua
espressione era così preoccupata che si vedeva, oh, si
vedeva benissimo che avrebbe voluto solo abbracciarlo seduta stante.
L’idea
che dava di sé era ancora quella di un animale feroce in
gabbia, separato dal suo cucciolo.
Quando
con sforzo Reid parlò chiedendogli se intendesse rimanere
lì a guardarlo ancora invece che lavorare, Morgan non ebbe
dubbi rispondendo che sarebbe rimasto con lui, naturalmente. Come aveva
fatto per il resto del tempo, anche se dall’esterno. Era
comunque sempre stato in contatto con lui tramite telefono e gli occhi
avevano continuato a guardare frenetici la finestra chiusa dietro cui
lui era.
Reid
tentò poco convinto di mandarlo dagli altri ad aiutarli ma
visto che lui continuava più che sicuro a voler fissarlo
senza staccarsi, allora dovette tirare fuori quella che poteva anche
essere metà della verità.
Disse
che ora l’avrebbero denudato per spazzolarlo meglio anche
sotto. Non aggiunse altro, non disse che se non voleva assistere allo
spettacolo doveva andarsene. Disse solo che si sarebbe trovato nudo
davanti a lui, bagnato, al di là di un vetro.
Questo
significava molte cose, per loro, e Morgan le capì tutte,
infatti decise di andarsene dalla squadra.
Sapeva
che Reid non avrebbe probabilmente controllato il proprio corpo,
nonostante la situazione allucinante, se lui l’avrebbe
guardato in quelle condizioni. E sapeva anche quanta fatica faceva a
non rifugiarsi nelle sue braccia.
Era
una tortura vedersi e non potersi toccare, figurarsi cosa sarebbe
successo ad entrambi davanti ad un Reid nudo e docciato!
Da
dire c'era anche che tutti e due sapevano quanto era una tortura per il
moro dover guardare il suo compagno che stava sempre vistosamente
peggio e che a breve sarebbe crollato. Perché si vedeva che
reggeva ancora con le ultime forze solo perché lì
davanti a guardarlo ansioso e teso c'era lui.
Però
una volta in ospedale, la telefonata che arrivò a Garcia non
le piacque, tanto che preoccupata delle condizioni di Reid che si
stavano aggravando, decise bene di riferirle a Morgan, nemmeno a Hotch
o a Rossi. A Morgan.
Lui
non poté far altro che fare un espressione eloquente, del
tipo: ‘ora vado là!’, sentendosi un
tuffo devastante dentro che gli contorceva crudelmente ogni organo, a
partire dal cuore per poi espandersi allo stomaco. Quelle potevano
essere le ultime ore del suo ragazzo, voleva solo stare con lui, con
lui e basta, non gli importava nulla. Non l'aveva ancora toccato, non
poteva lasciarlo così... non poteva... ma
all’ordine del super visore che disse di non andare
poiché nessuno poteva far nulla per lui ma potevano prendere
il criminale ancora in giro, il moro dalla pelle scura ed il corpo
più bello che chiunque avesse potuto vedere, alzò
esasperato gli occhi al cielo. Seccato, allucinato,
contrariato… uno scatto di nervi fece tirare tutti i muscoli
del suo corpo creandogli finalmente un sentimento che era da lui e che
ancora non avevano visto. Quasi si tranquillizzarono vedendolo stizzito
e rabbioso, quello era il Morgan che conoscevano.
Stranamente
non si oppose all'ordine.
Quella
rabbia avrebbe dovuto metterla contro quel dannato fissato con
l’antrace, piuttosto che contro Hotch che faceva solo il suo
lavoro!
E
non andare subito dalla persona che amava sofferente fu la cosa
più difficile e dolorosa che avesse mai fatto.