CAPITOLO
II:
GIORNO
OSCURO
/Numb–
Linkin Park/
Giunti
in poco tempo sulla sommità della collina
dell’isola, si fermarono davanti alla palestra, era chiusa
poiché evidentemente non era ancora orario di lezione.
I
membri della ciurma che avevano deciso di accompagnare Zoro capendo che
quel posto sarebbe stato quello più interessante da
visitare, si guardarono fra di loro chiedendosi a questo punto che
fare, se sarebbero stati ricevuti lo stesso e se ci fosse stato
qualcuno addetto agli ospiti.
In
fondo erano dei nobili e quello era un castello molto grande.
- Che
facciamo? Non ci sono campanelli… entriamo lo stesso?
– Ma prima che potessero decidere il metodo più
corretto per farsi avanti, Rufy aveva già aperto la porta
della palestra!
Convinto
di trovarsi da solo entrò subito ma si fermò
immediatamente prima di gridare a squarcia gola per chiamare qualcuno.
In
realtà qualcuno c’era…
Una
donna al centro dell’enorme stanza vuota seduta sui talloni
nella tipica posa meditativa.
Il
corpo dalle curve generose era a stento coperto da un chimono
d’argento dove ricamata sopra c’era una tigre
siberiana, i capelli lunghissimi che si spargevano sul pavimento
intorno a lei, erano dello stesso colore dell’indumento,
argento. Erano lisci. I lineamenti selvatici erano affilati. Gli occhi
chiusi, l’espressione seria e concentrata.
Stava
meditando.
Davanti
a sé una lunghissima katana avvolta da drappi di seta rossa
e fili d’oro. L’impugnatura era elaborata avvolta
da intrecci di seta rossi e dorati, fra di essi si intravedevano
fantasie complicate. L’elsa in oro finemente lavorato. Sulla
sommità dell’impugnatura v’era un drago
orientale avvolto su sé stesso, anch’esso in oro.
Istintivamente
non gli venne da fare confusione, né da chiamarla.
Rimase
fermo all’ingresso richiamando l’attenzione dei
suoi compagni che, entrati mandando mille accidenti a quel capitano
invadente e poco rispettoso persino per una famiglia come quella,
ebbero la stessa reazione vedendo la ragazza.
Sanji
se ne sarebbe perdutamente innamorato e non gli si avrebbe potuto dar
torto.
- Sta
meditando… - Sussurrò Robin sotto voce per non
disturbarla.
-
E’ meglio se la lasciamo in pace e torniamo dopo…
- Propose Brook conscio di quanto importanti fossero gli allenamenti
dello spirito per uno spadaccino.
- Ma
dai, siamo venuti fin qua… - Si lamentò Rufy
riprendendosi in fretta dalla strana sensazione che aveva avuto
vedendola.
Gli
era sembrato come se il suo istinto selvatico avvertisse qualcosa ma
non era stato in grado di inquadrare a fondo la cosa.
Ad uno
studio più attento avrebbe capito che quelle specie di onde
stonate provenivano proprio da quella katana che sembrava oltre che
molto bella, unica al mondo.
- Ma
non c’è nessun’altro, qua dentro?
– Chiese Robin guardandosi intorno giungendo alla soluzione
più sensata, ovvero chiamare qualcuno per non disturbare la
ragazza.
-
Andiamo a vedere di là… - Le disse Nami indicando
una porta aperta che dava ad un corridoio, in fondo alla palestra.
Ordinando agli altri tre di rimanere lì buoni senza dare
fastidio, le due ragazze sparirono silenziose nell’uscio che
dava all’interno del castello.
Zoro
rimase anch’esso imbambolato a guardare entrambe, sia la
spada che la proprietaria che ancora non muoveva un solo muscolo non
dando cenni di vita.
Sapeva
bene cosa stava facendo, lo faceva spesso anche lui per allenare lo
spirito.
Meditava.
Non
era facile scendere ad un livello tale di inconscio tanto da non
sentire entrare degli sconosciuti e lei pareva un contenitore vuoto, in
quel momento.
Ma
più di tutti fu attratto dalla katana.
Quella
doveva essere…
-
Kurenai… - Nell’esatto momento in cui
pronunciò quel nome a fior di labbra, assorto e catturato,
gli occhi d’argento, misteriosi e penetranti della donna si
aprirono di scatto come se qualcuno l’avesse chiamata
bruscamente.
Fu
come se si svegliasse improvvisamente da un sonno ma non appariva
confusa e stranita, bensì era… era come in
allarme e senza quasi respirare per riprendere contatto normale con la
realtà, scattò in piedi, accovacciata del tutto,
con le gambe piegate e aperte in una posizione pronta per
l’attacco.
La
spada già in mano impugnata per il fodero dove i nastri di
seta rossa scendevano sospesi nell’aria.
Nemmeno
un filo di vento.
La
luce esterna illuminava in pieno giorno la stanza spaziosa e prima di
poter realizzare qualunque cosa e presentarsi, Zoro si trovò
attaccato da lei in una maniera talmente letale e feroce che
poté distinguere solo il disprezzo più profondo
in quello sguardo così strano e addirittura indecifrabile.
Ovviamente
lo spadaccino non si fece trovare impreparato e alzando la spada
dall’impugnatura bianca davanti a sé,
parò il colpo ricevuto. Il tempo si fermò un
secondo istante mentre i due si guardarono negli occhi per la prima
volta leggendovi il caos più completo in lei e risoluta
fermezza in lui.
Quindi
Zoro sgranò i suoi quando notò che
l’attacco ricevuto, era stato sferrato non con la spada
sguainata ma bensì con essa ancora perfettamente rinfoderata.
Il
tessuto che l’avvolgeva si divise in due laddove era stato
toccato dalla lama affilata.
Nessuno
dei due tremò, fece cenno di cedimento o
indietreggiò.
Tanto
meno si spaventò.
Solo
da quello si capì quanto competenti e di alti livello
fossero entrambi.
- Chi
diavolo siete? – Sibilò lei mantenendo
l’espressione feroce simile a quella di una tigre pronta ad
un attacco senza risparmi di colpi.
Allora
Rufy e Brook, rimasti lì ad assistere
all’improvvisa scena, senza però muoversi
consapevoli che doveva vedersela Zoro, catapultarono la loro completa
attenzione sui due.
- Non
siamo qui con cattive intenzioni! – Si affrettò
però a dire lo scheletro.
- Lui
vuole solo battersi con te! – Aggiunse Rufy per mettere
subito le cose in chiaro. Non capiva perché ma il suo sesto
senso diceva che le cose sarebbero degenerate di lì a poco.
Lo sentiva dentro di sé, sotto la pelle, nel profondo del
suo animo e il suo istinto maggiore era proprio quello di portare
immediatamente via il suo ragazzo da lì, lontano da quella
donna. Solo la consapevolezza di quanto contasse per lui quello
scontro, lo fece trattenere. In fondo proprio l’amore che
provava per lui.
- Io
sono Zoro, tu devi essere Silver… la Tigre
D’Argento… - A queste parole dello spadaccino, lei
parve illuminarsi, come se capisse di chi si trattava.
- Zoro
il Cacciatore di Pirati? – Chiese infatti riconoscendolo.
-
Si… -
- La
tua fama ti precede… - Gli altri due nemmeno li
guardò.
Fu
come se in quel momento tutti gli altri sparissero e rimanessero solo
loro due. Come se Zoro fosse tutto ciò che per lei contava
in quell’istante.
Del
resto era normale che fra spadaccini ci si conoscesse, specie se la
fama era come la loro. Ultimamente Zoro era diventato ancor
più famoso di un tempo e la sua tecnica letale a tre spade
era oggetto di curiosità per chiunque del settore.
Destinata
quasi a diventare materia di leggenda.
Allora
l’espressione di Silver cambiò del tutto mentre un
sorriso accattivante e sinistro si dipingeva sulle sue labbra carnose e
ben disegnate. Lì, di feroce, non aveva più nulla
eppure la forza con la quale contrastava il colpo difensivo di Zoro non
calò nemmeno di un soffio. Era più…
carica di seduzione, se la si voleva definire in qualche modo.
Ma
fece venire i brividi sia a Zoro, che l’aveva davanti a pochi
centimetri, che agli altri due.
E a
Rufy sopra tutti, non piace per nulla quel mutamento repentino ed
inquietante.
Come
se avesse una personalità completamente diversa.
- Hai
detto che volevi batterti con me? – Disse quindi lei prima di
spostarsi. Lui annuì rimanendo cupo e truce
nonché molto concentrato. Sentiva provenire da lei strane
onde ma non era certo di averle inquadrate. Sapeva solo che doveva
stare molto attento.
-
Ebbene penso che ti accontenterò. Di questi tempi nessuno
osa più sfidarmi. – Detto ciò con una
voce calda e suadente, veloce come una saetta sgusciò da
lì balzando agilmente all’indietro, lasciando
andare a vuoto il fendente di Zoro. Si raddrizzò e la vide a
qualche metro da lui pronta ad un nuovo attacco.
Da
lì la scollatura del suo kimono mostrava più di
quanto non fosse necessario e la visione nell’insieme di
quella bella donna sensuale pronta al combattimento, con quella lunga
cascata d’argento che le scendeva intorno al bel viso e la
spada impugnata ancora rinfoderata, avrebbe dovuto distrarre facilmente
chiunque avesse davanti ma Zoro parve non subire per nulla quel
fascino.
Lei lo
notò e questo le piacque ancor di più.
Un
avversario degno.
Lo
capì al primo sguardo.
Lo
percepiva.
Il suo
spirito era forte, ricco e ruggente. La sua volontà era
ferma e la poteva vedere con chiarezza mentre prendeva forma dietro di
lui in forma felina.
Accentuò
il sorriso sicuro di sé e soddisfatto, sembrava pregustarsi
già la fine.
- Non
la sfoderi? – Chiese lui domandandosi come intendeva
combatterlo. Non poteva avere un opinione così bassa di lui,
sarebbe stata un offesa troppo grande.
- Per
te sarebbe troppo. – Ma la verità era che non
poteva poiché sarebbe stata troppo per LEI!
Voleva
evitare quanto più poteva il suo utilizzo. - Se vuoi posso
usarne un'altra… - Aggiunse realizzando che comunque sarebbe
stato meglio avere una lama invece che un fodero.
Ma
l’orgoglio e la permalosità dello spadaccino,
punto sul vivo, la convinsero:
- Io
sono qua per battermi con te al tuo massimo. Voglio che usi Kurenai e
la tua famosa tecnica. Potrei anche non tornare più qua, non
posso sprecare questa occasione. – Lo disse fermo e deciso,
premendo bene su tutte le parole, con una serietà che lei
non si era ancora mai trovata davanti.
Ne fu
ulteriormente colpita e questo bastò per farle capire che
era lui.
Non
poteva essere che lui l’uomo che aveva cercato a lungo,
l’unico in grado di colpirla interiormente, oltre che
esteriormente.
Non si
curava del suo grado di imbattibilità, non le importava
davvero; il suo livello di esperienza di maestra di spada le permetteva
di capire in un istante l’esito di ogni combattimento,
persino i propri.
Si
riteneva molto forte e dal di fuori faceva credere di ritenersi
imbattibile ma se incontrava uno più forte di lei, cosa che
fino a quel momento non era accaduto, era disposta ad ammetterlo a
sé stessa con tranquillità.
Ma
solo a sé stessa.
Avere
uno più forte di lei davanti a sé significava
solo una cosa.
Lui
era la persona che voleva per sé, l’unico che
valeva la pena possedere.
“Eppure
non è detto, tutto sommato. Forse alla lunga riuscirebbe a
battermi ma mi basta protrarre l’incontro quanto
più in là riesco per assorbire il suo spirito.
Lui vuole che combatta con Kurenai, è la sua condanna.
Però… non voglio che si perda… lui mi
guarda negli occhi senza timore e non ha paura di me e di
quest’aura inquietante che mi circonda. Tanto meno mi sbava
dietro come un porco! Lui è diverso, lo sento. È
lo spadaccino che ho sempre cercato. Il mio compagno. L’unico
degno di me.”
Effettivamente,
considerando la sua tecnica, poteva anche essere vero. Combattendo
senza Kurenai lui l’avrebbe battuta a lungo andare
poiché il punto forte di Zoro era la resistenza e la
tenacia, ma con quella katana maledetta persino lui, a lungo andare,
non avrebbe avuto speranza.
Kurenai
non perdonava nessuno.
- E
sia, allora! – Dopo una breve riflessione accurata, Silver si
decise e senza distogliere lo sguardo dal suo per un attimo, sicura di
sé ed enigmatica, accettò di brandire la sua
eredità dicendosi che tutte le meditazioni di quei giorni
avrebbero dovuto darle frutto per permetterle di controllarsi prima di
assorbire del tutto lo spirito del suo futuro uomo.
A quel
punto, mentre Rufy e Brook si allontanavano per dare più
spazio possibile ai due spadaccini di battersi, lui si
slacciò dal braccio la bandana nera e se la legò
al capo, segno di profonda concentrazione.
In
quel modo i suoi occhi si vedevano appena, due fessure quasi rosse
tanto era alta la minaccia che porgeva.
Serrò
fra i denti la spada dall’impugnatura bianca mentre prese in
mano le altre due, l’ultima conquistata a Thriller Bark,
dalla lama nera, leggendaria anch’essa.
Era
estremamente concentrato e svuotando totalmente la propria mente
caricando lo spirito per riuscire ad entrare in sintonia con le sue tre
spade, immobile in posizione d’attacco, attendeva che Silver
sfoderasse Kurenai. Un minimo di curiosità la possedeva,
studiandola imperturbabile. Di lei si era detto molto, specie della sua
famiglia e della loro katana. Ora voleva vedere quanto fossero
all’altezza di tutta quella fama.
Sperava
vivamente che fosse fortissima così come la descrivevano, lo
sperava dal profondo e mentre la vedeva caricarsi mostrando dietro di
sé la propria aura sotto forma di una splendida tigre
siberiana feroce, non si lasciò sfuggire nemmeno quello
strano e vago alone scuro che la circondava. Un strisciante senso
d’inquietudine lo colse di nuovo, lo stesso che aveva provato
poco prima guardandola da vicino negli occhi.
Era
strana.
Non
era solo una maestra di spada molto forte.
Non
era tutto lì e forse dipendeva proprio da quella
spada… da quella maledetta spada…
E
finalmente mise la mano destra sull’impugnatura intrecciata.
Poco più in su il drago inciso parve ammiccare sinistro,
come prendesse vita da solo.
Zoro
non batté ciglio, catturato dai suoi movimenti lenti e
sicuri.
A quel
punto tirò calma e decisa estraendo la spada dal suo fodero
che poggiò ai suoi piedi, di lato. I nastri rossi sparsi
intorno.
La
lama, una volta libera, creò un immediato e spasmodico nodo
allo stomaco dei presenti, Silver compresa.
Chiuse
un attimo gli occhi abbassando appena il viso, come se parlasse con
ciò che teneva in mano formulando una preghiera.
Come
cercasse il proprio controllo.
Come
combattesse da sola una battaglia molto più dura e difficile
di quella che avrebbe fatto di lì a poco con Zoro.
Non
gli sfuggì nemmeno mezzo particolare, cosa che
scappò a Rufy. Già fremeva sperando che tutto
finisse presto.
Non
gli piaceva.
Non
gli piaceva per nulla quella donna e più i secondi
passavano, più il suo istinto gridava di porre fine a tutto.
Oh,
non l’avrebbe mai fatto. Quella era la battaglia di Zoro.
Aveva
fatto una promessa, diventare il più forte. Doveva
mantenerla e per farlo Silver era uno dei SUOI ostacoli. Suoi e di
nessun’altro.
Anche
lui combatteva una dura battaglia dentro di sé. Quella per
non intervenire.
La
sensazione di malessere crebbe anche in Zoro mentre il proprio colorito
cominciava già a diventare più pallido.
Strinse
i denti sulla sua spada. Non era ancora cominciata eppure si sentiva
come se fossero già a metà scontro.
La
fama di Kurenai era effettivamente immeritata.
Quella
creatura era peggio di quanto la leggenda e le dicerie narravano.
Avendola
davanti ai suoi occhi e sentendosela dentro come un cancro, lo
capì.
La
lama era rosso scuro e non era un rosso qualunque.
Dall’odore
si capì subito.
Odore
di sangue.
Odore
di maledizione.
Lui
non credeva alle spade maledette, era sempre riuscito a superarle tutte
facendole sue ed esse lo avevano poi sempre amato proteggendolo, ma
lì capì che in essa c’era davvero
qualcosa che non andava.
Non
era un sensitivo ma percepì chiaramente la presenza di molti
altri spiriti oltre a quelli dei presenti e nonostante il proprio e
quello di Silver fossero portati ai massimi livelli per la lotta
successiva, quelli che provenivano da quella lama lunghissima e
luccicante ma al tempo stesso oscura, non li si poteva ignorare.
Lei,
allora, aprì di nuovo gli occhi d’argento che
trovò ancor più diversi da prima.
Erano
velati.
Come…
come se non fosse più lei.
…posseduta…
“Sarà
interessante…”
Pensò
lui a quel punto ghignando contento per apprestarsi a fare qualcosa di
utile e costruttivo per sé stesso.
Ne
sarebbe uscito vittorioso e rafforzato.
Da
questa sua granitica convinzione, lo scontro iniziò.
Il
silenzio mortale fu interrotto dallo scatto dei loro corpi che ebbero
in avanti, l’uno verso l’altro. In quel momento un
ritmo cominciò quasi impercettibile che via via
aumentò vertiginosamente sempre più, fino ad
esplodere veloce, forte ed incessante insieme ai loro movimenti, in
perfetta sincronia con questa sorta di musica che di secondo in secondo
li faceva crescere sempre più.
Il
primo colpo fu perfettamente alla pari, una sorta di studio
l’uno dell’altro. Le lame si incrociarono in mezzo
a loro che con forza premevano l’uno verso l’altro
per prevalere e spingere via l’avversario.
Nessuno
dei due indietreggiò e il sibilo che la lama nera di Zoro
fece a contatto con quella rossa di Silver, provocò
addirittura delle scintille.
Come
se le due fossero profondamente incompatibili.
L’una
l’opposta dell’altra.
Eppure
anche quella nera aveva avuto fama di essere maledetta…
nulla di paragonabile all’altra, probabilmente.
Eppure…
poteva davvero parlarsi di maledizioni di spade?
Zoro,
nonostante tutto, continuava a non crederci anche se ammetteva che
qualcosa in quella avversaria non andava.
Occhi
negli occhi, Silver imperturbabile, nessuna espressione, come fosse
diventata un automa insensibile. Il suo fascino era addirittura
aumentato ma lui, naturalmente, non lo subì per nulla.
Rufy e
Brook fecero delle smorfie (per quanto Brook potesse farne essendo lui
uno scheletro...) sentendo quel rumore che feriva le orecchie, ma non
si allontanarono continuando a non distogliere lo sguardo da quel che
accadeva.
Le
spade furono allontanate con un altro balzo rispettivo
all’indietro, quindi Zoro incrociò le due davanti
a sé e dopo appena un secondo in cui scrutò la
posizione rivale, quasi raso al pavimento tanto che era piegata, con la
katana in alto puntata verso di lui, ritornò
all’attacco in sua contemporanea.
Di
nuovo le loro lame si incrociarono emettendo ultrasuoni fastidiosi e
scintille. Questa volta la contrastava con entrambe le sue che teneva
per mano.
Andarono
avanti così a ritirarsi e attaccarsi non riuscendo altro che
a toccarsi con le loro armi provocando reazioni di repulsione, fino a
che Zoro ringhiò il nome di una delle sue tecniche a tre
spade e veloce come il vento sferrò l’attacco,
stufo di andare avanti con quei bracci di ferro volti allo studio
vicendevole.
Inutile,
poiché nessuno aveva avuto la prevalenza.
A
quello lei rispose parando abilmente come nulla fosse, vedendo
perfettamente la sua posizione di partenza che via via cambiava dando
forma all’animale da lui annunciato.
Dentro
di sé la ragazza ammise che la fama che lo precedeva era
meritata.
E che
era incredibile vedere attacchi simili in grado di darle filo da
torcere.
In
tutta la sua esistenza non ne aveva incontrato nessuno così.
Era
anche vero che da lì non si era mai mossa e che aveva solo
combattuto con coloro che l’avevano cercata.
Al
mondo, ad esempio, esisteva almeno un altro che le sarebbe piaciuto
incontrare in combattimento.
Era
soprannominato Occhi di Falco.
Era lo
spadaccino più forte del mondo, si diceva.
Un
giorno le sarebbe piaciuto poter lasciare il suo castello ed andarsene
alla sua ricerca. La tratteneva Shin…
Dall’esterno,
però, questo sprazzo di umanità non si vide ed i
suoi occhi rimasero freddi e vuoti lontani anni luce.
Una
serie di altri attacchi si susseguirono, fra i più svariati.
Tutti di Zoro. Lei si limitava ad osservarli, ammirarli, innamorarsene
e pararli con abilità senza procurarsi nemmeno una ferita.
“Ma
non lo sente lo spirito che viene consumato e risucchiato da
Kurenai?”
Si
chiese lei dentro quella parte incantata, guardandolo andare avanti
come un carro armato, senza fermarsi mai nemmeno un istante.
La
verità era che lui lo sentiva sempre più che
qualcosa in lui non andava.
Ogni
volta che sfiorava di un soffio quella lama rossa saettante, sentiva
come se qualcosa da dentro cercasse di venir strappata via. Sapeva. Lo
sapeva perfettamente che non sarebbe mai dovuto venir ferito da essa.
Ne era
certo.
Per
questo attaccava con tutte le sue tecniche, come un matto, furioso,
veloce, forte, letale, preciso, dando fondo a tutto il suo talento.
Sapeva
che doveva farla finita il prima possibile, capì che lei si
difendeva e basta senza attaccarlo di proposito aspettando di stancarlo
o forse qualcos’altro (assorbire più spirito?),
per poter poi sferrare l’affondo decisivo e letale.
Capì
lì come se un lampo illuminasse la sua mente, che la tecnica
Tsujimura consisteva in quello.
Assorbire
infine lo spirito altrui fino in fondo riducendolo così alla
follia o a un contenitore vuoto.
Ma era
possibile solo con quella lama.
Lo
sapeva.
Lo
aveva percepito.
Era la
katana, non la ragazza, il vero problema, la vera
particolarità, il pero pericolo.
Da
essa proveniva l’inquietudine che tutti avevano provato
avendola davanti.
“Cosa
ti spinge ad andare avanti anche se ormai hai capito tutto? Scappa,
ragazzo, salvati. Non rimanere qua solo per battermi. Non ne vale la
pena…”
Il
combattimento che in Silver avveniva non era da meno di quello di
chiunque altro lì dentro.
Specie
Rufy che via via si sentiva sempre più infastidito e in
allarme.
- E
così è questa la famosa ed unica tecnica
Tsujimura… - Mormorò quindi Zoro in un momento di
pausa durante il quale entrambi si guardavano respirando affannati. Lui
aveva un colorito decisamente preoccupante ed era in condizioni
peggiori di lei. Sembrava quasi che a difendersi strenuamente fosse
stato lui e non l’altra.
L’aura
di Zoro era rimpicciolita.
-
E’ per questo che nessun’altro oltre a chi impugna
Kurenai la può fare. E’ lei il fulcro della
tecnica. Senza non esiste. – Si era momentaneamente tolto la
spada bianca dalla bocca per far riposare la mascella e parlare meglio.
Era appena curvo appesantito sulle spalle. Il sudore gli colava sulla
pelle imperlata appiccicandogli la maglietta addosso, delineando
perfettamente i muscoli cesellati del suo torace e della schiena. Anche
le braccia, sebbene più rilassate, erano ben modellate e
forti non da poco.
Nell’insieme
un gran bel ragazzo.
- La
tecnica consiste nel portare alla follia l’avversario
combattendolo a lungo, facendo così sì che
Kurenai assorba lo spirito. Unica al mondo in grado di fare una cosa
simile. – Quando lo disse Brook fu attraversato da brividi
mentre il peso di quel che aveva detto risuonò nelle sue
orecchie. Capì perfettamente quanto pericoloso fosse e
perché lei avesse combattuto a quel modo senza sferrare
nemmeno un attacco seppur possedesse una spada sublime come quella.
Rufy,
nonostante avesse sentito perfettamente e capito il significato grave
di quelle parole, non si mosse e non disse assolutamente nulla. Eppure
i suoi muscoli erano completamente tesi e il sudore scendeva dal suo
viso come se stesse combattendo lui stesso.
Lo
sentiva.
Sentiva
il suo uomo indebolirsi dentro, nello spirito.
E, oh
se solo ne fosse stato capace, gli avrebbe trasmesso tutto il suo pur
di permettergli di portare a termine con successo quello scontro.
Era
una consapevolezza terribile, quella a cui Zoro era giunto. Il silenzio
eloquente di Silver, ancora assente dalla sua superficie che brandiva
la katana ferma e pronta, gli fece capire che ci aveva preso.
Dunque
sorrise.
Invece
di mettere via le sue spade e mettere fine a quel combattimento suicida
ed andarsene, o per lo meno mostrarsi preoccupato, Zoro sorrise con
quel suo ghigno sadico profondamente contento.
Aveva
davvero trovato un avversario degno.
Fu
esattamente questo a risvegliare la Silver reale e a riportarla alla
superficie come personalità dominante.
“Se
io mi sento così senza che nemmeno mi ha ferito, lei che la
impugna come deve essere?
Quella
è una spada… assorbe tutto ciò con cui
viene a contatto nel momento in cui viene liberata.
Deve
essere ormai allo stremo eppure non dà cenni di cedimento,
la sua aura dietro di sé è tale a
prima… solo che la tigre non è più
bianca bensì nera… Ma come diavolo fa? Che le
succede?”
Se lo
chiese apprestandosi a riprendere il combattimento cercando di mettere
presto fine a tutto, proprio come all’inizio era stato
intenzionato.
Non
poteva andare avanti ancora a lungo. Se avrebbe continuato ad assorbire
così lento il suo spirito e ad indebolirlo, poi sarebbe
riuscito ad affondare in lui e risucchiarlo del tutto. Si sarebbe
perduto per sempre.
Non
doveva permettere che quel momento arrivasse.
Doveva
farla finita prima.
Dunque
rimettendosi fra i denti la terza spada, si rimise in posizione
d’attacco per una delle sue tecniche più forti.
Tornò
serio e concentrato, feroce, gli occhi quasi rossi.
Doveva
mettere in quell’attacco e nelle sue tre spade quel che
rimaneva del suo spirito per aver successo.
Silver,
a quel punto, capendo che lui avrebbe sferrato la tecnica ultima,
decise di fare altrettanto.
Per lo
meno la Silver insensibile e fredda controllata da Kurenai.
-
Tecnica segreta della famiglia Tsujimura… -
Mormorò con voce velata e lontana, quasi in trance.
Si
raddrizzò sulle gambe e sulla schiena, quindi mise un piede
davanti all’altro come pronto per un passo di danza classica,
alzò le braccia ed impugnò con entrambe le mani
Kurenai che piegò all’indietro, sopra la sua
testa. La punta sfiorò il pavimento dietro di sé,
a poca distanza dal suo tallone.
Una
posa insolita specie per una spada così lunga e teoricamente
difficile da manovrare.
Zoro
non poté fare a meno di pensarlo ma non la
sottovalutò.
Da un
lato era allarmato di ricevere proprio quel colpo, dall’altro
ne era contento e curioso. Se sarebbe sopravvissuto a qualcosa di
così forte e pericoloso allora l’avrebbe
sconfitta.
Era
pur sempre uno scontro molto bello e soddisfacente, fino a quel momento
nulla l’aveva deluso.
Disse
il nome della sua tecnica, attesero un istante che entrambi si
caricassero e che l’atmosfera si riempisse di loro due,
quindi al ritmo che impazzì scattarono nello stesso istante.
“NO!
NON VOGLIO CHE SI PERDA!”
Quella
parte di Silver che Zoro aveva risvegliato con quel suo modo di fare
insolitamente soddisfatto e sicuro, urlò prendendo di nuovo
possesso del proprio corpo e proprio mentre ormai le lame stavano per
conficcarsi le une nel corpo dell’altro, gli occhi
d’argento di lei ripresero vita e spessore, quindi facendo
cadere Kurenai a terra con un tonfo assordante che rimbombò
in tutta la palestra, si abbassò di scatto appiattendosi al
pavimento come un gatto evitando per un pelo i fendenti deleteri di
Zoro che andarono sorprendentemente a vuoto.
A quel
punto si alzò proprio davanti a lui con le braccia
spalancate, gli tolse la spada dalla bocca che lasciò andare
per la sorpresa di quella mossa insolita ed incomprensibile e per il
colpo fallito, quindi posò le labbra sulle sue.
Fu
veloce come la luce, nemmeno il tempo di un pensiero. Un lampo. Ecco
cosa fu.
Senza
dargli tempo di reagire e capire cosa accadesse, gli aprì le
labbra con le sue e forzando appena l'accesso si infilò con
la sua lingua cercando a trovando quella di lui che, raggelato, non
capì davvero che stava accadendo.
Fu un
bacio improvviso ma approfondito il necessario per riuscire ad ottenere
quel che lei voleva.
“Ringraziami
per la salvezza che ti sto offrendo… Se non
l’avessi fatto ora saresti nell’oblio!”
L’ultima
cosa che Zoro sentì, fu Rufy che gridava il suo nome.
Poi il
buio.
O per
lo meno gli parve di avvolgersi in esso, di cadere in uno stato
incosciente, di svanire nel nulla.
La
sensazione fu quella anche se in realtà non svenne e non
cadde a terra.
Zoro
rimase sveglio e cosciente, solo che quando lei si staccò
nei suoi occhi regnava qualcuno di ben diverso da ciò che
v’era sempre stato.
Il
tempo si sospese e prima che Rufy potesse arrivare da loro senza
più potersi trattenere, svelto in realtà, lo
spadaccino lasciò cadere a terra la katana dalla mano
sinistra, quindi circondando il corpo sensuale e maturo di Silver
attirandolo a sé per difenderla dall’arrivo di
Rufy, si girò verso il compagno e con uno sguardo pieno di
disprezzo e di odio, alzò la spada che impugnava con la
destra, quindi senza pensarci due volte, deciso e secco, con un
movimento a falce del braccio lo ferì intenzionalmente.
Si
fermò cadendo in ginocchio a terra più per la
sorpresa e lo shock di vedersi ferito proprio dal suo amore, che per il
dolore in sé.
Uno
squarcio nell'addome prese subito a sanguinare copiosamente macchiando
i vestiti ed il pavimento.
Il
tempo si fermò e Brook andò nel caos
più completo mentre esattamente in quel momento accorrevano
le due ragazze correndo di gran carriera con un quaderno molto grande
stretto fra le braccia. L’espressione preoccupata ed in
allarme.
Entrate
in palestra si fermarono davanti a quella scena insolita e di primo
acchito incomprensibile.
Zoro
che difendeva la donna di prima stringendola a sé, la spada
insanguinata e Rufy inginocchiato, sconvolto, davanti a lui. Ferito.
Ferito
innegabilmente dalla spada di Zoro.
Si
raggelarono, Nami si mise le mani sulla bocca non credendo ai suoi
occhi, quindi si guardò con Robin che stringeva il quaderno
e mormorò shockata:
-
E’ troppo tardi? –
Che
loro avessero scoperto qualcosa di essenziale che avrebbero certamente
dovuto sapere prima?
Questo
parve ormai evidente.
Così
come che quella Silver aveva fatto qualcosa a Zoro, sotto chiaro
incantesimo o qualcosa di simile.
Non
disse nulla, lo guardò con odio e risentimento.
-
Z-Zoro… - Sussurrò incredulo Rufy senza riuscire
a muoversi. Non potevano, i suoi occhi, guardarlo in quel modo.
Non
l’avevano mai guardato così, nemmeno la prima
volta che si erano incontrati. Era sempre stato pieno di amore, per
lui. Non l’aveva mai, mai, mai guardato così!
Carico
di odio…
Quello
era Zoro?
Il suo
Zoro?
Cadendo
lui stesso in uno stato sconvolto, rinnegando quanto accadeva e non
capendo assolutamente perché il suo ragazzo avrebbe dovuto
fare una cosa simile proprio a lui, si rialzò avvicinandosi
di nuovo, alzò la mano cercando di raggiungere il suo viso
ma poco prima che potesse arrivarci, la punta della lama si
poggiò gelida sul proprio mento.
Poi la
sua voce cupa, cavernosa e fredda sussurrò rimbombando in
quel silenzio pesante ed innaturale che era improvvisamente calato, gli
si avvicinò appena guardandolo meglio negli occhi con i suoi
così irriconoscibili:
-
Vattene! – Disse solo quello e in Rufy qualcosa parve
spezzarsi definitivamente.
Non se
ne sarebbe andato.
Oh, no
che non se ne sarebbe andato. Sarebbe morto piuttosto che lasciarlo
lì. Si sarebbe fatto uccidere da lui.
Ma
l’ordine repentino e deciso di Nami arrivò a
strapparlo bruscamente dalla sua volontà:
-
BROOK! PORTALO VIA! ANCHE TU, ROBIN, AIUTALO COL TUO POTERE! DOBBIAMO
ANDARCENE, PER ORA! SUBITO! – Sapeva veramente cosa stava
succedendo e il non aver tempo per spiegarlo non aiutò certo
Rufy che, sentendosi strappare via a forza con molte mani diverse,
cominciò a gridare disperato e fuori di sé ma
senza la forza reale di sfuggire alle loro prese poiché
troppo pieno di dolore. Troppo ferito. Ferito dentro oltre che fuori.
-
ZORO! ZORO, SONO IO, RUFY! CHE COSA TI HA FATTO QUELLA MALEDETTA TIGRE?
CHE COSA TI HA FATTO? ZORO! TORNA IN TE! TORNA IN TE! ZORO! –
Si sentirono le sue urla per tutta la collina e solo quando giunse alla
fine di essa, lì nella palestra non si udì
più.
In
quel rinnovato silenzio le braccia di Silver circondarono il collo di
Zoro e mentre affondava il viso sul suo petto, lasciandosi andare ad un
sospiro rasserenato per essere riuscita a salvarlo prevalendo su quella
maledetta spada nel momento giusto, mormorò contenta:
- Ti
ho trovato, finalmente… non ti farà del male,
vedrai… ti proteggerò io… come Shin ha
sempre protetto me… -
Alla
luce di quei nuovi fatti, mentre lui la cingeva a sua volta con quello
sguardo così diverso dal suo di sempre, venne da chiederselo.
Qual
era mai la sua storia, tanto complessa e strana da averla ridotta a
quel modo?
Chi
era lei in realtà?
Chi la
vera vittima?
Chi il
vero malvagio?
Mai
giorno si rivelò più inquieto e oscuro di quello.