CAPITOLO IV:
VECCHIA STRADA E NUOVA STRADA

/Paradise city – Gun ‘n roses/
Quando ho scoperto che l’uomo su cui indagavamo era del paese natale di Gibbs non sono più riuscito a trattenere la mia gioia. Quel campanellino d’allarme che ha suonato quando ho visto la sua provenienza non mi ha dato pace finchè non l’ho detto trionfalmente a McGee e ad Abby… che non lo sapevano!
Non sapevano quale fosse la sua città di nascita, come è possibile?
Io lo sapevo...
Ero certo sin da subito che saremmo finiti dove è nato e vissuto Gibbs da giovane… e mi son trovato a pensare:
ma ci pensi, Tony? Che enorme colpo di fortuna… se aspettavo quello, non ci sarei mai andato laggiù a conoscere suo padre! Certo, non potrà che andare così!
Lui mi porterà con sé così conoscerò il suo vecchio… ed io potrò gioiosamente fargli tutte le domande che voglio sul figlio lupo-mannaro che si ritrova!’
Ero così contento che non riuscivo a contenere il sadismo dal mio viso.
Invece poi, con enorme sofferenza e delusione, mi son dovuto ricredere… quello stronzo ha davvero avuto il coraggio di lasciarmi qua e non farmi venire con lui!
Si è portato McGee e Ziva… ma ti rendi conto? McGee e Ziva!
Ma come diavolo ha potuto?
Quanto male ci sono rimasto…
Non doveva farmelo quel dannato!
Invece mi ha guardato degli occhi, da dentro l’ascensore, e mi ha detto proprio di restare qua a continuare ad indagare. Non è possibile.
Credevo di aver sentito male, io sono il suo compagno, è ovvio, naturale che porti me nella sua terra d’origine a conoscere suo padre.
Perché non dovrebbe?
E tutte le domande che mi vorticavano incessanti per la testa? Fremevo come un bambino impaziente all’idea di poterle fare ed invece…
Volevo vedere dove era cresciuto il piccolo Gibbs, come diavolo fosse possibile una trasformazione simile.
Invece niente.
I miei sogni infranti così dalla sua crudeltà!
Ma poi la rivincita!
Pensavo di essere finito ed invece no!
Ce l’ho fatta, con mia somma, e dico somma, gioia sono riuscito a venire al suo paese anche io, seppure con un po’ di ritardo.
Portarmi Abby dietro è stata una punizione più che sufficiente, considerando che io l’adoro ma che non affronterei mai più un viaggio simile da solo con lei!
Ora posso liberarmi dalle catene e godere di ciò che mi sono meritato e guadagnato!
Il suo paesino, la sua vecchia casa e… suo padre?
Quando entro nel negozio che mi hanno indicato per trovare Gibbs, mi ritrovo dietro al banco un uomo anziano con uno sguardo familiare, accigliato ma gentile e quasi allegro. Ci fissiamo per un lungo momento e sebbene la mia espressione non riesca a trattenere la gioia pura, nonché quella famosa valanga di domande da cui non so sceglierne una, mi sembra che il tempo si sia momentaneamente sospeso per poi tornare indietro.
Anni fa.
Qua è pieno del 'suo' odore, nonostante la polvere e l’usurato.
È davvero qua che lui ha passato la sua infanzia.
Il negozio del padre.
E lui non può che essere… ma sto per chiederglielo arrivato davanti quando, nemmeno formulata mezza parola, la vociona di Gibbs mi chiama quasi volesse sgridarmi per qualcosa che non ho ancora detto!
Cerchi di controllarmi, eh?
Ma tu sai che non ci riuscirai per sempre!
Da qui in poi il tempo torna al presente di botto e mentre parlo a fatica un po' spaesato del caso con Gibbs, non posso fare a meno di lanciare molti sguardi diretti a suo padre con la testa completamente rivolta a lui.
È proprio l’uomo che ho sognato a lungo di incontrare.
Colui che ha dato vita a questo essere che vive con me.
Quel mistero chiamato Leroy Jetro Gibbs.
Quante cose voglio sapere… non mi terrà all’oscuro di tutto ancora a lungo.
Già il non potermi presentare per quello che sono mi urta.
E lui si guarda bene dal dire chi sono!
Sono il compagno di tuo figlio, cosa ne dici?
Vai fiero di lui?
Io lo sarei al tuo posto ma non perché sta con me (bè, anche, perché no…), ma per colui che è diventato.
Glielo dimostri ogni giorno che passa?
Non penso… vivo con lui da molto e non l’ho mai visto venire a trovarlo e nemmeno parlargli al telefono.
Che rapporto hanno?
Cosa si saranno detti?
Come si sono lasciati, l’ultima volta che se ne è andato di qua?
Perché sembrano sbranarsi ogni volta che si guardano?
Io voglio sapere tutto, ogni stupidaggine che mi aiuta a comporre il mosaico del mio uomo.
Devo sapere.
Devo sapere perché non vieni mai a trovare un figlio così in gamba.
Ma a malincuore, prima che io possa aggiungere qualunque cosa, mi separano da entrambi buttandomi subito nel resto delle indagini…
Preferivo rimanere in loro compagnia!
Certo, forse normalmente uno nella mia situazione scapperebbe da qui a gambe levate, ma io no, non sono normale. Voglio conoscere meglio suo padre!
Colui che l’ha generato e cresciuto!
È una parte importante della persona che amo.

Ma è stato un vero peccato, infine, correre di qua e di là per tutto il tempo passato in questo posto senza poter avere un attimo da passare con mio suocero.
Alla fine, risolto il caso, quando ce ne stiamo per andare e tutti salutano Jack, il padre di Gibbs, con ancora mille domande in testa che non hanno avuto il coraggio di fare, il mio uomo, che è il mio uomo, concede a me e solo a me (perché io sono speciale) di fargli due domande.
Due… dannazione, solo due… e da cosa parto?
Solo che invece di tenermi per me questo pensiero, lo esprimo ad alta voce come molte volte ho il vizio fare.
Perché parlo senza tenere a freno la lingua?
- Da dove comincio? – infatti mi chiedo, e lui pronto e sbrigativo, con una certa ansia che mi getta addosso mi rimbecca:
- Te ne rimane solo una. – Crudele e senza cuore, ecco cos’è!
Una vera bestia!
Lo guardo espressamente male e cerco di farlo ragionare:
- Bè, ma questa non conta perché… - Ma è inutile. Tanto sapeva che riusciva a fregarmi sto pezzo di…
Ma lo sguardo eloquente che mi lancia da così vicino non posso ignorarlo e parla chiaro.
Una domanda.
Però me la paga.
Non può presentarmi suo padre e non darmi l’occasione di conoscerlo come si deve.
Mi sarebbe piaciuto instaurare un certo rapporto con lui e finire a parlare della sua infanzia come fanno sempre i suoceri con i generi o le nuore!
Ma siccome l’orologio chiamato Gibbs continua a squadrarmi impaziente, mi sbrigo e rigirandomi di nuovo verso Jack la prima domanda che mi viene in mente è forse la più stupida.
Del resto non è stato facile deviare da quella che avrei voluto fare in verità.
È fiero di suo figlio?
E perché non gli ha mai parlato per tutti questi anni?
Perché non è mai venuto là a dirgli quanto è contento di lui?
Ma per trattenere la mia lingua che mi rendo conto sarebbe troppo lunga, devio su una domanda qualunque:
- Ok, le regole. Le ha imparate da lei? – Me ne pentirò. Cioè di aver sprecato la mia opportunità così, ma con questo mastino accanto che potevo fare?
Fisso diretto e penetrante i suoi occhi cercando di leggervi una verità che non trapela da nessuna parte.
Se ne è fiero non lo lascia intendere e da qui capisco perché anche Gibbs faccia lo stesso con me.
So che è contento di me ma non lo dimostrerà mai apertamente.
Lui scuote la testa con un espressione strana rispondendo:
- Mi dispiace figliolo, non gli ho insegnato nulla… - Al che, davanti alla mia delusione e alla mia sete di sapere di più, prima che mi esca la prossima domanda che è sulla punta della lingua, quella che NON DEVO ASSOLUTAMENTE FARE, lui mi prende le chiavi dalla mano (visto che per il ritorno siamo tutti stipati insieme nella mia auto poiché la sua è andata carbonizzata) e taglia corto:
- Mi ha insegnato a guidare! – Dice poi. E questo che significa?
Dovrebbe contare qualcosa?
Non ci credo che non gli abbia insegnato null'altro… uno così non può venir su da solo!
Qualcuno deve avergli insegnato ad essere così bastardo!
Perché non mi fa parlare un po’ con suo padre?
Ma ritrovandomi senza chiavi in mano mi rendo conto questo cosa significhi e dimenticandomi subito tutte le mie contrarietà, me ne sorge un'altra.
- Oh no capo, non posso stare dietro dove c’è quella gobba… sai io ho quel… quella cosa di cui abbiamo parlato! – Sto per dire ‘quel ricordo della notte scorsa che mi hai DOLCEMENTE lasciato sul didietro’, ma fortuna vuole che un po’ il suo sguardo fulminante, un po’ quello curioso del padre, mi fa bloccare.
Eppure prima che lui possa esprimere anche solo la minima opinione a riguardo, cosa che sicuramente non avrebbe comunque fatto, Jack mi salva in corner dandogli le chiavi di quella macchina che ha guidato prima. Quella che da quanto ho capito era la sua di quando era giovane e stava qua. Deve avergliela sistemata e tenuta per tutti questi anni nella speranza di rivederlo e dargliela.
Bè, non c’è occasione migliore di questa.
Forse in fondo è davvero fiero di lui, solo che è della pasta dei Gibbs e non lo può dimostrare normalmente!
Gli sguardi che i due si scambiano davanti a me sono toccanti e significativi e solo io che ho una vaga idea di cosa possa esserci stato prima, ed è comunque solo immaginazione poiché in realtà non mi ha mai detto nulla a riguardo, arrivano in qualche modo anche a me.
Vorrei davvero passare ancora del tempo qua e se non ci fossero quei tre guasta feste in macchina ad aspettarci per tornare a casa, proporrei di fermarci.
Ma il tempo deve fare il suo corso e con gran dispiacere io e Jack ci stringiamo la mano.
Lo saluto a modo mio e lo ringrazio del maglione bianco che mi ha regalato e che indosso.
Non avevo davvero freddo e non era nemmeno un genere per cui io impazzisco, ma volevo per lo meno avere qualcosa di suo.
Non lo so perché, ho sentito di averlo voluto, così ho inscenato quella stupidaggine che ha lasciato sconcertati tutti.
Ma io ora ho un ulteriore pezzo di Gibbs che altri non hanno e che per loro non conta allo stesso modo.
Voltandomi verso di lui mi prendo al volo le chiavi che mi restituisce, quindi senza trattenermi oltre, prima di avere altri istinti irrefrenabili, gli lancio un fugace sguardo significativo e corro verso la macchina per rimettermi in viaggio verso quella che ora è casa nostra.
Mia e di Gibbs.
Questo è stato il posto suo e di Shannon, il suo primo grande amore.
La sua vecchia strada.
Ora andremo verso quella nuova, che sono io.
Salendo in auto ricevo mille sguardi interrogativi e le domande non si sprecano, li accontento liquidandoli in fretta con la verità più breve che ci sia: è andato con l’altra macchina che non dividerà mai con noi.
Ma la verità è ben diversa. Perché con me lo farà!
Per lui tutto questo ha un significato molto profondo e doloroso e penso sia normale che non ci sia più tornato. Però ora che c’è stato sono certo che ha potuto esorcizzare una volta per tutte i suoi sentimenti ed i ricordi che rimarranno sempre dentro di lui con un loro posto preciso dal momento che accanto a lui, per ora (e spero per molto ancora), ci sono io.
Quando torneremo a casa avrà bisogno di ridere ed io, anche per quello, ci sarò.”