CAPITOLO II:
AL PROPRIO POSTO
/Halo
– Beyonce/
E poi così come il
mondo si ribalta, lento torna a posto, quasi come se non fosse successo
nulla…
…con la sola differenza che ora si
è più uniti ed innamorati di prima…
Fu bello.
Fu davvero bello e significativo a
fine caso, risolto al meglio, vedere quelli del gruppo che avevano
figli o famiglia dirigersi da loro o per lo meno sentirli per telefono.
Chi l’aveva lo fece e
Morgan fu fra questi…
Hotchner chiamò suo
figlio, JJ si accinse ad andare dalla sua famiglia dopo averla sentita
per telefono e Morgan andò in ospedale a vegliare Reid.
Arrivò naturalmente
apprensivo ed agitato, specie quando lo vide addormentato con
quell’aria così pallida e sofferta, ma alle parole
della dottoressa circa la cura trovata, ovvero che era giusta, che
gliel’avevano già somministrata e che era
semplicemente privo di sensi poiché troppo provato e sfinito
in virtù della dura battaglia che il suo corpo aveva dovuto
affrontare, si placò e si sollevò.
Gli parve come di tornare alla
vita una seconda volta. Aveva rischiato di morire molte volte anche
perché nei pericoli era quello che ci si buttava per primo a
capofitto e di solito in solitudine per proteggere i suoi compagni, ma
nulla era stato paragonabile a quello.
Nulla.
Sapere il suo uomo in fin di vita,
non immaginare se ce l’avrebbe fatta, crederlo più
morto che vivo, non potergli stare vicino, toccarlo, parlargli
liberamente, sostenerlo fisicamente… e dover invece lottare
contro il suo criminale da un'altra parte… bè,
era stato atroce per lui.
Atroce.
Normalmente era una persona
attiva, forte e vendicativa, preferiva sempre l’azione e
poter torcere il collo a chi faceva del male a qualcuno a lui caro, ma
quella volta non provò altri desideri che stare vicino a
Reid.
Per tutto il tempo la sua testa
era stata là con lui.
Ed ora poteva rilassarsi e tornare
a respirare, lasciare che il proprio cuore riprendesse i suoi battiti
regolari, che il sudore gelido smettesse di colargli lungo la spina
dorsale…
Rimasto solo, dopo le informazioni
circa i pochi superstiti dell’attacco di quella mattina, si
fece sfuggire un profondo sospiro di sollievo mentre i suoi occhi scuri
e penetranti carezzavano il giovane addormentato ancora al di
là di un vetro.
Pensò a quanto era
stato male poche ore prima guardandolo aggravarsi sotto i suoi occhi
senza poterlo toccare.
Ogni parte di sé gli
aveva bruciato.
Si era sentito un animale
incatenato, un animale feroce ed infuriato in gabbia. Ma ora era libero
ed aveva il suo ‘cucciolo’ lì davanti a
lui.
Quel vetro avrebbe potuto aprirlo.
Fu così che
rilassandosi e calmandosi di botto, lasciando andare ogni tensione che
l’aveva tenuto in piedi senza farlo nutrire né
bere, sentì lo stomaco borbottare torcendosi dalla fame.
Effettivamente un digiuno simile ora poteva concludersi.
Decise che l’avrebbe
aspettato con una rivista mentre si godeva una gelatina presi
giù al bar.
Quando finalmente poté
aprire quella porta non più chiusa a chiave, i polmoni
trattennero per un istante quanto più fiato possibile per
poi rilasciarlo una volta dentro.
Nessuno li avrebbe più
separati.
Nessuno.
Spostò con calma una
sedia accanto al letto dove il suo ragazzo dormiva, non
l’avrebbe svegliato. Anche se la cura ormai aveva fatto
effetto lo si vedeva sfinito. Il suo corpo fragile e non molto in forma
aveva dovuto subire una prova non da poco.
Avrebbe vegliato il suo sonno
conscio che presto si sarebbe svegliato.
Sarebbe rimasto lì.
L’osservò con
cura una volta accanto e comodo, sentì anche lui tutta
l’ansia del giorno sciogliersi lasciandogli addosso oltre che
alla fame una stanchezza non da poco, ma la sua cura giaceva nel letto
e si stava riprendendo.
Vegliando dunque come faceva
sempre per lui, come un angelo custode che non si separa mai dal
proprio protetto poiché è la cosa più
importante che esista, attese il suo risveglio consapevole che ci
sarebbe stato.
La calma placida scese su di lui
come la pace e la sicurezza dei suoi occhi che a breve si sarebbero
aperti.
Non si sentiva agitato e nemmeno
impaziente.
Anzi.
Non era mai stato così
calmo.
Fu dunque a metà
gelatina che Reid prese a muoversi come avesse sentito la silenziosa
presenza del suo fidanzato lì con lui ad attenderlo.
In realtà non aveva
sentito o percepito nulla, solo un fortissimo desiderio di riaprire gli
occhi. E l’aveva fatto posandoli confusi e annebbiati sulla
figura seduta accanto che gli trasmetteva un forte odore di gelatina
alla frutta.
Gli piaceva quell’odore
anche se lo stomaco non era chiuso a doppia mandata ma molto di
più!
Quando inquadrò
l’uomo che ormai rappresentava tutto nella sua vita, gli
parve di percepire un netto accelerare del suo cuore.
Finalmente non c’era
più nessun vetro a separarli.
Finalmente era lì con
lui, rilassato, sereno e tranquillo che addirittura mangiava qualcosa.
Allungando la mano
l’avrebbe toccato…
Doveva aver passato delle ore
infernali, lo poteva immaginare.
Il suo pensiero andò
subito al caso e chiedendo se avessero risolto tutto e se ci fossero
stati superstiti, fu lieto di sentire la sua voce dargli pace circa
quel peso che si portava dentro.
Era tutto a posto e qualcuno si
era addirittura salvato.
Dopo, però, furono
solamente l’uno per l’altro.
- Ci hai fatto prendere un bello
spavento, sai ragazzino? – Lo chiamava così quando
voleva rimproverarlo o ridimensionarlo.
A Reid piaceva quando lo faceva ed
anche se si sentiva a pezzi, come se fosse stato calpestato da una
mandria di elefanti impazziti, la presenza così vicina e
serena di Morgan gli trasmetteva via via una forza che nessuno era mai
in grado di dargli.
Finalmente guardandosi negli
occhi, in quell’istante, non videro più angoscia
ma solo una pace ed una sicurezza che parlarono per loro.
Rimasero così per un
po’ senza dirsi nulla, ascoltando quei sentimenti
così evidenti che avevano entrambi.
- Mi sono sentito
morire… - Disse poi Morgan serio abbassando il tono,
buttando il contenitore vuoto di plastica e chiudendo la rivista.
Trascinò la sedia più vicino, quindi
allungò la mano e gli occhi gli bruciarono quando
riuscì infine a toccargli il viso.
Solo poche ore prima, quando aveva
tentato di farlo, era stato bloccato da un vetro. Un dannato vetro che
ora non c’era.
Ora era lì e poteva
toccarlo.
La sua pelle calda e liscia sotto
i polpastrelli gli restituì quella parte di anima che aveva
smarrito nella paura di perderlo.
Non poteva nemmeno azzardarsi ad
immaginarsi senza di lui. Non l’aveva fatto ma aveva avuto
ugualmente una paura illimitata di perderlo davvero.
Reid vide le sue iridi scure
diventare lucide simili a due mari notturni che riflettevano la luna e
le stelle e dimenticò tutto quanto per concentrarsi solo sul
suo amore.
Un amore che era stato male quanto
lui vedendolo andarsene sotto i suoi occhi.
Piegò appena la testa
di lato e liberò un’espressione dolce che non
aveva mai avuto.
Non era mai riuscito a mostrare.
Ma ora davanti a quei sentimenti
così grandi e spiazzanti del suo uomo, dopo la morte e la
separazione che avevano subito, gli venne naturale fare tutto
ciò che non gli era mai riuscito e che, nel momento critico,
si era detto voler fare.
Alzò stancamente una
mano sulla sua che gli carezzava lieve la guancia magra, la
coprì creando un contrasto fra i due colori diversi che
sottolineò una volta di più la loro unione
perfetta, poi in un soffio disse con il nodo che saliva anche sui suoi
occhi.
- Scusami… - Eppure non
era solo questo che voleva dirgli. Non era solo questo.
Quando stava per morire aveva
pregato di riuscire a dirgli… a dirgli la cosa
più difficile per lui… ciò che vinceva
la sua ragione, la sua mente geniale, ciò che aveva sempre
controllato con mille idee e paranoie insensate.
Ora era lì, erano soli,
poteva dirglielo. Poteva.
E voleva.
Lo voleva così
tanto… ma, oh, quel dannato nodo che ora era andato ad
ostruirgli la gola… aveva detto
‘scusami’ e poi gli aveva attorcigliato le corde
vocali.
Sapeva che se glielo avesse detto
avrebbe pianto.
Bloccare il nodo alla gola o
lasciarlo salire agli occhi per poter parlare?
Era importante… era
importante per lui dirglielo.
Morgan capì la
difficoltà nel parlare, capì che stava cercando
di dirgli qualcosa di importante che non era mai riuscito a pronunciare.
Capì e il suo sguardo
divenne il riflesso di quello del compagno.
Mosse allora la mano sulla sua
bocca per non farlo sforzare:
- Ssst. Non serve… e
poi non hai da scusarti. È grazie a te se abbiamo preso quel
matto! – Disse fermo ma con dolcezza. Solo con lui tirava
fuori quella delicatezza sicura che rappresentava un ancora per Reid.
Era quasi un altro in sua
compagnia.
Ma lui voleva dirglielo.
Così decise e
spostandogli le dita dalla bocca prendendogliele ed allacciandole alle
proprie, mormorò emozionato con un filo di voce:
- Ti amo. Volevo che lo
sapessi… io… - Un ulteriore sguardo ai suoi occhi
sgranati ed increduli ma pieni di una luce bellissima, gli diede la
forza ed il coraggio di concludere con più decisione: -
…fino all’ultimo non ho pensato che a te e che
volevo dirtelo. Ti amo, Derek. – A questo il nodo di Reid
parve trasmettersi nel compagno davanti, chino su di lui per ascoltarlo
meglio. Pochi centimetri li separavano.
Le lacrime di Reid scesero a causa
di quelle di Morgan e non di ciò che era riuscito a dire.
A piangere per primo era stato il
suo ragazzo che aveva tenuto duro a lungo senza cedere, facendosi forza
e obbligandosi ad andare avanti. E proprio quando si era rilassato e
tranquillizzato, dopo che aveva addirittura mangiato qualcosa, con
quelle sole poche parole sentite e desiderate come non mai, ora cedeva
e crollava con un pianto lieve e silenzioso.
Solo due righe sotto gli occhi che
attraversavano le guance.
Solo quelle.
E la famosa tensione che aveva
creduto d’aver mollato del tutto, ora se ne andò
definitivamente spingendolo istintivamente frenetico sulle sue labbra.
Premette le proprie sulle sue e
rimase immobile così con gli occhi chiusi stretti stretti
per trattenere quell’istante meraviglioso ed emozionante che
non si sarebbe mai potuto ripetere, ne era certo, ma solo migliorare.
Di attimo in attimo vissuto
insieme quella loro unione sarebbe stata sempre più forte,
viva ed indissolubile.
E mai nulla li avrebbe
più separati.
Nemmeno un vetro.
A costo di morire con lui!
- Non ti lascio più.
Più. Più! Ti amo anche io, Spencer. –
Disse infine sulle sue labbra, senza staccarsi ancora, col sapore
salato delle lacrime che si infilava nelle loro bocche unite e
pulsanti.
I respiri confusi insieme, le mani
allacciate strette e l’altra mano di lato al suo viso.
Non gli sarebbe nemmeno importato
se qualcuno sarebbe entrato in quel momento. Proprio per nulla.
Rimasero accoccolati senza
approfondire quello che poteva diventare un bacio, con
l’unico bisogno di stare così premuti
l’uno sull’altro.
Solo dopo un momento indefinito
ripresero a respirare, aprirono piano gli occhi e si staccarono appena
guardandosi diretti ed intensi, penetrandosi così,
appoggiando la fronte su quella dell’altro, leggendosi dentro
e parlandosi, dicendosi…
- Le mie mani arriveranno sempre a
te, non l’affronterai mai più solo. –
- Ma non ero solo. Tu non ti sei
mai separato anche quando te ne sei dovuto andare… -
- Oh Spencer… morirei
per te… - Il cuore di entrambi impazzì come i
respiri di nuovo irregolari, le mani ai lati dei loro visi per sentirsi
di più, per non muoversi, per tenersi lì, le
labbra che quasi si sfioravano e quel calore vivo che da uno passava
all’altro mescolato ai loro respiri uniti. Le lacrime avevano
cessato il proprio corso ma era come se ci fossero ancora. Specchio di
sentimenti talmente grandi, ormai, da non poter più essere
controllati e nascosti.
Si arriva, ad un certo punto, a
non riuscire più ad essere sé stessi. Non ce la
fai. Fai semplicemente tutto ciò che puoi per dimostrare
quanto ami qualcuno e quanto conti per te, a costo di non essere
più te stesso per un attimo. E anche se normalmente te ne
vergogneresti perché non è proprio da te,
lì non te ne importa.
Non te ne importa se lui ti
accoglie e fa altrettanto.
- Ed io ti
seguirò… ovunque tu andrai… -
- Ovunque… - E quanto
erano belli i loro occhi così lucidi ed
emozionati… - Arriverò sempre a te. Non sarai mai
più solo con la tua mente e le tue paure.
Mi hai capito? – Quando
Reid annuì emozionato, più un fremito in effetti,
mordendosi il labbro senza più riuscire a parlare di nuovo,
allora Morgan concluse: - Te lo giuro. – E sapevano entrambi
che questo giuramento sarebbe stata la loro promessa indissolubile che
mai niente e nessuno avrebbe potuto spezzare. A qualunque costo.
Dopo, solo dopo di questo, a
sancire questo loro impegno, arrivò il bacio.
Morgan posò di nuovo le
labbra sulle sue e succhiò dolce e possessivo al tempo
stesso quello superiore di Reid che a sua volta fece confuso e scosso
altrettanto con quello inferiore dell’altro.
Rimasero ad assaggiarsi le labbra
assorbendo i rispettivi sapori, di medicina uno e di gelatina alla
frutta l’altro, quindi poi le aprirono e fondendo
completamente le loro bocche, unendole e premendosi, si cercarono con
le lingue trovandosi e danzando dapprima languidamente come se si
conoscessero per la prima volta, di seguito sempre più
freneticamente e velocemente, approfondendo, andando oltre,
possedendosi e dandosi come tante altre volte avevano fatto ma mai con
quel sentimento enorme dentro che esplodeva e si espandeva di attimo in
attimo.
Un bacio lungo ed incosciente dato
il luogo, ma davvero desiderato e agognato.
Ridonò loro la vita che
per un attimo aveva rischiato di sfuggire dalle loro dita.
Dita che ora si toccavano, pelle
contro pelle, senza stare al di là di un vetro.
Poiché ora era tutto
andato al proprio posto, davvero.
Quando i due si trovarono ad
esprimere la loro intenzione alla dottoressa di andare a casa quella
sera stessa, nonostante la salute ancora instabile del giovane scampato
da una terribile morte, era stato proprio lui a cercare di convincerla
con un tono convinto e serio:
- La prego, si prenderà
lui cura di me! – Non voleva stare in un ospedale un minuto
di più… ma si rese conto di quanto detto e di
quanto fosse stato frainteso (effettivamente in realtà
capito perfettamente) dalla signora che l’aveva curato. Lo
notò grazie al suo colorito acceso e agli sguardi
imbarazzati che aveva lanciato ad entrambi. Morgan ridacchiò
sommessamente divertito dalla scena e chiedendosi cosa avrebbe detto
ora il suo ragazzo, lo lasciò continuare col tentativo di
rimediare:
- Oh no, non capisca
male… lui si prende sempre cura di me…
cioè, mi protegge in ogni occasione, specie nelle azioni
pericolose… - E come aveva perfettamente immaginato, Reid
peggiorò la situazione impelagandosi in un discorso ancor
più rivelatore di quel che avrebbe voluto nascondere. Il
bello era, Morgan solo lo sapeva perché lo conosceva bene,
che non aveva mai voluto intendere quello che poi era
risultato…
La dottoressa divenne simile ad un
pomodoro e tossicchiando non riuscì più a
guardare nessuno dei due dalla vergogna per aver capito ciò
che effettivamente era, Reid realizzando che si era messo in una brutta
situazione andò in tilt non sapendo più che dire
senza venir frainteso (un controsenso in effetti poiché le
cose stavano esattamente come lui aveva detto e fatto
capire… che c’era da fraintendere, ormai?),
così Morgan, dopo aver riso apertamente deliziato dalla
scenetta a dir poco esilarante, decise di andare in suo soccorso
prendendolo sotto braccio protettivo e attirandolo a sé per
zittirlo, disse deciso guardando diretto ed ironico la signora:
- Insomma, non si preoccupi, mi
occuperò io di lui. Come sempre. E ne avrò una
cura che qua sicuramente non potreste avere! – A questo lei
volendo sprofondare (insieme a Reid che si era impietrito ed era
sbiancato violentemente, peggio di quando aveva l’antrace) si
affrettò a firmare il modulo di dimissioni senza osare
spiccicare mezza parola.
Non li guardò
più negli occhi e nemmeno li salutò.
Del resto perché
nascondere qualcosa di vero ed evidente di cui nessuno di loro due si
vergognava?
Rimasti soli mentre il moro
rivestiva il compagno ancora sotto shock per quanto accaduto, il primo
fece alzando le spalle e allargando le braccia in segno di
ovvietà:
- Che c’è?
Tanto ormai avevi già fatto tutto tu! Come potevo rimediare?
Tanto valeva dargli conferma di ciò che avevi detto!
– Ancora silenzio da parte del biondo. – Oh
Spencer… - Qui Morgan gli diede un bacio sulla bocca, poi
concluse con una serenità inaudita sorridendo con faccia
tosta: - tanto è vero. Chi può prendersi cura di
te come lo faccio io? Nessuno che poi rimarrebbe vivo, no? –
E finalmente un acceso colore
rosso che mai c’era stato sulla pallida pelle di Reid,
colorò il suo viso pieno di imbarazzo sentendosi elencare
dalla propria mente tutti i modi in cui il suo uomo in effetti si
prendeva sempre cura di lui!
La risata di Morgan la sentirono
perfino in corridoio!
FINE!