CAPITOLO V:
LA MIA VITA NELLE TUE MANI

/How to save a life – The Fray/
- I nostri agenti dovrebbero somigliare più a un McGee che a un DiNozzo. -
Dice Leon guardandomi con quel suo fare diretto e impenetrabile. La cosa non mi sorprende e senza esitazione rispondo subito:
- Più a te che a me. - E' una conclusione così ovvia che non aveva bisogno di alcuna riflessione. Tony mi somiglia ed è un fatto innegabile, di anno in anno che passa con me maturando lo si nota sempre di più.
Ne sono contento poiché significa che quel che sto facendo non è invano.
Non ho nulla contro quelli come McGee e Vance, i cervelloni diciamo così, ma per me i metodi migliori sono quelli diretti e istintivi, come facciamo io e Tony appunto.
Fino a qualche tempo fa non avrei mai ammesso nemmeno sotto tortura che è come me, ma ormai è talmente evidente da essere stupido da nascondere.
Ne sono fiero.
Sono fiero di lui e di come sta crescendo come agente.
Non rimpiango nessuna delle mie scelte che ho avuto nei suoi confronti.
Nessuna. Rifarei tutto come ho fatto poiché è cresciuto anche per quelle sofferenze che gli ho inflitto involontariamente e oggi affiderei la mia vita nelle sue mani e avrei la più totale sicurezza di essere al sicuro. “


Una volta rientrato in casa butto le chiavi nel solito mobile d'ingresso, quindi mi tolgo la giacca e l'appendo. Il silenzio mi accoglie e l'unica luce accesa arriva dal seminterrato, sapevo che l'avrei trovato giù.
Sorrido appena in un modo che non saprei definire. Forse è un 'lo sapevo'...
Non perdo tempo a far altro, nemmeno vado a cambiarmi. Mi dirigo subito verso le scale dove la porta aperta indica che è sotto, quindi scendo con un passo abbastanza sostenuto e giunto all'ultimo scalino mi ci siedo. Lo faccio spesso quando l'osservo lavorare alle sue barche del resto difficile convincerlo a guardarsi un film con me, non pretendo sempre che lo faccia anche se gli rompo parecchio le scatole lo stesso. A volte vinco ma si addormenta subito.
In quei momenti mi piace, però, perché ha un inconsapevole aria serena.
Gibbs sicuramente mi ha sentito e si chiede come mai io sia così silenzioso. Ha ragione, sono stranamente serio mentre mi perdo a guardarlo con un espressione particolarmente pensierosa. Rassegnata quasi.
È sempre lui, non è mai cambiato e mai lo farà. A volte questo mi piace, altre mi mette i brividi e mi preoccupa.
Proprio come oggi.
Ha rischiato la vita più di altri, era lui nel mirino di quel pazzo criminale. Gli ho detto che ero più tranquillo se mentre noi andavamo a stanare il colpevole lui se ne stava buono in macchina. Mi ha detto di tacere o mi uccideva!
Non gliene frega niente della sua vita, a lui interessa che altri non paghino con la loro.
E noi che rimaniamo qua che facciamo?
L'assistiamo, cerchiamo di coprirgli le spalle come possiamo... l'aiutiamo in modo che non debba per forza essere sempre lui quello più in pericolo. Ma spesso succede che per essergli utile siamo noi che ci cacciamo nei guai e lui deve correre a tirarcene fuori. O meglio questo è quello che faccio io!
Arriverà il giorno in cui non ce la faremo e lui se ne andrà, mi lascerà e non perché litighiamo o non ci amiamo più. Sarà perché lui sarà morto. Spero di essere io ad andarmene per primo, non sopporterei la sua morte e lo so perché quando ho creduto di doverla affrontare è stato terribile. Non ce la farei di nuovo.
- Hai fatto tardi. - Comincia lui per me visto che io continuo a tacere e pensare a cose spiacevoli.
Certo, ogni tanto li ho anche io pensieri simili ma non li esterno mai, sono bravo a mascherarli con le mie battute ed i miei modi poco seri.
- Ho ritirato per te una medaglia. Sono passato in ufficio a metterla al solito posto. - Nel mio cassetto. Ogni tanto l'apro e me ne ritrovo una in meno e so che l'ha presa lui per darla a qualcuno che pensa se la meriti di più. Solo lui sa che le tengo tutte io per lui. È un onore, mi piace e spero un giorno di avere un altro cassetto pieno delle mie, di medaglie al valore. Chissà se accadrà. Ma è davvero un onore avere le sue, mi emoziono ogni volta che ne ritiro una. Penso molto, in quei momenti.
Voglio davvero diventare come lui.
Non è solo l'uomo che amo ma anche colui che ammiro di più in assoluto.
- Hai ordinato qualcosa per cena? - Chiede cambiando completamente discorso. Ok, il momento confidenziale è finito. Non che sia durato molto... in realtà non ci siamo detti nulla ma ci siamo sentiti. Lui sapeva a cosa pensavo e mi ha lasciato fare. Questo è il nostro momento confidenziale. Raramente lo esprimiamo a parole, ci imbarazziamo troppo a farlo e evitiamo di partenza.
- Faccio subito. Pizza? - Non abbiamo molta originalità io e lui, andiamo d'accordo per questo. Del resto quando qualcosa ci piace perché cambiare?
Quando annuisce tiro fuori il cellulare componendo il numero ed è proprio mentre parlo con il tizio della pizzeria che Gibbs fa una di quelle cose che sono solo da lui e che mi fanno capire cosa pensa. Mi passa accanto per salire le scale e nel farlo mi mette una mano sulla testa come per appoggiarsi. Non serve altro. Poi sale.
Il sorrisino che si forma sulle mie labbra indica quanto mi piaccia quando fa così.
Spero davvero che non cambi mai. “

Non è che non tenga alla mia vita.
Fino a qualche anno fa era così, è vero, ma da quando sto con lui non voglio più essere la causa del suo dolore come lo sono già stato in passato. Quello è bastato.
Ora cerco di fare più caso alla mia vita, per lui.
È solo che ci sono momenti, e non sono pochi, in cui sono su una bilancia.
Me stesso o la salvezza di qualcun altro?
Poi lui, nei momenti cruciali, prima che io possa rispondermi, arriva e mi dice che preferirebbe sapermi al sicuro da qualche altra parte, come oggi ad esempio, e così trovo la mia risposta.
Se fossi solo dovrei stare attento ed evitare certe situazioni, è vero, ma se c'è lui posso fidarmi e azzardarmi a tentare qualcosa di più.
Così vado con la certezza che lui mi coprirà le spalle mentre salvo la vita ad un innocente.
So che gli fa male vedere che mi butto con così poca cura di me stesso, ma lo faccio perché so che è lui ad aver cura di me e mi basta.
È così che ci ritroviamo nel divano con una birra a testa e la pizza finita, dopo che ha parlato a piede libero di quel che gli passava per la testa come fa sempre riempiendo tutti i silenzi, sembra che si sia ripreso dal moto di preoccupazione e malinconia che l'aveva colpito prima mentre mi guardava di sotto.
So cosa passa, cosa pensa e cosa gli succede, vorrei solo che capisse perché lo faccio.
Certo però che se continua a parlare come una macchinetta come diavolo faccio a dirglielo?
Mentre aspetto che smetta e i minuti che passano mi lasciano sempre più infastidito, impaziente e seccato, comincio a fare una specie di ringhio basso con la gola.
Naturalmente ho ascoltato appena un quarto di tutte le cose che ha detto!
Credo che stia solo cercando di distrarsi dai pensieri poco felici che aveva avuto prima.
Bene, non serve, se stai zitto ti illumino io!
Ovviamente non me ne dà l'opportunità quindi dopo l'ennesimo tentativo di parlargli, lo blocco a metà e brutalmente cambio discorso di sana pianta:
- Lo faccio perché ci sei tu! -
Questo finalmente lo blocca e a bocca aperta sfodera un espressione interrogativa, quindi boccheggiante chiede cauto:
- Cosa? - Detta così non è molto comprensibile, lo so, ma non stava più zitto!
Sospiro cercando un po' di pazienza, quindi una volta più calmo sposto lo guardo su di lui, i suoi occhi azzurri mi guardano con mille domande e quando rispondo diventano immediatamente lucidi poiché capisce.
- Mi guardi le spalle. - Penso che non serva aggiungere altro ma invece mi sento di spiegarmi ulteriormente, cosa che fino a qualche mese prima non mi sarei mai sognato: - Un tempo facevo quel che mi pareva perché non me ne fregava niente di me. Ora lo faccio perché mi fido di te e so che non mi permetterai di morire così facilmente. -
Credo però che possa bastare.
La luce nei suoi occhi diventa più lucida e capisco che si è commosso. Probabilmente questa è una di quelle cose che chiunque prima o poi vorrebbe sentirsi dire e che io, nella fattispecie, non ho mai detto.
Trattiene il fiato mentre so che rivive con la mente quei brutti momenti in cui ero io quello sotto tiro e lui voleva rimanessi al sicuro. È stato difficile, lo so.
Ogni volta lo è e ti chiedo sempre di più ma lo faccio perché so che tu ce la fai. Non lo pretenderei altrimenti, lo sai.
Non accenno a nessun sorriso o espressione particolare, rimango serio ad osservare il suo viso stupito e limpidamente commosso. Con me si smaschera e diventa esattamente quello che è in realtà ed io ne sono felice.
Mi bastano queste piccole cose.
È così che noi stiamo insieme.
Allora dopo aver elaborato le mie parole e trattenuto quell'emozione palpabile che tende a liberare solo in mia presenza, sorride anche per me e ricambiando il mio sguardo diretto, non muove un muscolo ma mormora a sua volta:
- Come Batman e Robin... Batman fa quel che gli pare perché Robin gli copre le spalle, no? Per questo sono una squadra vincente! Quando Batman era solo era forte, certo, ma non come quando è arrivato Robin! - Il solito modesto!
Questo paragone dovevo aspettarmelo, lo fa per sé stesso, per alleggerirsi il magone quindi lo accetto e sorridendo, finalmente, scuoto la testa divertito facendogli capire che comunque mi è piaciuto per il significato che ha.
Quindi non aggiungo altro che sarebbe troppo sdolcinato o scontato, queste cose, se vuole, le lascio dire a lui.
Io mi limito ai fatti per fargli capire cosa penso.
È così che spegnendo appena il sorriso mi allungo su di lui a pochi centimetri da me e poso le labbra sulle sue. Smette a sua volta di ridacchiare mantenendo sempre questa piega ironica che trovo azzeccata, quindi schiude la sua bocca e ci uniamo ulteriormente venendoci presto incontro anche con le lingue. Si fondono in fretta e giocando annullano ogni traccia di stupidaggine che aleggiava con la sua uscita distensiva.
Con le menti torniamo a quelle sensazioni spiacevoli di oggi, so che si sta aggrappando a questo per sopraffare la paura di perdermi che consueta come tante volte, l'aveva colpito ore prima.
Lo lascio fare e lascio che si prenda con una mano alla mia maglia attirandomi a sé per non farmi scappare, lascio che risalga poi sul mio collo e scivoli dietro, sulla nuca, premendomi meglio contro di sé.
Il trasporto cresce in un istante fino a che io stesso vengo investito dal sentimento spaventoso che l'aveva colto davanti all'ennesima possibilità di perdermi.
Ma so che come io ci sarò sempre per te, tu ci sarai per me.
Per questo non mi fermerò mai.
Ma dopo averti fatto passare le pene dell'inferno sarò qua a riportarti con me su, in quello che per noi ormai è il paradiso.
Un paradiso solo nostro. “