CAPITOLO II:
GIORNO OSCURO

/Numb– Linkin Park/
Giunti in poco tempo sulla sommità della collina dell’isola, si fermarono davanti alla palestra, era chiusa poiché evidentemente non era ancora orario di lezione.
I membri della ciurma che avevano deciso di accompagnare Zoro capendo che quel posto sarebbe stato quello più interessante da visitare, si guardarono fra di loro chiedendosi a questo punto che fare, se sarebbero stati ricevuti lo stesso e se ci fosse stato qualcuno addetto agli ospiti.
In fondo erano dei nobili e quello era un castello molto grande.
- Che facciamo? Non ci sono campanelli… entriamo lo stesso? – Ma prima che potessero decidere il metodo più corretto per farsi avanti, Rufy aveva già aperto la porta della palestra!
Convinto di trovarsi da solo entrò subito ma si fermò immediatamente prima di gridare a squarcia gola per chiamare qualcuno.
In realtà qualcuno c’era…
Una donna al centro dell’enorme stanza vuota seduta sui talloni nella tipica posa meditativa.
Il corpo dalle curve generose era a stento coperto da un chimono d’argento dove ricamata sopra c’era una tigre siberiana, i capelli lunghissimi che si spargevano sul pavimento intorno a lei, erano dello stesso colore dell’indumento, argento. Erano lisci. I lineamenti selvatici erano affilati. Gli occhi chiusi, l’espressione seria e concentrata.
Stava meditando.
Davanti a sé una lunghissima katana avvolta da drappi di seta rossa e fili d’oro. L’impugnatura era elaborata avvolta da intrecci di seta rossi e dorati, fra di essi si intravedevano fantasie complicate. L’elsa in oro finemente lavorato. Sulla sommità dell’impugnatura v’era un drago orientale avvolto su sé stesso, anch’esso in oro.
Istintivamente non gli venne da fare confusione, né da chiamarla.
Rimase fermo all’ingresso richiamando l’attenzione dei suoi compagni che, entrati mandando mille accidenti a quel capitano invadente e poco rispettoso persino per una famiglia come quella, ebbero la stessa reazione vedendo la ragazza.
Sanji se ne sarebbe perdutamente innamorato e non gli si avrebbe potuto dar torto.
- Sta meditando… - Sussurrò Robin sotto voce per non disturbarla.
- E’ meglio se la lasciamo in pace e torniamo dopo… - Propose Brook conscio di quanto importanti fossero gli allenamenti dello spirito per uno spadaccino.
- Ma dai, siamo venuti fin qua… - Si lamentò Rufy riprendendosi in fretta dalla strana sensazione che aveva avuto vedendola.
Gli era sembrato come se il suo istinto selvatico avvertisse qualcosa ma non era stato in grado di inquadrare a fondo la cosa.
Ad uno studio più attento avrebbe capito che quelle specie di onde stonate provenivano proprio da quella katana che sembrava oltre che molto bella, unica al mondo.
- Ma non c’è nessun’altro, qua dentro? – Chiese Robin guardandosi intorno giungendo alla soluzione più sensata, ovvero chiamare qualcuno per non disturbare la ragazza.
- Andiamo a vedere di là… - Le disse Nami indicando una porta aperta che dava ad un corridoio, in fondo alla palestra. Ordinando agli altri tre di rimanere lì buoni senza dare fastidio, le due ragazze sparirono silenziose nell’uscio che dava all’interno del castello.
Zoro rimase anch’esso imbambolato a guardare entrambe, sia la spada che la proprietaria che ancora non muoveva un solo muscolo non dando cenni di vita.
Sapeva bene cosa stava facendo, lo faceva spesso anche lui per allenare lo spirito.
Meditava.
Non era facile scendere ad un livello tale di inconscio tanto da non sentire entrare degli sconosciuti e lei pareva un contenitore vuoto, in quel momento.
Ma più di tutti fu attratto dalla katana.
Quella doveva essere…
- Kurenai… - Nell’esatto momento in cui pronunciò quel nome a fior di labbra, assorto e catturato, gli occhi d’argento, misteriosi e penetranti della donna si aprirono di scatto come se qualcuno l’avesse chiamata bruscamente.
Fu come se si svegliasse improvvisamente da un sonno ma non appariva confusa e stranita, bensì era… era come in allarme e senza quasi respirare per riprendere contatto normale con la realtà, scattò in piedi, accovacciata del tutto, con le gambe piegate e aperte in una posizione pronta per l’attacco.
La spada già in mano impugnata per il fodero dove i nastri di seta rossa scendevano sospesi nell’aria.
Nemmeno un filo di vento.
La luce esterna illuminava in pieno giorno la stanza spaziosa e prima di poter realizzare qualunque cosa e presentarsi, Zoro si trovò attaccato da lei in una maniera talmente letale e feroce che poté distinguere solo il disprezzo più profondo in quello sguardo così strano e addirittura indecifrabile.
Ovviamente lo spadaccino non si fece trovare impreparato e alzando la spada dall’impugnatura bianca davanti a sé, parò il colpo ricevuto. Il tempo si fermò un secondo istante mentre i due si guardarono negli occhi per la prima volta leggendovi il caos più completo in lei e risoluta fermezza in lui.
Quindi Zoro sgranò i suoi quando notò che l’attacco ricevuto, era stato sferrato non con la spada sguainata ma bensì con essa ancora perfettamente rinfoderata.
Il tessuto che l’avvolgeva si divise in due laddove era stato toccato dalla lama affilata.
Nessuno dei due tremò, fece cenno di cedimento o indietreggiò.
Tanto meno si spaventò.
Solo da quello si capì quanto competenti e di alti livello fossero entrambi.
- Chi diavolo siete? – Sibilò lei mantenendo l’espressione feroce simile a quella di una tigre pronta ad un attacco senza risparmi di colpi.
Allora Rufy e Brook, rimasti lì ad assistere all’improvvisa scena, senza però muoversi consapevoli che doveva vedersela Zoro, catapultarono la loro completa attenzione sui due.
- Non siamo qui con cattive intenzioni! – Si affrettò però a dire lo scheletro.
- Lui vuole solo battersi con te! – Aggiunse Rufy per mettere subito le cose in chiaro. Non capiva perché ma il suo sesto senso diceva che le cose sarebbero degenerate di lì a poco. Lo sentiva dentro di sé, sotto la pelle, nel profondo del suo animo e il suo istinto maggiore era proprio quello di portare immediatamente via il suo ragazzo da lì, lontano da quella donna. Solo la consapevolezza di quanto contasse per lui quello scontro, lo fece trattenere. In fondo proprio l’amore che provava per lui.
- Io sono Zoro, tu devi essere Silver… la Tigre D’Argento… - A queste parole dello spadaccino, lei parve illuminarsi, come se capisse di chi si trattava.
- Zoro il Cacciatore di Pirati? – Chiese infatti riconoscendolo.
- Si… -
- La tua fama ti precede… - Gli altri due nemmeno li guardò.
Fu come se in quel momento tutti gli altri sparissero e rimanessero solo loro due. Come se Zoro fosse tutto ciò che per lei contava in quell’istante.
Del resto era normale che fra spadaccini ci si conoscesse, specie se la fama era come la loro. Ultimamente Zoro era diventato ancor più famoso di un tempo e la sua tecnica letale a tre spade era oggetto di curiosità per chiunque del settore.
Destinata quasi a diventare materia di leggenda.
Allora l’espressione di Silver cambiò del tutto mentre un sorriso accattivante e sinistro si dipingeva sulle sue labbra carnose e ben disegnate. Lì, di feroce, non aveva più nulla eppure la forza con la quale contrastava il colpo difensivo di Zoro non calò nemmeno di un soffio. Era più… carica di seduzione, se la si voleva definire in qualche modo.
Ma fece venire i brividi sia a Zoro, che l’aveva davanti a pochi centimetri, che agli altri due.
E a Rufy sopra tutti, non piace per nulla quel mutamento repentino ed inquietante.
Come se avesse una personalità completamente diversa.
- Hai detto che volevi batterti con me? – Disse quindi lei prima di spostarsi. Lui annuì rimanendo cupo e truce nonché molto concentrato. Sentiva provenire da lei strane onde ma non era certo di averle inquadrate. Sapeva solo che doveva stare molto attento.
- Ebbene penso che ti accontenterò. Di questi tempi nessuno osa più sfidarmi. – Detto ciò con una voce calda e suadente, veloce come una saetta sgusciò da lì balzando agilmente all’indietro, lasciando andare a vuoto il fendente di Zoro. Si raddrizzò e la vide a qualche metro da lui pronta ad un nuovo attacco.
Da lì la scollatura del suo kimono mostrava più di quanto non fosse necessario e la visione nell’insieme di quella bella donna sensuale pronta al combattimento, con quella lunga cascata d’argento che le scendeva intorno al bel viso e la spada impugnata ancora rinfoderata, avrebbe dovuto distrarre facilmente chiunque avesse davanti ma Zoro parve non subire per nulla quel fascino.
Lei lo notò e questo le piacque ancor di più.
Un avversario degno.
Lo capì al primo sguardo.
Lo percepiva.
Il suo spirito era forte, ricco e ruggente. La sua volontà era ferma e la poteva vedere con chiarezza mentre prendeva forma dietro di lui in forma felina.
Accentuò il sorriso sicuro di sé e soddisfatto, sembrava pregustarsi già la fine.
- Non la sfoderi? – Chiese lui domandandosi come intendeva combatterlo. Non poteva avere un opinione così bassa di lui, sarebbe stata un offesa troppo grande.
- Per te sarebbe troppo. – Ma la verità era che non poteva poiché sarebbe stata troppo per LEI!
Voleva evitare quanto più poteva il suo utilizzo. - Se vuoi posso usarne un'altra… - Aggiunse realizzando che comunque sarebbe stato meglio avere una lama invece che un fodero.
Ma l’orgoglio e la permalosità dello spadaccino, punto sul vivo, la convinsero:
- Io sono qua per battermi con te al tuo massimo. Voglio che usi Kurenai e la tua famosa tecnica. Potrei anche non tornare più qua, non posso sprecare questa occasione. – Lo disse fermo e deciso, premendo bene su tutte le parole, con una serietà che lei non si era ancora mai trovata davanti.
Ne fu ulteriormente colpita e questo bastò per farle capire che era lui.
Non poteva essere che lui l’uomo che aveva cercato a lungo, l’unico in grado di colpirla interiormente, oltre che esteriormente.
Non si curava del suo grado di imbattibilità, non le importava davvero; il suo livello di esperienza di maestra di spada le permetteva di capire in un istante l’esito di ogni combattimento, persino i propri.
Si riteneva molto forte e dal di fuori faceva credere di ritenersi imbattibile ma se incontrava uno più forte di lei, cosa che fino a quel momento non era accaduto, era disposta ad ammetterlo a sé stessa con tranquillità.
Ma solo a sé stessa.
Avere uno più forte di lei davanti a sé significava solo una cosa.
Lui era la persona che voleva per sé, l’unico che valeva la pena possedere.
Eppure non è detto, tutto sommato. Forse alla lunga riuscirebbe a battermi ma mi basta protrarre l’incontro quanto più in là riesco per assorbire il suo spirito. Lui vuole che combatta con Kurenai, è la sua condanna. Però… non voglio che si perda… lui mi guarda negli occhi senza timore e non ha paura di me e di quest’aura inquietante che mi circonda. Tanto meno mi sbava dietro come un porco! Lui è diverso, lo sento. È lo spadaccino che ho sempre cercato. Il mio compagno. L’unico degno di me.”
Effettivamente, considerando la sua tecnica, poteva anche essere vero. Combattendo senza Kurenai lui l’avrebbe battuta a lungo andare poiché il punto forte di Zoro era la resistenza e la tenacia, ma con quella katana maledetta persino lui, a lungo andare, non avrebbe avuto speranza.
Kurenai non perdonava nessuno.
- E sia, allora! – Dopo una breve riflessione accurata, Silver si decise e senza distogliere lo sguardo dal suo per un attimo, sicura di sé ed enigmatica, accettò di brandire la sua eredità dicendosi che tutte le meditazioni di quei giorni avrebbero dovuto darle frutto per permetterle di controllarsi prima di assorbire del tutto lo spirito del suo futuro uomo.
A quel punto, mentre Rufy e Brook si allontanavano per dare più spazio possibile ai due spadaccini di battersi, lui si slacciò dal braccio la bandana nera e se la legò al capo, segno di profonda concentrazione.
In quel modo i suoi occhi si vedevano appena, due fessure quasi rosse tanto era alta la minaccia che porgeva.
Serrò fra i denti la spada dall’impugnatura bianca mentre prese in mano le altre due, l’ultima conquistata a Thriller Bark, dalla lama nera, leggendaria anch’essa.
Era estremamente concentrato e svuotando totalmente la propria mente caricando lo spirito per riuscire ad entrare in sintonia con le sue tre spade, immobile in posizione d’attacco, attendeva che Silver sfoderasse Kurenai. Un minimo di curiosità la possedeva, studiandola imperturbabile. Di lei si era detto molto, specie della sua famiglia e della loro katana. Ora voleva vedere quanto fossero all’altezza di tutta quella fama.
Sperava vivamente che fosse fortissima così come la descrivevano, lo sperava dal profondo e mentre la vedeva caricarsi mostrando dietro di sé la propria aura sotto forma di una splendida tigre siberiana feroce, non si lasciò sfuggire nemmeno quello strano e vago alone scuro che la circondava. Un strisciante senso d’inquietudine lo colse di nuovo, lo stesso che aveva provato poco prima guardandola da vicino negli occhi.
Era strana.
Non era solo una maestra di spada molto forte.
Non era tutto lì e forse dipendeva proprio da quella spada… da quella maledetta spada…
E finalmente mise la mano destra sull’impugnatura intrecciata. Poco più in su il drago inciso parve ammiccare sinistro, come prendesse vita da solo.
Zoro non batté ciglio, catturato dai suoi movimenti lenti e sicuri.
A quel punto tirò calma e decisa estraendo la spada dal suo fodero che poggiò ai suoi piedi, di lato. I nastri rossi sparsi intorno.
La lama, una volta libera, creò un immediato e spasmodico nodo allo stomaco dei presenti, Silver compresa.
Chiuse un attimo gli occhi abbassando appena il viso, come se parlasse con ciò che teneva in mano formulando una preghiera.
Come cercasse il proprio controllo.
Come combattesse da sola una battaglia molto più dura e difficile di quella che avrebbe fatto di lì a poco con Zoro.
Non gli sfuggì nemmeno mezzo particolare, cosa che scappò a Rufy. Già fremeva sperando che tutto finisse presto.
Non gli piaceva.
Non gli piaceva per nulla quella donna e più i secondi passavano, più il suo istinto gridava di porre fine a tutto.
Oh, non l’avrebbe mai fatto. Quella era la battaglia di Zoro.
Aveva fatto una promessa, diventare il più forte. Doveva mantenerla e per farlo Silver era uno dei SUOI ostacoli. Suoi e di nessun’altro.
Anche lui combatteva una dura battaglia dentro di sé. Quella per non intervenire.
La sensazione di malessere crebbe anche in Zoro mentre il proprio colorito cominciava già a diventare più pallido.
Strinse i denti sulla sua spada. Non era ancora cominciata eppure si sentiva come se fossero già a metà scontro.
La fama di Kurenai era effettivamente immeritata.
Quella creatura era peggio di quanto la leggenda e le dicerie narravano.
Avendola davanti ai suoi occhi e sentendosela dentro come un cancro, lo capì.
La lama era rosso scuro e non era un rosso qualunque.
Dall’odore si capì subito.
Odore di sangue.
Odore di maledizione.
Lui non credeva alle spade maledette, era sempre riuscito a superarle tutte facendole sue ed esse lo avevano poi sempre amato proteggendolo, ma lì capì che in essa c’era davvero qualcosa che non andava.
Non era un sensitivo ma percepì chiaramente la presenza di molti altri spiriti oltre a quelli dei presenti e nonostante il proprio e quello di Silver fossero portati ai massimi livelli per la lotta successiva, quelli che provenivano da quella lama lunghissima e luccicante ma al tempo stesso oscura, non li si poteva ignorare.
Lei, allora, aprì di nuovo gli occhi d’argento che trovò ancor più diversi da prima.
Erano velati.
Come… come se non fosse più lei.
posseduta…
Sarà interessante…”
Pensò lui a quel punto ghignando contento per apprestarsi a fare qualcosa di utile e costruttivo per sé stesso.
Ne sarebbe uscito vittorioso e rafforzato.
Da questa sua granitica convinzione, lo scontro iniziò.
Il silenzio mortale fu interrotto dallo scatto dei loro corpi che ebbero in avanti, l’uno verso l’altro. In quel momento un ritmo cominciò quasi impercettibile che via via aumentò vertiginosamente sempre più, fino ad esplodere veloce, forte ed incessante insieme ai loro movimenti, in perfetta sincronia con questa sorta di musica che di secondo in secondo li faceva crescere sempre più.
Il primo colpo fu perfettamente alla pari, una sorta di studio l’uno dell’altro. Le lame si incrociarono in mezzo a loro che con forza premevano l’uno verso l’altro per prevalere e spingere via l’avversario.
Nessuno dei due indietreggiò e il sibilo che la lama nera di Zoro fece a contatto con quella rossa di Silver, provocò addirittura delle scintille.
Come se le due fossero profondamente incompatibili.
L’una l’opposta dell’altra.
Eppure anche quella nera aveva avuto fama di essere maledetta… nulla di paragonabile all’altra, probabilmente.
Eppure… poteva davvero parlarsi di maledizioni di spade?
Zoro, nonostante tutto, continuava a non crederci anche se ammetteva che qualcosa in quella avversaria non andava.
Occhi negli occhi, Silver imperturbabile, nessuna espressione, come fosse diventata un automa insensibile. Il suo fascino era addirittura aumentato ma lui, naturalmente, non lo subì per nulla.
Rufy e Brook fecero delle smorfie (per quanto Brook potesse farne essendo lui uno scheletro...) sentendo quel rumore che feriva le orecchie, ma non si allontanarono continuando a non distogliere lo sguardo da quel che accadeva.
Le spade furono allontanate con un altro balzo rispettivo all’indietro, quindi Zoro incrociò le due davanti a sé e dopo appena un secondo in cui scrutò la posizione rivale, quasi raso al pavimento tanto che era piegata, con la katana in alto puntata verso di lui, ritornò all’attacco in sua contemporanea.
Di nuovo le loro lame si incrociarono emettendo ultrasuoni fastidiosi e scintille. Questa volta la contrastava con entrambe le sue che teneva per mano.
Andarono avanti così a ritirarsi e attaccarsi non riuscendo altro che a toccarsi con le loro armi provocando reazioni di repulsione, fino a che Zoro ringhiò il nome di una delle sue tecniche a tre spade e veloce come il vento sferrò l’attacco, stufo di andare avanti con quei bracci di ferro volti allo studio vicendevole.
Inutile, poiché nessuno aveva avuto la prevalenza.
A quello lei rispose parando abilmente come nulla fosse, vedendo perfettamente la sua posizione di partenza che via via cambiava dando forma all’animale da lui annunciato.
Dentro di sé la ragazza ammise che la fama che lo precedeva era meritata.
E che era incredibile vedere attacchi simili in grado di darle filo da torcere.
In tutta la sua esistenza non ne aveva incontrato nessuno così.
Era anche vero che da lì non si era mai mossa e che aveva solo combattuto con coloro che l’avevano cercata.
Al mondo, ad esempio, esisteva almeno un altro che le sarebbe piaciuto incontrare in combattimento.
Era soprannominato Occhi di Falco.
Era lo spadaccino più forte del mondo, si diceva.
Un giorno le sarebbe piaciuto poter lasciare il suo castello ed andarsene alla sua ricerca. La tratteneva Shin…
Dall’esterno, però, questo sprazzo di umanità non si vide ed i suoi occhi rimasero freddi e vuoti lontani anni luce.
Una serie di altri attacchi si susseguirono, fra i più svariati. Tutti di Zoro. Lei si limitava ad osservarli, ammirarli, innamorarsene e pararli con abilità senza procurarsi nemmeno una ferita.
Ma non lo sente lo spirito che viene consumato e risucchiato da Kurenai?”
Si chiese lei dentro quella parte incantata, guardandolo andare avanti come un carro armato, senza fermarsi mai nemmeno un istante.
La verità era che lui lo sentiva sempre più che qualcosa in lui non andava.
Ogni volta che sfiorava di un soffio quella lama rossa saettante, sentiva come se qualcosa da dentro cercasse di venir strappata via. Sapeva. Lo sapeva perfettamente che non sarebbe mai dovuto venir ferito da essa.
Ne era certo.
Per questo attaccava con tutte le sue tecniche, come un matto, furioso, veloce, forte, letale, preciso, dando fondo a tutto il suo talento.
Sapeva che doveva farla finita il prima possibile, capì che lei si difendeva e basta senza attaccarlo di proposito aspettando di stancarlo o forse qualcos’altro (assorbire più spirito?), per poter poi sferrare l’affondo decisivo e letale.
Capì lì come se un lampo illuminasse la sua mente, che la tecnica Tsujimura consisteva in quello.
Assorbire infine lo spirito altrui fino in fondo riducendolo così alla follia o a un contenitore vuoto.
Ma era possibile solo con quella lama.
Lo sapeva.
Lo aveva percepito.
Era la katana, non la ragazza, il vero problema, la vera particolarità, il pero pericolo.
Da essa proveniva l’inquietudine che tutti avevano provato avendola davanti.
Cosa ti spinge ad andare avanti anche se ormai hai capito tutto? Scappa, ragazzo, salvati. Non rimanere qua solo per battermi. Non ne vale la pena…”
Il combattimento che in Silver avveniva non era da meno di quello di chiunque altro lì dentro.
Specie Rufy che via via si sentiva sempre più infastidito e in allarme.
- E così è questa la famosa ed unica tecnica Tsujimura… - Mormorò quindi Zoro in un momento di pausa durante il quale entrambi si guardavano respirando affannati. Lui aveva un colorito decisamente preoccupante ed era in condizioni peggiori di lei. Sembrava quasi che a difendersi strenuamente fosse stato lui e non l’altra.
L’aura di Zoro era rimpicciolita.
- E’ per questo che nessun’altro oltre a chi impugna Kurenai la può fare. E’ lei il fulcro della tecnica. Senza non esiste. – Si era momentaneamente tolto la spada bianca dalla bocca per far riposare la mascella e parlare meglio. Era appena curvo appesantito sulle spalle. Il sudore gli colava sulla pelle imperlata appiccicandogli la maglietta addosso, delineando perfettamente i muscoli cesellati del suo torace e della schiena. Anche le braccia, sebbene più rilassate, erano ben modellate e forti non da poco.
Nell’insieme un gran bel ragazzo.
- La tecnica consiste nel portare alla follia l’avversario combattendolo a lungo, facendo così sì che Kurenai assorba lo spirito. Unica al mondo in grado di fare una cosa simile. – Quando lo disse Brook fu attraversato da brividi mentre il peso di quel che aveva detto risuonò nelle sue orecchie. Capì perfettamente quanto pericoloso fosse e perché lei avesse combattuto a quel modo senza sferrare nemmeno un attacco seppur possedesse una spada sublime come quella.
Rufy, nonostante avesse sentito perfettamente e capito il significato grave di quelle parole, non si mosse e non disse assolutamente nulla. Eppure i suoi muscoli erano completamente tesi e il sudore scendeva dal suo viso come se stesse combattendo lui stesso.
Lo sentiva.
Sentiva il suo uomo indebolirsi dentro, nello spirito.
E, oh se solo ne fosse stato capace, gli avrebbe trasmesso tutto il suo pur di permettergli di portare a termine con successo quello scontro.
Era una consapevolezza terribile, quella a cui Zoro era giunto. Il silenzio eloquente di Silver, ancora assente dalla sua superficie che brandiva la katana ferma e pronta, gli fece capire che ci aveva preso.
Dunque sorrise.
Invece di mettere via le sue spade e mettere fine a quel combattimento suicida ed andarsene, o per lo meno mostrarsi preoccupato, Zoro sorrise con quel suo ghigno sadico profondamente contento.
Aveva davvero trovato un avversario degno.
Fu esattamente questo a risvegliare la Silver reale e a riportarla alla superficie come personalità dominante.
Se io mi sento così senza che nemmeno mi ha ferito, lei che la impugna come deve essere?
Quella è una spada… assorbe tutto ciò con cui viene a contatto nel momento in cui viene liberata.
Deve essere ormai allo stremo eppure non dà cenni di cedimento, la sua aura dietro di sé è tale a prima… solo che la tigre non è più bianca bensì nera… Ma come diavolo fa? Che le succede?”
Se lo chiese apprestandosi a riprendere il combattimento cercando di mettere presto fine a tutto, proprio come all’inizio era stato intenzionato.
Non poteva andare avanti ancora a lungo. Se avrebbe continuato ad assorbire così lento il suo spirito e ad indebolirlo, poi sarebbe riuscito ad affondare in lui e risucchiarlo del tutto. Si sarebbe perduto per sempre.
Non doveva permettere che quel momento arrivasse.
Doveva farla finita prima.
Dunque rimettendosi fra i denti la terza spada, si rimise in posizione d’attacco per una delle sue tecniche più forti.
Tornò serio e concentrato, feroce, gli occhi quasi rossi.
Doveva mettere in quell’attacco e nelle sue tre spade quel che rimaneva del suo spirito per aver successo.
Silver, a quel punto, capendo che lui avrebbe sferrato la tecnica ultima, decise di fare altrettanto.
Per lo meno la Silver insensibile e fredda controllata da Kurenai.
- Tecnica segreta della famiglia Tsujimura… - Mormorò con voce velata e lontana, quasi in trance.
Si raddrizzò sulle gambe e sulla schiena, quindi mise un piede davanti all’altro come pronto per un passo di danza classica, alzò le braccia ed impugnò con entrambe le mani Kurenai che piegò all’indietro, sopra la sua testa. La punta sfiorò il pavimento dietro di sé, a poca distanza dal suo tallone.
Una posa insolita specie per una spada così lunga e teoricamente difficile da manovrare.
Zoro non poté fare a meno di pensarlo ma non la sottovalutò.
Da un lato era allarmato di ricevere proprio quel colpo, dall’altro ne era contento e curioso. Se sarebbe sopravvissuto a qualcosa di così forte e pericoloso allora l’avrebbe sconfitta.
Era pur sempre uno scontro molto bello e soddisfacente, fino a quel momento nulla l’aveva deluso.
Disse il nome della sua tecnica, attesero un istante che entrambi si caricassero e che l’atmosfera si riempisse di loro due, quindi al ritmo che impazzì scattarono nello stesso istante.
NO! NON VOGLIO CHE SI PERDA!”
Quella parte di Silver che Zoro aveva risvegliato con quel suo modo di fare insolitamente soddisfatto e sicuro, urlò prendendo di nuovo possesso del proprio corpo e proprio mentre ormai le lame stavano per conficcarsi le une nel corpo dell’altro, gli occhi d’argento di lei ripresero vita e spessore, quindi facendo cadere Kurenai a terra con un tonfo assordante che rimbombò in tutta la palestra, si abbassò di scatto appiattendosi al pavimento come un gatto evitando per un pelo i fendenti deleteri di Zoro che andarono sorprendentemente a vuoto.
A quel punto si alzò proprio davanti a lui con le braccia spalancate, gli tolse la spada dalla bocca che lasciò andare per la sorpresa di quella mossa insolita ed incomprensibile e per il colpo fallito, quindi posò le labbra sulle sue.
Fu veloce come la luce, nemmeno il tempo di un pensiero. Un lampo. Ecco cosa fu.
Senza dargli tempo di reagire e capire cosa accadesse, gli aprì le labbra con le sue e forzando appena l'accesso si infilò con la sua lingua cercando a trovando quella di lui che, raggelato, non capì davvero che stava accadendo.
Fu un bacio improvviso ma approfondito il necessario per riuscire ad ottenere quel che lei voleva.
Ringraziami per la salvezza che ti sto offrendo… Se non l’avessi fatto ora saresti nell’oblio!”
L’ultima cosa che Zoro sentì, fu Rufy che gridava il suo nome.
Poi il buio.
O per lo meno gli parve di avvolgersi in esso, di cadere in uno stato incosciente, di svanire nel nulla.
La sensazione fu quella anche se in realtà non svenne e non cadde a terra.
Zoro rimase sveglio e cosciente, solo che quando lei si staccò nei suoi occhi regnava qualcuno di ben diverso da ciò che v’era sempre stato.
Il tempo si sospese e prima che Rufy potesse arrivare da loro senza più potersi trattenere, svelto in realtà, lo spadaccino lasciò cadere a terra la katana dalla mano sinistra, quindi circondando il corpo sensuale e maturo di Silver attirandolo a sé per difenderla dall’arrivo di Rufy, si girò verso il compagno e con uno sguardo pieno di disprezzo e di odio, alzò la spada che impugnava con la destra, quindi senza pensarci due volte, deciso e secco, con un movimento a falce del braccio lo ferì intenzionalmente.
Si fermò cadendo in ginocchio a terra più per la sorpresa e lo shock di vedersi ferito proprio dal suo amore, che per il dolore in sé.
Uno squarcio nell'addome prese subito a sanguinare copiosamente macchiando i vestiti ed il pavimento.
Il tempo si fermò e Brook andò nel caos più completo mentre esattamente in quel momento accorrevano le due ragazze correndo di gran carriera con un quaderno molto grande stretto fra le braccia. L’espressione preoccupata ed in allarme.
Entrate in palestra si fermarono davanti a quella scena insolita e di primo acchito incomprensibile.
Zoro che difendeva la donna di prima stringendola a sé, la spada insanguinata e Rufy inginocchiato, sconvolto, davanti a lui. Ferito.
Ferito innegabilmente dalla spada di Zoro.
Si raggelarono, Nami si mise le mani sulla bocca non credendo ai suoi occhi, quindi si guardò con Robin che stringeva il quaderno e mormorò shockata:
- E’ troppo tardi? –
Che loro avessero scoperto qualcosa di essenziale che avrebbero certamente dovuto sapere prima?
Questo parve ormai evidente.
Così come che quella Silver aveva fatto qualcosa a Zoro, sotto chiaro incantesimo o qualcosa di simile.
Non disse nulla, lo guardò con odio e risentimento.
- Z-Zoro… - Sussurrò incredulo Rufy senza riuscire a muoversi. Non potevano, i suoi occhi, guardarlo in quel modo.
Non l’avevano mai guardato così, nemmeno la prima volta che si erano incontrati. Era sempre stato pieno di amore, per lui. Non l’aveva mai, mai, mai guardato così!
Carico di odio…
Quello era Zoro?
Il suo Zoro?
Cadendo lui stesso in uno stato sconvolto, rinnegando quanto accadeva e non capendo assolutamente perché il suo ragazzo avrebbe dovuto fare una cosa simile proprio a lui, si rialzò avvicinandosi di nuovo, alzò la mano cercando di raggiungere il suo viso ma poco prima che potesse arrivarci, la punta della lama si poggiò gelida sul proprio mento.
Poi la sua voce cupa, cavernosa e fredda sussurrò rimbombando in quel silenzio pesante ed innaturale che era improvvisamente calato, gli si avvicinò appena guardandolo meglio negli occhi con i suoi così irriconoscibili:
- Vattene! – Disse solo quello e in Rufy qualcosa parve spezzarsi definitivamente.
Non se ne sarebbe andato.
Oh, no che non se ne sarebbe andato. Sarebbe morto piuttosto che lasciarlo lì. Si sarebbe fatto uccidere da lui.
Ma l’ordine repentino e deciso di Nami arrivò a strapparlo bruscamente dalla sua volontà:
- BROOK! PORTALO VIA! ANCHE TU, ROBIN, AIUTALO COL TUO POTERE! DOBBIAMO ANDARCENE, PER ORA! SUBITO! – Sapeva veramente cosa stava succedendo e il non aver tempo per spiegarlo non aiutò certo Rufy che, sentendosi strappare via a forza con molte mani diverse, cominciò a gridare disperato e fuori di sé ma senza la forza reale di sfuggire alle loro prese poiché troppo pieno di dolore. Troppo ferito. Ferito dentro oltre che fuori.
- ZORO! ZORO, SONO IO, RUFY! CHE COSA TI HA FATTO QUELLA MALEDETTA TIGRE? CHE COSA TI HA FATTO? ZORO! TORNA IN TE! TORNA IN TE! ZORO! – Si sentirono le sue urla per tutta la collina e solo quando giunse alla fine di essa, lì nella palestra non si udì più.
In quel rinnovato silenzio le braccia di Silver circondarono il collo di Zoro e mentre affondava il viso sul suo petto, lasciandosi andare ad un sospiro rasserenato per essere riuscita a salvarlo prevalendo su quella maledetta spada nel momento giusto, mormorò contenta:
- Ti ho trovato, finalmente… non ti farà del male, vedrai… ti proteggerò io… come Shin ha sempre protetto me… -
Alla luce di quei nuovi fatti, mentre lui la cingeva a sua volta con quello sguardo così diverso dal suo di sempre, venne da chiederselo.
Qual era mai la sua storia, tanto complessa e strana da averla ridotta a quel modo?
Chi era lei in realtà?
Chi la vera vittima?
Chi il vero malvagio?
Mai giorno si rivelò più inquieto e oscuro di quello.